N. 32 SENTENZA 7 - 29 febbraio 2024

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Assicurazione (Contratto e imprese di) - Contratto  di  assicurazione
  sulla vita - Diritti derivanti - Prescrizione,  nella  disposizione
  vigente ratione temporis - Termine di due anni dal giorno in cui si
  e' verificato il fatto su cui il  diritto  si  fonda,  anziche'  di
  dieci  anni,  secondo  la  regola  generale  -  Irragionevolezza  e
  violazione   della   tutela   del   risparmio    previdenziale    -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Codice civile, art. 2952, secondo comma, nel testo  sostituito  dal
  comma 2-ter dell'art. 3 del decreto-legge 28 agosto 2008,  n.  134,
  convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 2008,  n.166,
  e anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 22, comma  14,  del
  decreto-legge  18   ottobre   2012,   n.   179,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221. 
- Costituzione, artt. 3 e 47. 
(GU n.10 del 6-3-2024 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta da: 
Presidente:Augusto Antonio BARBERA; 
Giudici  :Franco  MODUGNO,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni   AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,
  Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI
  GRIFFI, Marco D'ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella  SCIARRONE
  ALIBRANDI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2952,
secondo comma, del codice civile, nel testo introdotto  dall'art.  3,
comma 2-ter, del decreto-legge 28 agosto 2008, n.  134  (Disposizioni
urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese  in  crisi),
convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 2008,  n.  166,
antecedente  a  quello  sostituito  con  l'art.  22,  comma  14,  del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure  urgenti  per
la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 17
dicembre 2012, n. 221, promosso dalla  Corte  d'appello  di  Firenze,
sezione seconda civile, nel procedimento vertente tra Poste Vita  spa
e R. P. con ordinanza del 31 maggio 2023,  iscritta  al  n.  103  del
registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 35,  prima  serie  speciale,  dell'anno  2023,  la  cui
trattazione e' stata fissata per l'adunanza in  camera  di  consiglio
del 23 gennaio 2024. 
    Udita nella camera di consiglio del 7 febbraio  2024  la  Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 31 maggio 2023,  iscritta  al  n.  103  del
registro ordinanze 2023,  la  Corte  d'appello  di  Firenze,  sezione
seconda civile, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 47  della
Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
2952,  secondo  comma,  del  codice  civile,  nel  testo   introdotto
dall'art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge 28 agosto  2008,  n.  134
(Disposizioni  urgenti  in  materia  di  ristrutturazione  di  grandi
imprese in crisi), convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  27
ottobre 2008, n. 166, e antecedente a quello  sostituito  con  l'art.
22, comma 14, del decreto-legge 18 ottobre 2012,  n.  179  (Ulteriori
misure  urgenti  per  la  crescita  del   Paese),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, nella  parte  in
cui prevede un termine di prescrizione  biennale  per  far  valere  i
diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita. 
    2.- Il giudice premette, in punto di fatto, che O. P., in data  8
gennaio 2002, aveva stipulato con  la  societa'  Poste  Vita  spa  un
contratto, qualificato come «polizza di assicurazione sulla  vita  di
tipo index linked» di durata decennale, indicando,  in  caso  di  sua
morte, il figlio R. P. quale beneficiario. In data 28 febbraio  2009,
tale  contratto  era  stato  consensualmente  «trasformat[o]»   nella
polizza «Postafuturo ad hoc» con  scadenza  fissata  al  31  dicembre
2015, avente il medesimo beneficiario. 
    2.1.- Il giudice a quo riferisce che il contraente  era  deceduto
il 9 settembre 2009  e  che  solo  il  14  novembre  2015  il  figlio
beneficiario presentava  richiesta  di  liquidazione  della  polizza.
Tuttavia, Poste Vita spa comunicava «l'impossibilita' di dar  seguito
alla richiesta», in considerazione sia  della  maturata  prescrizione
biennale decorrente dalla morte del contraente,  ai  sensi  dell'art.
2952,  secondo  comma,  cod.  civ.,  nel  testo  applicabile  ratione
temporis, sia  dell'obbligo  di  devolvere  gli  importi  relativi  a
crediti prescritti al fondo di cui all'art. 1, comma 343, della legge
23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)»,
istituito «[p]er indennizzare i  risparmiatori  che,  investendo  sul
mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e  che
hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito». 
    2.2.- R. P. adiva, quindi, il Tribunale ordinario  di  Lucca  per
chiedere la nullita' per difetto di forma del contratto index linked,
qualificandolo come  investimento  finanziario  e  non  come  polizza
assicurativa,  e,  in  ogni  caso,  la  liquidazione  degli   importi
spettanti in base alla seconda polizza, sostenendo che il termine  di
prescrizione fosse decennale e che il dies a quo  dovesse,  comunque,
decorrere dall'effettiva conoscenza della  polizza  sottoscritta  dal
padre. 
    Il Tribunale di Lucca dichiarava, da un  lato,  la  nullita'  del
contratto  originario,  ritenendolo  uno  strumento  finanziario  che
avrebbe richiesto la previa conclusione di un  «contratto  quadro»  o
«contratto generale di  investimento»,  ai  sensi  dell'art.  23  del
decreto legislativo 24  febbraio  1998,  n.  58  (Testo  unico  delle
disposizioni in materia  di  intermediazione  finanziaria,  ai  sensi
degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52); e,  da  un
altro lato, l'inefficacia del  secondo  contratto,  qualificato  come
novazione di obbligazione avente  fonte  in  un  contratto  invalido.
Condannava, pertanto, la parte convenuta alla restituzione del premio
versato. 
    2.3.- Il rimettente riferisce, di seguito, che Poste Vita spa  ha
proposto appello avverso la sentenza di primo grado, al quale  si  e'
opposto R. P. riproponendo  le  domande  formulate  in  primo  grado,
compresa  la  richiesta  di  liquidazione   della   seconda   polizza
assicurativa. 
    3.- Nell'ambito di tale giudizio, la Corte d'appello  di  Firenze
ha  sollevato  d'ufficio  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2952,  secondo  comma,  cod.  civ.,  nel  testo  introdotto
dell'art. 3, comma 2-ter, del d.l. n. 134 del 2008, come  convertito,
e antecedente a quello sostituito con l'art. 22, comma 14,  del  d.l.
n. 179 del 2012, come convertito, applicabile ratione  temporis  alla
fattispecie. 
    Secondo il giudice a quo, la norma violerebbe gli artt.  3  e  47
Cost. e il vulnus  potrebbe  essere  sanato  eliminando  la  prevista
durata biennale  della  prescrizione  per  i  diritti  derivanti  dal
contratto di assicurazione sulla vita. 
    4.- Quanto al profilo della rilevanza, il giudice a quo  ritiene,
anzitutto, di dover accogliere i motivi  di  appello  concernenti  la
presunta nullita' della prima polizza e  la  supposta  qualificazione
come novazione inefficace della seconda polizza. 
    A tal proposito, il giudice rimettente esclude  la  nullita'  del
primo contratto,  qualificandolo  come  polizza  del  ramo  III,  sul
presupposto che  l'accordo  prevedeva  la  garanzia  di  restituzione
integrale del  premio  unico  versato,  garantiva  la  prestazione  a
prescindere dai risultati della gestione  finanziaria  ed  era  stato
redatto  per  iscritto  con  compiuta  indicazione  delle  condizioni
applicabili.  Di  riflesso,  nega  che  il  secondo  contratto  possa
reputarsi quale novazione inefficace di obbligazione inesistente. 
    Conseguentemente,   la   Corte   rimettente   rileva   di   dover
«necessariamente esaminare la richiesta  di  parte  appellante  Poste
Vita S.p.A. di rigetto delle domande avanzate [dal  Sig.  R.]  P.  di
liquidazione della seconda polizza, di ramo I». 
    A  tal  riguardo,  reputa  non  percorribile   un'interpretazione
conforme a Costituzione dell'art. 2952, secondo comma,  cod.  civ.  -
nel suo testo vigente ratione temporis - stante il suo chiaro  tenore
letterale: la disposizione stabilisce, infatti, che  la  prescrizione
decorra «dal giorno in cui si  e'  verificato  il  fatto  su  cui  il
diritto si fonda». 
    Inoltre, il giudice a quo precisa che la disposizione applicabile
al caso di specie e' quella censurata, poiche'  il  testo  introdotto
dall'art. 22, comma 14, del d.l. n. 179 del 2012, come convertito, e'
entrato in vigore quando il termine di prescrizione biennale era gia'
interamente maturato; ne' quella  disciplina  aveva  previsto  alcuna
norma transitoria. 
    In sostanza, secondo il rimettente,  sussisterebbe  la  rilevanza
delle questioni sollevate, poiche',  ove  queste  venissero  accolte,
«troverebbe applicazione il regime prescrizionale  ordinario  di  cui
all'art. 2946 c.c., la cui portata normativa si riespanderebbe fino a
ricomprendere la fattispecie all'odierno esame  [...]  e  l'eccezione
sollevata al riguardo da Poste Vita S.p.A. andrebbe rigettata». 
    5.- Nel merito, il giudice  a  quo  argomenta  la  non  manifesta
infondatezza delle questioni  di  legittimita'  costituzionale  della
norma censurata sollevate in riferimento agli artt. 3 e 47 Cost. 
    5.1.-  A  tal  fine,  ricostruisce  l'evoluzione  storica   della
disposizione, precisando che, prima  della  novella  del  2008,  essa
prevedeva, per i diritti derivanti  dal  contratto  di  assicurazione
diversi  dal  pagamento  delle  rate  di  premio,   il   termine   di
prescrizione di un anno dal giorno in cui si era verificato il  fatto
su cui il diritto si fondava, termine che diveniva biennale nel  caso
del contratto di riassicurazione. 
    Secondo il rimettente, gia' l'Istituto  per  la  vigilanza  sulle
assicurazioni  private  e  di  interesse  collettivo  (ISVAP)   aveva
evidenziato l'irragionevolezza della previsione di un  termine  breve
di prescrizione rispetto alle  polizze  vita,  tant'e'  che,  con  la
circolare n. 403/D del 16 marzo 2000, lo  stesso  ente  di  vigilanza
aveva invitato le imprese assicurative a procedere alla  liquidazione
degli importi concernenti il ramo vita anche  in  caso  di  richieste
tardive, essendo emerso «[d]all'esame di  taluni  esposti  [...]  che
nella maggior parte dei casi la tardiva richiesta dipendeva dal fatto
che  i  beneficiari  non  erano  a  conoscenza  dell'esistenza  della
polizza, avendo  ritrovato  la  documentazione  solo  in  un  momento
successivo al decesso dell'assicurato» (punto 8). 
    Il giudice a quo precisa, di seguito, che l'art. 3  del  d.l.  n.
134 del 2008, come convertito, se,  da  un  lato,  aveva  elevato  il
citato termine di prescrizione da uno a due anni anche nel  caso  del
contratto di assicurazione, da un altro lato,  aveva,  nel  contempo,
previsto la immediata e obbligatoria  devoluzione  al  fondo  di  cui
all'art. 1, comma 343, della legge n.  266  del  2005  di  tutti  gli
importi concernenti le polizze vita non richiesti entro il termine di
prescrizione. 
    5.2.- A parere del rimettente, questa soluzione normativa avrebbe
comportato    conseguenze    gravemente     e     ingiustificatamente
pregiudizievoli per i beneficiari delle prestazioni di polizze vita. 
    In particolare, il giudice a quo rileva, in primo luogo,  che  il
termine di prescrizione  sarebbe  rimasto  «di  estrema  brevita'»  e
dunque «di per  se'  irragionevole»,  poiche'  tale  da  non  rendere
«effettiva la possibilita' di esercizio del diritto, specie  in  caso
di  decesso  dell'assicurato».  Precisa,  in  proposito,   che   solo
successivamente al periodo per cui e' causa, con l'art. 20-quinquies,
comma 1, del decreto-legge 23  ottobre  2018,  n.  119  (Disposizioni
urgenti  in  materia  fiscale   e   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, nella  legge  17  dicembre  2018,  n.  136,  e'  stato
introdotto il comma 1-bis nell'art.  3  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116  (Regolamento  di  attuazione
dell'articolo 1, comma 345, della legge 23 dicembre 2005, n. 266,  in
materia   di   depositi   dormienti),   che   impone   alle   imprese
assicuratrici, ogni anno, di  verificare  con  strumenti  informatici
«l'esistenza  in  vita  degli   assicurati   delle   polizze   vita»,
attivandosi nel caso per la procedura di corresponsione  della  somma
assicurata al beneficiario. 
    In  secondo  luogo,  osserva  che  l'obbligo  di   procedere   al
versamento degli importi al fondo dei  "rapporti  dormienti"  avrebbe
precluso alle stesse imprese di procedere comunque al pagamento degli
importi ai beneficiari. 
    Infine, constata che le modalita' e i termini di  devoluzione  al
fondo sarebbero risultati  irragionevoli  e  penalizzanti  anche  nel
confronto  con  gli  altri  consumatori,  i  cui  risparmi  parimenti
confluiscono in quel fondo: la prescrizione era piu' breve rispetto a
quella decennale prevista in  generale  per  i  "rapporti  dormienti"
dall'art. 1, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 116 del  2007  e  non
era previsto alcun obbligo di avviso o verifica preliminare da  parte
delle imprese assicurative. Viceversa, per gli altri rapporti, l'art.
3, comma 1, del  medesimo  d.P.R.  stabilisce  il  preventivo  invio,
tramite raccomandata, di un «invito ad impartire  disposizioni  entro
il termine di 180 giorni dalla data della ricezione», con avviso  che
solo «decorso tale termine, il rapporto verra' estinto e le somme  ed
i valori relativi a ciascun rapporto  verranno  devoluti  al  fondo».
Inoltre, non veniva neppure indicato un termine entro il quale  poter
rivolgere le proprie istanze  direttamente  al  fondo,  similmente  a
quanto accadeva, e accade tuttora,  per  gli  assegni  circolari,  ai
sensi dell'art. 1, comma 345-ter, della legge n. 266 del 2005. 
    In  sostanza,  secondo  il  giudice   rimettente,   «l'intervento
normativo  attuato  nel  2008  non  solo  non  [avrebbe]  risolto  il
problema, gia' segnalato dall'ISVAP, dell'irragionevolezza intrinseca
del termine di  prescrizione  breve  per  i  diritti  nascenti  dalle
polizze vita, [...] ma lo [avrebbe] anzi ulteriormente  accentuato  e
reso ancora piu'  grave,  introducendo  una  sorta  di  automatico  e
irreversibile "esproprio", a favore di un fondo statale, delle  somme
spettanti  ai  beneficiari»,  senza  un   previo   avviso,   ne'   la
possibilita' di adempimento ex art. 2940 cod.  civ.  da  parte  delle
imprese assicurative. 
    A chiusura della sua argomentazione, il giudice a quo richiama la
modifica avvenuta con l'art. 22, comma 14, del d.l. n. 179 del  2012,
come convertito, che, «[a]l fine di superare possibili disparita'  di
trattamento tra i consumatori nel settore delle polizze vita»  e  per
«garantire maggiormente i consumatori -  soprattutto  gli  eredi  che
devono riscuotere le polizze vita dei loro cari» -  ha  allungato  il
termine di prescrizione portandolo a dieci anni. 
    5.3.- In definitiva,  il  giudice  rimettente,  pur  riconoscendo
l'ampio  margine  di  discrezionalita'   riservato   al   legislatore
nell'individuazione   del   termine    di    prescrizione,    ritiene
manifestamente irragionevole quanto previsto dalla norma censurata. 
    Quest'ultima sarebbe «in patente contraddizione con  la  speciale
protezione  che  il  legislatore,  in  attuazione  del  dovere  della
Repubblica di tutelare il risparmio  previdenziale,  assicura  invece
alle stesse polizze vita in altri ambiti, quali l'impignorabilita'  e
l'insequestrabilita'  delle   somme   dovute   dall'assicuratore   al
contraente e al beneficiario ex art. 1923  c.c.,  l'esclusione  delle
indennita' dall'asse ereditario ex art. 12  del  d.lgs.  n.  346  del
1990, la speciale disciplina fiscale». 
    Il giudice a quo ritiene che un  intervento  meramente  ablativo,
che escluda dal termine di prescrizione biennale le polizze vita, sia
sufficiente a colmare  il  vulnus  normativo,  poiche'  comporterebbe
l'applicazione del termine ordinario  di  prescrizione  decennale  ex
art.  2946  cod.  civ.,  in  linea  con  il   successivo   intervento
legislativo che ha novellato, con l'art. 22, comma 14,  del  d.l.  n.
179 del 2012, come convertito, l'art. 2952, secondo comma, cod. civ. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 31 maggio 2023, iscritta  al  n.  103  reg.
ord. 2023, la Corte d'appello di Firenze ha sollevato, in riferimento
agli artt. 3 e 47 Cost.,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2952,  secondo  comma,  cod.  civ.,  nel  testo  introdotto
dall'art. 3, comma 2-ter, del d.l. n. 134 del 2008, come  convertito,
e antecedente a quello sostituito con l'art. 22, comma 14,  del  d.l.
n. 179 del 2012, come convertito,  nella  parte  in  cui  prevede  un
termine di prescrizione biennale per far valere i  diritti  derivanti
dal contratto di assicurazione sulla vita. 
    2.- Il giudice a quo ritiene che  la  disciplina  prevista  dalla
disposizione censurata violi gli artt.  3  e  47  Cost.,  presentando
profili  di  irragionevolezza,  che  pregiudicano   la   tutela   del
risparmio. 
    A parere del rimettente, il breve termine di prescrizione imposto
per le polizze vita  risulterebbe  manifestamente  irragionevole,  in
quanto non renderebbe effettivo il  possibile  esercizio  di  diritti
derivanti  da  un  contratto  che  ha  una  funzione   di   risparmio
previdenziale. 
    2.1.- La Corte  d'appello  di  Firenze  rileva  come  il  termine
biennale sia tale da ostacolare  l'effettivo  esercizio  del  diritto
alle prestazioni assicurative specie da  parte  dei  beneficiari,  in
caso di decesso dell'assicurato, tanto piu'  che  -  nel  periodo  di
vigenza della disposizione -  le  assicurazioni  non  disponevano  di
strumenti informatici che consentissero loro di  accertare  lo  stato
degli assicurati delle polizze vita, e non erano tenute ad  attivarsi
per informare i beneficiari della polizza. 
    Peraltro, in ragione dell'obbligo posto a carico  delle  societa'
di assicurazioni di  procedere,  una  volta  decorso  il  termine  di
prescrizione,  alla  devoluzione  delle  somme  non   reclamate   dai
beneficiari al fondo dei "rapporti dormienti",  risultava  inibito  a
tali imprese effettuare il pagamento degli importi dovuti,  omettendo
di eccepire la  prescrizione.  Oltretutto,  a  differenza  di  quanto
disposto  dalla  sopravvenuta  normativa,  non  applicabile   ratione
temporis ai rapporti in questione, i beneficiari non venivano neppure
avvisati del  versamento  al  fondo  dei  "rapporti  dormienti",  ne'
potevano rivolgersi a tale fondo. 
    2.2.- In definitiva, il giudice rimettente contesta che sia stato
concepito un meccanismo che introduce  «una  sorta  di  automatico  e
irreversibile  "esproprio",  a  favore  di  un  fondo  statale»,   in
pregiudizio dei diritti dei beneficiari ai quali erano indirizzate le
somme frutto del risparmio  dei  contraenti,  e  questo  «in  patente
contraddizione con la speciale  protezione  che  il  legislatore,  in
attuazione del dovere  della  Repubblica  di  tutelare  il  risparmio
previdenziale, assicura invece alle  stesse  polizze  vita  in  altri
ambiti». 
    Il  giudice  chiede,  pertanto,  un   intervento   ablativo   con
riferimento  alle  polizze  vita,  che   avrebbe   come   conseguenza
l'espansione del termine ordinario decennale  di  cui  all'art.  2946
cod. civ. 
    3.-  Il  rimettente  argomenta  la  rilevanza  delle   questioni,
accogliendo i motivi di appello logicamente preliminari  e  ritenendo
applicabile ratione temporis la disposizione  censurata  al  caso  di
specie. Esclude, inoltre, la percorribilita' di  una  interpretazione
conforme a Costituzione. 
    4.- Nel merito, le questioni sollevate in riferimento agli  artt.
3 e 47 Cost. sono fondate. 
    5.- Nella disciplina della prescrizione il  legislatore  gode  di
ampia discrezionalita'  che  gli  consente  di  perseguire  finalita'
pubblicistiche  e,  al  contempo,   di   bilanciare   gli   interessi
privatistici delle parti che si contrappongono. Puo', in particolare,
stabilire lunghi termini di prescrizione, cosi'  come  puo',  invece,
prevedere termini brevi, magari associati  a  una  flessibilita'  del
termine di decorrenza ed eventualmente  abbinati  -  sul  modello  di
altri ordinamenti giuridici - a un termine finale  che  non  si  puo'
oltrepassare. 
    Nondimeno, tale ampia discrezionalita' incontra un limite: quello
di non poter essere esercitata «"in modo da non rendere effettiva  la
possibilita'  di  esercizio  del  diritto  cui  si  riferisce,  e  di
conseguenza inoperante la tutela voluta accordare al cittadino  leso"
(ex plurimis, ordinanze n. 16 del 2006 e n. 153 del 2000)»  (sentenza
n. 234 del 2008). 
    Tale limite risulta valicato dalla disposizione censurata. 
    6.- L'art. 2952, secondo comma, cod. civ. prevede che gli  «altri
diritti», rispetto a quelli indicati al primo comma,  «derivanti  dal
contratto di assicurazione e  dal  contratto  di  riassicurazione  si
prescrivono in due anni dal giorno in cui si e' verificato  il  fatto
su cui il diritto si fonda». 
    A tali «altri diritti» si ascrive, in  particolare,  quello  che,
insieme  al  pagamento  dei  premi  (evocato  al  primo  comma),  da'
attuazione alla funzione del contratto: vale a dire,  il  diritto  al
pagamento delle somme dovute dall'assicuratore  al  contraente  o  al
terzo beneficiario. Intorno a tale situazione giuridica soggettiva e'
plasmata  la  disciplina  in  esame  e  rispetto   a   essa   occorre
interrogarsi sulla ratio della norma, che si riflette sul giudizio di
ragionevolezza. 
    La formulazione della previsione censurata e' quella vigente dopo
la sostituzione del secondo comma dell'art. 2952 cod.  civ.  disposta
dall'art. 3, comma 2-ter, del d.l. n. 134 del 2008, come  convertito,
e antecedente a quella prevista dall'art. 22, comma 14, del  d.l.  n.
179 del 2012, come convertito. 
    Nello specifico, la disciplina introdotta nel 2008 ha  elevato  a
due anni il termine di prescrizione, che originariamente  era  di  un
anno, mentre la riforma del 2012  ha  escluso  da  tale  prescrizione
biennale i diritti che derivano dal contratto di assicurazione  sulla
vita, ai quali si applica la prescrizione decennale. 
    Il  rimettente  invoca  una   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata, nella parte in  cui  non
prevede che possa operare la medesima esclusione  dalla  prescrizione
biennale dei diritti derivanti dal contratto di  assicurazione  sulla
vita, onde far riespandere per tali diritti il termine  ordinario  di
prescrizione decennale. 
    7.- L'art. 2952, secondo comma, cod. civ. fa perno  -  come  gia'
anticipato (punto 6) -  su  due  elementi:  la  durata  biennale  del
termine di prescrizione e il termine di decorrenza  identificato  nel
«fatto su cui il diritto si fonda». 
    7.1.- Il dies a quo da cui decorre  il  termine  di  prescrizione
biennale e' costituito da un parametro  che,  nel  caso  delle  somme
dovute  dall'assicuratore  all'assicurato  o  al   beneficiario,   si
identifica negli eventi - la morte o la sopravvivenza  alla  data  di
scadenza del contratto - che consentono  l'acquisizione  del  diritto
maturato  in  virtu'  dell'assicurazione  e,  nel  caso   del   terzo
beneficiario, della designazione. 
    Il carattere oggettivo del dies a  quo  nell'assicurazione  sulla
vita non e' messo in discussione  dal  diritto  vivente  (da  ultimo,
Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 21 ottobre 2022,
n. 31144; sezione sesta civile, ordinanza 15 settembre 2020, n. 19112
e sezione terza civile, ordinanza 25 agosto 2020, n. 17672). 
    Anzi, esso  viene  giustificato  con  l'esigenza,  propria  delle
imprese assicurative, di avere certezza circa il momento  in  cui  il
diritto   puo'   essere   fatto   valere,   onde   poter   approntare
un'organizzazione tecnico-giuridica idonea a garantire il  tempestivo
pagamento delle somme spettanti agli assicurati. 
    7.2.- Tanto premesso, l'abbinamento a tale dies a quo  oggettivo,
che  rinviene   una   specifica   motivazione   nel   sistema   delle
assicurazioni  sulla  vita,  di  un  termine  di  prescrizione  breve
presenta, nel contesto  delle  polizze  vita,  profili  di  manifesta
irragionevolezza. 
    Da un lato, infatti, non si riscontra, rispetto  ai  diritti  che
derivano dall'assicurazione sulla vita, quella esigenza di un  pronto
accertamento del  diritto  che  puo'  giustificare  una  prescrizione
breve. 
    Da  un  altro  lato,   l'assicurazione   sulla   vita   abbraccia
fattispecie nelle quali il titolare del diritto  al  pagamento  delle
somme dovute dall'assicuratore e' di frequente un terzo beneficiario,
il quale ben potrebbe ignorare di  essere  titolare  del  diritto  e,
dunque, potrebbe risultare particolarmente pregiudicato da un termine
di prescrizione breve. 
    7.2.1.-   Sotto   il   primo   profilo,   va   evidenziato    che
nell'assicurazione sulla vita non ricorre la medesima  necessita'  di
rapida  verifica  del  fatto  costitutivo  del  diritto,  che  emerge
nell'ambito dell'assicurazione contro i danni. 
    Nel contesto di quest'ultima tipologia contrattuale,  il  diritto
all'indennizzo in tanto spetta, in quanto  siano  accertati  l'evento
lesivo coperto dall'assicurazione, il nesso di causalita' e  i  danni
per i quali si richiede l'indennizzo. 
    Maggiore e' il  tempo  che  trascorre,  piu'  potrebbe  risultare
difficile comprovare gli elementi costitutivi del diritto.  Per  tale
ragione, questa Corte - riferendosi  al  termine  triennale  per  far
valere le prestazioni coperte dall'assicurazione obbligatoria erogate
dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni  sul
lavoro  (INAIL)  -   ha   ritenuto   la   relativa   disciplina   non
irragionevole, riscontrando la «necessita' oggettiva di pervenire  ad
una pronta ricerca dei fatti, potendo un'attesa superiore ai tre anni
pregiudicare la raccolta di prove  utili  a  verificare  il  rapporto
eziologico tra infortunio  (o  malattia)  ed  evento  ai  fini  della
risarcibilita'» (sentenza n. 207 del 1997, che richiama  la  sentenza
n. 71 del 1993). Si e' escluso, dunque, un  contrasto  con  l'art.  3
Cost., sul presupposto che l'esigenza  «di  pronto  accertamento  dei
fatti», correlata al breve termine di  prescrizione,  operasse  anche
nell'interesse dell'avente diritto, oltre che dell'ente  assicurativo
tenuto a erogare la prestazione (sentenza n. 297 del 1999). 
    Per converso, l'assicurazione sulla vita non svolge una  funzione
indennitaria rispetto al  verificarsi  di  un  sinistro,  ma  ha  una
prevalente funzione di risparmio  previdenziale,  correlata  all'alea
della durata della vita. Tramite l'accantonamento dei premi e il loro
eventuale rendimento, infatti, il contratto offre  una  tranquillita'
economica all'assicurato o a terzi, al verificarsi  di  eventi  della
vita  (dell'assicurato  o  di  terzi),  quali   il   decesso   o   la
sopravvivenza alla scadenza del contratto. 
    A ulteriore conforto  di  tale  ricostruzione,  le  somme  dovute
dall'assicuratore non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o
cautelare (art. 1923, primo comma, cod. civ.)  e  il  contratto  deve
regolare i diritti di riscatto e di  riduzione  della  polizza  (art.
1925 cod. civ.), istituti non applicabili alle altre assicurazioni. 
    A fronte, dunque, di quella che e'  la  prevalente  funzione  del
contratto  di  assicurazione  sulla  vita,  non  si   giustifica   la
previsione di un si' breve  termine  di  prescrizione  per  acquisire
somme che derivano dal meccanismo di accumulo  del  risparmio  e  che
spettano al verificarsi di eventi - la morte o la sopravvivenza  alla
data di scadenza dell'assicurazione - che non implicano,  in  genere,
alcuna complessita' di accertamento. 
    7.2.2.-  Se,  pertanto,  nell'assicurazione  sulla  vita  non  si
rinvengono ragioni idonee a giustificare in se' la previsione di  una
prescrizione breve, la sua combinazione con un dies a  quo  oggettivo
determina, nel contesto in esame, la manifesta irragionevolezza della
prescrizione biennale. 
    Nell'assicurazione sulla vita, infatti, e' tutt'altro che  remota
l'eventualita' che il titolare del diritto al pagamento  delle  somme
dovute dall'assicuratore sia un terzo beneficiario  e  che  egli  sia
ignaro di aver acquisito il diritto, non essendo a  conoscenza  della
sua designazione. 
    La pretesa che un tale diritto  sia  esercitato  in  tempi  molto
brevi si risolve, dunque, in una eccessiva difficolta', se non in una
impossibilita' di farlo valere. 
    7.2.2.1.- In particolare, nessuna previsione di legge  stabilisce
che l'assicurato debba informare il beneficiario della  designazione.
Al contrario, il legislatore  ha  stabilito  che  l'assicurato  possa
sempre revocare il beneficio (art. 1921 cod. civ.), finanche  tramite
testamento  (art.  1920  cod.  civ.),  salvo  che  l'evento  si   sia
verificato o l'assicurato abbia rinunciato per iscritto alla revoca e
il beneficiario abbia dichiarato di voler  profittare  del  beneficio
(cosi' il citato art. 1921 cod. civ.). 
    Si riscontra, dunque, una situazione che  ha  forti  similitudini
con l'istituto dell'accettazione dell'eredita', allorche'  colui  che
ha il diritto di accettare non sappia di essere stato designato quale
erede dal testamento. In tal caso,  pero',  il  legislatore  compensa
l'oggettivita' del dies a  quo  -  che  decorre  dall'apertura  della
successione e, dunque, dalla morte  del  de  cuius,  salva  l'ipotesi
della istituzione condizionale che  fa  principiare  il  computo  del
termine  a  partire  dal  verificarsi  della  condizione  -  con   la
previsione del termine decennale di  prescrizione  (art.  480,  primo
comma, cod. civ.). 
    7.2.2.2.- Se, dunque, il contraente non e' tenuto a informare  il
beneficiario della designazione, a ben vedere, - nella vigenza  della
norma censurata - un obbligo di informazione non  sussisteva  neppure
in capo allo stipulante. 
    In disparte la riconducibilita' o meno alla regola di correttezza
di un tale dovere di informazione - cio' che il diritto vivente aveva
escluso (Corte di cassazione,  sezione  sesta  civile,  ordinanza  26
settembre 2018, n. 23069) -, in ogni caso,  esso  non  sarebbe  stato
esigibile prima del 2018. 
    Infatti, solo con l'art. 20-quinquies, comma 1, del d.l.  n.  119
del 2018, come convertito - che e' intervenuto sull'art. 3 del d.P.R.
n. 116 del 2007 - e' stato disposto che le imprese  di  assicurazione
verifichino, «entro il 31 dicembre di ciascun anno, tramite  servizio
di   cooperazione   informatica   con   l'Agenzia   delle    entrate,
esclusivamente per i dati strettamente necessari, l'esistenza in vita
degli assicurati» e che, in caso  di  corrispondenza  tra  il  codice
fiscale dell'assicurato e la persona deceduta, le imprese si attivino
per  la  procedura  di  corresponsione  della  somma  assicurata   al
beneficiario,  «inclusa  la  ricerca   del   beneficiario   ove   non
espressamente indicato nella  polizza»  (art.  3,  comma  1-bis,  del
citato d.P.R.). 
    Sennonche',  quando  tale  disciplina  e'  stata  introdotta,  la
disposizione censurata gia' non era piu' in vigore. 
    Peraltro, non si puo'  tacere  che,  in  ogni  caso,  l'eventuale
violazione  del  dovere  informativo  assicura  al  piu'  una  tutela
risarcitoria, sicche' opportunamente la  previsione  dell'obbligo  di
informazione  e'  stata  aggiunta  alla  nuova  disciplina,  che   ha
introdotto nel 2012 il termine di  prescrizione  decennale,  rendendo
cosi'  possibile  e  non  eccessivamente  difficile  l'esercizio  dei
diritti, di cui all'art. 2952, secondo comma,  cod.  civ.,  derivanti
dall'assicurazione sulla vita. 
    7.2.3.- Infine, un'ulteriore ragione contribuisce a delineare  un
quadro di estrema difficolta', se non talora di impossibilita', a far
valere i diritti regolati dalla norma censurata. 
    Si tratta del coordinamento sistematico di  tale  previsione  con
quella secondo cui gli importi non  reclamati  entro  il  termine  di
prescrizione debbano  essere  devoluti  al  fondo  costituito  con  i
rapporti "dormienti", di cui all'art. 1, comma 343,  della  legge  n.
266 del 2005. 
    Lo ha stabilito, in particolare, l'art. 3, comma 2-bis, del  d.l.
n. 134 del 2008, come convertito, che ha aggiunto, all'art.  1  della
legge n.  266  del  2005,  il  comma  345-quater  (poi  ulteriormente
modificato dall'art. 4, comma  1-bis,  del  decreto-legge  9  ottobre
2008, n. 155, recante «Misure urgenti per garantire la stabilita' del
sistema creditizio e la continuita' nell'erogazione del credito  alle
imprese e  ai  consumatori,  nell'attuale  situazione  di  crisi  dei
mercati finanziari internazionali»,  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 4 dicembre 2008, n. 190). 
    L'intervento e' stato contestuale alla introduzione,  con  l'art.
3, comma 2-ter, del medesimo d.l. n.  134  del  2008,  sopra  citato,
della disposizione recante  la  norma  censurata,  che  -  come  gia'
anticipato (punto 6) - ha portato il termine  di  prescrizione  degli
«altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione» da uno a due
anni. 
    Prima di tale novella, se e' vero che il termine di  prescrizione
di cui all'art. 2952, secondo comma, cod. civ., risultava,  nel  caso
del contratto di assicurazione, ancora piu' breve (uno  anziche'  due
anni), nondimeno si era diffusa una prassi che di fatto garantiva una
tutela. Le imprese di assicurazione non  sollevavano  l'eccezione  di
prescrizione  ed  eseguivano  la  prestazione   nei   confronti   dei
beneficiari, quando  questi  non  avessero  potuto  avere  tempestiva
conoscenza  del  proprio  diritto,  sempre  che   le   richieste   di
liquidazione  fossero  pervenute  entro  dieci   anni   dalla   morte
dell'assicurato o dalla scadenza del contratto. 
    Simile prassi era stata  suggerita  dallo  stesso  ISVAP  -  oggi
sostituito  dall'Istituto  per  la  vigilanza   sulle   assicurazioni
(IVASS), in base all'art. 13 del decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135 - che aveva rilevato
come  la  maggior  parte  dei  casi  di  richieste   non   tempestive
dipendessero «dal fatto che i  beneficiari  non  erano  a  conoscenza
dell'esistenza della polizza, avendo ritrovato la documentazione solo
in un momento successivo al decesso dell'assicurato» (punto  8  della
circolare n. 403/D del 16 marzo 2000). 
    Per converso, il  sopravvenuto  obbligo  di  devolvere  al  fondo
costituito con i rapporti "dormienti" le somme che non fossero  state
richieste, entro il termine di prescrizione, ha  indotto  le  imprese
assicurative a eccepire la prescrizione e ha impedito ai  beneficiari
di poter confidare finanche nella tutela offerta dall'art. 2940  cod.
civ., che esclude la ripetizione  dei  debiti  prescritti  che  siano
stati spontaneamente adempiuti. 
    8.-  Evidenziata  la  manifesta  irragionevolezza   della   norma
censurata che, dunque, viola  l'art.  3  Cost.,  essa,  al  contempo,
contrasta con l'art. 47 Cost., che «tutela il risparmio in  tutte  le
sue forme», poiche' sacrifica diritti che, in virtu' del contratto di
assicurazione sulla vita, derivano dal risparmio previdenziale. 
    Vero e' che l'art. 1882  cod.  civ.  da'  una  definizione  ampia
dell'assicurazione sulla vita, facendo riferimento al «contratto  col
quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga  [...]
a pagare un capitale o  una  rendita  al  verificarsi  di  un  evento
attinente alla vita umana». Nondimeno, la funzione che  primariamente
si rinviene  in  concreto  nei  contratti  ascrivibili  a  tale  tipo
negoziale - e che e' riflessa nella disciplina dettata dal Libro  IV,
Titolo III, Capo XX, Sezione III, del codice civile - e',  come  gia'
precisato (punto  7.2.1.),  quella  di  preservare  il  risparmio  in
funzione previdenziale e di operare una capitalizzazione correlata al
cd. rischio demografico (sentenza n. 400 del  1987;  inoltre,  quanto
alla giurisprudenza di legittimita',  Corte  di  cassazione,  sezione
seconda civile, sentenza 22 ottobre 2021,  n.  29583;  sezione  terza
civile, sentenza15  aprile  2021,  n.  9948;  sezione  prima  civile,
sentenza 14 giugno 2016, n. 12261; sezioni unite civili, sentenza  31
marzo 2008, n. 8271). 
    Posto, dunque, che la tutela effettiva del diritto  al  pagamento
delle  somme   dovute   dall'assicuratore,   in   specie   al   terzo
beneficiario, e' inibita da un dies a quo oggettivo  associato  a  un
termine di prescrizione breve, la  manifesta  irragionevolezza  della
compressione di tale diritto, che deriva dal risparmio previdenziale,
comporta una violazione anche dell'art. 47 Cost. 
    La tutela del risparmio e', infatti, sempre soggetta a  possibili
bilanciamenti,  purche'   non   venga   irragionevolmente   compressa
(sentenze n. 149 del 2021, n. 322 e n. 73  del  1996  e  n.  143  del
1995). 
    E',  del  resto,  emblematico  che  lo  stesso  legislatore,  nel
sostituire la disposizione censurata con la legge n. 221 del 2012, di
conversione  del   d.l.   n.   179   del   2012,   che   ha   escluso
dall'applicazione  del  termine  di  prescrizione  biennale,  di  cui
all'art. 2952, secondo comma, cod. civ., i diritti che  derivano  dal
contratto di assicurazione sulla vita, abbia  voluto  esplicitare  le
ragioni  dell'intervento,  facendo   riferimento   all'esigenza   «di
superare possibili disparita' di trattamento tra  i  consumatori  nel
settore delle polizze vita». 
    La norma oggi vigente ha, dunque, applicato  ai  diritti  di  cui
all'art.  2952,  secondo  comma,  cod.  civ.,  che   derivano   dalla
assicurazione sulla vita, la prescrizione ordinaria, distinguendo  la
loro disciplina da quella dei  diritti  derivanti  dai  contratti  di
assicurazione contro i danni. 
    9.- In definitiva, la  norma  censurata  viola  il  principio  di
ragionevolezza,  di  cui  all'art.  3  Cost.,  e,  al  tempo  stesso,
pregiudica diritti che derivano dal risparmio previdenziale, tutelato
dall'art. 47 Cost. 
    Pertanto, l'art.  2952,  secondo  comma,  cod.  civ.,  nel  testo
successivo a quello introdotto dall'art. 3, comma 2-ter, del d.l.  n.
134 del 2008, come convertito, e antecedente a quello sostituito  con
l'art. 22, comma 14, del d.l. n. 179 del 2012,  come  convertito,  e'
costituzionalmente  illegittimo,  nella  parte  in  cui  non  prevede
l'esclusione, dal termine di prescrizione biennale, dei  diritti  che
derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali opera
la prescrizione decennale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2952,  secondo
comma, del codice civile, nel testo  introdotto  dall'art.  3,  comma
2-ter, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134 (Disposizioni urgenti
in  materia  di  ristrutturazione  di  grandi  imprese   in   crisi),
convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 2008, n. 166, e
antecedente  a  quello  sostituito  con  l'art.  22,  comma  14,  del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure  urgenti  per
la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 17
dicembre 2012, n. 221, nella parte in cui non  prevede  l'esclusione,
dal termine di prescrizione biennale, dei diritti  che  derivano  dai
contratti  di  assicurazione  sulla  vita,  per  i  quali  opera   la
prescrizione decennale. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2024. 
 
                                F.to: 
                 Augusto Antonio BARBERA, Presidente 
                   Emanuela NAVARRETTA, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 29 febbraio 2024 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA