IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in primo
  grado   iscritta   al   n. 129  del  Ruolo  Generale  degli  Affari
  Contenziosi   dell'anno  1999  e  vertente  tra  Fidicasa  societa'
  cooperativa  a  responsabilita'  limitata,  in  persona  del legale
  rappresentante    pro-tempore    elettivamente    domiciliata    in
  Civitavecchia,  via  Borghese  n. 2,  presso  lo  studio  dell'avv.
  Ludovico  D'Amico,  che  la  rappresenta  e  difende  giusta delega
  apposta  a  margine dell'atto di citazione in opposizione a decreto
  ingiuntivo;  opponente,  e  Istituto bancario San Paolo di Torino -
  Istituto  mobiliare  italiano, in persona del legale rappresentante
  pro-tempore,   elettivamente   domiciliato  in  Civitavecchia,  via
  Bernini  n. 10,  presso  lo studio dell'avv. Marisa Gentili, che lo
  rappresenta  e  difende  giusta  delega apposta in calce alla copia
  notificata  dell'atto di citazione in opposizione; opposta.     Con
  atto  di  citazione  notificato in data 22 gennaio 1999 la societa'
  cooperativa   Fidicasa,   in   persona  del  legale  rappresentante
  pro-tempore,  proponeva  opposizione  avverso il decreto ingiuntivo
  n. 134  del  1998  emesso  dal tribunale di Civitavecchia in data 3
  dicembre  1998  con  il  quale  era  stato  ingiunto  alla medesima
  societa'   il  pagamento  della  somma  di  L.  117.652.859,  oltre
  interessi  e  spese,  quale  saldo  passivo, alla data del 7 agosto
  1998,  del  c/c  n. 569,  dalla  stessa  aperto  presso  l'Istituto
  bancario   San   Paolo   di   Torino,   filiale  di  Civitavecchia.
      L'opponente  contestava  l'ammontare  del credito vantato dalla
  banca, essendo stata calcolata la predetta somma senza tenere conto
  degli  accordi  intercorsi tra le parti anche per quanto riguardava
  il  criterio  di  determinazione  degli  interessi.      Alla prima
  udienza  di  trattazione  del 10 novembre 1999 la banca riproponeva
  l'istanza  di  concessione  di  provvisoria  esecuzione del decreto
  ingiuntivo  (gia' formulata in comparsa di costituzione e reiterata
  alla  udienza  di  prima  comparizione e la cui decisione era stata
  rinviata   dall'allora   istruttore   alla   successiva   fase   di
  trattazione);  questo  giudice si riservava di provvedere in ordine
  alla  medesima  istanza  concedendo  alle  parti  termine per note.
      In  quelle  depositate  in  data  10  dicembre 1999 la societa'
  opponente   sollevava   questione  di  legittimita'  costituzionale
  dell'art.  25  comma  2  del  d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342, recante
  modifiche  all'art.  120  del  testo  unico  delle leggi in materia
  bancaria d.lgs. 1o settembre 1993, n. 385, nella parte in cui, dopo
  aver   sancito   che   e'   demandato   al   C.I.C.R.   -  Comitato
  interministeriale  per  il  credito  ed  il  risparmio  - stabilire
  modalita'  e criteri per la produzione di interessi sugli interessi
  nelle  operazioni  poste  in  essere  nell'esercizio dell'attivita'
  bancaria,  di  talche' sia assicurata nei confronti della clientela
  la  stessa  periodicita' nel conteggio degli interessi sia debitori
  che  creditori,  testualmente  prevede  che:          "le  clausole
  relative  alla  produzione  di  interessi sugli interessi maturati,
  contenute  nei  contratti  stipulati  anteriormente  alla  data  di
  entrata  in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed
  efficaci  fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate
  al  disposto  della menzionata delibera, che stabilira' altresi' le
  modalita' e i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le
  clausole  divengono  inefficaci  e  l'inefficacia puo' essere fatta
  valere  solo  dal cliente".     La norma, ad avviso dell'opponente,
  sarebbe  in  contrasto  sia  con  l'art. 76 della Costituzione, non
  contenendo la legge delega (legge 24 aprile 1998, n. 128), in forza
  della  quale  e' stato emanato il decreto legislativo in questione,
  alcun  riferimento  alla  regolamentazione dell'anatocismo, sia con
  l'art.  3  della  Costituzione, dal quale e' desumibile un generale
  principio di ragionevolezza, se ed in quanto si ritenga la norma de
  qua   dotata  di  efficacia  retroattiva,  non  sussistendo  motivi
  razionali   che   giustifichino   tale  diversita'  di  discipline.
      Osserva   il   giudice   che   la   questione  di  legittimita'
  costituzionale,  nei  termini  in  cui  e'  stata  prospettata,  e'
  rilevante  nel  presente  giudizio non solo ai fini della decisione
  sulla  domanda  giudiziale, ma anche per provvedere sulla richiesta
  di  concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo
  opposto  formulata  dall'Istituto  bancario  San  Paolo,  e  non e'
  manifestamente   infondata.      Sotto  il  primo  profilo  devesi,
  infatti,  rilevare  che,  sebbene  la norma denunciata presenti una
  formulazione  equivoca  e non contenga un'espressa previsione della
  retroattivita'  delle  disposizioni in essa contenute, tuttavia ben
  puo'  essere  interpretata  in  tal  senso,  ovvero  nel  senso  di
  prevedere   la   validita'   e  l'efficacia  delle  clausole  sulla
  capitalizzazione  degli  interessi contenute ne contratti stipulati
  anteriormente  all'entrata in vigore del decreto legislativo e fino
  all'adozione  della  delibera da parte del C.I.C.R. (che allo stato
  non risulta ancor intervenuta).
    Emerge,  invero, dall'esegesi del testo normativo che la volonta'
  del  legislatore  e' stata quella di affermare e sancire ex lege la
  validita'  e  l'efficacia di "vecchie" clausole e convenzioni sulla
  capitalizzazione  degli  interessi  che, alla luce della disciplina
  vigente  all'epoca  della  loro stipulazione, erano invalide e tali
  sono  state  dichiarate  dalla  Corte  di  cassazione, in quanto in
  contrasto   con   il  disposto  dall'art. 1283  c.c.  (cfr.:  Cass.
  12507/1999;  Cass.  3096/1999;  Cass.  2374/1999;  Cass. 1417/1998;
  Cass.  1252/1998).  Tale norma imperativa vieta che, in mancanza di
  usi  contrari, gli interessi scaduti producano interessi, salvo che
  intervenga   una   convenzione  posteriore  allo  loro  scadenza  e
  sempreche' si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.
    Orbene,    poiche'   nella   presente   controversia   viene   in
  considerazione  un  contratto  di conto corrente stipulato in epoca
  antecedente  all'entrata  in  vigore del citato decreto legislativo
  (31   luglio   1992)   e   tale   contratto   prevede  (art. 7)  la
  capitalizzazione  trimestrale  degli interessi passivi, rectius sui
  saldi  passivi,  la  questione di legittimita' costituzionale della
  norma  di  cui  all'art. 25 citato, laddove sancisce la validita' e
  l'efficacia   di  simili  clausole,  e'  rilevante  ai  fini  della
  decisione  che  questo  giudice  deve assumere. Invero, per effetto
  della  disciplina  con  esso  introdotta  le  clausole contrattuali
  suddette  (anche  stipulate anteriormente all'entrata in vigore del
  decreto  legislativo  in esame) sono pienamente valide ed efficaci,
  sicche'  sussisterebbero  tutti  i  presupposti  per  accedere alla
  richiesta di provvisoria esecuzione.
    A  diverse  conclusioni dovrebbe, invece, pervenirsi qualora tale
  piu'  recente  disciplina  sia  ritenuta  in contrasto con la Carta
  costituzionale:  infatti,  sulla  scorta  del riferito orientamento
  giurisprudenziale,  la clausola relativa all'anatocismo e' nulla e,
  quindi,  mancherebbero  i  presupposti  per disporre la provvisoria
  esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
    Questa, d'altro canto, neppure potrebbe essere limitata alla sola
  sorte,   ritenendo   questo  giudice  che  debba  essere  condiviso
  l'orientamento  giurisprudenziale  e  dottrinale secondo cui non e'
  consentita   la   provvisoria   esecuzione  parziale  (cfr.:  Cass.
  2549/1976;  nella  giurisprudenza di merito v.: trib. Pistoia, ord.
  12 ottobre 1994; trib. Milano, ord. 30 giugno 1994; trib. Macerata,
  ord.  12  febbraio 1993; trib. Torino, ord. 25 febbraio 1992; trib.
  Napoli, ord. 27 marzo 1991).
      Quanto al secondo profilo, ovvero la non manifesta infondatezza
  della  questione,  a parere di questo giudice, il piu' volte citato
  art. 25 viola il disposto dell'art. 76 della Costituzione in quanto
  il  decreto  legislativo  n. 342  del  1999  e'  stato  emanato  in
  attuazione  delle  delega di cui all'art. 1, comma 5 della legge 24
  aprile   1998,   n. 128   che   delegava   il  Governo  ad  emanare
  "disposizioni  integrative  e correttive del decreto legislativo 1o
  settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni, nel rispetto dei
  principi e dei criteri direttivi e con l'osservanza della procedura
  indicati nell'art. 25 della legge 19 febbraio 1992, n. 142".
    Ebbene in tale norma non era contenuto alcun principio o criterio
  direttivo attinente la materia dell'anatocismo. Ne', d'altro canto,
  alcuna direttiva in tal senso al legislatore delegato era contenuta
  nella legge n. 128 del 1998.
    Tale  delega  concerneva  solo  il  potere del Governo di emanare
  disposizioni  integrative  e correttive del testo unico bancario di
  cui  al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, non anche la
  possibilita'  di  derogare  retroattivamente  al disposto dell'art.
  1283  c.c.,  ne'  quella  di far dipendere dalle determinazioni del
  Comitato  Interministeriale  per  il  Credito  ed  il  Risparmio la
  validita'    e   l'efficacia   delle   clausole   sugli   interessi
  anatocistici.
    La  norma  denunciata,  inoltre,  in  quanto  dotata di efficacia
  retroattiva,  come  sopra detto, viene ad introdurre una disciplina
  diversificata  di  situazioni del tutto identiche che non ha alcuna
  razionale  giustificazione  e  si  appalesa, sotto tale profilo, in
  contrasto anche con l'art. 3 della Costituzione.
    Questo  giudice  rileva  un  ulteriore  profilo di illegittimita'
  costituzionale  del piu' volte citato art. 25, comma 2 in relazione
  al medesimo art. 3 della Costituzione.
    La   disposizione  de  qua  invero,  introduce  un'ingiustificata
  disparita'   di   trattamento  tra  coloro  che  in  passato  hanno
  contrattato   con   banche,   i  quali  in  forza  dell'innovazione
  legislativa  non possono avvalersi della nullita' consequenziale ai
  divieto  di  cui  all'art. 1283 c.c., tuttora vigente, e coloro che
  invece  hanno  sottoscritto  clausole  relative  alla produzione di
  interessi  sugli interessi con soggetti rispetto ai quali non trova
  applicazione il testo unico in materia bancaria.
    La   stessa   deroga   al  principio  di  cui  all'art. 11  delle
  disposizioni  sulla  legge  in  generale,  in  quanto  disposta  in
  relazione a norme di diritto sostanziale ed applicata solo rispetto
  a  talune categorie di rapporti caratterizzati dalla presenza di un
  contraente  "forte"  quale  la banca, si sostanzia nella violazione
  del principio di uguaglianza.