N. 11 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2024

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 5 marzo 2024 (della Regione Liguria). 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Perequazione  delle   risorse
  finanziarie - Legge di bilancio 2024 - Modifica dell'art. 1,  comma
  448, della legge n. 232 del  2016,  in  attuazione  della  sentenza
  della Corte costituzionale n. 71  del  2023  -  Previsione  che  la
  dotazione per il fondo di solidarieta'  comunale  e'  stabilita  in
  euro 6.760.590.365 per ciascuno degli anni dal  2025  al  2028,  in
  euro 7.980.590.365 per  l'anno  2029,  in  euro  7.908.608.365  per
  l'anno 2030 e in euro 8.672.531.365  annui  a  decorrere  dall'anno
  2031 - Previsione che agli oneri di cui al comma  496  dell'art.  1
  della legge di stabilita' 2023, che istituisce  un  Fondo  speciale
  per  l'equita'  del  livello  dei  servizi,  si  provvede  mediante
  utilizzo delle risorse rivenienti dalle modifiche degli importi del
  Fondo di solidarieta' comunale di cui  al  comma  494  dell'art.  1
  della medesima legge. 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Finanza  pubblica  -  Legge  di
  bilancio 2024 - Previsione che i comuni  delle  regioni  a  statuto
  ordinario,  della  Regione  Siciliana  e  della  Regione   Sardegna
  assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a  200  milioni
  di euro per ciascuno  degli  anni  dal  2024  al  2028  -  Prevista
  determinazione degli importi del contributo  a  carico  di  ciascun
  ente con decreto del Ministro  dell'interno,  di  concerto  con  il
  Ministro dell'economia e delle finanze,  da  emanare  entro  il  31
  marzo 2024, previa intesa in sede  di  Conferenza  Stato-citta'  ed
  autonomie locali - Previsione  che  il  medesimo  contributo,  come
  determinato, e' trattenuto  dal  Ministero  dell'interno  a  valere
  sulle somme spettanti a titolo di Fondo di solidarieta' comunale. 
In via gradata: Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza pubblica -
  Legge di bilancio 2024 - Contributo alla finanza pubblica da  parte
  dei  comuni  delle  regioni  a  statuto  ordinario,  della  Regione
  Siciliana e della Regione Sardegna - Previsione che, nell'escludere
  dal concorso al contributo gli enti locali in dissesto  finanziario
  o in procedura di riequilibrio finanziario alla data del 1° gennaio
  2024 o che abbiano sottoscritto, tra l'altro, gli  accordi  di  cui
  all'art. 43, comma 2,  del  decreto-legge  n.  50  del  2022,  come
  convertito, non esonera anche i comuni di cui all'art. 43, comma 8,
  dello stesso decreto-legge. 
- Legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2024-2026), art. 1, commi 494, 497, 533, 534 e 535. 
(GU n.16 del 17-4-2024 )
    Ricorso ex art. 127, comma 2, della  Costituzione  della  Regione
Liguria (codice fiscale n. 00849050109), in persona del Presidente  e
legale rappresentante pro tempore,  dott.  Giovanni  Toti,  con  sede
legale in Genova, via Fieschi n. 15, rappresentata e difesa, ai  fini
del presente giudizio, dall'Avv. Pietro Piciocchi del Foro di  Genova
(C.F.: PCCPTR77H10D969U - PEC:  pietro.piciocchi@ordineavvgenova.it),
con domicilio eletto presso il suo studio in Genova,  via  Assarotti,
48/6, giusta procura speciale in calce al presente  atto  e  delibera
della Giunta regionale n. 148 del 23 febbraio 2024 (doc. n. 1), 
    contro Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  in  persona  del
Presidente del Consiglio dei ministri  e  legale  rappresentante  pro
tempore; 
 
                         per l'annullamento: 
 
      - dell'art. 1, comma 494, legge 30 dicembre 2023, n.  213,  per
contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1 e 4, e 120, comma  2,
della Costituzione; 
      - dell'art. 1, comma 497, legge 30 dicembre 2023, n.  213,  per
contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1, 3, 4  e  5,  e  120,
comma 2, della Costituzione; 
      - dell'art. 1, comma 533, legge 30 dicembre 2023, n.  213,  per
contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1, 3, 4, e  120,  comma
2, della Costituzione, nella parte in cui prevede un contributo  alla
finanza  pubblica  a  carico  dei  Comuni  delle  Regioni  a  Statuto
ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna pari ad euro 200 milioni
per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028; 
      - dell'art. 1, commi 534 e 535, legge 30 dicembre 2023, n. 213,
per contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1,  3,  4,  e  120,
comma 2, della Costituzione; 
      - in via gradata: dell'art. 1, comma  533,  legge  30  dicembre
2023, n. 213, per contrasto; 
      - con gli articoli 3, 5, 114, 119, commi 1, 3, 4, e 120,  comma
2, della Costituzione, nella parte in cui non  prevede  che  anche  i
Comuni di cui all'art. 43, comma 8,  del  decreto  n.  50  del  2022,
convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  91  del  2022,  siano
esonerati dal contributo alla finanza  pubblica  disposto  dal  primo
periodo della medesima disposizione. 
 
                                Fatto 
 
    Il  Consiglio  delle  Autonomie  Locali  della  Regione  Liguria,
istituito con legge regionale n. 11 del 2011, con delibera n.  1  del
13 febbraio 2024 (doc. n. 2),  ha  formulato  istanza  al  Presidente
della Giunta regionale della Liguria, ai sensi dell'art. 32, comma 2,
della legge n. 87 del 1953, ai fini della proposizione di ricorso  in
via  principale   a   codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale   per
l'annullamento delle disposizioni di cui in epigrafe che, in  ragione
della  violazione  dei  parametri  di  seguito  precisati,   appaiono
gravemente  lesive  dell'autonomia  finanziaria  dei   Comuni   della
Liguria, costituzionalmente garantita, della loro capacita' di spesa,
dell'integrita'  dei  loro  bilanci  e  del  principio  della   leale
collaborazione. 
    La presente impugnativa si inserisce nel contesto di una serie di
similari iniziative assunte negli scorsi  anni  dal  Consiglio  delle
Autonomie della Regione Liguria volte a denunciare davanti a  codesta
ecc.ma Corte il perdurante stato, dopo  ormai  ventitre'  anni  dalla
riforma della parte seconda della Costituzione, di grave inattuazione
dell'art. 119 della Costituzione: da tali azioni giurisdizionali sono
scaturite pronunce di significativo spessore  che  hanno  fornito  al
legislatore indicazioni e principi per l'ordinato  atteggiarsi  delle
relazioni finanziarie tra lo Stato e gli enti locali. 
    E' noto come questi ultimi abbiano contribuito piu' di ogni altro
comparto della pubblica amministrazione agli obiettivi di risanamento
della finanza pubblica: nel corso dell'ultimo decennio, infatti, sono
stati falcidiati da plurimi tagli e  dall'apposizione  di  molteplici
vincoli finanziari che, tanto piu' in assenza di una  quantificazione
dei  costi  inerenti  alle  funzioni  da  finanziare,  in  relazione,
anzitutto,  alla  determinazione   dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni, hanno indebolito strutturalmente i loro bilanci  e,  non
di rado, hanno concorso a generare vere e proprie crisi finanziarie e
gravi sperequazioni nel sistema. 
    Il passaggio dal criterio di riparto delle risorse fondato  sulla
spesa storica a quello basato sulla capacita' fiscale e' stato  preso
a pretesto per - e ha  coinciso  con  -  una  drastica  riduzione  di
finanziamenti  da  parte  dello  Stato  fino  a  quasi  azzerare   la
componente verticale nella contribuzione  al  fondo  di  solidarieta'
comunale che, unitamente alle risorse proprie connesse alla  potesta'
tributaria,   devono   assicurare   agli    enti    locali,    stante
l'inequivocabile disposto dell'art. 119, comma 4, della Costituzione,
le condizioni finanziarie per l'assolvimento delle proprie funzioni. 
    Le manovre alle quali si e' assistito in questi anni - che  hanno
strutturalmente indebolito i bilanci dei Comuni e la  loro  capacita'
di rispondere ai molteplici e crescenti bisogni dei cittadini  -  non
sono mai state accompagnate da alcuna, sia pure  minima,  valutazione
d'impatto, in spregio agli insegnamenti di codesta  ecc.ma  Corte  in
virtu' dei quali, pur in assenza  di  una  garanzia  quantitativa  di
risorse, la legittimita' dei vincoli finanziari nei  confronti  delle
amministrazioni locali e' condizionata  alla  previa  quantificazione
delle ricadute  e  alla  proporzionalita'  rispetto  alle  condizioni
economiche finanziarie  dell'ente  assoggettato  (ex  plurimis  Corte
costituzionale, sentenze nn. 19, 155 del 2015, 188 del 2016 e 247 del
2017). 
    Deve stigmatizzarsi, al  contempo,  il  mancato  recepimento,  da
parte del legislatore, dei moniti formulati da codesta  ecc.ma  Corte
nei menzionati arresti che sono scaturiti dalle disparate impugnative
del Consiglio delle Autonomie Locali della  Liguria  per  il  tramite
della Regione ricorrente. 
    Si  rammenta,  anzitutto,  la  sentenza  n.  220  del  2021  che,
evidenziando la permanenza di criticita' significative nel sistema di
riparto delle risorse tra i Comuni italiani, aveva  esortato  ad  una
tempestiva definizione  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni,
intesi come soglie  di  spesa  costituzionalmente  necessaria,  atti,
altresi', a prevenire il contenzioso tra  lo  Stato  e  le  autonomie
territoriali. 
    A seguire si colloca la sentenza n. 71 del 2023 che, nel prendere
atto dell'elevato tasso di confusione che caratterizza la  disciplina
del    fondo    di    solidarieta'    comunale,    aveva    accertato
l'incostituzionalita' dei vincoli di  destinazione  che  erano  stati
apposti sulle quote di  perequazione  verticale  che  il  legislatore
aveva inteso destinare esclusivamente  alla  spesa  per  asili  nidi,
trasporto  bimbi  disabili  e  funzioni  sociali.   Le   disposizioni
impugnate appaiono nuovamente  distoniche  rispetto  al  percorso  di
attuazione dell'art. 119 della Costituzione secondo il magistero reso
da codesta ecc.ma Corte nella giurisprudenza teste' citata  (e  anche
in  altra  che  si  richiamera'  in  seguito)   e   sono   accomunate
dall'effetto di privare nuovamente il comparto degli enti  locali  di
ingenti  risorse  che  si  rivelano  indispensabili  per   consentire
l'esercizio delle loro attribuzioni, ancora una  volta  senza  alcuna
valutazione d'impatto e nella perdurante assenza della determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni e, quindi,  in  mancanza  di
una  chiara  definizione  del  quadro  dei  fabbisogni  monetari   da
finanziare connessi alle funzioni degli enti locali. 
    In sostanza, il legislatore, con la  prima  serie  di  norme,  in
pretesa  attuazione  della  citata  sentenza  n.  71  del  2023,   ha
«svuotato» il fondo di solidarieta' comunale  dei  finanziamenti  che
erano stati in precedenza ivi collocati e vincolati per le specifiche
finalita' ricordate, travasandoli integralmente in  un  nuovo  fondo,
denominato «Fondo per l'equita' del livello dei servizi», costituente
un ambito di perequazione speciale ai sensi  del  comma  5  dell'art.
119, della Costituzione, suscettibile, pertanto, dell'apposizione  di
vincoli  di  destinazione  (cosa  invece  non   consentita   per   la
perequazione  generale   richiamata   dal   comma   3   della   norma
costituzionale). 
    Con il secondo ordine di disposizioni, la legge di  bilancio  ha,
quindi,  stabilito  una  nuova  spending  review,   ancorche'   fosse
comunemente ritenuta ormai definitivamente cessata  la  stagione  dei
tagli lineari, del valore di 200 milioni di euro per  ciascuno  degli
anni dal 2024 al 2028. 
    E'  bene  considerare  come  queste  disposizioni  cadano  in  un
contesto storico in cui: a) si registra un  incremento  generalizzato
della spesa  per  effetto  dell'inflazione  sull'intero  costo  della
domanda di beni e servizi da parte delle amministrazioni  locali;  b)
si assiste ad un aumento considerevole dei  tassi  di  interesse  che
costringe i Comuni ad incrementare gli esborsi in parte corrente  per
assolvere agli oneri del servizio del debito; c) si aggiunge la  c.d.
spending review ex informatica di cui all'art. 1,  comma  850,  della
legge n. 178 del 2020 che, per il biennio 2024-2025,  conduce  ad  un
ennesimo taglio lineare, che si assomma  a  quelli  denunciati  nella
presente sede, del valore di 100 milioni  di  euro  all'anno;  d)  si
produce di anno in anno una continua erosione di somme  ai  danni  di
oltre quattromila Comuni italiani per effetto del progressivo imporsi
del criterio della perequazione della capacita' fiscali  nel  riparto
delle risorse del fondo di solidarieta'  in  assenza  di  un'adeguata
componente   verticale   che   consenta    di    sterilizzare    tali
pregiudizievoli effetti, sicche', anziche'  produrre  efficienza,  si
impone una compressione dei  servizi:  e)  si  verifica  un  costante
incremento della spesa del personale a motivo dei  periodici  rinnovi
connessi alla contrattazione collettiva. 
    Appare evidente come in un contesto  di  questo  tipo  non  siano
sostenibili  ulteriori  contrazioni   dei   finanziamenti   messi   a
disposizione del comparto se non a costo,  a  seconda  dei  casi,  di
un'intollerabile riduzione delle  prestazioni  dei  servizi  rese  ai
cittadini ovvero della compromissione del  risultato  dell'equilibrio
di bilancio. 
    Infine,  con  l'ultima  disposizione  impugnata,   si   introduce
un'incomprensibile  discriminazione  tra  Comuni  sottoscrittori  dei
nuovi accordi con  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  per
favorire un percorso di risanamento finanziario, stabilendo che  solo
quelli  in   disavanzo   di   amministrazione   possano   beneficiare
dell'esonero  dal  concorso  agli  obiettivi  di  finanza   pubblica,
anziche'  tutti  quelli  interessati  dall'applicazione   del   nuovo
istituto dell'accordo. 
    Ai Comuni Liguri, pertanto, non resta che  rivolgersi  a  codesta
ecc.ma Corte nell'auspicio che, ancora una volta, sapra'  intervenire
per assicurare le prerogative  costituzionali  delle  amministrazioni
locali e salvaguardarne l'integrita' del bilancio. 
1) Sull'art. 1, commi 494 e 497, legge 30 dicembre 2023, n. 213,  per
contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1, 3, 4  e  5,  e  120,
comma 2, della Costituzione. 
    Le disposizioni impugnate intendono dare attuazione alla sentenza
n. 71 del 2023 della Corte costituzionale che, come si  accennava  in
premessa,  aveva  esortato  il  legislatore  a   superare   l'attuale
situazione  di  «ibridazione»  del  fondo  di  solidarieta'  comunale
derivante   dalla   sovrapposizione   di   risorse   destinate   alla
perequazione generale, senza vincoli di destinazione,  e  di  risorse
funzionali alla perequazione  speciale,  caratterizzata,  invece,  da
obbligatorie finalita' di spesa. 
    Si legge nella citata pronuncia: «(...) il compito di adeguare il
diritto vigente alla tutela costituzionale riconosciuta all'autonomia
finanziaria  comunale  -  anche  nel  rispetto   del   principio   di
corrispondenza tra risorse e funzioni (ex plurimis, sentenza  n.  135
del 2020) - al  contempo  bilanciandola  con  la  necessita'  di  non
regredire rispetto all'«imprescindibile» (sentenza n. 220  del  2021)
processo di definizione e finanziamento dei LEP (la cui  esigenza  e'
stata piu' volte, come detto, rimarcata da questa stessa Corte),  non
puo' che spettare al legislatore, dato il ventaglio  delle  soluzioni
possibili (...) Questa Corte, pertanto, non  puo',  al  momento,  che
arrestarsi e cedere il passo  al  legislatore,  chiamandolo  pero'  a
intervenire  tempestivamente  per  superare,  in   particolare,   una
soluzione perequativa ibrida che  non  e'  coerente  con  il  disegno
costituzionale dell'autonomia finanziaria di cui all'art.  119  della
Costituzione». 
    L'operazione  del  legislatore,  al   fine   di   consentire   il
superamento di un  tale  impianto,  si  e'  risolta  nel  costituire,
attraverso l'art. 1, comma 496, della legge n. 213 del 2023, un nuovo
fondo di perequazione speciale, denominato Fondo  per  l'equita'  del
livello dei servizi, nel quale sono state travasate integralmente  le
somme in precedenza allocate nel fondo di solidarieta'  comunale  con
il vincolo di destinazione. 
    In particolare, come si rileva  dalla  presentazione  resa  dalla
Ragioneria generale dello Stato alla  XII  Conferenza  sulla  finanza
locale svoltasi in Roma lo scorso 25 gennaio 2024 (doc.  n.  3),  nel
nuovo Fondo, che avra' vigenza dall'anno 2025 fino all'anno 20230, e'
stata appostata una quota crescente di risorse per  lo  sviluppo  dei
servizi sociali comunali delle Regioni a Statuto  ordinario,  per  lo
sviluppo dei servizi sociali comunali Regione Siciliana  e  Sardegna,
per servizi educativi per l'infanzia  (asili  nido)  e  per  servizio
trasporto studenti disabili. Ma tali somme erano gia' state allocate,
tal quali, nel fondo di solidarieta'  comunale,  nel  rispetto  della
medesima modulazione temporale e secondo le  medesime  finalita',  di
tal  che'  le  disposizioni  impugnate  non  hanno  fatto  altro  che
prevedere una migrazione di  finanziamenti  statali  da  un  capitolo
all'altro, senza introdurre alcuna sostanziale innovazione. 
    In tal senso, ad avviso della Regione ricorrente, si e'  trattato
di un riassetto del tutto apparente della materia,  di  un'operazione
meramente estetica, che non ha tenuto  in  alcuna  considerazione  le
raccomandazioni espresse dalla Corte nella citata sentenza n. 71  del
2023 circa la necessita' di ordinare il sistema di perequazione  alle
effettive  esigenze  di  finanziamento  del  comparto  (principio  di
correlazione tra risorse e funzioni) e in  ragione  dell'esigenza  di
non regredire rispetto all'attuazione dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni non ancora delineati. 
    Quanto  si  intende  censurare  nella  presente  sede,  in  altri
termini,   non   e'   tanto   la   determinazione    di    introdurre
nell'ordinamento della finanza locale  un  nuovo  fondo  vincolato  a
specifiche destinazioni (ancorche' si potrebbe dubitare della  bonta'
di  un  sistema  di  perequazione  speciale  che,   anziche'   essere
sussidiario a quello  generale,  interessa  oltre quattromila  Comuni
italiani,  finanziando  capitoli  di  spesa  che  dovrebbero  trovare
capienza,   senza   vincoli   di   destinazione,   in   un   adeguato
dimensionamento del fondo di solidarieta' comunale), bensi' il  fatto
che cio' sia avvenuto a totale discapito del  fondo  di  perequazione
generale, privandolo quasi del tutto della  componente  verticale  (e
tale effetto deve  essere  valutato  in  combinato  disposto  con  le
disposizioni - che vengono parimenti censurate nella presente sede  -
che stabiliscono il nuovo taglio lineare per il periodo 2024-2028). 
    Ribadisce, infatti, la  Regione  ricorrente  che  codesta  ecc.ma
Corte aveva auspicato un riassetto del fondo di solidarieta' comunale
basato su due pilastri: da un  lato,  il  gia'  citato  principio  di
correlazione tra risorse e funzioni  e,  dall'altro,  l'esigenza  che
tale riorganizzazione fosse congrua  rispetto  alla  definizione  dei
LEP. 
    La soluzione assunta dalla  legge  di  bilancio,  viceversa,  non
risponde ad alcuna di tali sollecitazioni perche', con un  intervento
di chirurgia normativa, si limita a spostare le risorse da  un  fondo
ad un altro senza in alcun modo farsi carico di considerare  se  tali
risorse siano adeguatamente dimensionate ai  fabbisogni  monetari  da
finanziare (principio di correlazione tra risorse e  funzioni)  e  se
tali risorse siano effettivamente congrue  rispetto  all'esigenza  di
evitare regressioni nell'attuazione dei LEP che, per inciso, non sono
certamente solo quelli alla cui attuazione e'  stato  preordinato  il
nuovo Fondo (funzioni sociali, trasporto disabili ed asili nido). 
    Non puo' sottacersi,  a  tal  riguardo,  come  appaia  del  tutto
fuorviante  sul  piano  concettuale  l'idea  che  i  LEP,  che   sono
trasversali alle funzioni fondamentali  degli  enti  locali,  debbano
essere finanziati attraverso un  imponente  sistema  di  perequazione
speciale con vincoli di destinazione,  anziche'  nel  contesto  della
perequazione generale, ferma la  responsabilita'  di  ogni  ente  nel
doverli assicurare, a fronte di un adeguato finanziamento  del  fondo
di solidarieta' comunale. 
    Deve stigmatizzarsi, sotto tale  profilo,  l'ennesimo  intervento
scomposto in un ambito tanto rilevante della finanza locale che elude
ancora una volta la questione di fondo che emerge dalla  sentenza  n.
71 e che attiene, ad avviso di  questa  difesa,  alla  necessita'  di
dotare gli istituti perequativi, nel rispetto della Costituzione,  di
risorse  adeguate  a   garantire   agli   enti   locali   l'effettiva
possibilita' di svolgere le funzioni ad essi attribuite  dalla  legge
senza mortificarne l'autonomia finanziaria. 
    E che questi finanziamenti non siano adeguati  -  ma  che,  anzi,
siano  decisamente  inferiori  alle  reali  necessita'  -   oltre   a
costituire ormai fatto notorio per effetto delle  molteplici  manovre
di finanza pubblica che si  sono  abbattute  sul  comparto,  risulta,
altresi', comprovato dai molteplici rapporti presentati dall'Istituto
per la finanza locale di ANCI,  nonche'  dalle  evidenze  emerse  nei
precedenti giudizi dinanzi a codesta ecc.ma Corte:  rispetto  a  tali
evidenze,  peraltro,  si  registra  un  continuo  aggravamento  della
situazione  a  motivo,  principalmente,  degli  effetti   inflattivi,
dell'incremento dei tassi  di  interesse,  dell'acuirsi  abnorme  del
costo del personale  e  dell'ulteriore  sottrazione  di  risorse  che
deriva dal combinato disposto dei nuovi tagli lineari, della c.d.  ex
spending review informatica e degli effetti del tutto pregiudizievoli
che produce la perequazione  per  oltre quattromila  enti  locali  in
Italia. 
    Le disposizioni impugnate violano, inoltre,  il  principio  della
tipicita' degli strumenti perequativi e  «la  scelta  legislativa  di
perequazione verticale effettuata in sede di  riforma  del  Titolo  V
della Costituzione mediante la legge costituzionale 18 ottobre  2001,
n. 3" (Corte costituzionale, sentenze nn.  176  del  2012  e  46  del
2013). 
    Per  effetto  di  esse,  infatti,  la  quota  residua  di  natura
verticale sul fondo di  solidarieta'  comunale  ammonta  a  soli  300
milioni di euro, al netto del nuovo taglio disposto  dalla  legge  di
bilancio per il 2024, a fronte di  una  consistenza  complessiva  del
fondo, esclusa la parte ristorativa dei minori  gettiti  dei  tributi
locali derivanti da manovre statali di  agevolazione,  pari  a  circa
euro 2 miliardi  e  800  milioni,  finanziata,  quasi  integralmente,
attraverso il prelievo forzoso dell'IMU dei Comuni. 
    In proposito, giova osservare come la sentenza di codesta  ecc.ma
Corte n. 220 del 2021, al paragrafo  5.2,  nel  dare  conto  di  come
l'istruttoria  avesse  dimostrato  la  sussistenza  di  significative
criticita' nel riparto delle risorse tra  i  Comuni  italiani,  aveva
espressamente  individuato  tra  le  cause  di  esse  «il   carattere
meramente orizzontale che aveva  assunto  il  fondo  di  solidarieta'
comunale» e, ancora prima, la sentenza n. 61 del 2018 aveva  chiarito
in modo molto esplicito che «la nostra Carta costituzionale contempla
un sistema perequativo di tipo  verticale  che  prevede  l'intervento
diretto a carico dello Stato (...)». 
    Deve, dunque, censurarsi  in  questa  sede  il  ridimensionamento
della componente verticale del fondo  di  solidarieta'  comunale  che
discende dalle disposizioni impugnate  e  che  costituisce  un  netto
arretramento  rispetto  al  superamento  della  stagione  dei   tagli
lineari, agli sforzi, intrapresi negli ultimi anni e oggetto di  vari
accordi tra lo Stato e l'ANCI, volti alla reintegrazione  di  risorse
statali in precedenza sottratte  agli  enti  locali,  e  rappresenta,
altresi', una palese  violazione  del  principio  della  perequazione
verticale che discende dalla Costituzione. 
    Ne consegue l'illegittimita' costituzionale delle norme di cui in
rubrica per la violazione dei parametri dedotti. 
2) Sull'art. 1, commi 533, 534 e 535, legge 30 dicembre 2023, n. 213,
per contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1,  3,  4,  e  120,
comma 2, della Costituzione. 
    - L'art. 1, comma 533, della legge 30 dicembre 2023,  n.  213  ha
previsto un nuovo concorso  agli  obiettivi  di  finanza  pubblica  a
carico dei Comuni delle Regioni a  Statuto  ordinario  e  dei  Comuni
delle Regioni Sicilia e Sardegna. 
    Tale  disposizione  stabilisce  che   «ai   fini   della   tutela
dell'unita'  economica  della  Repubblica,  in  considerazione  delle
esigenze di contenimento della spesa  pubblica  e  nel  rispetto  dei
principi di coordinamento della finanza pubblica,  nelle  more  della
definizione delle nuove regole della governance economica europea,  i
comuni, le province e le citta' metropolitane delle regioni a statuto
ordinario,  della  Regione  siciliana  e   della   regione   Sardegna
assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 250 milioni  di
euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, di cui 200 milioni  di
euro annui a carico dei comuni e 50 milioni di euro  annui  a  carico
delle province e delle citta' metropolitane, ripartito in proporzione
agli impegni di spesa corrente al netto  della  spesa  relativa  alla
missione 12, Diritti sociali, politiche  sociali  e  famiglia,  degli
schemi di bilancio degli enti locali, come risultanti dal  rendiconto
di gestione 2022 o,  in  caso  di  mancanza,  dall'ultimo  rendiconto
approvato e tenuto conto delle risorse del PNRR assegnate  a  ciascun
ente alla data del  31  dicembre  2023,  cosi'  come  risultanti  dal
sistema informativo di cui all'art. 1, comma  1043,  della  legge  30
dicembre 2020, n. 178». 
    La misura in esame, come specificato in premessa, va  a  sommarsi
ad altre che operano contestualmente (come spending  review  c.d.  ex
informatica  e  sottrazione  sistematica  di  risorse   per   effetto
dell'implementazione del sistema di perequazione) e che in  una  fase
storica caratterizzata da un significativo incremento del costo della
vita  rischiano  di  pregiudicare  l'equilibrio  di  bilancio,   gia'
precario,  di  molte  amministrazioni  locali  e,   soprattutto,   di
compromettere la capacita' di erogare  i  servizi  ai  cittadini,  in
primis i livelli essenziali delle prestazioni. 
    Ancora una volta, infatti, si e' trattato di un  taglio  lineare,
del significativo importo di euro 200 milioni per ciascuno degli anni
dal 2024 al 2028, eseguito  in  carenza  di  qualsivoglia  indicatore
d'impatto, nella piu' totale mancanza di percezione  in  ordine  alle
conseguenze che potrebbe produrre, per giunta - e cio' risulta  assai
grave  -  nella  perdurante  assenza  della  definizione  dei  LEP  e
nell'omessa considerazione dei moniti piu' volte formulati da codesta
ecc.ma Corte di non regredire rispetto  all'attuazione  dei  LEP  (ex
plurimis Corte costituzionale, sentenze n. 71 del 2023). 
    Ne' si coglie quale nesso vi possa essere  tra  la  decisione  di
queste nuova ingente decurtazione di risorse e la  definizione  delle
nuove regole di governance europea a cui la norma impugnata fa cenno. 
    Per cogliere appieno l'effetto di tale intervento e  il  contesto
di continua sottrazione di risorse entro cui lo  stesso  si  colloca,
giova riportare quanto riferito nel dossier predisposto  dai  servizi
studi della Camera dei Deputati e del Senato della  Repubblica  sulla
legge di bilancio 2024,  secondo  cui  «il  contributo  alla  finanza
pubblica richiesto agli enti locali  a  partire  dal  2020  e'  stato
assicurato, oltre che attraverso le regole e gli obiettivi del  patto
di stabilita' interno (disciplina peraltro  sostituita,  a  decorrere
dal 2016, dalla nuova regola fiscale del pareggio di bilancio), anche
tramite  interventi  di  progressiva  riduzione   delle   risorse   a
disposizione delle amministrazioni locali, allocate sui c.d. fondi di
riequilibrio istituiti a seguito del varo della legge  di  attuazione
del federalismo fiscale (per i  comuni,  ora  Fondo  di  solidarieta'
comunale), che hanno obbligato gli enti ad intraprendere percorsi  di
revisione della spesa corrente. 
    Il contributo finanziario cumulato richiesto dai  tre  principali
interventi  di  spending  review  (decreto-legge  n.  95  del   2012,
decreto-legge n. 66 del 2014 e legge n. 190 del 2014), in termini  di
riduzione delle risorse del Fondo di solidarieta' comunale, ammonta a
oltre 4,3 miliardi per il comparto dei comuni, poi scesi dal  2019  a
3,8  miliardi,  anno  in  cui  sono  venuti  meno  gli  effetti   del
decreto-legge n. 66 del 2014». 
    Se si comparano questi dati  con  quanto  residua  del  fondo  di
solidarieta' comunale al netto della quota ristorativa, ci si  avvede
della dimensione abnorme del concorso alla finanza  pubblica  che  e'
stato chiesto al comparto dei Comuni negli ultimi anni. Come indicato
nel  dossier  citato,  il  taglio  odierno  deve  essere   posto   in
correlazione con le precedenti  manovre  di  spending  review  e,  in
particolare,  con  quella  disposta  dall'art.  47,  comma   8,   del
decreto-legge n. 66 del 2014, convertito,  con  modificazioni,  nella
legge n. 89 del 2014 che aveva previsto  una  decurtazione  di  563,5
milioni di euro a carico del  fondo  di  solidarieta'  comunale  fino
all'anno 2019. 
    Siccome, al termine dell'anno 2019, lo  Stato  aveva  manifestato
l'intenzione di non restituire integralmente le risorse in precedenza
sottratte, fu raggiunto un  faticoso  accordo  politico  con  l'ANCI,
recepito nell'art. 1, comma 849, della legge n.  160  del  2019,  che
aveva  previsto  la  progressiva  ricostituzione  dei   finanziamenti
secondo la seguente scansione temporale:  100  milioni  di  euro  nel
2020, 200 milioni di euro nel 2021, 300 milioni di euro nel 2022, 330
milioni di euro nel 2023 (poi divenuti 380 milioni) e 560 milioni  di
euro a decorrere dal 2024. 
    Dunque, a partire dal corrente anno, il taglio lineare del  2014,
oggetto di una  progressiva  e  lunga  restituzione,  avrebbe  dovuto
essere del tutto eliminato: ma non e' cosi', posto  che  proprio  sul
finire dell'anno 2023 e' subentrata la nuova legge di  bilancio  che,
nella sostanza, lo ha perpetuato di ulteriori quattro anni!. 
    Ne  consegue,  pertanto,  che  ci  troviamo  di  fronte  ad   una
decurtazione di risorse della durata, a legislazione attuale, di  ben
quattordici anni (dal 2014 al 2028) che stride con tutti  i  principi
piu' volte espressi in materia da codesta ecc.ma Corte. 
    Nello specifico, ai fini di una piu' completa  valutazione  della
vicenda, va rimarcato che  la  Regione  Liguria  aveva  impugnato  il
citato art. 1, comma 849, della legge n. 160 del 2019, nella parte in
cui,  anziche'  prevedere  il  ripristino  integrale  delle   risorse
eliminate nel 2014, ne  aveva  previsto  la  ricostituzione  graduale
entro l'anno 2024, e codesto ecc.mo Giudice, nel dichiarare infondata
la questione, aveva preso atto dell'intervenuto accordo politico  con
l'ANCI, precisando che «il raggiungimento  dell'intesa  nel  caso  di
specie» - si legge nella sentenza  n.  220  del  2021  -  «assume  un
particolare  valore,  perche'  rappresenta  l'inizio  della  graduale
ricostituzione della  componente  verticale  di  risorse  del  FSC  a
disposizione degli enti locali. In questo senso, la  norma  impugnata
segna una netta soluzione di continuita' rispetto alla fase dei tagli
lineari  e  inaugura   il   progressivo   ripristino   dell'ammontare
originario del FSC». 
    E' del tutto evidente come  le  disposizioni  impugnate  segnino,
oltre che una discontinuita', un importante arretramento  rispetto  a
quanto osservato dalla Corte, atteso che, da un  lato,  rivitalizzano
quella stagione dei tagli  lineari  che  si  auspicava  essere  stata
definitivamente superata, e che tanti guasti ha portato  al  sistema;
dall'altro,  indeboliscono   significativamente   quella   componente
verticale del fondo di solidarieta' comunale  che,  in  virtu'  delle
ragioni gia'  espresse  al  paragrafo  precedente,  risponde  ad  una
precisa esigenza stabilita dalla Costituzione e la cui assenza,  come
osservato nella sentenza n. 220  del  2021,  era  stata  una  tra  le
principali cause delle criticita' rilevate dalla  Corte  nel  riparto
delle risorse tra i Comuni. 
    Esse, in spregio alle prerogative di autonomia finanziaria  degli
enti locali, violano tanto il principio del divieto di tagli  lineari
di   carattere   permanente   quanto   il   principio   della   leale
collaborazione. 
    Giova ricordare, con riferimento al primo, l'insegnamento per  il
quale «norme statali che fissano limiti alla spesa  delle  Regioni  e
degli enti  locali  possono  qualificarsi  principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica alla  condizione,  tra  l'altro,
che si limitino a prevedere un contenimento complessivo  della  spesa
corrente dal carattere transitorio (ex multis, tra le  piu'  recenti,
sentenze n. 154 del 2017, n. 65 del 2016, n. 218 e n. 189  del  2015;
nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2014, n.  236  e  n.  229  del
2013, n. 217, n. 193 e n. 148 del 2012, n. 182 del 2011). Non  e'  in
discussione il potere del legislatore statale di programmare risparmi
anche di lungo periodo relativi al  complesso  della  spesa  pubblica
aggregata. E questa Corte ha, anzi, gia' chiarito  che  «una  censura
che  lamenta  il  presunto  carattere  permanente   dello   specifico
contributo non e' provata dalla circostanza che essa si aggiunga agli
effetti delle precedenti manovre di finanza  pubblica»  (sentenza  n.
154 del 2017). Tuttavia, le  singole  misure  di  contenimento  della
spesa pubblica devono presentare il carattere della temporaneita', al
fine di definire in  modo  appropriato,  anche  tenendo  conto  delle
scansioni temporali dei cicli di bilancio e piu'  in  generale  della
situazione  economica  del  Paese,   «il   quadro   delle   relazioni
finanziarie tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali,  evitando  la
sostanziale estensione dell'ambito temporale  di  precedenti  manovre
che potrebbe sottrarre al confronto parlamentare la valutazione degli
effetti complessivi e sistemici di queste ultime in un  periodo  piu'
lungo» (sentenza n. 169 del 2017) (Corte costituzionale, sentenza  n.
103 del 2018). 
    Nella fattispecie, come gia' rimarcato, le disposizioni impugnate
perpetuano  un  taglio,  a  legislazione  attuale,  della  durata  di
quattordici anni e si concretizzano, segnatamente, nella «sostanziale
estensione dell'ambito temporale di precedenti  manovre  (...)»,  con
cio' infrangendo, ad avviso di  questa  difesa,  il  magistero  della
Corte  in  ordine  al  carattere  temporalmente  limitato  dei  tagli
lineari. 
    E  ancora:  «la  riduzione  sproporzionata  delle  risorse,   non
corredata da adeguate misure compensative, e'  infatti  in  grado  di
determinare un grave vulnus all'espletamento da parte delle  Province
[e dei Comuni] delle funzioni  espressamente  conferite  dalla  legge
(...). Dunque, la forte riduzione delle risorse destinate a  funzioni
esercitate con carattere di continuita' ed  in  settori  di  notevole
rilevanza sociale risulta manifestamente  irragionevole  proprio  per
l'assenza di proporzionate misure che  ne  possano  in  qualche  modo
giustificare il dimensionamento (su analoga  questione,  sentenza  n.
188 del 2015)» (Corte costituzionale, sentenza n. 10 del 2016). 
    In tal senso, deve ulteriormente  ribadirsi  come  la  misura  in
esame rappresenti un nuovo tassello  di  un  complessivo  mosaico  di
manovre  di   finanza   pubblica   (perequazione,   spending   review
informatica, impoverimento del fondo di solidarieta'  comunale)  che,
unitamente   considerate,   sortiscono   l'effetto   di    indebolire
irreversibilmente il comparto degli enti locali. 
    Ne' valga  opinare,  in  senso  contrario,  che  la  disposizione
impugnata, nel prevedere che il  taglio  debba  essere  ripartito  in
proporzione agli impegni di spesa corrente, fa espressamente salva la
spesa relativa alla missione 12, Diritti sociali, politiche sociali e
famiglia:  intanto  perche'  si   tratta   di   un   vincolo   lesivo
dell'autonomia di spesa dei Comuni, costituzionalmente tutelata,  nel
senso che ogni ente, al netto della  spesa  obbligatoria  per  legge,
dovrebbe essere lasciato quantomeno libero di decidere su quali linee
di azione assorbire il taglio; in secondo luogo perche', anche  nella
prospettiva del consolidamento ope  legis  della  spesa  sociale,  in
assenza di una complessiva valutazione  d'impatto,  tale  guarentigia
non assicura in alcun  modo  la  capacita'  dell'ente  di  assicurare
l'equilibrio del bilancio e, conseguentemente, anche la capacita'  di
mantenere inalterata la spesa relativa alla missione 12. 
    Non v'e' chi non vede come la disposizione in esame,  sotto  tale
profilo,  appaia  del  tutto  irrealistica,  se   non,   addirittura,
«canzonatoria», e certamente non garantisca  il  rispetto  di  quanto
indicato da codesta ecc.ma Corte circa l'inderogabile  necessita'  di
non arretrare dai LEP, i quali,  evidentemente,  non  attengono  alla
sola missione 12. 
    Ancora una volta risulta infranto il  principio  di  correlazione
tra risorse e  funzioni,  atteso  che  il  legislatore,  all'atto  di
effettuare le censurate decurtazioni, non si e' minimamente posto  il
problema di valutarne  le  possibili  conseguenze  in  un  quadro  di
finanza  locale  gia'  assai   precario   in   considerazione   delle
circostanze   esposte,   ponendo,   altresi',   vincoli   del   tutto
irragionevoli e decontestualizzati. 
    E' evidente, semmai, come disposizioni  quali  quelle  impugnate,
che accrescono il gia' notevole divario tra il valore delle capacita'
fiscali e delle disponibilita' della  perequazione,  da  un  lato,  e
l'ammontare  complessivo   dei   fabbisogni   standard,   dall'altro,
sortiscano  il  solo  effetto   di   pregiudicare   irreversibilmente
l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali e di  porre
in gravissime difficolta' gli amministratori  locali  nel  rispondere
alla crescente domanda di servizi da  parte  della  cittadinanza  nei
molteplici campi in cui si esplica l'azione dei Comuni. 
    E'  cosi'   violato   anche   il   divieto   di   non   regredire
nell'attuazione dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni  sancito
nella sentenza n. 71  del  2023,  posto  che  una  sottrazione  cosi'
significativa di risorse  non  potra'  che  ulteriormente  impattare,
compromettendola, sull'erogazione ai cittadini di quelle  prestazioni
che devono essere obbligatoriamente garantite  da  parte  degli  enti
locali e che, stante anche  l'effetto  dell'inflazione,  sono  sempre
piu' onerose da finanziare. 
    A questo riguardo, si  ritiene,  peraltro,  che,  considerato  il
monito espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 220  del
2021 circa la necessita' di definire i LEP, dovrebbe  essere  vietata
qualsiasi ulteriore riduzione di risorse al  buio,  ovvero  senza  la
minima percezione in ordine alle conseguenze che produce, perche'  il
rischio di pregiudicare l'attuazione  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni, che sono un bene di  valore  costituzionale,  e'  troppo
alto e non puo' essere corso. 
    D'altra parte, in assenza di  una  previa  quantificazione  della
spesa da finanziare, almeno con riferimento ai LEP, non si  comprende
come possano essere  disposte  ulteriori  forme  di  contributo  alla
finanza pubblica da parte dei Comuni. 
    E'  significativo  osservare,  a  tal  riguardo,   che   il   DDL
sull'autonomia differenziata, recentemente approvato dal  Senato,  ha
subordinato alla  previa  definizione  dei  LEP  ogni  decisione  sui
criteri di riparto delle risorse e ogni concessione di forme  potiori
di autonomia in favore delle Regioni a Statuto ordinario. 
    Nel sistema della finanza locale, invece, si inverte l'ordine dei
fattori,   dapprima   riducendo   le   risorse,   quindi,    attuando
successivamente i LEP (ammesso e non concesso  che  tale  definizione
prima o poi sara' approntata dal legislatore). 
    Infine,  le  disposizioni  impugnate   violano   palesemente   il
principio della leale collaborazione in  quanto  i  Comuni  italiani,
tramite l'ANCI, avevano riposto una  qualificata  aspettativa  ed  un
ragionevole affidamento sul fatto che la stagione dei  tagli  lineari
fosse ormai definitivamente superata e che le risorse  eliminate  nel
2014, cosi' com'era stato sancito nell'intesa enfatizzata da  codesta
ecc.ma Corte nella sentenza n. 220 del 2021, venissero  integralmente
ripristinate a decorrere dal 2024, avendo gia' dovuto  accettare  una
restituzione graduale nell'anno 2019. 
    La fiducia dei Comuni, dopo essere stata tradita una prima  volta
nel 2019 con una restituzione solo parziale delle  risorse  promesse,
viene tradita una seconda volta nel 2024, prorogando il  taglio  fino
al 2028, in spregio all'intesa intercorsa. 
    Donde, anche  sotto  tale  profilo,  l'incostituzionalita'  delle
disposizioni   denunciate.   Resta    solo    da    precisare    come
l'illegittimita' del comma 533 travolga, in  via  derivata,  anche  i
commi 534 e  535  dell'art.  1  della  legge  n.  213  del  2023  che
attengono, rispettivamente, al procedimento di  determinazione  degli
importi del contributo alla finanza  pubblica  a  carico  di  ciascun
Comune e alla modalita' di «erogazione»  dello  stesso  mediante  una
trattenuta sulle quote del fondo di solidarieta' comunale. 
3) In via gradata: sull'art. 1, comma 533, legge 30 dicembre 2023, n.
213, per contrasto con gli articoli 3, 5, 114, 119, commi 1, 3, 4,  e
120, comma 2, della Costituzione. 
    Nella denegata  ipotesi  in  cui  codesta  ecc.ma  Corte  dovesse
ritenere  infondata  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 1, comma 533, della legge n. 213 del 2023, nella  parte  in
cui ha stabilito un nuovo contributo alla finanza pubblica  da  parte
dei Comuni, si insta affinche', sotto altro profilo,  sia  dichiarata
l'incostituzionalita' della disposizione di cui in rubrica. 
    Il secondo periodo del comma 533 stabilisce quanto  segue:  «Sono
esclusi dal concorso di cui al periodo precedente gli enti locali  in
dissesto finanziario, ai sensi dell'art. 244 del  testo  unico  delle
leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali,  di  cui   al   decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o in  procedura  di  riequilibrio
finanziario, ai sensi dell'art. 243-bis del medesimo testo  unico  di
cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alla data  del  1°
gennaio 2024 o che abbiano sottoscritto gli accordi di  cui  all'art.
1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e di cui all'art.
43, comma 2, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91». 
    La disposizione in esame esenta,  dunque,  dall'applicazione  del
taglio una serie di Comuni che si trovano in  condizioni  precarie  e
sono oggetto di speciali misure di riequilibrio finanziario,  il  cui
effetto,  evidentemente,  sarebbe  pregiudicato  nel  caso  dovessero
anch'essi concorrere agli obiettivi di finanza pubblica. 
    Tra questi, oltre  agli  enti  in  dissesto  e  in  procedura  di
riequilibrio, si annoverano quelli che hanno sottoscritto i patti con
il Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 1,  comma
572, della legge n. 234  del  2021  e  dell'art.  43,  comma  2,  del
decreto-legge n. 50 del 2022, convertito,  con  modificazioni,  nella
legge n. 91 del 2022: non vi sono invece  ricompresi  i  Comuni  che,
come il Comune di Genova, hanno  sottoscritto  i  medesimi  patti  ai
sensi del comma 8 del citato art. 43. 
    Cio', ad  avviso  di  questa  difesa,  appare  incomprensibile  e
discriminatorio,  con  ricadute  pesanti  sul  piano   dell'autonomia
finanziaria. 
    Ma andiamo con ordine. 
    Le disposizioni citate hanno  introdotto  nell'ordinamento  della
finanza locale il nuovo istituto dell'accordo tra il  Presidente  del
Consiglio dei ministri e i Sindaci di Comuni che  abbiano  deciso  di
avviare  un  determinato  percorso  di  risanamento  finanziario  che
prevede, da parte loro,  l'utilizzo  della  leva  fiscale  attraverso
l'incremento delle addizionali all'imposta sul reddito delle  persone
fisiche, in deroga al limite ordinario, ovvero mediante l'istituzione
di un'addizionale ai diritti di imbarco portuale o aeroportuale  fino
a tre euro a passeggero. 
    Tali enti,  al  tempo  stesso,  devono  obbligarsi  a  conseguire
specifici  obiettivi  di  miglioramento  delle  loro  performance  di
riscossione, ad incrementare la redditivita' del proprio  patrimonio,
nonche'  ad  attuare  misure   organizzative   che   consentano   una
razionalizzazione dei servizi e un contenimento della spesa. 
    A fronte di tali impegni, costantemente monitorati dal  Ministero
dell'Interno,  viene   riconosciuto   dallo   Stato   un   contributo
finanziario in loro favore. 
    La misura in esame e' stata dapprima prevista dall'art. 1,  comma
573, della legge n. 234 del 2021 in favore dei soli Comuni capoluoghi
sede di Citta' metropolitana con disavanzo pro capite pari a 700 euro
a  cui,  a  fronte  della  sottoscrizione  dell'accordo,   e'   stato
assicurato un contributo di euro 2 miliardi e 670  milioni  dall'anno
2022  all'anno  2042:  tale  contributo  deve  essere  destinato   al
finanziamento del ripiano annuale del disavanzo di amministrazione. 
    Successivamente, con l'art. 43, commi 2 e 8, del decreto-legge n.
50 del 2022, convertito, con modificazioni, nella  legge  n.  91  del
2022, l'istituto dell'accordo, con la  possibilita'  di  attivare  le
relative misure tributarie, e' stato esteso, in un primo tempo  senza
contributo, ai Comuni capoluogo di Provincia con disavanzo pro capite
pari ad euro 500 (comma 2) e ai Comuni sede di  Citta'  metropolitana
in una condizione di equilibrio di amministrazione ma con debito  pro
capite superiore ad euro 1.000 «che intendano avviare un percorso  di
riequilibrio strutturale». 
    Solo recentemente, con l'art. 1, comma 470, della  legge  n.  213
del 2023, a fronte degli  sforzi,  anche  fiscali,  intrapresi  dalle
amministrazioni interessate per risanare i propri bilanci,  e'  stato
previsto un contributo da parte  dello  Stato  in  favore  di  questi
Comuni pari a 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2024 al
2034, da ripartire  in  proporzione  delle  quote  del  disavanzo  da
ripianare per i Comuni in disavanzo (comma 2,  dell'art.  43)  e  del
debito da restituire per i Comuni in  sovra-indebitamento  (comma  8,
dell'art. 43). 
    Allo stato attuale, a quanto consta,  sono  in  tutto  tredici  i
Comuni italiani che  hanno  aderito  agli  accordi,  di  cui  quattro
rientrano nella previsione di cui all'art. 1, comma 572, della  legge
234 del 2021 e sono quelli  che  drenano  maggiori  risorse  (Napoli,
Torino, Palermo e Reggio  Calabria)  mentre  9  si  riconducono  alle
fattispecie di cui al decreto-legge n. 50 del 2022 (Salerno, Potenza,
Vibo Valenzia,  Lecce,  Alessandria,  Genova,  Avellino,  Brindisi  e
Venezia): di questi ultimi solo Genova e Venezia ricadono nel comma 8
del citato art. 43, essendo Comuni in equilibrio di bilancio ma assai
bisognosi di un  percorso  di  consolidamento  strutturale  a  motivo
dell'elevato debito pro capite; tutti  gli  altri,  essendo  enti  in
disavanzo di amministrazione, appartengono al comma 2 della  medesima
disposizione. 
    Va rimarcato che la Corte dei conti, in merito a tali accordi, ha
formulato un  giudizio  del  tutto  positivo,  ritenendo  che  queste
procedure di affiancamento e sostegno  finanziario  nel  percorso  di
risanamento costituiscono «un modello  per  una  riforma  sistematica
dell'impianto normativo posto a presidio delle criticita' finanziarie
degli enti locali» (Relazione sulla gestione finanziaria  degli  enti
locali anno 2022). 
    Si tratta, oltretutto, di strumenti che favoriscono  l'assunzione
di responsabilita' davanti alle  generazioni  presenti  e  future  da
parte delle amministrazioni che vi ricorrono e la leale  e  reciproca
collaborazione con lo Stato. 
    Il Sindaco del Comune  di  Genova  ha  sottoscritto  in  data  1°
ottobre 2022 il patto con il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
(doc. n. 4) e, in ragione  di  esso,  con  delibera  ha  azionato  un
incremento fino a quattro punti dell'addizionale comunale all'IRPEF e
si e', altresi', impegnato  all'istituzione  di  diritti  di  imbarco
portuale, oltreche'  al  potenziamento  della  propria  capacita'  di
riscossione. 
    Cio' premesso, la disposizione  impugnata,  nella  parte  in  cui
manda esenti dall'applicazione del taglio lineare  di  cui  al  primo
periodo solo i Comuni in disavanzo di amministrazione di cui al comma
572 dell'art. 1 della legge n. 234 del 2021  e  di  cui  al  comma  2
dell'art. 43 del decreto-legge n. 50 del 2022  -  e  non  gia'  anche
quelli di cui al comma 8 dello stesso art. 43, impegnati nel medesimo
percorso di risanamento -  appare  incostituzionale  sotto  disparati
profili. 
    Intanto per manifesta irragionevolezza  e  contraddittorieta'  in
raffronto all'art. 1, comma 470 dell'ultima legge di bilancio che  ha
previsto il contributo finanziario annuale di euro 50 milioni,  tanto
per i Comuni di cui al comma 2 quanto per quelli di cui  al  comma  8
del menzionato art.  43,  da  ripartire  in  proporzione  alle  quote
annuali del ripiano del disavanzo e delle rate  di  restituzione  del
debito: non si coglie,  sotto  tale  aspetto,  come  sia  logicamente
possibile, da un lato  prevedere  l'erogazione  di  un  contributo  a
sostegno  del  virtuoso  percorso  intrapreso   da   questi   Comuni,
dall'altro sottrarre risorse  ai  medesimi  Comuni  per  effetto  del
taglio generale, cosi' vanificando, almeno in parte, l'efficacia  del
primo contributo. 
    In altri termini, l'azione dello Stato che accomuna i  Comuni  di
cui al comma 2 a quelli di cui al comma 8 ai fini del contributo, per
poi distinguerli ai fini dell'esenzione dal  taglio  lineare,  appare
viziata  per  difetto  di   ragionevolezza,   oltreche'   palesemente
discriminatoria, con  chiaro  riverbero  sull'autonomia  finanziaria,
atteso che e' stato lo stesso legislatore, peraltro in modo del tutto
condivisibile, a porre questi Comuni sullo  stesso  piano  in  quanto
tutti  bisognosi  di  intraprendere  un   percorso   di   risanamento
finanziario e tutti impegnati nell'adozione  delle  misure  stabilite
nell'accordo, i primi perche' in disavanzo, i  secondi  perche'  alle
prese  con  l'ammontare  di  un  debito  sempre  piu'  insostenibile,
complice  anche  l'incremento  dei  tassi  di  interesse,  con  tutta
probabilita' causa di futuri squilibri. 
    Siccome tutti i  Comuni  oggetto  delle  menzionate  disposizioni
hanno adottato le misure previste dai patti - non di rado, attraverso
l'incremento   delle   addizionali,   cosi'    imponendo    sacrifici
significativi ai loro cittadini (si evidenzia, a questo riguardo, che
il Comune di Genova e'  quello  che  ha  adottato  l'incremento  piu'
significativo delle addizionali in comparazione con gli altri)  -  va
da se' che gli stessi Comuni debbano essere equiparati, non solo  per
il fatto di beneficiare del contributo statale, ma anche nella comune
sottrazione  all'applicazione  della  norma  che  sancisce  il  nuovo
contributo degli enti locali alla finanza pubblica. 
    Diversamente - si ripete - si compromette l'efficacia dell'azione
dello Stato per il tramite del nuovo  istituto  del  patto  celebrato
anche dalla Corte dei Conti come misura effettivamente  in  grado  di
prevenire o superare le crisi finanziarie degli enti locali  perche',
da un lato, riconoscendo lo sforzo di questi Comuni, si erogano  loro
risorse per sostenerne il percorso di  risanamento,  dall'altro,  per
altra via, si sottraggono  risorse  agli  stessi  Comuni,  cio'  che,
francamente, appare illogico  e  non  certo  coerente  con  il  mutuo
spirito di collaborazione che discende dall'accordo. 
    Si insta, quindi, affinche' codesta ecc.ma Corte  costituzionale,
in ragione della violazione dei parametri di cui in  rubrica,  voglia
dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale   della   disposizione
impugnata nella parte in cui non prevede che anche i  Comuni  di  cui
all'art. 43, comma 8, del decreto n. 50  del  2022,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge  n.  91  del  2022,  siano  esonerati  dal
contributo alla finanza pubblica disposto  dal  primo  periodo  della
medesima disposizione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Voglia codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in  accoglimento  del
presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale: 
      - dell'art. 1, comma 494, legge 30 dicembre 2023, n.  213,  per
contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1 e 4, e 120, comma  2,
della Costituzione; 
      - dell'art. 1, comma 497, legge 30 dicembre 2023, n.  213,  per
contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1, 3, 4  e  5,  e  120,
comma 2, della Costituzione; 
      - dell'art. 1, comma 533, legge 30 dicembre 2023, n.  213,  per
contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1, 3, 4, e  120,  comma
2, della Costituzione, nella parte in cui prevede un contributo  alla
finanza  pubblica  a  carico  dei  Comuni  delle  Regioni  a  Statuto
ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna pari ad euro 200 milioni
per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028; 
      - dell'art. 1, commi 534 e 535, legge 30 dicembre 2023, n. 213,
per contrasto con gli articoli 5, 114, 119, commi 1,  3,  4,  e  120,
comma 2, della Costituzione; 
      - in via gradata: dell'art. 1, comma  533,  legge  30  dicembre
2023, n. 213, per contrasto con gli articoli 3, 5, 114, 119, commi 1,
3, 4, e 120, comma 2, della Costituzione,  nella  parte  in  cui  non
prevede che anche i Comuni di cui all'art. 43, comma 8,  del  decreto
n. 50 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91  del
2022, siano esonerati dal contributo alla finanza  pubblica  disposto
dal primo periodo della medesima disposizione. 
    Con la massima osservanza. 
      Genova-Roma, 28 febbraio 2024 
 
                        L'Avvocato: Piciocchi