N. 6 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 8 aprile 2024

Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito)
depositato in cancelleria l'8 aprile 2024 (del G.I.P.  del  Tribunale
di Catania). 
 
Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale  instaurato
  nei confronti di M.M. G., all'epoca dei fatti senatore,  in  ordine
  al reato di diffamazione,  regolato  dall'art.  595,  commi  primo,
  secondo e terzo, del codice penale, ai danni  del  dott.  F.  B.  -
  Deliberazione di insindacabilita' del Senato della Repubblica. 
- Deliberazione del Senato della Repubblica del 28 giugno 2023  (doc.
  IV-quater, n. 2). 
(GU n.16 del 17-4-2024 )
 
                        TRIBUNALE DI CATANIA 
           Sezione del giudice per le indagini preliminari 
 
    Il GIP,  dott.ssa  Anna  Maria  Cristaldi,  nel  procedimento  n.
8374/22 RGNR, a carico di Giarrusso Mario Michele in ordine al  reato
p. e p. dall'art. 595, commi I, II e III c.p. perche'  nel  corso  di
un'intervista rilasciata il 27 maggio 2020  al  programma  televisivo
denominato «Voxitaliatv», condotto dal giornalista Francesco  Toscano
e pubblicata nel web tramite il canale «Youtube»,  avrebbe  espresso,
tra le altre, le seguenti considerazioni: « ...  omissis  ...  Quindi
che cosa succede, appena Bonafede gli altri mettono il  sedere  sulla
poltrona ministeriale avviene una trasformazione del movimento in  un
movimento conservatore dello status quo quindi Di Matteo per  carita'
potrebbe disturbare gli interessi gli equilibri quindi cominciano gli
equilibrismi  bisogna  avere  la  giacca  sempre  inappuntabile,   la
cravatta con nodo fatto bene, non bisogna dire una parola  di  troppo
non parliamo di una parolaccia, un insulto Di Matteo e' un insulto  a
tutti i traditori che sono dentro lo Stato, metterlo al DAP,  perche'
ricordiamo la trattativa STATO - MAFIA del 92  passa  dritto  per  le
carceri. Attenzione perche' le bombe del 93, del 92  sono  bombe  che
sono state messe  per  coprire  una  trattativa  che  puntava  ad  un
alleggerimento della situazione carceraria dei  detenuti  per  mafia,
quindi mettere Di Matteo al DAP voleva dire consentire, da  un  lato,
ulteriori investigazioni, perche' non ci dobbiamo dimenticare che dal
DAP  proviene  un  corpo  specializzato,  perche'  all'interno  della
polizia penitenziaria c'e' un nucleo ancor piu' specializzato che  e'
il GOM che indaga nelle carceri. Quindi, da un lato,  avrebbe  potuto
continuare il lavoro sulla trattativa dal  DAP,  dall'altro,  avrebbe
sicuramente, sicuramente bloccato qualunque  tentativo  di  ulteriore
trattativa fausta alla mafia. Qualcuno non ha  voluto,  ha  fatto  di
peggio, ha messo Bonafede, ha messo scientemente, si e' circondato di
un'intera banda di sodali di Palamara,  banda  che  mette  i  brividi
perche' il dottor B., che  e'  stato  nominato  al  DAP  senza  avere
nessuna esperienza,  se  non  una  discutibilissima  gestione  di  un
pentito. che era parente di sua moglie, addirittura portava lo stesso
cognome con la moglie, quindi lui gestisce un pentito  che  porta  lo
stesso cognome di sua  moglie,  e'  parente  di  sua  moglie.  quindi
immaginiamo. 
    Il dottor B.  che  come  importante  esperienza  ha  un  disastro
epocale che e' l'indagine sull'ENI quella  di  Tempa  Rossa.  Perche'
dico disastro, perche' se arriva a far di mettere il  Ministro  Guidi
con l'indagine Tempa Rossa e poi cosa succede all'indagine  sull'ENI?
Viene archiviata. Non vengono assolti, che ci  sta  nel  gioco  delle
parti tra difesa e accusa in Tribunale si vince che eh  si  perde  se
uno non e' bravo a dimostrare i fatti o se gli avvocati sono bravi  a
dimostrare la innocenza dei loro clienti  e'  evidente  che  si  puo'
perdere. 
    E ci  sta  una  soluzione  no  no  qua  non  si  e'  arrivati  al
dibattimento qua la stessa procura che ha fatto un  disastro  facendo
dimettere persino un ministro ad un certo punto ha detto che non c'e'
nulla prendo e archivio. 
    Ora voi vi rendete conto che un soggetto che  ha  gestito  questa
indagine sull'ENI e poi viene nominato capo del  DAP  viene  premiato
lascia sorgere dei sospetti gravissimi su come sia arrivato  al  DAP,
su cosa il DAP per questa persona, che e' un  cambio  di  status  non
indifferente. 
    Considerate che passa da uno stipendio di 80-90 mila euro/anno ad
uno stipendio  di  320  mila  euro/anno  che  manterra'  a  vita  sta
pensionabile.  A  me   sembra   un   premio.   Io   sto   presentando
un'interrogazione per capire che cosa vuoi dire archivio un'inchiesta
per l'ENI e come premio mi danno il DAP? E' legittimo sospettare  che
dietro ci sia un 'do ut des'. Noi non lo sappiamo io  mi  auguro  che
non sia cosi'. Pero' e' strana questa nomina di questo soggetto. 
    Toscano: a proposito di questo, scusi se la interrompo, senatore 
    Giarrusso: mi faccia dire una cosa 
    Toscano: si prego 
    Giarrusso: nelle settimane scorse sospetto che vi sia  stata  una
trattativa stato mafia di nuovo e di  nuovo  partendo  dalle  carceri
perche' c'e' stata una vera insurrezione ordinata dentro  le  carceri
che si sono rivoltate queste carceri dei  detenuti  hanno  fatto  una
rivolta in contemporanea in decine di istituti di pena. Come si fa  a
coordinarsi fra gente ristretta in carcere in decine di  istituti  di
pena. E' chiaro questo lo fa la criminalita' organizzata ma non basta
la rivolta ci sono stati 13 morti una  cosa  incredibile,  danni  per
decine 30 o 40 milioni di euro di danni alle  strutture  70  detenuti
evasi e la risposta di B. dello Stato qual e' stata? Non la  fermezza
che bisognava dimostrare contro la criminalita' organizzata  ma  sono
stati 8000 scarcerazioni di cui 500 mafiosi. 
    Ora questo legittima i  cittadini  a  pensare  che  qualcuno  sia
andato nelle carceri anche qua sto presentando un'interrogazione  per
sapere che cosa ci faceva B. da Zagaria. 
    Prima della scarcerazione di Zagaria era  andato  a  trovarlo  in
carcere e non c'era  andato  da  solo  c'e'  andato  accompagnato  da
un'altra persona  che  era  del  GOM  che  non  era  con  la  polizia
penitenziaria e chi era quest'altra persona che  lo  accompagnava  da
Zagaria? e perche' e' andato da Zagaria? 
    C'e' stata una trattativa qualcuno ha detto ai  mafiosi  va  bene
che cosa volete per finirla con la rivolta nelle carceri? Volete  una
scarcerazione? E ve la diamo. Ed e' uscita  la  famigerata  circolare
numero 21, circolare che venne firmata di sabato al  Ministero  della
giustizia. Voi pensate se qualcuno va di sabato  al  Ministero  della
giustizia, a stento trova l'usciere no qualcuno che lavora. 
    Invece la' febbrilmente lavoravano per tradire lo  Stato  mettono
in piedi questa circolare, da questa circolare ne viene  delle  cose,
ne vengono fuori delle mail cose orripilanti. Cosi'  i  mafiosi  sono
stati scarcerati nemmeno  su  propria  domanda,  ma  su  domanda  dei
direttori delle carceri. Ci sono 62 mafiosi scarcerati  o  che  hanno
rischiato di essere scarcerati, no su domanda dei loro  avvocati,  ma
su domande della stessa direzione delle carceri. Vi  faccio  un  solo
nome che per me che sono siciliano e' gravissimo, stiamo parlando  di
Nitio Santapaola  il  nr.  2  di  «cosa  nostra  siciliana»,  che  il
direttore del carcere dove era detenuto ha fatto domanda  al  giudice
di sorveglianza per farlo uscire  perche',  perche'  ha  il  diabete?
Perche' ha il diabete? Liberiamo il numero 2  di  cosa  nostra  dalla
stravista mafiosa di cosa nostra? Ma siamo impazziti? E  qualcuno,  e
qualcuno non vede che si entra trachiggiato sotto  il  proprio  naso?
Perche' questo e' successo  qualcuno  ha  trattato  e'  andato  nelle
carceri a chiedere va bene, che cosa volete? Ecco, accontentati.  ...
omissis ... 
    Giarrusso: quando e' intervenuto Bonafede dopo 500 scarcerazioni?
Ci sono volute  500  scarcerazioni,  ma  nemmeno  1000  scarcerazioni
bastavano. Bonafede e' intervenuto quando ha visto a rischio  la  sua
poltrona e  allora  ha  sacrificato  quattro  della  banda  Palamara,
buttandoli giu' dal castello, come si suol dire,  mandandoli  a  casa
tra cui B. e ha fatto tre interventi per  decreti  no  uno,  tre  per
cercare di chiudere le porte quando ormai i buoi erano scappati». 
 
                               Osserva 
 
    In data 9 novembre 2022, il P.M. in sede formulava  richiesta  di
archiviazione del procedimento a carico di Giarrusso  Mario  Michele,
indagato per diffamazione ai danni di B. F. 
    Il  P.M.,  in  particolare,  riteneva  di  non  poter  esercitare
l'azione penale, in ragione dell'applicabilita' alla  fattispecie  in
questione dell'art. 68, comma I, Cost. e, quindi, per la presenza  di
una causa di esclusione della punibilita'. 
    B.  F.  proponeva  opposizione   e   chiedeva   la   formulazione
dell'imputazione coatta ovvero, in subordine,  di  sollevare  dinanzi
alla Corte costituzionale conflitto  di  attribuzioni  tra  i  poteri
dello Stato ai sensi dell'art. 134, secondo alinea. 
    Il GIP fissava udienza ex art. 409 cpp in data 26 maggio  2023  e
Giarrusso Mario Michele presentava una memoria ex art.  121  cpp,  in
cui  chiedeva  l'applicazione  della  garanzia  costituzionale  della
insindacabilita'  parlamentare  e,   quindi,   l'accoglimento   della
richiesta di archiviazione formulata dal P.M. 
    All'udienza del 26 maggio 2023, il GIP riservava  ogni  decisione
sulla   vicenda,   avendo   assicurato   il   pieno   ed    effettivo
contraddittorio tra le parti  sul  punto  relativo  all'ambito  della
pretesa insindacabilita' delle opinioni espresse dal  senatore  Mario
Michele Giarrusso. 
    Con ordinanza del 14 giugno 2023, il GIP, rilevato che il  Senato
della Repubblica, di cui il Giarrusso era  membro  al  momento  delle
esternazioni del 27 maggio 2020, non risultava  essere  stato  ancora
investito della questione,  sospendeva  la  decisione  e  trasmetteva
copia degli atti al Senato della Repubblica,  ai  sensi  dell'art.  3
della  legge  n.  140/2003,  affinche'  quel  ramo   del   Parlamento
deliberasse in  ordine  all'applicabilita'  dell'art.  68,  comma  I,
Cost., in quanto riteneva insussistente la ricorrenza dei presupposti
applicativi della causa  di  non  punibilita'  con  riferimento  alle
manifestazioni di pensiero oggetto di contestazione. 
    La Giunta per le immunita' parlamentari, ha ritenuto  sussistenti
i presupposti per  l'applicazione  dell'art.  68  della  Costituzione
nella seduta del 14 febbraio 2023, cui ha fatto seguito la  relazione
del Senatore Scalfarotto comunicata alla Presidenza  il  28  febbraio
2023 - doc IV-quater n. 2. 
    In data 28 giugno 2023,  accogliendo  la  proposta  della  Giunta
delle elezioni e delle immunita' parlamentari, il  Senato  deliberava
che «il fatto per il quale l'ex senatore Mario Michele  Giarrusso  ha
ricevuto l'istanza di mediazione concerne  opinioni  espresse  da  un
membro del Parlamento nell'esercizio delle sue  funzioni  e  pertanto
vige   nel   caso   di   specie   la   garanzia   costituzionale   di
insindacabilita'   di   cui   all'art.   68,   primo   comma,   della
Costituzione». 
    E' da notare che sia la Giunta, che l'Assemblea hanno considerato
e deciso assieme le questioni  relative  all'ambito  di  applicazione
dell'art. 68, comma I della Cost. per le dichiarazioni  del  Senatore
Mario Michele Giarrusso, pendenti dinanzi all'organismo di mediazione
civile Ex Aequo adr di Potenza e dinanzi questo Ufficio GIP al citato
registro notizie di reato 8374/2022 RGNR. Cio'  e'  da  precisare  in
quanto il Presidente ha errato nell'indicare  la  votazione  nominale
con  scrutinio   simultaneo   sulla   sola   vicenda   di   possibile
responsabilita'   civile   (Senato   della   Repubblica,    resoconto
stenografico  82ª  seduta,  mercoledi'  28  giugno  2023,  pag.  49),
malgrado la proposta della Giunta  si  riferisse  anche  al  presente
procedimento penale. 
    Qui non  si  fa  questione  se  la  considerazione  unitaria  del
procedimento  di  mediazione  civile  e  della  vicenda  penale   sia
legittima o meno, alla  stregua  del  diritto  parlamentare  e  delle
precisazioni al tempo fornite da  Corte  costituzionale  n.  1150/88:
questo giudice  non  conosce,  infatti,  l'oggetto  e  le  parti  del
procedimento di mediazione  incardinato  dinanzi  alla  Ex  Aequo  di
Potenza e, quindi, non puo' nemmeno contestare la regolarita' formale
dell'iter seguito presso il Senato della Repubblica. 
    Ci si limita,  pertanto,  a  valutare  l'influenza  della  citata
deliberazione 28 giugno 2023  sul  doveroso  esercizio  da  parte  di
questo giudice della funzione giurisdizionale. 
    La suddetta deliberazione del Senato  della  Repubblica  preclude
infatti al GIP presso il Tribunale di Catania l'esame nel merito  sul
possibile carattere di illecito  delle  dichiarazioni  contestate  al
senatore Giarrusso. non rendendo possibile accertare, senza il previo
annullamento della deliberazione da parte della Corte  costituzionale
e/o comunque la dichiarazione sulla  «non  spettanza  al  Senato  del
potere in concreto esercitato, se nella specie  ricorrano  o  meno  i
presupposti  del  reato  contestato  allo  stesso  parlamentare.   La
deliberazione parlamentare in oggetto  inibisce  infatti  l'esercizio
della funzione giurisdizione e rende  insindacabili  sotto  qualunque
profilo  le  dichiarazioni  dell'indagato.  Per   la   giurisprudenza
costituzionale tale sindacato e', tuttavia,  precluso  legittimamente
al giudice ordinario solo in presenza di un nesso funzionale  tra  le
dichiarazioni rilasciate dal parlamentare e specifici  atti  compiuti
nell'esercizio  delle  medesime  funzioni  parlamentari.  L'eventuale
assenza di tale nesso funzionale  determina  quindi  l'illegittimita'
della deliberazione parlamentare e la necessita' a carico dell'organo
giurisdizionale procedente di sollevare il conflitto di attribuzioni,
al  fine  di  ottenere  da  parte  della  Corte   costituzionale   la
dichiarazione  circa  la   spettanza   del   potere   esercitato   ed
eventualmente l'annullamento della  deliberazione  del  Senato  della
Repubblica, che preclude al GIP presso il  Tribunale  di  Catania  il
sindacato sul merito delle dichiarazioni oggetto dell'imputazione. 
    Va al riguardo ricordato, alla  luce  di  quanto  desumibile  dai
principi  esposti  dalla  sentenza  n.  379  del  1996  della   Corte
costituzionale, come l'immunita' costituisca strumento per assicurare
l'autonomia  e  la  liberta'  delle  Camere  e  come   dunque   essa,
correlativamente, non possa considerarsi espressione di un privilegio
spettante alla persona del parlamentare, ma appunto uno strumento  di
cui  il  parlamentare  si  avvale   nell'esercizio   e   nei   limiti
dell'esercizio delle relative funzioni, sul quale riposa la  relativa
ratio giustificativa (sul punto si rinvia anche a Corte cost.  n.  81
del 1975, che affronta il tema connesso  dell'immunita'  riconosciuta
dall'art. 122 Cost. in relazione alle  attribuzioni  dei  consiglieri
regionali; ma le decisioni al riguardo sono tante). Tale  individuata
ratio giustificativa e' stata,  con  costante  indirizzo,  confermata
dalla Corte costituzionale,  anche  al  fine  di  definire  i  limiti
dell'immunita', in relazione a manifestazioni  suscettibili  di  piu'
incerta classificazione. Dopo le sentenze n. 10 e n. 11 del 2000,  il
Giudice  costituzionale  ha  avuto  modo  di  ribadire   le   proprie
valutazioni anche a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 140
del 2003, avente la funzione di dare concreta attuazione al principio
sancito  dall'art.  68  Cost.  Il  richiamo,  ivi  espresso  a  varie
tipologie di attivita' parlamentari si e' accompagnato al riferimento
ad  attivita'  non  specificamente   tipizzate,   qualificate   dalla
connessione alla funzione di parlamentare, comunque  espletata  anche
al di fuori della sede parlamentare. In tal senso,  e'  stato  da  un
lato rilevato come la legge n. 140 del 2003 non si pone al  di  fuori
dei limiti costituzionali nella  misura  in  cui  da'  attuazione  al
principio espresso  dall'art.  68  Cost.,  incentrato  sullo  stretto
collegamento con le funzioni  (Corte  cost.  n.  120  del  2004);  e,
dall'altro,  si  affermato  che  l'insindacabilita'   e'   «...   una
"qualita'" che caratterizza, in se' e ovunque, la  opinione  espressa
dal parlamentare, la quale, proprio per il fondamento  costituzionale
che  la   assiste,   e'   necessariamente   destinata   ad   operare,
oggettivamente e soggettivamente, erga omnes» (sentenza  n.  194  del
2011). In altri termini,  dalla  riscontrata  sussistenza  del  nesso
funzionale ad opera della deliberazione assembleare  consegue,  quale
«deroga eccezionale [...] alla normale  esplicazione  della  funzione
giurisdizionale (sentenza n. 265  del  1997),  l'insindacabilita'  di
quell'opinione, quale che sia la sede in cui il parlamentare  sia  (o
eventualmente sara') chiamato a risponderne» (da Corte  cost.  n.  59
del 2018). Nel segnalare come la legge ordinaria non possa creare  ex
novo prerogative a vantaggio del parlamentare, diverse  ed  ulteriori
rispetto a quelle risultanti  dal  vigente  assetto  delineato  dalla
Costituzione, la Corte costituzionale (Corte cort. n. 262  del  2009)
ha avuto modo di notare che le  immunita'  si  inquadrano  nel  genus
degli istituti diretti a tutelare lo svolgimento  delle  funzioni  di
organi costituzionali, sostanziandosi  nella  protezione  di  persone
munite di status costituzionale, tale da  sottrarle  all'applicazione
delle  regole  ordinarie:  tali  prerogative,  che  possono  assumere
diverse forme e denominazioni,  sono  comunque  dirette  a  garantire
l'esercizio  della  funzione  derogando  al  regime   giurisdizionale
comune. Su tali basi  l'inquadramento  giuridico  dell'immunita'  non
puo'  prescindere  dal  piu'  ampio  percorso  compiuto  dal  Giudice
costituzionale al fine di  delineare  la  sfera  di  autonomia  delle
Camere anche nella classificazione dell'attivita'  dei  parlamentari,
al di fuori delle categorie del diritto comune. 
    Considerando che  l'immunita'  riguarda  non  solo  la  sfera  di
operativita'  del  diritto  penale,  ma  piu'  in  generale  concerne
l'ambito  della  responsabilita',   sia   essa   penale,   civile   o
disciplinare, la classificazione dogmatica dell'istituto non  risulta
agevole. Appare infatti nel contempo arduo  parlare  da  un  lato  in
termini totalizzanti di incapacita' penale, a  fronte  di  un  ambito
comunque piu' esteso di irresponsabilita', e  dall'altro  in  termini
riduttivi di mera causa  di  non  punibilita',  riflettente  il  dato
dell'esonero da sanzione penale (V. ampiamente Cass. sent.  n.  40347
del  2  luglio  2018,  Berlusconi).  In  tal  senso  «la  nozione  di
incapacita' penale, intesa quale incapacita' di  divenire  centro  di
imputazione di situazioni giuridiche rilevanti  nel  sistema  penale,
non  esprime  adeguatamente  il  fenomeno   delineato   dalla   Corte
costituzionale, che  inerisce  all'esercizio  delle  funzioni  e  non
coinvolge di per se' la  persona  del  parlamentare,  il  quale  puo'
nondimeno essere soggetto a sindacato ove operi all'esterno di quelle
funzioni o in violazione dei limiti ad esse inerenti. 
    D'altronde la nozione di causa di non punibilita' non  coglie  il
complesso fenomeno che e' alla base  di  tale  non  punibilita',  non
costituente mero esonero da pena, ma  convergente  risultato  di  due
profili diversi, cioe', da un lato, l'agire con liberta' dei  fini  e
senza  vincolo  di  mandato  e,  dall'altro,  l'agire  in  un  quadro
costituzionale che non tollera  la  sua  classificazione  secondo  le
regole del diritto comune,  ove  non  emergano  frazioni  esterne  di
quell'agire ovvero il coinvolgimento di beni ulteriori  o  di  terzi.
Cio' significa  che  la  immunita'  costituisce  in  primo  luogo  il
risultato di  una  causa  di  imperscrutabilita'  dell'attivita'  del
parlamentare, la quale solo ove posta in  essere  in  violazione  dei
limiti ad essa propri, in quanto parimenti di  rango  costituzionale,
ovvero tale da non esaurire in se' l'esercizio della  funzione  o  da
coinvolgere beni ulteriori, ad essa esterni,  risulta  classificabile
secondo il diritto comune e dunque anche secondo il  diritto  penale»
(ibidem). In ogni caso, l'effetto finale risulta quello  dell'esonero
da responsabilita'. In tal senso puo' condividersi quanto costituisce
il risultato  di  una  lunga  elaborazione  della  giurisprudenza  di
legittimita' in sede civile (Cass. civ. Sez. U. n. 5756 del 12 aprile
2012; Cass. civ., Sez. U. n. 153  del  18  marzo  1999)  secondo  cui
l'immunita'  da'  luogo  ad  una  causa  personale  di'  esonero   da
responsabilita', ma con la precisazione che tale esonero ha alla  sua
origine   l'esercizio   di   funzioni   che   sono    intrinsecamente
insindacabili  e  non  classificabili,  salvo  il  coinvolgimento  di
funzioni o beni ulteriori di rango costituzionale. 
    Sotto il profilo penale si registra in prevalenza  l'affermazione
che l'immunita' da' luogo ad una causa di non punibilita' (Cass.,  n.
2384 del 26 novembre 2010, dep. nel 2011, Napoli; Cass.  Sez.  5,  n.
43090 del 19 settembre 2007, Vendola; Cass., Sez. 5, n. 8742  del  21
aprile 1999,  Sgarbi),  solo  in  un  caso  essendosi  affermato  che
ricorrerebbe una causa di giustificazione (Cass., Sez.  5,  n.  38944
del 27  ottobre  2006,  Boccassini),  incidente  sull'illiceita'  del
fatto. In tal senso e' venuto in rilievo il riferimento alla causa di
non punibilita', che  non  impedisce  di  valutare  il  contenuto  di
illiceita' insito nell'azione esterna  all'esercizio  delle  funzioni
parlamentari, le quali - al di la' della non punibilita' del soggetto
- non possono dirsi a priori immuni  dal  riscontro  di  offensivita'
(anche se in concreto potra' talvolta operare l'ulteriore scriminante
dell'esercizio del diritto di cronaca: sul punto si rinvia  a  quanto
osservato da Cass., Sez. Unite, n. 37140 del 30 maggio 2001, Galiero,
rv.  219651).  Di  guisa   che   non   sara'   mai   predicabile   di
insindacabilita' tale frazione esterna, ma solo il contenuto inerente
all'esercizio della  funzione,  con  la  conseguenza  che,  ove  tale
frazione  esterna  possa   dirsi   integrare   un   fatto   illecito,
classificabile dal diritto comune, il parlamentare non potra'  andare
immune da responsabilita': in tal  caso,  assume  rilievo  non  tanto
l'immunita' in  se',  quanto  l'autonomia  delle  Camere,  cui  anche
l'immunita' va ricondotta,  imponendo  l'insindacabilita'  e  la  non
classificabilita' della condotta, che  rientri  nell'esercizio  della
funzione,  ma  non  precludendo  la  classificazione  e   l'eventuale
perseguibilita' della frazione esterna, in primo luogo a  carico  del
soggetto estraneo alle funzioni parlamentari. Va  rimarcato  come  la
stessa Corte costituzionale nella fondamentale sentenza  n.  379  del
1996, abbia rilevato che «nel sistema costituzionale, in conclusione,
si delinea in maniera immediata e certa il  confine  tra  l'autonomia
del  Parlamento  e  il   principio   di   legalita'.   Allorche'   il
comportamento  di  un  componente  di  una  Camera  sia  sussumibile,
interamente e senza residui, sotto le norme del diritto  parlamentare
e si risolva in una violazione di queste, il principio  di  legalita'
ed  i  molteplici  valori  ad  esso  connessi,  quali  che  siano  le
concorrenti  qualificazioni  che  nell'ordinamento  generale   quello
stesso comportamento riceva (illegittimita', illiceita', ecc.),  sono
destinati a cedere di fronte al principio di autonomia delle Camere e
al preminente valore di liberta' del Parlamento  che  quel  principio
sottende e  che  rivendica  la  piena  autodeterminazione  in  ordine
all'organizzazione  interna  e  allo  svolgimento  dei   lavori.   Se
viceversa un  qualche  aspetto  di  tale  comportamento  esuli  dalla
capacita' classificatoria del regolamento parlamentare e non sia  per
intero sussumibile sotto la disciplina di questo  (perche'  coinvolga
beni personali di altri membri  delle  Camere  o  beni  che  comunque
appartengano a terzi), deve prevalere la "grande regola" dello  Stato
di diritto ed il conseguente regime  giurisdizionale  al  quale  sono
normalmente sottoposti, nel nostro sistema  costituzionale,  tutti  i
beni giuridici  e  tutti  i  diritti  (artt.  24,  112  e  113  della
Costituzione)». Nel quadro  cosi'  delineato,  si  e'  ritenuto  come
l'immunita' parlamentare ex art.  68,  comma  primo,  Cost.,  essendo
limitata agli atti e alle  dichiarazioni  che  presentano  un  chiaro
nesso   funzionale   con   il   concreto   esercizio   dell'attivita'
parlamentare, operi, quanto alle dichiarazioni «extra  moenia»,  solo
quando queste presentino una sostanziale coincidenza di contenuti con
quelle rese in sede parlamentare e siano cronologicamente  successive
alle dichiarazioni cosiddette «interne» (Cass., n. 21320 del 6 maggio
2014, P.C. in proc. Gasparri), e dunque un nesso  funzionale  con  il
concreto esercizio delle funzioni,  anche  se  svolte  in  forme  non
tipiche o «extra moenia»,  purche'  identificabili  come  espressione
dell'esercizio funzionale (Cass., Sez. 5, n. 2384, cit.) a tanto  non
essendo sufficiente ne'  la  comunanza  di  argomenti,  ne'  un  mero
contesto politico cui possano riferirsi (Cass., Sez. 5, n. 22716  del
4 magio 2010, Marengo). 
    Le dichiarazioni del Senatore Giarrusso, rese nel  corso  di  una
trasmissione televisiva  e  riprese  su  un  canale  on-line,  paiono
rientrare tra quelle  extra  moenia.  ln  questa  sede,  infatti,  il
giudizio di questo Giudice per le indagini preliminari deve limitarsi
alla  delibazione  della   vicenda   ai   soli   fini   dell'astratta
configurabilita'  quale  illecito  della  fattispecie  contestata  al
parlamentare.  Da  qui  il  carattere   appunto   provvisorio   delle
considerazioni  sulla  vicenda  in  fatto  e  sulla   possibile   sua
riconduzione alla fattispecie di reato contestata,  quale  si  potra'
accertare solo in sede di esame nel merito della stessa  vicenda.  Il
profilo  oggi  da  considerare  attiene  solo  allo   stretto   nesso
funzionale tra le dichiarazioni del senatore Giarrusso e  l'esercizio
delle funzioni parlamentari. 
    La  Giunta  per  le  immunita'  parlamentari,   nella   relazione
trasmessa all'Aula e poi da questa approvata, ha ritenuto sussistenti
i presupposti per  l'applicazione  dell'art.  68  della  Costituzione
fondandosi   su   un   intervento   del   senatore   Giarrusso    che
nell'interrogazione a risposta scritta del 28 maggio 2020,  ricordava
le dimissioni di alcuni dirigenti del Ministro della giustizia, tra i
quali il dottor F. B. ed ipotizzava un legame tra  le  rivolte  nelle
carceri e le scarcerazioni avvenute in seguito.  L'interrogazione  si
concludeva con le seguenti richieste al  Ministero  della  giustizia:
«se il Ministero in indirizzo fosse informato dell'incontro di B. con
il boss  Michele  Zagaria  e  dell'oggetto  dello  stesso,  se  fosse
informato della presenza di uno terza persona all'incontro; se  possa
indicare l'identita' della stessa persona presente all'incontro e  se
lo stessa faccia parte o meno dei  servizi:  se  possa  rendere  noti
eventuali altri incontri del capo del DAP con boss mafiosi: se sia  a
conoscenza dello svolgimento di una qualche trattativa tra il DAP e i
detenuti rivoltosi al fine di far cessare le rivolte nelle carceri  e
se si', quale sia il contenuto della e se la circolare del DAP del 21
marzo 2020 sia stata emanata a seguito di tale trattativa». 
    La Giunta ha ricordato che l'intervista a «Voxltaliatv»  era  del
27 maggio 2020 e, quindi, l'atto di sindacato  ispettivo,  pubblicato
il 28  maggio  2020,  era  del  giorno  appena  successivo  a  quello
dell'atto extra moenia, con una  sostanziale  contestualita'  tra  le
dichiarazioni  e  l'adozione  di  un   atto   tipico   dell'attivita'
parlamentare quale l'interrogazione. 
    In via preliminare puo' essere notato che l'utilizzo del  termine
extra moenia - peraltro entrato nella giurisprudenza sul tema  -  non
intende affatto richiamare il  regime  indicato  dall'art.  51  dello
Statuto albertino del 1848, il quale - come e' noto - faceva espresso
riferimento alle «opinioni ... emesse ...  nelle  Camere».  Risultava
naturale in un ordinamento in  cui  la  partecipazione  politica  era
limitata ed i  partiti  politici  ancora  non  presenti,  allorquando
insomma  l'attivita'  politica  si  svolgeva  tra  alcuni   esponenti
appartenenti in sostanza ad un unico ceto e che quindi si ritrovavano
ad agire nei medesimi luoghi,  prevedere  l'immunita'  riferita  alla
sede per  ricomprendere  alla  fine  l'attivita'  politica.  Eppero',
allorche' la partecipazione politica si estese, apparvero  i  partiti
ed di massa ed il confronto politico si esercito'  in  misura  sempre
piu' ampia nelle diverse articolazioni sociali, e' stato  conseguente
riferire l'immunita' (precisamente l'insindacabilita')  all'attivita'
e non piu' alla sede, come appunto ha fatto l'art.  68  Cost.  (anche
nella riforma del 1993). E' come se  l'attivita'  politica  si  fosse
spostata dai luoghi parlamentari all'intero Paese: il che e'  poi  la
dinamica indicata dal II comma dell'art. 3 Cost. L'espressione  extra
moenia  allora,  indica  solamente  l'inerenza  delle   dichiarazioni
espresse dal parlamentare all'esercizio del mandato politico. 
    Semmai, dalla ratio del «vecchio» art. 51 Statuto, ed il  profilo
sara' ripreso ancora in prosieguo, puo' essere ripresa e va fatta una
distinzione circa i destinatari delle manifestazioni di pensiero  dei
parlamentari, giacche' vi e' motivo di differenziare le opinioni  dei
parlamentari che riguardano esponenti e soggetti  politici,  cioe'  a
dire «loro pari», in un confronto che  talvolta  puo'  assumere  toni
personali particolarmente accesi, ma rimane all'interno  di  un  ceto
che si riconosce in  fondo  comune  per  l'appartenenza  al  medesimo
contesto; dalle dichiarazioni rilasciate dai parlamentari riferite ad
uomini e  donne  cd  «comuni»  estranei  al  circuito  dell'attivita'
politica. 
    In questo senso la giurisprudenza  costituzionale  sul  ed  nesso
funzionale  da  richiedere  in  maniera  stretta  tra  opinioni   del
parlamentare ed esercizio delle relative funzioni pubbliche ha inteso
contribuire  alla  formazione   di   un'interpretazione   restrittiva
dell'ambito dell'insindacabilita' per la necessita' di tutelare altri
beni costituzionali primari. 
    Non sembra a questo giudice che l'attivita'  parlamentare  svolta
da Mario Michele Giarrusso con la presentazione  dell'interrogazione,
fatto addotto dalla Giunta  a  sostegno  dell'insindacabilila'  delle
affermazioni  oggetto  dell'imputazione,  integri   una   sostanziale
corrispondenza con le opinioni espresse da  Mario  Michele  Giarrusso
si' da dover queste ultime essere  considerate  nell'esercizio  delle
funzioni di parlamentare ed integrare pertanto lo  stretto  nesso  di
collegamento  funzionale  richiesto  da  una   nota   e   consolidata
giurisprudenza costituzionale. 
    Invero, in via preliminare non si ravvisa  un  legame  di  ordine
temporale tra l'attivita' parlamentare e  l'attivita'  esterna,  tale
che questa venga ad assumere una finalita' divulgativa  della  prima;
al contrario la presentazione dell'interrogazione  ha  fatto  seguito
alle dichiarazioni quasi a far rinvenire ex post  la  copertura  alle
stesse, sulla base della nota giurisprudenza costituzionale sul nesso
funzionale adoperata quale regola di carattere -  per  cosi'  dire  -
tecnico - volta a conseguire un determinato risultato. 
    Inoltre,        non        risulta        una         sostanziale
coincidenza/corrispondenza/assimilazione  di   significato   tra   le
opinioni  espresse  e  gli  atti  adottati  (rectius:  l'unico  atto)
nell'esercizio delle funzioni. 
    Secondo, infatti, la giurisprudenza costituzionale  ad  integrare
il richiesto nesso funzionale non  e'  sufficiente  ne'  un  semplice
collegamento tematico o una corrispondenza  contenutistica  parziale,
ne' un mero «contesto politico»  entro  cui  le  dichiarazioni  extra
moenia possano collocarsi, (Corte costituzionale, 9  giugno  2015  n.
144/2015). Il mero «contesto politico» o comunque l'inerenza  a  temi
di rilievo generale non valgono a connotare ex  se  le  dichiarazioni
quali  esercizio  della  funzione  parlamentare,  laddove  esse   non
costituiscano la sostanziale riproduzione delle specifiche e concrete
opinioni manifestate dal parlamentare  nell'esercizio  delle  proprie
attribuzioni;  in   tal   caso,   infatti,   le   dichiarazioni   non
rappresentano  il  riflesso  del  peculiare  contributo  che  ciascun
parlamentare  apporta  alla  vita  democratica  mediante  le  proprie
opinioni e i propri voti, ma una ulteriore e diversa articolazione di
siffatto contributo, elaborata  ed  offerta  alla  pubblica  opinione
nell'esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata  a
tutti dall'art. 21 della Costituzione (Corte costituzionale, 4 maggio
2007, n. 152). 
    In altri termini, l'attivita' parlamentare  e'  stata  successiva
alle dichiarazioni rilasciate nell'intervista del 27 maggio  2020  e,
quasi, diretta a  «riportare»  nell'ambito  dell'insindacabilita'  ex
art. 68 Cost. precedenti espressioni utilizzate nel «comune» «mercato
delle idee», in relazione al quale valgono  i  «comuni»  principi  di
riconoscimento della liberta'  di  manifestazione  del  pensiero,  ma
anche  i  relativi  limiti  a  tutela  di   beni   costituzionalmente
rilevanti. 
    L'accusa rivolta alla persona offesa di gravi e specifici fatti -
vale a dire l'avere partecipato ad  una  trattativa  Stato  -  mafia,
l'avere a tal fine incontrato il  boss  camorrista  Michele  Zagaria,
l'essere privo di adeguate esperienze professionali per ricoprire  la
carica di  direttore  del  DAF  e,  ciononostante,  di  essere  stato
nominato con uno stipendio annuo di 320.000 euro,  mantenibile  anche
dopo la cessazione dall'ufficio, l'avere adottato provvedimenti  che,
in ragione dell'emergenza COVID, avevano consentito la  scarcerazione
di 8.000 detenuti, tra cui 500 mafiosi  -  appare  a  questo  giudice
(sempre nei limiti della delibazione richiesta nella  presente  sede)
non  connessa  se  non  artificiosamente  all'attivita'  parlamentare
dell'odierno indagato. 
    Le affermazioni dell'indagato non rappresentano il  riflesso  del
peculiare contributo  che  ciascun  parlamentare  apporta  alla  vita
democratica mediante le proprie opinioni e i propri voti - contributo
coperto dalle guarentigie di cui all'art. 68 della Costituzione -, ma
rientrano nell'esercizio della  libera  manifestazione  del  pensiero
assicurato a tutti dall'art. 21 della Costituzione. 
    La copertura offerta alla manifestazione del  pensiero  dall'art.
21  della  Costituzione,  pero',  a  differenza  di  quella   offerta
dall'art. 68 (posto a tutela delle istituzioni parlamentari nel  loro
complesso  e  non  per  garantire  privilegi  personali  ai   singoli
componenti) non impedisce l'esame delle affermazioni ritenute  lesive
dalla persona offesa, da parte del  giudice  ordinario,  al  fine  di
verificare se le  stesse  rientrino  nel  diritto  di  critica  o  lo
trascendano confluendo in una fattispecie  delittuosa,  quale  quella
contestata all'odierno indagato. 
    In realta', la garanzia prestata  ai  parlamentari  dall'art.  68
Cost. non da' luogo ad un  istituto  in  contrapposizione  al  regime
spettante a tutti i soggetti (cittadini e non) dall'art. 21 Cost. 
    L'insindacabilita' dell'art. 68 e' una liberta' di manifestazione
del pensiero qualificata e  dal  contenuto  piu'  esteso  rispetto  a
quella riconosciuta a tutti gli altri soggetti. Ma il fenomeno non e'
certo inconsueto: si pensi solo al diverso  regime  della  stampa  ed
generalista rispetto a quella d'inchiesta, oppure - su altro piano  -
al diverso atteggiarsi dei confini tra  liberta'  di  informazione  e
diritto di privacy in relazione a persone prive di rilievo sociale  e
persone, al contrario, note al pubblico perche' impegnate  nel  mondo
politico o, addirittura, nel settore dello spettacolo. Od ancora, per
riferirsi a previsioni costituzionali, alla liberta' di  insegnamento
riconosciuta ai docenti universitari dall'art.  33  Cost.,  la  quale
certamente integra un'ipotesi  di  liberta'  qualificata  rispetto  a
quella di manifestazione del pensiero garantita a tutti dall'art. 21. 
    In tutti questi casi  la  manifestazione  del  pensiero  incontra
limiti   diversi,   ma   secondo   una   logica    di    continuita'.
L'irresponsabilita' dei parlamentari ex art. 68 Cost. segna certo una
linea avanzata di liberta' di  manifestazione  del  pensiero,  ma  la
stessa deve mantenersi collegata da un nesso intrinseco all'esercizio
delle funzioni politiche e non puo' tracimare  in  attacco  personale
alla dignita'  eli  altri  soggetti,  sino  a  ledere  il  patrimonio
personale  di  questi  ultimi.   Deve   essere   ricordato   che   se
l'ordinamento costituzionale, anche a seguito della riforma del 1993,
contiene  l'art.  68.  e  quindi  sancisce  l'irresponsabilita'   dei
parlamentari per le dichiarazioni rese nell'esercizio delle funzioni,
per  altro  verso   contiene   tra   i   principi   fondamentali   il
riconoscimento  dei diritti  inviolabili  riferiti  ad  ogni  persona
dall'art. 2 Cost. e la «pari dignita'» di tutti i cittadini ai  sensi
dell'art. 3 Cost.: valori i quali, se non prevalenti, non debbono  in
ogni caso essere annichiliti. In tal  caso  si  ritornerebbe  ad  una
sorta di privilegio  personale  in  capo  ad  alcuni  soggetti,  solo
perche' rivestiti dello status di parlamentare,  malgrado  l'art.  54
Cost. richieda agli stessi di svolgere  le  rispettive  funzioni  con
dignita' ed onore. 
    Anzi, al riguardo  va  approfondita  la  riflessione  all'insegna
della previsione costituzionale da ultimo ricordata e  cioe'  che  se
l'insindacabilita' parlamentare per le opinioni espresse integra  una
fattispecie  di  liberta'  maggiormente  qualificata  rispetto   alla
generale liberta'  di  manifestazione  del  pensiero  riconosciuta  a
tutti, per altro verso l'attribuzione ai parlamentari di tale  (piu')
ampia liberta' incontra l'obbligo del suo esercizio secondo i  canoni
di «disciplina ed onore» che si richiedono  ai  cittadini  cui  «sono
affidate funzioni pubbliche», ed i quali richiedono che per l'appunto
chi e' attributario di un munus pubblico non ne approfitti per ledere
altri beni di rilievo costituzionale, quale e' la dignita'  personale
(riferita a tutti gli uomini e le donne) che gli artt. 2  e  3  Cost.
riconoscono essere a fondamento della vita sociale (ma v. anche  art.
27 e 32) In altri termini, l'ampliamento della sfera  di  liberta'  a
favore dei parlamentari  non  puo'  tradursi  in  un  privilegio  che
consenta loro di esprimere le opinioni piu' varie senza limiti ed  in
lesione dell'altrui dignita', ma al  contrario  il  titolare  di  una
carica  costituzionale  deve  tener  conto  del  «peso»  che  le  sue
dichiarazioni assumono nei  confronti  dei  comuni  cittadini  ed  in
generale dei soggetti estranei al  confronto  politico  e,  pertanto,
allo stesso titolare si richiede un esercizio misurato ed accorto del
potere di esternazione. Viene in rilievo a tal proposito la cennata e
necessaria distinzione da operare  a  seconda  che  la  dichiarazione
riguardi esponenti politici  ovvero  altri  soggetti,  estranei  alla
competizione politica, non altrimenti qualificati sotto il  versante,
per cosi' dire, sociale e della  visibilita'  nell'opinione  pubblica
ovvero impegnati solo in un'attivita' lavorativa a mezzo della  quale
partecipano all'organizzazione del Paese  (art.  3  e  4  Cost.).  Le
persone estranee all'agone politico non  hanno,  infatti,  mezzi  di'
tutela della propria dignita' analoghi a quelli nella  disponibilita'
degli esponenti politici (se non altro per la facilita' di accesso ai
mezzi di comunicazione). 
    Per tutto questo vanno distinte le dichiarazioni dei parlamentari
funzionali alla rispettiva attivita' ed in quanto tali insindacabili,
perche' non integranti alla fine alcun illecito, da quelle che  prive
di alcun nesso funzionale (anche per  i  destinatari  delle  medesime
dichiarazioni) sono estranee all'ambito di operativita'  del  mandato
parlamentare:  negli  stessi  termini  puo'  citarsi   sempre   Corte
costituzionale n. 154/2004  a  proposito  dell'irresponsabilita'  del
Presidente della Repubblica, malgrado riguardo tale organo manchi una
procedura simile a quella stabilita dalla  legge  n.  104/2003  sulla
scorta dell'art. 68 Cost. 
    Le dichiarazioni del senatore Mario Michele Giarrusso  rilasciate
a carico del dott. F. B. il  27  maggio  2020  risultano  per  questo
estranee all'ambito di operativita' dell'art. 68 Cost. per  il  tempo
in cui sono state fatte, per le modalita' e  per  contenuti,  nonche'
per il destinatario delle medesime. 
    L'offensivita' delle citate dichiarazioni sotto il profilo penale
andra', invece, valutata solo nell'eventuale  giudizio  di  merito  a
seguito della decisione della Corte costituzionale. 
    Deve essere pertanto  sollevato  conflitto  di  attribuzioni  nei
confronti del Senato della Repubblica,  in  quanto  la  deliberazione
adottata dallo stesso in data  28  giugno  2023  ha  illegittimamente
sottratto all'autorita' giudiziaria il potere di decidere  in  ordine
al reato contestato a Mario Michele Giarrusso.  
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti l'art. 37 della legge n. 87/1953 e l'art.  26  delle  Norme
integrative per i giudizi  avanti  la  Corte  costituzionale,  questo
Giudice per le indagini preliminari presso il  Tribunale  di  Catania
promuove  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  con
riferimento alla deliberazione adottata dalla  Assemblea  del  Senato
della  Repubblica  in  data  28  giugno   2023   perche'   la   Corte
costituzionale dichiari che non spettava al Senato  deliberare  sulla
condotta  tenuta  dal  senatore   Mario   Michele   Giarrusso   nelle
dichiarazioni rilasciate il 27 maggio 2020 a carico del sig. F. B. e,
di conseguenza, annulli la citata deliberazione 28  giugno  2023,  in
quanto in contrasto con l'ambito di tutela assegnato alla  Camera  di
appartenenza del parlamentare dall'art. 68 Cost., e percio' idonea  a
ledere le attribuzioni  giurisdizionali  a  tutela  dei  diritti  dei
soggetti privati  garantiti  dagli  articoli  2,  3,  24,  101  della
Costituzione e  dall'art.  6  CEDU,  la  cui  violazione  ridonda  in
un'ipotesi di lesione dell'art. 117, I comma Cost. 
    Ai sensi dell'art. 37 della legge n. 37/1953 si chiede che  venga
dichiarata l'ammissibilita' del presente ricorso e che di conseguenza
sia  fissata  l'udienza  per  la  trattazione  del  medesimo,  previa
notificazione agli organi interessati. 
    Manda alla cancelleria per la trasmissione degli atti alla  Corte
costituzionale ed alle parti del  presente  procedimento,  in  quanto
interessate ad interloquire sull'ammissibilita' del presente  ricorso
gia' nella fase di delibazione, giacche' il contradditorio  ai  sensi
dell'art. 111 Cost. e dell'art. 6 CEDU caratterizza  per  definizione
ogni procedimento giurisdizionale. 
        Catania, 13 settembre 2023 
 
                       Il giudice: Cristaldi