ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 16, primo comma, lettera e) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi) promossi con ordinanze emesse il 13 gennaio 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Genova sul ricorso proposto da Penco Salvi Maria Teresa ed altri contro le Direzione regionale delle entrate della Liguria, iscritta al n. 275 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1998, e il 13 febbraio 1997 dalla Commissione tributaria regionale di Roma sul ricorso proposto da Serio Fortuna Lucia contro la Direzione regionale delle entrate del Lazio, iscritta al n. 738 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1998; Visti l'atto di costituzione di Verde Alfredo nonche' l'atto di intervento della Cassa nazionale del notariato; Udito nell'udienza pubblica del 26 ottobre 1999 il giudice relatore Fernando Santosuosso; Uditi gli avvocati Roberto Nania per Verde Alfredo e Massimo Luciani per la Cassa nazionale del notariato. Ritenuto in fatto 1. - La Commissione tributaria provinciale di Genova, con ordinanza del 13 gennaio 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, del 29 aprile 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 38 e 53 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, primo comma, lettera e) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi). Premette il rimettente che oggetto del giudizio e' il silenzio-rigetto opposto dall'Amministrazione finanziaria all'istanza di rimborso di una somma trattenuta dalla Cassa nazionale del notariato a titolo di imposta sui redditi delle persone fisiche, sulla liquidazione corrisposta ad un notaio, quale indennita' di cessazione dalle funzioni. Ritiene il giudice a quo che in virtu' della sentenza di questa Corte n. 178 del 1986 che ha dichiarato la parziale illegittimita' costituzionale degli artt. 2, e 4, primo e quarto comma, della legge 26 settembre 1985, n. 482 (Modificazioni del trattamento tributario delle indennita' di fine rapporto e dei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita) relativa all'indennita' di buonuscita dei dipendenti statali, discenderebbe la non manifesta infondatezza della presente questione. Se infatti la Corte, nella citata sentenza, ha affermato il principio in virtu' del quale l'indennita' correlata alla cessazione del rapporto di lavoro e' tassabile, ha altresi' affermato l'illegittimita' della tassazione di quella quota di detta indennita' che corrisponde alla percentuale dei contributi a carico del lavoratore. Nella specie - osserva il rimettente - nonostante che l'intera indennita' liquidata a titolo di cessazione dalle funzioni avrebbe natura previdenziale e corrisponderebbe ai versamenti effettuati dal notaio nel corso della sua attivita', la disposizione censurata prevederebbe l'espressa tassabilita' dell'indennita' per la cessazione dell'attivita' notarile. Sotto quest'ultimo profilo la questione, oltre che non manifestatamente infondata, sarebbe altresi' rilevante perche', solo a seguito di una pronuncia di incostituzionalita' della disposizione impugnata, potrebbe accogliersi l'istanza di rimborso. Rileva il giudice a quo che invece non ricorrerebbero i requisiti della non manifesta infondatezza e della rilevanza della questione in ordine al motivo dedotto dai ricorrenti in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione: la funzione della disposizione censurata non sarebbe quella di sottoporre ex novo a tassazione IRPEF le indennita' di fine rapporto (tassazione che per il compilatore del testo unico era sicuramente gia' ricompresa nella valutazione giuridicoeconomica di tali indennita' in base ai principi generali), bensi' quella di riconoscere una agevolazione al contribuente con il concedere i benefici della tassazione separata. 2. - Nel presente giudizio di legittimita' costituzionale si e' costituita la parte privata, dott. Alfredo Verde, nella qualita' di coerede del notaio Carlo Emiliano Verde, chiedendo che sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata per gli stessi motivi di censura indicati dal giudice a quo. La Cassa nazionale del notariato, in persona del presidente pro-tempore con atto depositato il 20 maggio 1999 ha chiesto di intervenire in questa sede, ancorche' non costituita nel giudizio principale. La Cassa ritiene ammissibile il proprio intervento perche' titolare di un interesse giuridicamente qualificato che potrebbe essere compromesso o soddisfatto dall'esito del presente giudizio. Essa agisce, infatti, nei confronti dei notai che cessano dalle funzioni, come sostituto d'imposta, in quanto e' tenuta alla riscossione delle somme dovute a titolo di IRPEF, e quindi anche riguardo all'indennita' di cessazione. Quanto alla tempestivita' del proprio intervento, la Cassa ritiene che, in assenza di una specifica disciplina sull'intervento nel giudizio costituzionale incidentale, possano ritenersi applicabili o la disciplina per la costituzione delle parti (art. 25, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, delle "Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale" e art. 3, secondo comma delle "Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale") oppure quella prevista dal regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato (art. 37 ss. del r.d. 17 agosto 1907, n. 642), in virtu' del richiamo operato dall'art. 22, primo comma, della legge n. 87 del 1953. Nel merito, la Cassa ribadisce gli argomenti sostenuti dai giudici a quibus e dalla parte privata, concludendo per l'accoglimento della questione. 3. - La Commissione tributaria regionale di Roma ha sollevato identica questione con ordinanza del 13 febbraio 1997 (pervenuta nella cancelleria di questa Corte il 21 settembre 1998) e nel richiamare la giurisprudenza sulla parziale non tassabilita' delle indennita' di fine rapporto, ha ritenuto che detto principio, affermato nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente, dovrebbe operare anche nelle ipotesi di lavoro autonomo, atteso che il presupposto su cui si fonda e' comune e consiste nel fatto che l'indennita' in parola e' costituita in parte dai contributi del lavoratore. 4. - In prossimita' dell'udienza pubblica le parti private hanno depositato distinte memorie concludendo entrambe, nel merito, per l'accoglimento della questione, ribadendo le argomentazioni dei giudici a quibus. 5. - Con separata ordinanza, emessa nell'udienza di discussione, questa Corte ha dichiarato irricevibile l'intervento in giudizio della Cassa nazionale del notariato. Considerato in diritto 1. - Le due questioni di legittimita' costituzionale sollevate rispettivamente dalla Commissione tributaria provinciale di Genova e dalla Commissione tributaria regionale di Roma sono analoghe e possono essere riunite in un unico giudizio. 2. - I giudici rimettenti ritengono che l'art. 16, primo comma, lettera e) del d.P.R. n. 917 del 1986, nel prevedere la tassazione separata dell'indennita' percepita dai notai per la cessazione dalle relative funzioni, violi gli artt. 3 e 53 della Costituzione per disparita' di trattamento tra i contribuenti, contrastando col principio secondo il quale "per le indennita' che siano costituite anche dai contributi degli aventi diritto, deve provvedersi ad una detrazione che di cio' tenga adeguato conto". La Commissione tributaria provinciale di Genova denunzia anche un vulnus dell'art. 38 della Costituzione, atteso il carattere previdenziale dell'indennita' in parola. Entrambi i giudici a quibus richiamano la sentenza di questa Corte n. 178 del 1986 la quale, nell'affermare che l'indennita' correlata alla cessazione del rapporto di lavoro e' tassabile, ha altresi' dichiarato l'illegittimita' della tassazione di quella quota di detta indennita' che corrisponde alla percentuale dei contributi a carico del lavoratore. Nella presente specie, la disposizione censurata prevederebbe la tassabilita' dell'indennita' liquidata a titolo di cessazione dalle funzioni nonostante che la medesima nella sua interezza sia coperta dai versamenti effettuati dal notaio nel corso della sua attivita'. Si asserisce dai giudici rimettenti che, pur in presenza di situazioni dissimili ma non contrastanti (lavoro dipendente e lavoro autonomo), quando l'indennita' dovuta per la cessazione dell'attivita' lavorativa e' commisurata, in tutto o in parte, ai contributi versati durante detta attivita', non sarebbe giustificato un diverso trattamento normativo qual e' quello previsto dalla disposizione in esame. 3. - La questione non e' fondata. L'indennita' per cessazione dalle funzioni notarili e' attualmente regolata: a) dal d.m. 26 aprile 1948 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti la concessione di pensioni, di indennita' ed assegni ai notai e alle loro famiglie), che ne prevede l'accessorieta' alla pensione e la corresponsione per una sola volta, con decorrenza dal giorno successivo alla cessazione della funzione notarile; b) dal d.P.R. 12 ottobre 1990, n. 317 (Regolamento per il coordinamento delle disposizioni vigenti in tema di concessione di provvidenze a favore dei notai e delle loro famiglie da parte della Cassa nazionale del notariato) che integra la disciplina dell'indennita' in esame, ed in particolare ne rapporta l'ammontare alla media degli onorari calcolati sulla base dei repertori dei notai in esercizio (art. 26); c) dalla legge 27 giugno 1991, n. 220 (Modificazioni all'ordinamento della Cassa nazionale del notariato e all'ordinamento del Consiglio nazionale del notariato) che determina le quote di contribuzione, nonche' le modalita' del loro versamento all'archivio notarile (artt. 12, commi 1, 3 e 14). Quanto al regime tributario dell'indennita' di cessazione dalle funzioni notarili, prima dell'emanazione del d.P.R. n. 917 del 1986, in assenza di un'apposita previsione normativa, era decisiva l'individuazione della natura giuridica della suddetta indennita': una parte degli interpreti ne escludeva la tassabilita', ravvisando una sua funzione previdenziale, si' da non costituire indice di capacita' contributiva; per la tesi prevalente, invece, tale indennita' veniva compresa tra i redditi di lavoro autonomo, con conseguente assoggettamento alla ritenuta di acconto ex art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Successivamente il legislatore, con la disposizione ora denunciata, ha incluso tale indennita' fra i redditi a tassazione separata, confermandone con cio' la natura di entrata, pur non componente del reddito complessivo soggetto ad imposizione progressiva, ma come entita' distinta, tassata con regole stabilite in considerazione della sua particolare formazione pluriennale. 4. - Tanto premesso sul piano normativo, deve rilevarsi - in relazione agli invocati parametri degli artt. 3 e 53 della Costituzione - che la presente fattispecie non e' assimilabile a quella riguardante la tassazione dell'indennita' di buonuscita per i dipendenti statali prevista dagli artt. 2 e 4, primo e quarto comma, della legge n. 482 del 1985 su cui e' intervenuta la sentenza di questa Corte n. 178 del 1986. Anzitutto le situazioni non sono comparabili in quanto l'indennita' di buonuscita si riferisce ad un rapporto di lavoro subordinato, mentre l'indennita' di cessazione dalle funzioni riguarda un professionista, lavoratore autonomo qual e' il notaio. Per questa seconda situazione vige un regime speciale sia per la formazione e la liquidazione dell'indennita', sia per la misura ed il versamento dei contributi. Invero, detta indennita' consiste in una erogazione di ammontare correlato all'anzianita' di servizio ma svincolato da una precisa sinallagmaticita' tra versamenti e prestazione. Quest'ultima e' alimentata da varie entrate, che sono destinate anche ad altre finalita'. Quanto ai contributi, dalla specifica normativa risulta che essi sono proporzionali agli onorari repertoriali e vengono versati direttamente dai notai. Se poi il valore accertato ai fini tributari sia diverso da quello dichiarato, provvede l'ufficio del registro alla liquidazione e alla riscossione anche delle quote dovute alla Cassa. Dal predetto esame appare l'infondatezza delle dedotte censure poiche', come questa Corte ha avuto modo di affermare in una precedente fattispecie, "... la diversita' degli assetti normativi nei quali ricadono le due indennita' (nel caso allora deciso si trattava della indennita' dovuta ai medici rispetto a quella di buonuscita dei dipendenti statali), mentre esclude che possa procedersi, cosi' come vorrebbero i giudici a quibus alla trasposizione di criteri regolatori dall'uno all'altro, porta, al tempo stesso, a ritenere insussistente la denunciata disparita' di trattamento" (sentenza n. 50 del 1994, ordinanze nn. 328 e 400 del 1994). Anche nella situazione dei notai non e' consentito prescindere - come si afferma nelle citate pronunce - dalle "peculiarita' ordinamentali del fondo di previdenza nell'ambito della cui disciplina rientra l'indennita'" corrisposta dalla Cassa. Le predette somme, per la loro provenienza e la loro conclusiva destinazione, non perdono il carattere reddituale e non possono sottrarsi ad imposizione. Cio' e' confermato dalla previsione normativa, razionale nel sistema tributario, della possibilita' che l'importo del contributo versato sia portato dal notaio in detrazione dal reddito imponibile per il corrispondente anno d'imposta al fine di evitare una doppia imposizione (art. 10, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 917 del 1986). Va infine osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 104 del 1985 e n. 120 del 1972), il precetto enunciato nell'art. 53 della Costituzione si interpreta anche quale specificazione del principio generale di uguaglianza, nel senso che solo a situazioni omogenee devono corrispondere uguali regimi impositivi, e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario diseguale. 6. - E' del pari non fondata la questione in esame in riferimento all'art. 38 della Costituzione. Invero, coerentemente sia con quanto si e' sopra detto circa i caratteri dell'indennita' di cessazione delle funzioni notarili, sia con le pronunce di questa Corte in ordine alla natura retributiva dell'indennita' di fine rapporto (sentenze nn. 99 e 243 del 1993), il trattamento tributario dell'indennita' in esame non contrasta con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, anche perche' esso non incide sull'adeguatezza della prestazione indennitaria in esame; la quale peraltro e' sottoposta ad una tassazione, quella separata che, come gia' affermato (sentenza n. 287 del 1996), e' volta "ad evitare il determinarsi di un'applicazione iniqua del meccanismo della progressivita' dell'IRPEF".