N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2024

Ordinanza del 31 gennaio 2024  del  G.U.P.  presso  il  Tribunale  di
Bologna nel procedimento penale a carico di S.A.P.. 
 
Reati e pene - Reato di  rapina  -  Rapina  impropria  -  Trattamento
  sanzionatorio - Mancata previsione di una diminuente quando, per la
  natura,  la  specie,  i  mezzi,  le  modalita'  o  le   circostanze
  dell'azione, ovvero per la particolare tenuita'  del  danno  o  del
  pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. 
- Codice penale, art. 628, secondo comma. 
(GU n.15 del 10-4-2024 )
 
                        TRIBUNALE DI BOLOGNA 
                           Sezione G.U.P. 
 
    Il giudice, dott. Andrea Salvatore Romito, nel procedimento sopra
indicato a carico di P. S. A., nato  in  ...  il  ...,  elettivamente
domiciliato presso la residenza anagrafica in ... n. ...,  difeso  di
fiducia  dall'avv.  Alessandro  Cristofori  del  foro  di  Bologna  e
imputato del delitto di cui all'art.  628,  comma  2,  codice  penale
«perche' alle ore ... circa, dopo essere  stato  sorpreso  da  H.  S.
durante la sottrazione dal negozio «...» di via ..., n. ...,  ...; di
una bottiglia di vino, al fine di assicurarsi il possesso della  cosa
sottratta usava violenza nei confronti  del  dipendente  del  negozio
sferrandogli un calcio all'addome e cercando di colpirlo  alla  testa
con la stessa bottiglia, allontanandosi poi insieme ad altre  persone
con direzione via del ... e venendo rinvenuto ancora in possesso  del
bene sottratto dalla Pattuglia Carabinieri in  via  ...  in  ...,  il
...», ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Il giudice dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'art.
628, comma 2, del codice penale, nella parte in cui non  prevede  una
diminuente quando la natura, la specie, i mezzi, le  modalita'  o  le
circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno
o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. 
    Si ritiene che la questione sia rilevante  e  non  manifestamente
infondata. 
1. Svolgimento del processo. 
    Con istanza  datata  ...  il  P.M.  sede  avanzava  richiesta  di
emissione del decreto di rinvio a giudizio nei confronti di P. S.  A.
per il reato a lui ascritto in rubrica. 
    All'udienza del 27 settembre 2023,  alla  quale  si  perveniva  a
seguito di alcuni rinvii semplici, il difensore, munito  di  apposita
procura  speciale,  instava  per  la  prosecuzione  del  procedimento
secondo le forme rituali del giudizio  abbreviato,  la  cui  concreta
trattazione era differita al 20 dicembre 2023; in tale sede, le parti
formulavano le  rispettive  conclusioni,  nei  termini  indicati  nel
verbale d'udienza. 
    In particolare, il P.M, esposti i fatti, chiedeva  affermarsi  la
responsabilita' dell'imputato per il reato contestato,  con  condanna
alla pena finale di anni ... di reclusione, unitamente  al  pagamento
di  ...  euro  di  multa,  previo  riconoscimento  della  circostanza
attenuante del  danno  patrimoniale  di  speciale  tenuita'  e  delle
circostanze attenuanti generiche; il difensore, di  contro,  chiedeva
sollevarsi,   in   via   principale,   questione   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 628, comma 2, del codice penale nella  parte
in cui non  prevede  un  adeguamento  del  trattamento  sanzionatorio
all'effettivo  disvalore  della   condotta,   trattandosi   di   atto
predatorio bagatellare; in subordine chiedeva riqualificarsi il reato
in furto tentato. 
    Il giudice, ritenendo la questione di legittimita' costituzionale
sopra esposta aderente alle condizioni previste dall'art.  23,  legge
n. 87 dell'11 marzo 1953, rinviava per l'assunzione dei provvedimenti
conseguenti all'udienza del 31 gennaio 2024. 
2. Il fatto storico. 
    La vicenda processuale e' agevolmente sintetizzabile,  traendo  a
tal fine diretto spunto dall'atto accusatorio sporto il ... da H. S.,
dipendente del negozio  di  alimentari  «...  »,  e  dalle  ulteriori
evenienze investigative delle quali si dara' a breve conto. 
    Ricordava, il querelante, di aver osservato l'ingresso di quattro
giovani, di  eta'  compresa  tra  i  venti  e  i  ventiquattro  anni,
all'interno  del  locale;  mentre  uno  degli  avventori,  dopo  aver
regolarmente acquistato due bottiglie di birra, usciva  insieme  alle
due ragazze, il quarto ragazzo, vestito con un giubbotto giallo e  un
cappello bianco con visiera, si avvicinava al  bancone  dei  vini  e,
prelevata una bottiglia di vino spumante «...», dal costo pari a  ...
euro, la celava all'interno del soprabito, per poi allontanarsi senza
corrispondere il dovuto. 
    Accortosi dell'accaduto, il S. seguiva il responsabile  lungo  la
via  ...,  intimandogli  di  tornare  indietro  e  pagare  la   merce
sottratta; a  quel  punto,  tentava  di  tornare  in  possesso  della
bottiglia, ma il giovane «resisteva e mi  sferrava  prima  un  calcio
all'altezza dell'addome e poi con la stessa bottiglia di vino cercava
di colpirmi alla testa, ma senza riuscirci». 
    Erano  dunque  allertati  i  Carabinieri,   il   cui   intervento
consentiva di fermare e identificare i componenti il gruppo. 
    Le dichiarazioni del querelante trovavano ampio  riscontro  nella
deposizione resa da R. V., proprietario del locale situato di  fronte
al negozio di alimentari in questione e  presente  al  momento  della
conseguente colluttazione («il ragazzo con giubbotto giallo  sferrava
un  calcio  all'altezza  del  torace  e  un  pugno   al   volto   del
commerciante, vittima  presumibilmente  di  un  furto,  in  quanto  i
ragazzi e le ragazze avevano con se' delle  bottiglie»);  e,  ancora,
nell'attivita'  perquisitiva,  attestata  dai  verbali  allegati   al
fascicolo processuale. 
3. La qualificazione giuridica del fatto. 
    Ad  avviso  del  giudicante  la  vicenda  in  esame,  cosi'  come
correttamente ipotizzato dalla Procura, integra gli estremi del reato
di cui all'art. 628, comma 2, del  codice  penale;  apparendo  invero
evidente che l'imputato avesse adoperato violenza nei  confronti  del
dipendente dell'esercizio commerciale in un momento  successivo  alla
sottrazione  della  cosa,  al  precipuo  scopo  di   assicurarsi   il
definitivo possesso della res. 
    Sul punto, non rileva che la violenza sia  stata  esercitata  nei
confronti di una persona diversa rispetto al detentore della cosa ne'
che sia  trascorso  un  -  invero  minimale  -  lasso  temporale  tra
l'impossessamento della cosa  e  la  condotta  violenta,  essendo  di
contro sufficiente che  tra  le  due  azioni  sussista  un  nesso  di
causalita' tale da avere carattere di strumentalita' e  che  «tra  le
due diverse attivita'  intercorra  un  arco  temporale  tale  da  non
interrompere l'unitarieta' dell'azione volta a impedire  al  derubato
di tornare in possesso  delle  cose  sottratte  o  ad  assicurare  al
colpevole l'impunita'» (Cass. Pen. n. 30775 del 10 maggio 2023). 
    Ancora. 
    Ai fini della configurabilita'  del  reato  di  rapina  impropria
consumata, occorre osservare  come  il  dato  letterale  della  norma
incriminatrice, facendo riferimento all'elemento dell'impossessamento
come parte del dolo specifico e non come evento di reato,  conduce  a
ritenere che il  delitto  si  perfezioni  nel  momento  stesso  della
sottrazione della cosa mobile  altrui,  a  nulla  rilevando  la  mera
temporaneita' del possesso conseguito. 
    Ebbene, essendo il delitto di rapina classificato  come  reato  a
carattere plurioffensivo e natura complessa, posto a tutela tanto del
bene patrimoniale quanto del bene personale della liberta' morale, la
cui  formulazione  comprende  sia  la  condotta  di   sottrazione   e
impossessamento tipica del reato di furto che quella  rispondente  al
tipo di violenza adoperata,  non  e'  condivisibile  l'argomentazione
difensiva riguardo la necessita' di riqualificare il reato da  rapina
impropria consumata in furto tentato. 
    Innanzitutto, il reato  di  furto  si  consuma  «quando  il  bene
trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui
e' stato sottratto, sotto il dominio esclusivo  dell'agente,  sicche'
sono irrilevanti sia il fatto che la res furtiva rimanga nella  sfera
di vigilanza della persona offesa, con la possibilita' del suo pronto
recupero, sia la durata del possesso, sia, infine,  le  modalita'  di
custodia e di trasporto» (Cass. Pen. n. 33605 del 17 giugno 2022). 
    Nel caso di specie,  l'imputato  senz'altro  acquisiva  la  piena
disponibilita' della refurtiva, anche se per breve tempo, atteso  che
la bottiglia di vino  sottratta  era  rivenuta  vuotata  del  proprio
contenuto (chiara, sul punto, e' l'annotazione di p.g.). 
    Inoltre, non residuano dubbi in ordine alla  perpetrazione  della
condotta  violenta  ai  danni  del  lavoratore,   attesa   l'appurata
congruita' di quanto dichiarato dal medesimo con la versione resa dal
testimone oculare  nell'immediatezza  del  fatto,  entrambi  concordi
nell'affermare che il giovane avesse  sferrato  prima  un  calcio  al
torace e poi un colpo alla testa dell'uomo. 
    Cosi' ricostruita la dinamica dell'accaduto, si ravvisa la  piena
ascrivibilita'  della  condotta   posta   in   essere   dall'imputato
nell'ambito di applicazione individuato dall'art. 628, comma  2,  del
codice penale. 
4. La rilevanza della questione. 
    Ritiene  il  giudice  la  rilevanza  nel  caso  di  specie  della
questione di  legittimita'  costituzionale  in  relazione  alla  pena
detentiva minima applicabile, in caso di condanna, per  il  reato  di
rapina impropria, a seguito della pronuncia d'incostituzionalita'  di
cui alla sentenza della Corte  costituzionale  n.  120  del  2023  in
merito al reato di estorsione, per violazione degli articoli 3 e  27,
terzo comma, della Costituzione nella parte in cui non prevede che la
pena dalla norma comminata sia diminuita in misura non  eccedente  un
terzo quando per la natura,  la  specie,  i  mezzi,  le  modalita'  o
circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno
o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. 
    Nel caso di specie, l'intervallo edittale contemplato dal secondo
comma  dell'art  628  del  codice  penale,  tramite   richiamo   alla
disposizione precedente, oscilla da cinque a dieci anni di reclusione
e da 927,00 a 2.500,00 euro di multa. 
    Le sanzioni previste per  la  fattispecie  base,  precedentemente
stabilite nel minimo in anni tre di reclusione e in  516,00  euro  di
multa, hanno subito un irrigidimento progressivo,  prima  tramite  la
modifica legislativa apportata dall'art.  1,  comma  8,  lettera  a),
legge n. 103 del 16 giugno 2017, recante modifiche al codice  penale,
al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, e  poi
mediante l'art. 6, comma 1, lettera a), legge n.  36  del  26  aprile
2019, (Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia  di
legittima difesa), che ha da ultimo novellato la norma incriminatrice
a  partire  dall'ipotesi  non  aggravata  di  cui  al  primo   comma,
innalzando  da quattro  a cinque  anni  il  minimo   edittale   della
reclusione per la rapina semplice. 
    Al riguardo, si evidenzia come la stessa Corte, pronunciandosi in
merito alla questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  628,
comma 2, del codice penale, in relazione agli articoli 3,  25,  comma
2, e 27, comma 3, della Costituzione, laddove prevede per il reato di
rapina impropria la stessa pena stabilita  per  il  reato  di  rapina
propria di cui al primo comma della medesima norma, ha osservato  che
«La pressione punitiva attualmente  esercitata  riguardo  ai  delitti
contro il patrimonio e' ormai diventata estremamente rilevante.  Essa
richiede percio' attenta considerazione  da  parte  del  legislatore,
alla luce di una valutazione, complessiva  e  comparativa,  dei  beni
giuridici tutelati dal diritto penale e  del  livello  di  protezione
loro assicurato.» (Corte costituzionale n. 190 del  31  luglio  2020;
Corte costituzionale n. 111 del 27 maggio 2021). 
    Un tale inasprimento  della  risposta  punitiva,  concretizzatosi
appunto nell'innalzamento del minimo edittale della  pena  detentiva,
senza una contestuale previsione specifica  di  un'ipotesi  attenuata
qualora il fatto sia di lieve entita', rischia  di  compromettere  la
funzione primaria di finalita' rieducativa della pena,  impedendo  di
fatto  la  commisurazione  del  trattamento  sanzionatorio  al  reale
disvalore offensivo del fatto. 
    Nello specifico,  il  danno  patrimoniale  arrecato  al  titolare
dell'esercizio commerciale, pari al valore della  bottiglia  di  vino
sottratta, era quantificato in 5,50 euro, cifra che risulta essere di
modestissima entita', se non irrisoria, tale da  ritenere  quantomeno
congrua l'applicazione  della  circostanza  attenuante  comune  della
speciale tenuita' del danno e del lucro di cui all'art. 62, comma  1,
n. 4) del codice penale. 
    Ad  evidenziare  tale  profilo  interviene  anche  il   carattere
estemporaneo della  condotta  violenta  perpetrata  dall'imputato  ai
danni del lavoratore, per di piu' produttiva  di  conseguenze  lesive
non note, ma con ogni verosimiglianza modeste. 
    La  valutazione  in  ordine  alla  scarsa  gravita'  del   fatto,
unitamente   alla   considerazione   relativa    alla    personalita'
dell'imputato, privo di pregiudizi, consente altresi'  di  ipotizzare
il riconoscimento delle  circostanze  attenuanti  generiche  ex  art.
62-bis del codice penale. 
    Eppure,  nonostante  l'applicazione  di  tali  fattori  riduttivi
consenta senza dubbio un migliore  adeguamento  della  pena  al  caso
concreto,  cio'  non  puo'  costituire  elemento   correttivo   della
sproporzione  dei  minimi  edittali  individuati   dal   legislatore,
rispondendo il dato circostanziale e quello sanzionatorio a  esigenze
e a parametri diversi dell'ordinamento giuridico. 
    Sul  punto  e'  intervenuta  la  stessa   Corte   costituzionale,
specificando che la funzione «naturale» delle circostanze  attenuanti
generiche  «e'  quella  di  adeguare  la  misura  della   pena   alla
sussistenza di speciali indicatori (oggettivi  o  soggettivi)  di  un
minor disvalore del fatto concreto  all'esame  del  giudice  rispetto
alla gravita' ordinaria dei fatti riconducibili alla fattispecie base
di reato; e non gia' quella di  correggere  l'eventuale  sproporzione
dei minimi edittali stabiliti dal legislatore rispetto a un fatto  il
cui disvalore sia conforme a quello che  ordinariamente  caratterizza
la fattispecie criminosa» (Corte costituzionale n. 63  del  10  marzo
2022). 
    Pertanto,  anche  ove  la  pena  venisse  contenuta  nel   minimo
edittale, pur considerata l'applicazione delle circostanze attenuanti
sopra  evidenziate,  sarebbe  comunque   individuabile   una   palese
sproporzione del sacrificio della liberta'  personale,  provocata  da
una  sanzione  manifestamente   eccessiva   rispetto   al   disvalore
dell'illecito in esame; ben potendosi, di contro, addivenirsi  ad  un
differente esito laddove fosse introdotta un  ulteriore  e  specifico
fattore riduttivo, in grado di  fornire  adeguato  valore  a  natura,
specie, mezzi,  modalita'  o  circostanze  dell'azione,  ovvero  alla
particolare tenuita' del danno o del pericolo, cosi'  da  rendere  il
fatto di lieve entita'. 
5. La non manifesta infondatezza della questione. 
    Tanto premesso, la disposizione censurata si pone  in  violazione
del combinato disposto dagli articoli 3, comma 1, e 27, comma 1 e  3,
della  Costituzione,  e  quindi  in  contrasto  con  i  principi   di
uguaglianza e ragionevolezza, di personalita'  della  responsabilita'
penale e della funzione rieducativa della pena, i quali impongono  di
modellare  equamente  la  risposta  punitiva  alla  specificita'  del
singolo fatto e al reale grado di colpevolezza dell'agente,  al  fine
di non pregiudicare la finalita' rieducativa della stessa. 
    In  particolar  modo,  il  giudice  dubita   della   legittimita'
costituzionale  dell'art.  628,  comma  2,  del  codice  penale,   in
relazione ai suddetti parametri costituzionali nella parte in cui non
prevede una diminuente quando per la natura, la specie, i  mezzi,  le
modalita' o le circostanze dell'azione,  ovvero  per  la  particolare
tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'. 
    Nonostante le  scelte  di  dosimetria  della  pena  costituiscano
prerogativa esclusiva  del  potere  legislativo,  cio'  non  preclude
«l'intervento  di  questa  Corte  laddove  le  scelte   sanzionatorie
adottate dal legislatore si siano rivelate manifestamente  arbitrarie
o irragionevoli e il sistema legislativo consenta l'individuazione di
soluzioni, anche alternative tra loro, che, per la omogeneita' che le
connota rispetto alla norma censurata, siano tali  da  "ricondurre  a
coerenza le scelte gia' delineate a tutela  di  un  determinato  bene
giuridico, procedendo puntualmente, ove  possibile,  all'eliminazione
di giustificabili incongruenze" (precedente citato: sentenza  n.  236
del 2016)». (Corte costituzionale n. 233 del 7 dicembre 2018). 
    Pertanto, onde ricondurre a coerenza  il  sistema  normativa,  la
ragionevolezza della misura punitiva in esame va esaminata sulla base
del canone ermeneutico costituito  dal  canone  di  proporzionalita',
cosi' come declinato e assorbito dai principi sanciti e  disciplinati
all'art. 3 della Costituzione. 
    Invero,  alla  luce  del  giudizio  di  ragionevolezza,  il   cui
fondamento teorico e' radicato nel principio di  uguaglianza,  emerge
una manifesta  sperequazione  sanzionatoria  in  relazione  ad  altre
ipotesi di reato, assimilabili alla rapina impropria,  sia  sotto  il
profilo strutturale che  in  punto  di  bene  giuridico  tutelato,  o
comunque  piu'  gravi  relativamente  al  trattamento  sanzionatorio,
rispetto  alle  quali  il  legislatore  ha  comunque   previsto   una
circostanza attenuante speciale per i fatti di lieve entita'. 
    A far luce sulla manifesta arbitrarieta'  del  dettato  normativo
oggetto di impugnazione di costituzionalita' interviene  innanzitutto
il raffronto con il reato di cui  all'art.  629  del  codice  penale,
trattandosi di figura strettamente affine e sostanzialmente  omogenea
rispetto a quella del reato di rapina impropria di cui all'art.  628,
comma 2 del codice penale, sia per la cornice edittale  prevista  per
la fattispecie base, che per essere posto a protezione  dei  medesimi
beni giuridici del patrimonio e della liberta'  morale,  rispetto  al
quale  la  Corte  adita  e'  intervenuta  dichiarandone  l'incoerenza
costituzionale «nella parte in cui non prevede che la  pena  da  esso
comminata e' diminuita quando per la natura, la specie, i  mezzi,  le
modalita'  o  circostanze  dell'azione,  ovvero  per  la  particolare
tenuita' del  danno  o  del  pericolo,  il  fatto  risulti  di  lieve
entita'». (Corte costituzionale n. 120 del 15 giugno 2023). 
    Ulteriore fattispecie che si pone come tertium  comparationis  e'
l'art. 630 del codice penale, che disciplina il reato di sequestro di
persona a scopo di estorsione, anch'esso  collocato  sistematicamente
tra i delitti contro il patrimonio commessi  mediante  violenza  alle
persone o alle cose, nei confronti del quale - pur essendo piu' grave
rispetto alla rapina impropria,  stante  la  maggiore  severita'  del
regime sanzionatorio - la Corte si e' espressa censurando la  mancata
previsione di una fattispecie attenuata laddove il fatto  risulti  di
particolare tenuita' (Corte costituzionale n. 68 del 23 marzo 2012). 
    Inoltre, vengono in rilievo il compendio di norme poste a  tutela
della personalita' dello Stato, il cui quadro  sanzionatorio  risulta
piu'  gravoso  rispetto  a  quello  della  rapina  impropria,  e  nei
confronti  dei  quali  trova  applicazione  la  diminuente   prevista
dall'art. 311 del codice penale «quando per la natura, la  specie,  i
messi,  le  modalita'  o  circostanze  dell'azione,  ovvero  per   la
particolare tenuita' del danno o del pericolo, il  fatto  risulti  di
lieve entita'». Nello specifico, rileva  l'art.  289-ter  del  codice
penale in materia di sequestro di persona a scopo  di  coazione,  dal
dosaggio sanzionatorio ben piu' rigoroso rispetto al reato di rapina,
il cui ultimo comma prevede espressamente una diminuente se il  fatto
e' di lieve entita'. 
    La mancanza di una previsione di un'attenuante di  lieve  entita'
per il reato di rapina impropria appare poi  ulteriormente  distonica
rispetto alla diminuente della pena prevista  dall'art.  323-bis  del
codice penale per i  fatti  di  particolare  tenuita'  in  ordine  ai
delitti  contro  la  pubblica  amministrazione,  alcuni   dei   quali
presentano un  meccanismo  sanzionatorio  piu'  grave  rispetto  alla
rapina, in particolar modo i reati di cui agli articoli 314, 317, 319
e 319-quater del codice penale. 
    Da ultimo, si evidenzia la disposizione  prevista  dall'art.  73,
comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre
1990, in materia di sostanze stupefacenti, la  quale  ammette  per  i
fatti di lieve entita' un'autonoma imposizione sanzionatoria  ridotta
rispetto alla fattispecie prevista  ai  commi  1  e  4  del  medesimo
articolo. 
    Rispetto a tutti i citati delitti si ritiene, allora, che  emerga
una irragionevole disparita' di trattamento, stante la previsione  di
ipotesi mitigative della pena, non previste invece per  il  reato  di
rapina impropria. 
    Un ulteriore profilo di censura della fattispecie  incriminatrice
rispetto al principio di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  della
costituzione emerge in relazione all'eccessiva severita'  del  minimo
edittale previsto  dal  legislatore,  che  di  fatto  neutralizza  la
discrezionalita'  giudiziale   in   punto   di   determinazione   del
trattamento punitivo ed impedisce una opportuna gradazione della pena
al reale disvalore del  fatto.  Dalla  previsione  di  un  tale  arco
edittale consegue, dunque, una  visibile  sproporzione  sanzionatoria
per tutti quei fatti la cui offensivita' risulta essere  estremamente
ridotta e che destano uno scarso allarme sociale. 
    Allo stesso modo, tale  eccessivo  rigore  del  minimo  edittale,
unitamente alla mancata previsione di una diminuente per i  fatti  di
lieve entita', integra anche un contrasto con l'art. 27, commi 1 e 3,
della Costituzione. 
    Tale dettato costituzionale, infatti, fonda  il  principio  della
individualizzazione della risposta sanzionatoria alle caratteristiche
del caso concreto  -  la  quale  «deve  tenere  conto  dell'effettiva
entita' e delle specifiche esigenze dei singoli casi, quale  naturale
attuazione e sviluppo di principi costituzionali,  cosi'  da  rendere
quanto  piu'  possibile  "personale"  la  responsabilita'  penale   e
"finalizzata" la sanzione, nella prospettiva segnata  rispettivamente
dall'art.  27,  primo  e  terzo  comma,  della  Costituzione»  (Corte
costituzionale n. 7 del 18 gennaio 2022) - e della simmetria  tra  il
grado del disvalore espresso dalla condotta e la  risposta  punitiva,
sul presupposto che una pena manifestamente sproporzionata inibirebbe
la funzione rieducativa cui la pena deve tendere, in quanto percepita
dall'autore del reato come ingiusta rispetto dell'offesa arrecato dal
comportamento illecito. 
    Infine, dev'essere esclusa la possibilita' di  un'interpretazione
costituzionalmente conforme della fattispecie in  questione,  essendo
inequivocabile il dato letterale della norma. 
    Per  tutto  quanto  sopra,  in  definitiva,   la   questione   di
legittimita' costituzionale con riferimento ai parametri di cui  agli
articoli 3 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione  appare  rilevante  e
non manifestamente infondata. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 ss. della legge 11
novembre del 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale - per violazione degli articoli 3  e  27,
commi 1 e 3 della Costituzione - della norma  di  cui  all'art.  628,
comma 2, codice penale nella parte in cui non prevede una  diminuente
quando per  la  natura,  la  specie,  i  mezzi,  le  modalita'  o  le
circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuita' del danno
o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita'; 
    Sospende  il  giudizio  in  corso,  ed  i  relativi  termini   di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale; 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso; 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza alla Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale; 
    Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, legge n.  87
dell'11 marzo 1953, che la  presente  ordinanza  e'  stata  letta  in
udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che
sono o devono considerarsi presenti. 
      Bologna, 31 gennaio 2024 
 
                         Il giudice: Romito