IL TRIBUNALE Il giudice dell'udienza preliminare dott. Francesco Antoni, nell'esercizio del potere previsto dall'art. 23, comma 3 della Legge 11 marzo 1953, n. 87. Ha emesso la seguente ordinanza: 1. - Il presente processo si celebra, nelle forme previste per il giudizio abbreviato, nei confronti di Giuseppe Madonia, imputato di concorso - in qualita' di mandante - negli omicidi pluriaggravati (ai sensi degli artt. 112, n. 1 c.p. e 577, n. 3 c.p.) in danno di Angelo Capizzi, commesso in Riesi (Caltanissetta) il 28 maggio 1983, e in danno di Antonio Di Cristina, commesso in Riesi (Caltanissetta il 7 settembre 1987, nonche' nei confronti di Calogero Riggio, imputato del reato di concorso, quale esecutore materiale, del solo omicidio in danno di Antonio Di Cristina. Prima che abbia inizio la discussione, questo giudice ha inteso procedere ad una verifica preventiva circa la conformita' alla Carta costituzionale delle norme di cui potra' essere fatta applicazione in esito al presente giudizio, nei limiti in cui cio' gli e' consentito dall'art. 1 della Legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dall'art. 23, comma 3 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 2. - A tale riguardo, nulla si deve rilevare per il caso in cui uno o entrambi gli imputati dovessero andare assolti dalle rispettive imputazioni; allo stesso modo, non sorgerebbero problemi di sorta qualora il giudizio eventualmente conducesse alla condanna dell'imputato Calogero Riggio, ovvero, a quella dell'imputato Giuseppe Madonia per uno solo dei reati per i quali e' imputato. Invece, appare problematico il caso in cui fosse ritenuta la responsabilita' dell'imputato Giuseppe Madonia e ritenuta irrogabile la pena dell'ergastolo per entrambi i reati, perche' sulla pena determinata alla stregua dell'art. 72 c.p. si dovrebbe applicare la riduzione premiale per il rito abbreviato prevista dall'art. 442, comma 2 c.p.p. nel testo novellato dalla legge 16 gennaio 1999, n. 479. In particolare, se fosse esclusa la sussistenza della continuazione, verrebbe applicato il primo comma dell'art. 72 c.p.; in caso contrario, ove l'aumento della pena base inflitto per la continuazione con il reato satellite fosse superiore a cinque anni di reclusione, verrebbe applicato il secondo comma della norma citata: in entrambi i casi la pena verrebbe fissata nell'ergastolo con l'isolamento diurno per un periodo di tempo determinato. Sulla pena cosi' determinata si dovrebbe poi applicare la riduzione premiale: l'art. 442, comma 2 c.p.p., pero', fa riferimento alla pena dell'ergastolo - prevedendone la sostituzione con la reclusione di anni trenta -, mentre per tutte la altre pene prevede la riduzione di un terzo; non e' espressamente stabilita, invece, la riduzione premiale da applicarsi alla pena dell'ergastolo irrogata con l'isolamento diurno. 3. - Nel nostro ordinamento la pena dell'ergastolo e' stata introdotta, per i delitti piu' gravi, dal codice penale del 1889; tale pena veniva eseguita in speciali stabilimenti, con la segregazione cellulare continua per i primi sette anni, ovvero per i primi dodici in caso di concorso di reati, e con l'obbligo al lavoro; decorso tale periodo, l'ergastolano veniva ammesso al lavoro con gli altri detenuti. L'istituto in esame e' stato adeguato ai principi della Costituzione repubblicana con la legge 25 novembre 1962, n. 1634. Riguardo alla funzione che l'isolamento diurno previsto dall'art. 72 c.p. esplica nel nostro ordinamento giuridico, la Corte costituzionale - chiamata a verificare la compatibilita' di tale istituto con l'art. 27, terzo comma Cost. - ha chiarito che esso "... opera unicamente come sanzione per i delitti commessi in concorso con quello punito con l'ergastolo: delitti per i quali la pena per ciascuno stabilita... non sarebbe applicabile, in quanto il delitto col quale essi concorrono gia' importa la pena dell'ergastolo..." (Corte costituzionale, sent. n. 115 del 22 dicembre 1964). Nella medesima pronuncia la consulta ha sottolineato anche l'autonomia dell'isolamento diurno rispetto alla pena alla quale accede, perche' - a differenza dell'istituto della segregazione cellulare continua previsto dal codice penale del 1889 - esso non sarebbe piu' una modalita' di esecuzione dell'ergastolo. Sotto tale profilo, infatti, la Corte ha rilevato che l'odierna funzione dell'isolamento diurno come sanzione per i reati concorrenti "... segna un netto distacco rispetto alla corrispondente misura del codice del 1889. Questo codice, infatti sotto la denominazione di segregazione continua, prevedeva l'isolamento, oltre che come autonoma sanzione per i casi di concorso di reati (art. 84), anche come contenuto e modalita' di esecuzione della pena dell'ergastolo, sottoponendo il condannato all'ergastolo... alla segregazione cellulare continua per la durata di ben sette anni ...". Dopo tale pronuncia, cui si e' adeguata la Corte di cassazione (cfr. Cass., sez. I, 28 febbraio 1980, D'Angelo, in: Cassazione Penale, 1982, 267), si sono registrati apprezzamenti critici da parte della dottrina circa la natura giuridica che dal giudice delle leggi era stata riconosciuta all'istituto dell'isolamento diurno. Invero, e' stato osservato da alcuni che l'isolamento diurno non sarebbe qualificabile alla stregua di pena, non essendo tale istituto contemplato nel catalogo dettato dagli articoli 17 e ss. c.p. e venendo anzi tradizionalmente considerato quale modalita' di esecuzione della pena dell'ergastolo: tale assunto sarebbe avvalorato anche da quanto disposto dall'art. 184 c.p., il quale confermerebbe la natura vicaria dell'isolamento diurno rispetto alla pena dell'ergastolo cui accede. 4. - Sono condivisibili - a parere dello scrivente - le notazioni critiche da ultimo esposte, riguardo alla natura giuridica dell'istituto. Peraltro, va notato che la motivazione della sentenza n. 115 del 1964, pur muovendo dal presupposto che l'isolamento diurno sia sanzione penale, ha incentrato il suo argomentare sulla funzione che il medesimo riveste nell'ordinamento, e quanto esplicitato a questo proposito merita di essere condiviso. Pertanto, pur dovendosi ritenere che l'isolamento diurno previsto dall'art. 72 c.p. costituisca una modalita' di esecuzione della pena dell'ergastolo volta a inasprirne l'afflittivita', al contempo deve venire riconosciuta anche la sua funzione eminentemente retributiva. Cio' vale anche a distinguere l'istituto in esame da quello contemplato - con finalita' afferenti al trattamento penitenziario - dall'art. 33 della legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel medesimo senso milita il tenore della relazione del guardasigilli al progetto definitivo del Libro I del vigente codice penale, ove si legge che la previsione dell'art. 72 c.p. "... si giustifica con la necessita' di evitare che le pene piu' gravi possano costituire per il condannato una specie di viatico alla delinquenza iterata ...". 5. - Cio' posto, dovendosi applicare la riduzione premiale prevista per il rito abbreviato alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno - in virtu' dell'art. 442, secondo comma c.p.p., cosi' come novellato dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 - la pena principale verrebbe sostituita con quella della reclusione di anni trenta, la quale pero' non potrebbe venire accompagnata dall'isolamento diurno. Invero, l'applicazione dell'isolamento diurno congiuntamente a siffatta pena detentiva potrebbe apparire giustificata dalla circostanza che, per effetto delle norme di favore dettate per il rito abbreviato, la pena di anni trenta di reclusione, per volonta' del legislatore, non e' ulteriormente inaspribile, cosi' come non e' concretamente aggravabile - perche' perpetua - la pena dell'ergastolo. Ha anche aggiunto che non sussiste un'astratta incompatibilita' strutturale fra la pena detentiva temporanea e l'isolamento diurno e che, ammettendosi la possibilita' di una loro irrogazione congiunta, si conseguirebbe forse un ragionevole punto di equilibrio fra l'esigenza di fare salvo un consistente effetto premiale per la scelta del rito speciale e la necessita' di non disperdere l'effetto retributivo che l'isolamento deve esplicare nei casi previsti dall'art. 72 c.p. Tuttavia, e' evidente che a siffatta conclusione si perverrebbe facendo applicazione analogica dell'art. 72 c.p. a un caso testualmente non previsto, ossia compiendo un'operazione ermeneutica espressamente vietata dall'art. 14 disp. prel. cod. civ. e, sia pure implicitamente, impedita anche dal principio affermato dall'art. 25, secondo comma Cost. Di conseguenza, alla luce dell'ordinamento vigente - in particolare, del combinato disposto dell'art. 72 c.p. e dell'art. 442, secondo comma c.p.p. - al giudice non e' consentito infliggere, in esito al giudizio abbreviato, la pena della reclusione di anni trenta insieme con l'isolamento diurno, perche' vi osta la mancanza di una previsione espressa in tal senso. Si deve escludere pero' che il legislatore, novellando il codice di rito con la legge 16 dicembre 1999, n. 479 e prevedendo la celebrazione del rito abbreviato anche per i reati astrattamente puniti con l'ergastolo, abbia inteso consentire la definizione del processo con tale rito nei soli casi in cui all'imputato venga contestato un solo fatto-reato punibile con la pena perpetua: in primo luogo, una siffatta limitazione potrebbe discendere soltanto da un'espressa disposizione di legge; comunque, a tale conclusione non si potrebbe giungere per via interpretativa, perche' l'intendimento del legislatore pare essere stato di segno opposto, rivolto cioe' a incentivare per quanto possibile l'introduzione del rito speciale. Pertanto si deve concludere che, non potendosi infliggere l'isolamento diurno - nei casi previsti dall'art. 72 c.p. - in esito ai giudizio abbreviato, il giudice non potrebbe applicare altro che la pena di anni trenta di reclusione, quale che sia il numero dei reati punibili con l'ergastolo per i quali egli ritenga di dovere affermare la responsabilita' dell'imputato. Pero' tale conclusione, l'unica che a parere di questo giudice potrebbe discendere dall'applicazione delle norme citate, contrasta con il dettato costituzionale. 6. - In primo luogo, l'applicazione del combinato disposto dell'art. 442, secondo comma c.p.p. e dell'art. 72 c.p. nei termini appena delineati viola l'art. 3, della Costituzione, giacche' tali norme importano l'inflizione della medesima sanzione penale, tanto all'imputato condannato per un solo delitto punito con l'ergastolo, quanto all'imputato del quale invece viene affermata la responsabilita' per piu' delitti che comportano la condanna alla pena perpetua. Tale parita' di trattamento sanzionatorio appare irragionevole, perche' applicata a situazioni soggettive obbiettivamente diverse (cfr. le sentenze della Corte costituzionale n. 53 del 1958 e n. 15 del 1960), e ingiustificata, non conseguendo da un apprezzamento sulla meritevolezza di pena compiuto dal giudice ai sensi dell'art. 133 c.p., bensi' dipendendo unicamente dal non perfetto coordinamento delle nuove norme del codice di rito con quelle del capo III del Libro I del codice penale. Sotto tale profilo va anche ricordato che la Corte costituzionale ha affermato che "... il principio di eguaglianza esige che la pena sia proporzionata al fatto commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia, nel contempo, alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali" (Corte costituzionale, sent. n. 199 del 1982), potendo la valutazione del legislatore venire sindacata dalla Corte quando la stessa si dimostri palesemente irrazionale o non sia sorretta da una qualche giustificazione di ordine logico e razionale. Inoltre, l'applicazione del combinato disposto dell'art. 442, secondo comma c.p.p. e dell'art. 72 c.p. conduce alla violazione dell'art. 112 della Costituzione perche', pur in presenza di un effettivo riconoscimento della responsabilita' penale dell'imputato, per tutti i reati punibili con l'ergastolo successivi al primo sarebbe preclusa l'inflizione di qualunque sanzione penale e anche di quel minimum di afflizione che conseguirebbe dall'irrogazione dell'isolamento diurno. Invero, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. sent. n. 84 del 1979), l'art. 112 Cost. impone "... una reale parita' di trattamento sul campo del magistero punitivo": peraltro, non sarebbe sufficiente che la garanzia di uguaglianza operi solo nel momento in cui l'indiziato e' tratto davanti al giudice, ovvero che la stessa venga riferita soltanto all'atto genetico del processo, occorrendo invece che, fin dal momento in cui insorge un fatto penalmente rilevante, vi sia la piena certezza della sua perseguibiita'. Inoltre, va ricordato che autorevole dottrina ha direttamente ricollegato l'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale alla stessa obbligatorieta' della norma penale per tutti i consociati. A tale stregua, non dovrebbe essere consentito dall'ordinamento che, con un atto meramente potestativo, l'imputato possa vanificare ogni conseguenza che la legge riconnetta al riconoscimento della sua responsabilita' per uno o piu' reati. 7. - Fermo restando che non si intende anticipare in questa sede la valutazione in ordine alla responsabilita' di alcuno degli imputati, va notato che il presente giudizio - nei confronti pero' del solo imputato Giuseppe Madonia - non puo' venire definito indipendentemente dalla risoluzione della questione sopra evidenziata, apparendo che - nel caso fosse affermata la penale responsabilita' del medesimo per entrambi i reati punibili con l'ergastolo - necessariamente dovrebbe farsi applicazione delle norme sopra citate e sospette di illegittimita' costituzionale. Per le ragioni sopra indicate, questo giudice ritiene non manifestamente infondata l'esposta questione di legittimita' costituzionale. Pertanto, va preventivamente disposta la separazione della posizione processuale dell'imputato Giuseppe Madonia - il solo per il quale la questione e' da ritenersi rilevante - e la formazione, a cura della Cancelleria, di autonomo fascicolo processuale. Il relativo processo deve venire sospeso e gli atti immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, per la risoluzione della questione. Va ordinata altresi', a cura della cancelleria, la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai Presidenti delle Camere. Viceversa il presente giudizio deve proseguire nei confronti dell'imputato Calogero Riggio.