IL GIUDICE DI PACE
    Letti   gli  atti  della  causa  R.G.  n. 652/99  tra  Arcicaccia
  federazione   provinciale   di   Ancona   in   persona  del  legale
  rappresentante      pro-tempore,     rappresentato     e     difeso
  dall'avv. Saverio  A.  Catanzariti  e  presso di lui domiciliato in
  Ancona, via Piave n. 13 per delega in atti, attore;
    Contro  ATC - Ambito territoriale di caccia - Ancona 2 in persona
  del  presidente  del  comitato  di gestione, rappresentato e difeso
  dall'avv. Maurizio Discepolo e presso di lui domiciliato in Ancona,
  via  Matteotti  n. 9  come  da mandato al margine della comparsa di
  costituzione  e  risposta,  convenuto;  nonche'  regione  Marche in
  persona   del  presidente  della  giunta,  rappresentato  e  difeso
  dall'avv. Franco  Gentili,  via Palestro n. 19, Ancona, chiamata in
  causa.
    Con  atto  di  citazione notificato in data 11 agosto 1999 l'Arci
  Caccia,  federazione  provinciale  di Ancona, in persona del legale
  rappresentante,  conveniva  in  giudizio il sig. Adriano Staffolani
  nella qualita' di presidente dell'associazione "A.T.C. Ancona 2".
    L'attore  esponeva  che l'A.T.C. Ancona 2 in sede di approvazione
  del proprio statuto non ha tenuto conto delle percentuali stabilite
  dalla  legge n. 157/1992 relativamente al numero dei rappresentanti
  delle  varie  organizzazioni e per tali motivi concludeva chiedendo
  "in  via  pregiudiziale  dichiarare non manifestamente infondata la
  questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge
  regionale    n. 7/1995   per   contrasto   con   l'art. 117   della
  Costituzione, in quanto non tiene conto delle percentuali stabilite
  dalla legge n. 157/1992.
    Nel  merito,  accertata  la  responsabilita'  ex  art. 2043  c.c.
  del1'associazione A.T.C., condannare il presidente e rappresentante
  legale  Staffolani  Adriano  ex  art. 41  c.c. a risarcire il danno
  subito  dalla associazione venatoria attrice quantificato in lire 5
  milioni oltre interessi maturati e maturandi e comunque entro e non
  oltre la competenza adita con espressa rinuncia all'eccedenza".
    Resiste  la  parte convenuta che nella comparsa di costituzione e
  risposta   chiede   il  rigetto  dell'eccezione  di  illegittimita'
  sollevata chiedendo altresi' l'estromissione dal giudizio A.T.C.-AN
  "che  comunque  ha  ottemperato  a  precipue disposizioni normative
  regionali";  chiedeva  inoltre  la  chiamata in causa della regione
  Marche.
    All'udienza  del 10 febbraio 2000 si costituiva la regione Marche
  chiedendo l'estromissione dello stesso ente dal giudizio precisando
  inoltre  che la legge regionale n. 7/1995 "ha pienamente rispettato
  il dettato normativo della legge 11 febbraio 1992 n. 157".
    La  legge  dello  Stato  n. 157  dell'11  febbraio  1992 reca una
  normativa   di  principio  volta  a  tutelare  la  fauna  selvatica
  omeoterma,   quale  patrimonio  indisponibile  dello  Stato,  ed  a
  consentire il prelievo venatorio, purche' tale attivita' non sia in
  contrasto  con l'esigenza di conservazione delle specie faunistiche
  presenti  su tutto il territorio nazionale e non arrechi danno alle
  produzioni agricole.
    L'art.   117,  1o  comma  della  Costituzione,  attribuisce  alle
  regioni,  sia a statuto ordinario che a statuto speciale, il potere
  di  legiferare  in  concorrenza con la legge dello Stato, ossia nel
  rispetto dei principi dettati dalla legge-cornice.
    Tale  potesta'  legislativa,  detta  concorrente  o bipartita, si
  distingue  da  quella  integrativa  ed  attuativa  attribuita  alle
  regioni  dal  successivo  secondo  comma della norma costituzionale
  citata.
    Mentre  la  potesta'  bipartita  o  concorrente  e'  esercitabile
  nell'ambito  delle materie elencate nella prima parte dell'art. 117
  della  Costituzione,  tra  le  quali  anche  la caccia, la potesta'
  integrativa  ed  attuativa non ha limiti per materia e necessita di
  un'apposita  legge  dello  Stato che, posti i principi informatori,
  preveda  l'ammissibilita'  di un intervento regionale che li attui,
  ovvero lasci norme in bianco da integrare secondo le esigenze della
  regione demandata a tale compito.
    La  legge  dello  Stato  n. 157 dell'11 febbraio 1992 contiene le
  norme  generali  che regolano la protezione della fauna omeoterma e
  l'esercizio  venatorio. Tale legge all'art. 1, demanda alle regioni
  a  statuto ordinario l'emanazione di norme e successivi regolamenti
  di   attuazione   dei   principi  generali  stabiliti  dalla  legge
  n. 157/1992 e nel rispetto delle convenzioni internazionali e delle
  direttive comunitarie.
    La  stessa  norma  inoltre  prevede  la  costituzione  di  organi
  direttivi  preposti  alla gestione degli ambiti territoriali ove e'
  ammessa  l'attivita'  venatoria  e  demanda inoltre alle regioni la
  disciplina specifica e dettagliata circa gli organi territoriali di
  gestione (A.T.C.); in particolare all'art. 14, comma 10, stabilisce
  un criterio inderogabile di composizione degli stessi: negli organi
  direttivi,   si  dice,  deve  essere  assicurata  la  presenza  dei
  rappresentanti  delle organizzazioni professionali agricole e delle
  associazioni  venatorie in misura pari al 60%, riservando un 20% ai
  rappresentanti  delle  associazioni ambientali e il restante 20% ai
  rappresentanti  degli  enti  locali;  la  regione Marche in data 5
  gennaio 1995 emanava la legge regionale n. 7.
    Tale  disposto  normativo,  agli  artt. 17  e 18, si occupa della
  costituzione  degli  organi  degli  Ambiti  territoriali  di caccia
  (A.T.C.),  definendo i quattro organi che governano ciascun ambito,
  sottoindicati:    a)    l'assemblea    dei   rappresentanti   delle
  associazioni,  b)  il presidente, c) il comitato di gestione, d) il
  collegio dei revisori dei conti.
    Il  problema  sorge  quando  la legge regionale al citato art. 18
  disattende  il  dettato  della  legge  statale  n. 157/1992 circa i
  criteri  inderogabili  di composizione dei comitati direttivi degli
  ambiti  territoriali  di  caccia  e  cioe'  prevede  la presenza di
  rappresentanti nel modo di seguito evidenziato:
        a) un rappresentante della provincia;
        b) un rappresentante del comune;
        c) un rappresentante delle comunita' montane;
        d)  tre  rappresentanti  delle  organizzazioni  professionali
  agricole;
        e) tre rappresentanti delle organizzazioni venatorie;
        f) due rappresentanti delle organizzazioni protezionistiche.
    E'  subito  evidente come siano stati oltrepassati i limiti della
  delega conferita alle regioni con legge statale.
    La  piu'  volte citata legge n. 157/1992 indica le percentuali da
  rispettare,  mentre  la  legge regionale stabilisce anche il numero
  degli  aventi  titolo  a far parte del comitato di gestione, per un
  totale di 11 componenti.
    E'  innanzitutto  da osservarsi che con tale indicazione numerica
  non  e'  soddisfatto  il dettato della legge n. 157/1992 perche' il
  30% di 11 equivale a 3,3 rappresentanti di associazioni venatorie e
  3,3  rappresentanti di associazioni agricole, il 20% di 11 equivale
  a   2,2   rappresentanti   di   associazioni  ambientaliste  e  2,2
  rappresentanti degli enti locali.
    Ancora,  e  piu' specificatamente, e' da tener presente che oltre
  alla Federazione italiana della caccia, alla Associazione nazionale
  caccia  ed  alla  Enalcaccia  (che  ora  compongono  il  comitato),
  risultano altresi' presenti sul territorio e possono quindi vantare
  legittimamente il diritto a partecipare agli organi direttivi degli
  ambiti  territoriali,  anche  l'Arcicaccia,  l'Italcaccia  e l'Ente
  produzione selvaggina che ne sono state invece escluse, pur essendo
  anch'esse associazioni nazionali riconosciute operanti nel settore.
    Appare  quindi  evidente  che per rispettare il dettato del comma
  10,  dell'art. 14  della  legge  n. 157/1992,  la  legge  regionale
  avrebbe  dovuto  adottare  altri,  piu'  idonei  e non penalizzanti
  criteri di scelta.
    Per   le   considerazioni   sopra   esposte,   si   evidenzia  la
  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 18  della legge regionale
  Marche  n. 7  del  gennaio  1995 con riferimento all'art. 117 della
  Costituzione,  nella  parte  in  cui  quantifica nel numero di 11 i
  componenti  del  comitato direttivo, essendo tale numero non idoneo
  ad assicurare la presenza di tutte le associazioni venatorie che ne
  hanno titolo e quindi in contrasto con la legge n. 157/1992.