N. 58 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 febbraio 2024

Ordinanza del 22 febbraio 2024 del G.U.P. del  Tribunale  di  Vicenza
nel procedimento penale a carico di O. E. . 
 
Reati e pene - Reati in materia di immigrazione  -  Contraffazione  o
  alterazione di titoli di soggiorno o di documenti necessari al loro
  ottenimento  e  utilizzo  degli  stessi  documenti  contraffatti  o
  alterati - Trattamento sanzionatorio - Reclusione da uno a sei anni
  - Omessa previsione della riduzione di un terzo della pena  per  le
  condotte di mero utilizzo. 
- Decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione  e  norme
  sulla condizione dello straniero), art. 5, comma 8-bis. 
(GU n.16 del 17-4-2024 )
 
                        TRIBUNALE DI VICENZA 
           Sezione del giudice per le indagini preliminari 
 
    E... O... e' stato tratto a giudizio per rispondere  del  delitto
di cui all'art. 5, comma 8-bis, decreto legislativo 25  luglio  1998,
n. 286 perche' «al fine di determinare  il  rilascio  o  rinnovo  del
permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo per lavoro
subordinato, utilizzava, inviandolo  all'ufficio  immigrazione  della
Questura di  Vicenza,  il  certificato  di  conoscenza  della  lingua
italiana  «livello  A2  CELI  li»  apparentemente  a  lui  rilasciato
dall'Universita' di Perugia nella sessione  del  ...  con  numero  di
matricola ... che, all'esito delle verifiche, risultava  contraffatto
in quanto rilasciato con quel numero di matricola a S... M... E... In
... il ...». 
    All'udienza preliminare dell'11 gennaio 2024 il difensore, munito
di procura speciale,  ha  formulato  richiesta  di  rito  abbreviato,
richiamando  la  questione  di   legittimita'   costituzionale   gia'
sollevata all'udienza del 22 febbraio 2022: 
        1) illegittimita' costituzionale dell'art.  5,  comma  8-bis,
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,  per  contrasto  con  gli
articoli 3 e 27  Cost.  nella  parte  in  cui,  prevedendo  una  pena
edittale da uno a sei anni  di  reclusione  sia  per  colui  che  sia
accusato della contraffazione o alterazione di un visto di ingresso o
reingresso, o della sua proroga, di un permesso di soggiorno,  di  un
contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, sia per colui che
sia accusato della contraffazione o alterazione di documenti al  fine
di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, o
della sua proroga, di un permesso di soggiorno, di  un  contratto  di
soggiorno o di una carta di soggiorno, sia infine per colui  che  sia
imputato del mero utilizzo  di  documenti  contraffatti  o  alterati,
sanziona con la medesima pena fattispecie eterogenee tra loro,  tutte
contemplate all'interno del medesimo comma 8-bis, risultando  in  tal
modo intrinsecamente irragionevole; 
        2) illegittimita' costituzionale dell'art.  5,  comma  8-bis,
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,  per  contrasto  con  gli
articoli 3 e 27  Cost.  nella  parte  in  cui,  prevedendo  una  pena
edittale da uno a sei anni  di  reclusione  per  l'imputato  che  sia
accusato della contraffazione o alterazione di un visto di ingresso o
reingresso, o della sua proroga, di un permesso di soggiorno,  di  un
contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, sia per colui che
sia accusato della contraffazione o alterazione di documenti al  fine
di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, o
della sua proroga, di un permesso di soggiorno, di  un  contratto  di
soggiorno o di una carta di soggiorno, sia infine per colui  che  sia
imputato del mero utilizzo  di  documenti  contraffatti  o  alterati,
sanziona  in  modo  differenziato  l'autore  del  delitto  in  parola
rispetto al  cittadino  comune  accusato  dei  delitti  di  cui  agli
articoli 482 del codice penale, in relazione agli articoli 476 o  477
del codice penale,  o  489  del  codice  penale,  in  violazione  del
principio di uguaglianza. 
    Entrambe le doglianze sollevate dalla  difesa  appaiono,  secondo
questo giudice, non manifestamente infondate. 
    Esse  poggiano,  infatti,  su  dati  obiettivi  che  pare   utile
riassumere. 
    Sotto  il  primo  profilo  evidenziato  dalla   difesa   non   e'
contestabile che la norma, che si sospetta in contrasto con la  Carta
fondamentale, contenga al suo interno piu' fattispecie che  puniscono
condotte tra loro sensibilmente differenti sia in punto  di  elemento
materiale che di coefficiente psicologico. Altro  infatti,  sotto  il
profilo dell'approccio del soggetto  attivo  alla  lesione  del  bene
giuridico tutelato, e' realizzare una falsificazione materiale di  un
titolo abilitativo al soggiorno nel territorio dello Stato,  condotta
che puo' a sua volta  declinarsi  nell'alterazione  di  un  documento
originale preesistente, ma  anche  nel  materiale  confezionamento ex
novo di un documento avente l'apparenza di  un  titolo  di  soggiorno
rilasciato  dall'Autorita'  pubblica,  altro  e'  avvalersi   di   un
documento alterato o confezionato da terzi, facendone meramente uso. 
    Non puo'  sottacersi,  infatti,  che  l'integrazione  dell'una  o
dell'altra fattispecie presuppone modalita' esecutive e  coefficiente
psicologico affatto diversi, a loro volta indicativi di  una  diversa
attitudine  del  soggetto  attivo   di   porsi   in   contrasto   con
l'ordinamento: capacita' tecnica, abilita' manuale,  destinazione  di
risorse materiali e di tempo alla realizzazione dell'illecito da  una
parte, mera ricezione ed utilizzo dell'atto contraffatto dall'altra. 
    Non  solo.  Mentre  le  condotte  di  confezionamento   dell'atto
contraffatto o alterato non di  rado  poggiano  sull'inserimento  del
soggetto attivo in  un  circuito  dai  quale  provengono  i  supporti
documentali e gli strumenti necessari alla realizzazione  del  falso,
la condotta di uso dell'atto falso e' per sua stessa natura  l'azione
unisussistente del  soggetto  beneficiato  dalla  contraffazione,  il
quale esibisce o si avvale  del  documento  materialmente  falso  per
avvalersi delle prerogative ad esso collegate. 
    Se cosi' e', il possibile contrasto della fattispecie con  l'art.
27 della Carta fondamentale potrebbe trovare appiglio  nel  principio
di proporzionalita' della pena rispetto alla gravita' del reato, gia'
affermato dalla Corte costituzionale nel senso che esso «esige in via
generale che la pena sia adeguatamente calibrala non solo al concreto
contenuto di offensivita'  del  fatto  di  reato  per  gli  interessi
protetti.  ma  anche  al  disvalore  soggettivo  espresso  dal  fatto
medesimo (sentenza n. 222  del  2018).  E  il  quantum  di  disvalore
soggettivo dipende in maniera determinante  non  solo  dal  contenuto
della volonta' criminoso (dolosa o colposa) e dal grado  del  dolo  o
della colpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori  che  hanno
influito sul processo motivazionale  dell'autore  rendendolo  piu'  o
meno rimproverabile» «sent. n. 55 del 2021 e, in  precedenza,  n.  73
del 2020). 
    Sotto il secondo profilo la difesa ha posto in opportuno  rilievo
la differenza di trattamento sanzionatorio riservato dal  legislatore
alle condotte di falsificazione materiale e  di  uso  di  atto  falso
descritte nell'art. 5, comma 8-bis, decreto legislativo n.  286/1998.
rispetto a quelle previste dagli articoli 482,  in  riferimento  agli
articoli 476 e 477 del codice penale, e 489 del codice penale 
    La differenza e' nota e non richiede quindi piu' di  un  semplice
richiamo alla pena unitaria da uno a sei anni di reclusione  prevista
per tutte  le  fattispecie  contemplate  dall'art.  5,  comma  8-bis,
decreto legislativo n. 286/1998, e alla  distinzione  operata  invece
dal codice penale tra la condotta di falsita' materiale commessa  dal
privato su atto pubblico (art. 476 del codice penale) o certificato o
autorizzazione  amministrativa  (art.   477   del   codice   penale),
sanzionata dall'art. 482 del codice penale con  le  pene  contemplate
dalle norme previste per le condotte dei pubblici ufficiali,  ridotte
di un terzo, e la condotta di uso di atto falso, che l'art.  489  del
codice penale sanziona - nel caso che  qui  interessa  quale  tertium
comparationis della condotta del privato  cittadino  -  con  la  pena
dell'art. 482 del codice penale, ulteriormente ridotta di un terzo. 
    A fronte della scelta legislativa di differenziare il trattamento
punitivo nei reati comuni descritti  agli  articoli  482  e  489  del
codice penale, l'opzione adottata dal legislatore del 1998  e'  stata
quella di sanzionare condotte in tutto riconducibili alle prime nella
loro materialita' - con i soli elementi specializzanti  rappresentati
dalla  tipicita'  degli  atti   sui   quali   deve   realizzarsi   la
contraffazione o estrinsecarsi l'uso, e del dolo specifico -  ma  con
pena indifferenziata. Pena che, oltre  a  essere  sensibilmente  piu'
grave  di  quella  prevista  dal  codice  penale,  non  valorizza  la
differenza tra le due tipologie  di  aggressione  al  bene  giuridico
tutelato. 
    La  Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato   che   «le
valutazioni discrezionali di dosimetria penale competono in esclusiva
al legislatore, chiamato dalla riserva di legge ex art.  25  Cost.  a
stabilire il grado di reazione  dell'ordinamento  al  cospetto  della
lesione  di  un  determinato  bene  giuridico»,  e  non   e'   quindi
sull'entita' della pena prevista per le fattispecie di parte speciale
che il sospetto di illegittimita' costituzionale viene formulato,  ma
ricordando che la stessa Corte ammette il sindacato  di  legittimita'
costituzionale al metro degli  articoli  3  e  27  Cost.  «su  scelte
sanzionatorie arbitrarie o  manifestamente  sproporzionate,  tali  da
evidenziare  un  uso  distorto  della  discrezionalita'  legislativa»
(cosi' Corte cost.,  sentenza  n.  62  del  2021  e,  in  precedenza,
sentenza nn. 88 e 40 del 2019, 233 e 222 del 2018, 179 del 2017 e 236
del 2016), questo giudice  dubita  della  coerenza  intrinseca  della
scelta operata dal legislatore laddove ha ritenuto  di  orientare  la
propria discrezionalita' prevedendo: 1) un trattamento  sanzionatorio
unitario per  reprimere  condotte  tra  loro  profondamente  diverse,
rappresentative di attivita'  materiali  e  coefficienti  psicologici
affatto  assimilabili  e,  in  ultima  analisi,   di   modalita'   di
aggressione del bene giuridico di diverso grado e  qualita';  2)  una
evidente differenziazione di  trattamento  del  soggetto  attivo  che
commette le condotte di falsita' materiale o di uso  dell'atto  falso
su atti pubblici genericamente considerati, punito con  sanzioni  che
tengono  conto  della  differenza  sostanziale  tra  le  due  diverse
tipologie di aggressione al  bene  giuridico  tutelato,  rispetto  al
soggetto attivo  che  le  medesime  condotte  -  al  netto  del  dolo
specifico richiesto dalla norma speciale - compie sugli  atti  tipici
elencati nell'art. 5, comma 8-bis, decreto legislativo  n.  286/1998,
per  il  quale   il   trattamento   sanzionatorio   e'   unitario   e
indifferenziato. 
    Con tali brevi richiami il rimettente ritiene  di  avere  assolto
all'onere di motivazione sulla ritenuta  non  manifesta  infondatezza
della  questione,  a   mente   dell'indicazione   rinvenibile   nella
giurisprudenza della Corte secondo la quale  «l'ammissibilita'  delle
questioni di legittimita' costituzionale riguardanti l'entita'  della
pena edittale e' subordinata all'indicazione da parte del  giudice  a
quo di previsioni sanzionatorie gia' rinvenibili nell'ordinamento, le
quali, trasposte  all'interno  della  norma  censurata.  garantiscano
coerenza alla logica perseguita dal legislatore. una  volta  emendata
dai vizi di  illegittimita'  costituzionale  addotti  e  riscontrati»
(sent. n. 117 del 2021, n. 40 del 2019 e n. 233 del 2018). 
    La  rilevanza  della  questione  sollevata  nel  giudizio  a  quo
discende dalla richiesta formulata  dall'imputato  di  ammissione  al
rito abbreviato, formulata nel corso  dell'udienza  preliminare  dopo
una prima richiesta di messa alla prova elle  non  prendeva  avvio  a
seguito  della  mancata  produzione  all'UEPE  della   documentazione
richiesta per l'elaborazione del programma di trattamento. 
    La  cornice  edittale  prevista   per   il   delitto   contestato
all'imputato, avere fatto uso di un certificato di  conoscenza  della
lingua italiana materialmente falso in quanto rilasciato  a  soggetto
diverso da quello apparente, al fine di determinare il  rilascio  del
permesso di soggiorno, spazia da uno a sei  anni  di  reclusione.  La
decisione che il giudice e' chiamato ad assumere implica, in caso  di
riconosciuta  responsabilita'  dell'imputato,  che   il   trattamento
sanzionatorio spazi all'interno  di  tale  cornice,  in  ossequio  ai
parametri previsti dall'art. 133 del codice penale e al  netto  delle
possibili circostanze attenuanti. 
    Prima di assumere la decisione, pertanto,  il  rimettente  reputa
necessario che il giudice delle leggi si esprima in ordine al  dubbio
di costituzionalita' che si e' sin qui riassunto,  posto  che  se  la
fattispecie contestata  all'imputato  non  presentasse  la  ritenuta,
irragionevole, uniformita' sanzionatoria di condotte tra loro diverse
e fosse invece coerente con la scelta codicistica di differenziare il
trattamento punitivo per il semplice uso di  atto  falso,  prevedendo
per tale condotta una pena inferiore di un terzo a  quella  stabilita
per la contraffazione o l'alterazione dell'atto stesso,  il  compasso
edittale al cui interno il giudice  dovrebbe  stabilire  la  pena  da
comminare all'imputato sarebbe inferiore, tanto nel minimo quanto nel
massimo, a quella oggi prevista dal decreto legislativo n. 286/1998. 
    Richiamato, conclusivamente, il principio  di  proporzione  della
pena, «idonea a tendere alla rieducazione  del  condannalo  ai  sensi
dall'art. 27, terzo  comma,  Cost.»,  che  secondo  quanto  affermato
recentemente  dalla  Corte  «implica   un   costante   principio   di
proporzione tra qualita' e quantita' della sanzione, da una parte,  e
offesa, dall'altra» (sent. n. 143 del 2021), si ritiene la  questione
sollevata rilevante e non manifestamente infondata. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Letto l'art. 23, legge  n.  53/1987,  dichiara  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
sollevata in relazione all'art. 5, comma 8-bis,  decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286,  nella  parte  in  cui  prevede  il  medesimo
trattamento sanzionatorio sia per il delitto di utilizzo di documenti
contraffatti  o  alterati,  sia  per  quelli  di   contraffazione   o
alterazione di documenti descritti nella stessa norma, e  non  invece
trattamenti sanzionatori differenziati, non prevedendo in particolare
che la  pena  edittale  per  il  delitto  di  utilizzo  di  documenti
contraffatti o alterati sia determinata riducendo di un terzo la pena
prevista  per  le  condotte  di  contraffazione  o  alterazione   dei
documenti medesimi, analogamente a quanto disposto dall'art. 489  del
codice   penale.   Cio'   in   contrasto   con   il   principio    di
uguaglianza-ragionevolezza (art. 3  Cost,)  e  con  il  principio  di
proporzionalita' della sanzione penale (art. 27 Cost.). 
    Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
    Dichiara sospeso il decorso della prescrizione ai sensi dell'art.
159, comma 1, n. 2, del codice penale. 
    Ordina la notifica della presente  ordinanza  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e la comunicazione ai Presidenti della  Camera
e del Senato. 
        Cosi' deciso in Vicenza, 22 febbraio 2024 
 
            Il Giudice dell'udienza preliminare: Venditti