IL TRIBUNALE

    Sciogliendo   la   riserva   che   precede   esaminati  gli  atti
  dell'incidente di esecuzione n. 16/2000 sentite le parti:
                           O s s e r v a:
    Pucci  Varo  lamenta  il  mancato  rispetto  da  parte  dell'ente
  incaricato  della  riscossione  della  rateizzazione disposta nella
  sentenza del pretore di Firenze, addetto alla sezione distaccata di
  Empoli  il 23 marzo 1998 irrevocabile dal 15 aprile 1998 emessa nei
  confronti  di  Pucci  Varo  ai  sensi dell'art 444 codice procedura
  penale.
    Nelle   more   processuali   e'  entrato  in  vigore  il  decreto
  legislativo  30  dicembre  1999 n. 507 che agli articoli 28 e 29 ha
  depenalizzato  la  fattispecie  criminosa ascritta a Pucci Varo. La
  sentenza di condanna deve pertanto essere revocata perche' il fatto
  non e' piu' previsto dalla legge come reato.
    Deve  comunque  esaminarsi la questione proposta da Pucci Varo in
  quanto l'art. 101 decreto legislativo 30 dicembre 1999 n. 507 comma
  1   dispone  che  in  caso  di  procedimenti  penali  definiti  con
  provvedimento   (sentenza  o  decreto)  irrevocabili,  il  .giudice
  dell'esecuzione  revochi  la  sentenza  di condanna ma al comma due
  prevede  che  le  multe  e  le  ammende  inflitte  vengano comunque
  riscosse,  unitamente alle spese processuali con l'osservanza delle
  norme sull'esecuzione delle pene pecuniarie.
    Preliminarmente  appare  necessario  esaminare le disposizioni di
  cui  agli  articoli  100  e 101 decreto legislativo 30 dicembre 199
  n. 507  alla  luce della normativa costituzionale ed in particolare
  in   base   al   principio   di   eguaglianza  sancito  dall'art  3
  Costituzione.
    Come  sopra  evidenziato la norma in oggetto dispone che nel caso
  di condanna a pena pecuniaria (deve ritenersi anche nel caso in cui
  la  stessa  sia  frutto  di  conversione ai sensi dell'art 53 legge
  689/1981)  la  sanzione  pecuniaria  irrogata debba comunque essere
  corrisposta,  nonostante  l'abrogazione  del  reato di emissione di
  assegni senza autorizzazione o senza provvista.
    Al  contrario  in caso di condanna a pena detentiva (che peraltro
  doveva  essere  irrogata nei casi di maggiore gravita') la pena non
  puo'  essere  eseguita  e  non  puo'  essere  neppure  applicata la
  sanzione  amministrativa prevista dal decreto legislativo 507/1999.
  l'art.  100  della  legge  infatti dispone che "le disposizioni del
  presente  decreto legislativo che sostituiscono sanzioni penali con
  sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse
  anteriormente  alla  data  di entrata in vigore del decreto stesso,
  sempre  che  il  procedimento  penale  non  sia  stato definito con
  sentenza o con decreto divenuti irrevocabili".
    L'inevitabile conseguenza (non apparendo possibile alcuna diversa
  interpretazione  normativa)  e'  che nessuna sanzione al momento e'
  prevista  nei  confronti di soggetti condannati a pena detentiva (e
  pertanto  ritenuti maggiormente pericolosi e comunque meritevoli di
  sanzione  piu'  grave dal giudice penale con sentenza irrevocabile)
  mentre   i  soggetti  condannati  a  pena  pecuniaria  (e  pertanto
  considerati  dal  giudice  meno  pericolosi e meritevoli di pena di
  minore  gravita')  sono comunque tenuti al pagamento della sanzione
  originariamente irrogata.
    Ancor  piu' evidente appare essere la disparita' di trattamento e
  l'illogicita'  della  normativa  in  oggetto  nel  caso  di persona
  condannata  a  pena detentiva che abbia ottenuto il beneficio della
  conversione  in  pena  pecuniaria  e  che pertanto si trova a dover
  pagare  la  sanzione  mentre nessuna sanzione avrebbe dovuto subire
  nel caso in cui non fosse stata ritenuta meritevole del beneficio.
    La  disparita'  di  trattamento  tra  i condannati per i reati di
  emissione  di assegni senza autorizzazione o senza provvista a pena
  detentiva  e quelli condannati a pena pecuniaria o a pena detentiva
  convertita    appare    di    tutta   evidenza   ed   assolutamente
  ingiustificabile  (trattandosi  di persone condannate per lo stesso
  reato)   e   appare   essere   in   contrasto  con  l'art. 3  della
  costituzione.
    La  questione  sopra  evidenziata  appare  essere  rilevante  nel
  giudizio   in   corso   in   quanto,   ove  venisse  dichiarata  la
  incostituzionalita'  della  normativa in oggetto, verrebbe a cadere
  il  presupposto (potere di riscossione) della esecuzione in corso e
  che deve pertanto essere sospesa.