LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1983/1998 depositato il 3 novembre 1998, avverso cart. pagamento n. 203763206 - I.R.P.E.F. + I.L.O.R. '91, contro imposte dirette di Milano, I ufficio, proposto da: Spreafico Laura, residente a Milano, in via Lanzone n. 39, difeso dall'avvocato Isidoro Campisi, residente a Milano, in via Passione n. 8; Ritiene la commissione di sollevare di ufficio la questione di incostituzionalita' dell'art. 46 comma 3 d.lgs 546/1992, nella parte in cui dispone che "le spese del giudizio estinto a norma del comma 1 restano sempre a carico della parte che le ha anticipate". Cio' in violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3, della Costituzione, con riguardo al tertium comparationis dato dall'art. 44, stesso decreto, in base al quale in caso di rinuncia al ricorso il processo si estingue ma "il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti". Trattasi di un profilo non esaminato nella precedente sentenza della Corte costituzionale 19 marzo 1998, n. 53, e pertanto ammissibile giusta il costante orientamento della stessa Corte. Quanto alla rilevanza si ritiene la stessa sussistente, in quanto da in lato si impone la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, avendo l'ufficio proceduto allo sgravio integrale della cartella di pagamento, e dall'altro il contribuente chiede la liquidazione delle spese, che la legge pero' non riconosce, salvo che non si ritenga incostituzionale. Nel merito la questione appare non manifestamente infondata. Alla luce della particolare prospettazione, qui per la prima volta adombrata, dovrebbe invero ritenersi superato quel passo della motivazione della sentenza citata in cui si afferma che "la obbligatorieta' della compensazione delle spese e' prevista in ogni caso di cessazione della materia del contendere, venendo sotto questo profilo le parti del processo tributario poste sullo stesso piano". Invero dal confronto, non esaminato in quella occasione, con l'art. 44, emerge chiaramente come le due situazioni siano speculari, in quanto l'art. 44, provvede per il caso che sia il contribuente a rinunciare al ricorso, laddove l'art. 46, provvede per il caso che sia l'amministrazione a recedere dalle sue posizioni. Ne' va dimenticato che l'atto impositivo ha processualmente la stessa natura del decreto ingiuntivo, in cui attore in senso sostanziale e' il ricorrente, mentre l'opponente e' attore solo in senso formale. E conseguentemente l'attore in senso sostanziale deve comunque provare la sua domanda, proprio come e' ritenuto costantemente nel processo tributario, in cui e' pacifico ormai che l'onere della prova del fatto costitutivo incombe all'ufficio. In ogni caso l'art. 46, a parte i casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge, richiamando ogni altro caso di cessazione della materia del contendere si riferisce residualmente ai casi di rinuncia dell'ufficio a far valere la pretesa tributaria originariamente radicata. A queso punto la disparita' di trattamento appare evidente, e non sembra giustificata dalla posizione della pubblica amministrazione, che sul piano processuale e' sicuramente paritaria, non potendo definirsi parte pubblica, come in contesto penale e' stato ritenuto per il pubblico ministero. Ne' possono valere sul piano processuale giustificazioni attinenti alla posizione sostanziale della pubblica amministrazione, come l'esigenza di provvedere alle spese pubbliche.