ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 17, comma 22,
18, 26 e 64 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante "Misure per
la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica",  promosso con ricorso
della regione siciliana, notificato il 28 gennaio 1998, depositato in
cancelleria  il  2 febbraio  1998  ed  iscritto al n. 11 del registro
ricorsi 1998;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 giugno 2000 il giudice relatore
Valerio Onida;
    Uditi  gli  avvocati  Francesco  Castaldi  e Sergio Abbate per la
regione  siciliana  e  l'avvocato dello Stato Giancarlo Mando' per il
Presidente del Consiglio dei Ministri;

                          Ritenuto in fatto


    1.  -  Con  ricorso  notificato  il  28  gennaio  e depositato il
successivo   2  febbraio  1998,  la  regione  siciliana  ha  proposto
questione  di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 36
dello statuto speciale e alle relative norme di attuazione in materia
finanziaria,  di  cui  all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074,
degli  artt.  17, comma 22, 18, 26 e 64 della legge 27 dicembre 1997,
n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica).
    La   Regione  censura  in  primo  luogo  l'art.  64  della  legge
impugnata,  che  riserva all'erario le entrate derivanti dalla stessa
legge  destinandole a finalita' di risanamento del bilancio statale e
demanda  ad un decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il
Ministro  del  tesoro,  il  compito  di stabilire, ove necessario, le
modalita' di attuazione del medesimo articolo.
    La  ricorrente  osserva  che  la legge impugnata contiene diverse
norme  in materia tributaria che danno luogo ad incrementi di entrata
non  conseguenti ad atti impositivi nuovi o ad aumenti di aliquota di
tributi  esistenti, bensi' a "rimodulazioni" delle basi imponibili di
tributi  esistenti  il  cui  gettito  spetta  alla  Regione,  o  alla
istituzione di imposte sostitutive di altre di spettanza regionale.
    Si  citano  in  proposito  l'art. 14, comma 13, ove si prevede un
piano  straordinario di attivita' finalizzato al completo classamento
delle  unita'  immobiliari,  piano  che secondo la ricorrente sarebbe
volto   al   conseguimento   di maggiori   entrate   imprevedibili  e
indeterminabili;  l'art. 17, che opera da un lato la soppressione del
canone di abbonamento per l'autoradio e della tassa sulle concessioni
governative per le patenti di guida (tributi di spettanza regionale),
e  dall'altro  lato  modifica  i  criteri di tassazione dei veicoli a
motore,   determinando   nuove   entrate   che  verrebbero  riservate
all'erario statale; gli artt. 21, comma 1 (concernente la imposizione
sostitutiva  dei  redditi  di  capitale di fonte estera), 29, comma 2
(concernente  la  imposta  sostitutiva  delle  imposte  sui redditi e
dell'IRAP,  applicata,  in  caso  di  assegnazione ai soci di beni di
societa'  o di trasformazione in societa' semplici delle societa' che
hanno  per oggetto la gestione di detti beni, sulla differenza tra il
valore   normale  dei  beni  assegnati  o  posseduti  all'atto  della
trasformazione e il loro costo fiscalmente riconosciuto), e 30, comma
1   (concernente  la  imposta  sostitutiva  dell'IRPEF,  dell'IRAP  e
dell'IVA  sui  beni  immobili  strumentali  che  vengono  esclusi dal
patrimonio    dell'impresa),   disposizioni,   queste   ultime,   che
istituirebbero imposte sostitutive di altre preesistenti di spettanza
regionale.
    Gli  interventi  disposti  con  tali  norme non darebbero luogo a
nuove entrate tributarie suscettibili di essere riservate allo Stato,
poiche'  tali sarebbero solo le entrate derivanti da tributi di nuova
istituzione  o  da incremento delle aliquote di tributi preesistenti.
Onde  la devoluzione allo Stato dei maggiori proventi derivanti dalle
norme in questione sarebbe illegittima.
    La  ricorrente  lamenta  poi  che l'art. 64 impugnato non indichi
alcun  criterio  per selezionare le nuove entrate da quello che nuovo
non  e',  ma  si  limiti  a rinviare ad un decreto interministeriale,
impedendo  cosi'  il  controllo  sul  corretto  uso della deroga alla
devoluzione  del gettito a favore della Regione, e facendo venir meno
la  prevedibilita'  delle  decisioni  degli  organi ministeriali, con
violazione  del principio della certezza del diritto. Sarebbe inoltre
vulnerato  il  principio di leale collaborazione fra Stato e regione,
per  non  essere  stata  prevista alcuna forma di partecipazione e di
consultazione  della  Regione, essendosi negata sia la partecipazione
del  presidente  della regione al consiglio dei ministri che approvo'
il  disegno  di  legge,  sia  una  partecipazione  della  Regione nel
procedimento    di    determinazione    discrezionale    dell'entita'
dei maggiori proventi riservati allo Stato.

    2. - In secondo luogo la ricorrente censura l'art. 17 della legge
che,  nel  ridisegnare  la  disciplina della tassazione dei veicoli a
motore,  con  abolizione o riduzione contemporanea di alcune imposte,
stabilisce al comma 22 che l'insieme dei provvedimenti previsti dallo
stesso  articolo deve consentire di realizzare maggiori entrate nette
a  favore  del  bilancio dello Stato per almeno 100 miliardi di lire.
Tale  ultima  disposizione sarebbe illegittima in quanto sembrerebbe,
secondo  la  ricorrente, voler apporre una ulteriore riserva a favore
dell'erario  statale,  pur  non  trattandosi nella fattispecie ne' di
nuovi  tributi  ne' di aumento di aliquote, ma di rideterminazione di
base  imponibile o di minori entrate per soppressione di preesistenti
tributi;  e  in  quanto  non  e'  prevista  a  favore  della  regione
siciliana,  come  invece  prevede  il comma 23 dello stesso art. 17 a
favore  della  regione  Sardegna, un trasferimento compensativo della
perdita di gettito derivante dall'abolizione di tributi esistenti.

    3. - In  terzo luogo la Regione lamenta che l'art. 18 della legge
impugnata  -  il  quale  istituisce  una imposta "erariale regionale"
sulle  emissioni  sonore derivanti dal traffico aereo, prevedendo che
il  relativo  gettito  sia  assegnato "allo stato di previsione degli
assessorati  regionali" per essere destinato, con modalita' da questi
ultimi   stabilite,   a  sovvenzioni  e  indennizzi  a  favore  delle
amministrazioni  e  dei  soggetti residenti nelle zone limitrofe agli
aeroscali  - non tenga conto della peculiarita' della struttura della
finanza  regionale  siciliana,  in forza della quale spetterebbe alla
Regione   istituire   il   tributo  in  oggetto  con  propria  legge,
attenendosi ai principi individuati nella legislazione statale.

    4. - Infine  la  ricorrente  censura  l'art. 26  della legge, che
consente ai concessionari dei servizi di riscossione di compiere fino
al  31 dicembre  1998 atti e adempimenti, diretti alla riscossione di
tributi  e  al  rimborso delle somme inesigibili, i cui termini siano
scaduti   al  31 dicembre  1996.  L'esercizio  di  tale  facolta'  e'
condizionato   all'autorizzazione  della  direzione  regionale  delle
entrate  e  al versamento di somme. La Regione lamenta che il comma 3
dell'art.  26,  prevedendo  che  la devoluzione dei proventi erariali
spettanti  alle  regioni  a statuto speciale, ai sensi dei rispettivi
statuti  e  delle  norme  di  attuazione, sia effettuata considerando
anche   le  somme  oggetto  di  versamento  unificato  da  parte  dei
contribuenti,  non  distingua la situazione della regione siciliana e
non  richiami  l'art. 21  del  d. lgs n. 241 del 1997, secondo cui le
somme  riscosse  in  Sicilia  in  forza dei versamenti unificati sono
versate  alla  cassa  regionale  siciliana di Palermo. In tal modo la
disposizione  predetta  violerebbe l'art. 36 dello statuto e l'art. 2
della  norme  di  attuazione  di  cui  al  d.P.R.  n.   074 del 1965,
limitando  arbitrariamente  la  potesta'  di  riscossione dei tributi
spettante alla Regione.

    5. - Si  e'  costituito  in giudizio il Presidente del Consiglio,
chiedendo il rigetto del ricorso.
    In  relazione all'art. 64 della legge, la difesa erariale osserva
che   l'operazione  di  classamento  degli  immobili  non  da'  luogo
all'attribuzione   all'erario   del maggior   gettito,   che  sarebbe
impossibile determinare.
    In  una  successiva  memoria  l'avvocatura  erariale sostiene che
entrate  nuove suscettibili di essere riservate allo Stato sono tutte
quelle  che  trovano la loro fonte in altre disposizioni della stessa
legge,  volte  appunto  a procurare incrementi di gettito; e contesta
che   nella   fattispecie  fosse  prescritta  la  partecipazione  del
presidente  della  regione  siciliana  al  Consiglio dei Ministri che
delibero'  il  progetto  di  legge,  non  sussistendo in argomento un
interesse differenziato della Regione medesima.
    Quanto   all'art. 17,   l'avvocatura   erariale,   nell'atto   di
costituzione,  sostiene  che  la determinazione su basi completamente
nuove  della  tassa  di circolazione sui veicoli a motore da' luogo a
una  nuova  entrata,  mentre  la legge potrebbe sopprimere un tributo
esistente con effetto anche nella regione siciliana.
    Nella  successiva  memoria  si  precisa che non potrebbe derivare
alcuna  lesione  dell'autonomia  finanziaria  della  Regione  da  una
disposizione  che  assicura  la  invarianza  del  gettito delle tasse
automobilistiche,  cosi' escludendo che si dia luogo a nuove entrate;
mentre, per cio' che riguarda il maggior gettito atteso in misura non
inferiore  a  100  miliardi,  esso  riguarderebbe  non  gia' le tasse
automobilistiche,   ma  altre  disposizioni  contenute  nel  medesimo
art. 17,  dirette a procurare maggiori entrate, che vengono riservate
allo  Stato. Ne' la regione siciliana potrebbe lamentare l'assenza di
una  disposizione  che  la  riguardi,  analoga  a quella del comma 23
relativa  alla  regione  Sardegna:  sarebbe inammissibile una censura
ancorata  ad  una  pretesa  disparita'  di trattamento fra regioni; e
comunque  la  disposizione  in esame, relativa alla regione Sardegna,
sarebbe giustificata per il fatto che le entrate di tale Regione sono
costituite  da quote di tributi erariali specificamente indicati, fra
cui  la  abolita  tassa  di  concessione governativa sulle patenti di
guida, mentre alla regione siciliana e' devoluto l'intero gettito dei
tributi  riscossi nel suo territorio, ivi compreso quello delle tasse
automobilistiche, il cui gettito complessivo rimane invariato tenendo
anche  conto  della  abolizione  della  tassa  di  concessione  sulle
patenti.
    In relazione all'art. 18, la memoria del Presidente del Consiglio
sostiene che la imposta sulle emissioni sonore e' un'imposta statale,
istituita  con  carattere  di  uniformita'  per  l'intero  territorio
nazionale,  e  denominata  "regionale" perche' il relativo gettito e'
destinato  ad  essere  utilizzato  secondo  modalita' stabilite dagli
assessorati regionali. Alla Regione spetterebbe invece solo il potere
di  istituire  tributi  propri  in  corrispondenza  alle  particolari
esigenze  della  comunita'  regionale  (art. 6 del d.P.R. n. 1074 del
1965).
    Infine, con riguardo all'art. 26, si osserva nella memoria che la
disposizione  in  esame  concerne  le regioni a statuto speciale e le
province   autonome   il  cui  sistema  finanziario  si  fonda  sulla
devoluzione  di  quote  del  gettito  di tributi erariali; la regione
siciliana,  a  cui  spettano  tutte  le  entrate  tributarie erariali
riscosse  nel  suo  territorio,  salvo  quelle  eccettuate  e  quelle
riservate  allo  Stato,  non  sarebbe  interessata dalla disposizione
medesima. Ne' vi sarebbe stata necessita' di richiamare l'art. 21 del
d.lgs.  n. 241  del  1997, che permane in vigore anche nella parte in
cui  prevede  il  versamento,  da  parte  delle  banche,  delle somme
riscosse alla cassa regionale siciliana.

                       Considerato in diritto


    1. -   La  regione  siciliana  ha  impugnato quattro disposizioni
contenute  nella  legge  27  dicembre  1997,  n. 449  (Misure  per la
stabilizzazione  della finanza pubblica), per contrasto con l'art. 36
dello statuto speciale e con le norme di attuazione di cui all'art. 2
del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.
    Conviene  prendere le mosse dalle censure sollevate nei confronti
dell'art. 64,  e  piu' precisamente del comma 1. Esso dispone che "le
entrate derivanti" dalla medesima legge "sono riservate all'erario" e
sono  destinate  a  finalita'  identificate con formula consueta - di
copertura  degli  oneri  del  debito  pubblico  e di riequilibrio del
bilancio; e che le modalita' di attuazione del medesimo articolo sono
stabilite, ove necessario, con decreto del Ministro delle finanze, di
concerto con il Ministro del tesoro.
    Secondo  la  Regione  ricorrente,  la disposizione sarebbe lesiva
dell'autonomia  finanziaria  ad  essa  spettante,  in  primo luogo in
quanto le entrate derivanti dalla legge impugnata non conseguirebbero
alla  istituzione di nuovi tributi o all'incremento delle aliquote di
tributi  esistenti, ma alla rideterminazione della base imponibile di
tributi  esistenti,  di  spettanza  regionale,  o alla istituzione di
tributi   che   sarebbero  sostitutivi  di  altri  preesistenti  pure
spettanti  alla  Regione.  In  secondo  luogo, l'illegittimita' della
disposizione  discenderebbe  dal fatto che essa non precisa i criteri
di  distinzione fra nuove entrate riservate allo Stato e cio' che non
e'  nuovo,  ma  rinvia  ad  un  decreto  ministeriale,  che  potrebbe
determinare  discrezionalmente  l'entita'  delle  entrate  riservate,
senza   alcuna   partecipazione  della  Regione,  con  cio'  causando
incertezza   per   la  Regione  e  violando  il  principio  di  leale
cooperazione.

    2. - La questione e' fondata nei limiti di seguito precisati.
    Questa  Corte  ha  gia'  avuto occasione di chiarire che clausole
legislative  generiche  come  quella  in  esame,  che  si  limitano a
riservare  all'erario  le  entrate  "derivanti" da altre disposizioni
contenute   negli   stessi  provvedimenti  legislativi  in  cui  sono
contenute,  e cioe' le entrate che trovano in essi la loro fonte, non
comportano   che   si  considerino  come  nuove  entrate  tributarie,
riservate  allo  Stato,  entrate  cui non si debba invece riconoscere
tale carattere, perche' non sono "nuove" nel senso ora detto: onde e'
in sede di applicazione concreta di tali clausole che la Regione, ove
riscontri  che  lo  Stato  pretende di avocare a se' entrate prive di
detto  carattere,  potra'  difendere la propria autonomia finanziaria
dalla   lesione   che   ne   deriverebbe,  attraverso  gli  strumenti
appropriati,  ivi compreso, se del caso, il conflitto di attribuzioni
(sentenza n. 98 del 2000).
    Si  puo' qui aggiungere che, quando la legge comprenda sia misure
accrescitive  delle  entrate ( e cosi' introduzione di nuovi tributi,
aumento  di  aliquote  o  estensione delle basi imponibili di tributi
preesistenti),  sia  misure  destinate invece a ridurre le entrate (e
cosi'  soppressione  di  tributi  esistenti,  riduzione di aliquote o
restrizioni  di  basi  imponibili  di  tributi),  per  nuove  entrate
riservate  allo  Stato  devono  intendersi, nel silenzio della legge,
solo  le maggiori  entrate nette derivanti dalla legge, e dunque solo
le maggiori entrate che eccedono le minori entrate contemporaneamente
derivanti dallo stesso provvedimento. Diversamente, all'aumento delle
entrate per lo Stato farebbe riscontro non gia' come e' conforme alla
ratio   delle   clausole  di  riserva  di  nuove  entrate  all'erario
l'invarianza  del  gettito a favore della Regione, ma una diminuzione
di  quest'ultimo:  il  che  andrebbe al di la' di cio' che prevede la
norma  di  attuazione, quando consente di sottrarre alla Regione, per
riservarlo  a finalita' specifiche dello Stato, il gettito aggiuntivo
di   entrate  tributarie  altrimenti  spettanti  alla  Regione  (cfr.
sentenza n. 198 del 1999, nonche' sentenza n. 49 del 1972).

    3. - Mentre,  dunque,  sotto  questo  profilo la questione non e'
fondata,  e' invece fondata sotto il profilo della mancata previsione
di  una  partecipazione  della  Regione nel procedimento previsto per
l'attuazione  della clausola di riserva. Come la Corte ha affermato a
proposito  di  clausole  legislative identiche a quella qui in esame,
contenute  nella legge n. 662 del 1996 e nel decreto legge n. 669 del
1996,  la  riserva allo Stato di nuove entrate tributarie rappresenta
un  meccanismo  derogatorio, rispetto al principio della attribuzione
alla  Regione  del  gettito  dei  tributi  erariali  riscossi nel suo
territorio,  la  cui  attuazione  incide direttamente sulla effettiva
garanzia  della  autonomia  finanziaria della stessa Regione: onde il
principio  di  leale  cooperazione  esige  che  tale  meccanismo,  in
particolare  quando  esso  comporti  stime e valutazioni tecnicamente
complesse in vista della ripartizione fra Stato e regione del gettito
dei medesimi tributi, si attui mediante procedimenti non unilaterali,
ma  che  contemplino una partecipazione della Regione (sentenza n. 98
del 2000).
    La  disposizione  impugnata,  al  pari  di quelle gia' dichiarate
costituzionalmente  illegittime  dalla  Corte  nella  citata sentenza
n. 98  del  2000,  rinvia  invece,  per stabilire, ove necessario, le
modalita' di attuazione della riserva di nuove entrate allo Stato, ad
un  decreto  del  Ministro  delle  finanze di concerto con quello del
tesoro,  senza  alcuna partecipazione della Regione. In questa parte,
dunque, la norma impugnata incorre nello stesso vizio di legittimita'
costituzionale gia' accertato con riguardo alle analoghe disposizioni
ora ricordate.

    4. - La  ricorrente  censura,  in secondo luogo, l'art. 17, comma
22,   della   legge   impugnata.  L'art. 17  contiene  una  serie  di
disposizioni  in  materia  tributaria,  per  lo  piu', ma non sempre,
concernenti  i  veicoli. Alcune si riferiscono al sistema delle tasse
automobilistiche,   con   soppressione   di  alcune  specifiche  voci
impositive  (commi  4,  6,  7,  8),  riduzione delle tasse per alcuni
veicoli  (comma 5), nuova disciplina della riscossione (commi da 10 a
14),  nuovi  criteri  per la determinazione delle tariffe (commi 15 e
16);  altre  riguardano  i  criteri di determinazione dell'imposta di
registro  sugli atti e formalita' relativi ai veicoli a motore (comma
17)  e  la soppressione della tassa sulle concessioni governative per
le   patenti   di  guida  (comma  21);  altre  ancora  riguardano  la
istituzione  della  tassa  sulle emissioni di anidride solforosa e di
ossidi  di  azoto  dei  grandi impianti di combustione (commi da 29 a
33), e altre materie anche non tributarie.
    Il   comma   22   stabilisce   che   "le   tariffe   delle  tasse
automobilistiche devono fornire un gettito equivalente a quello delle
stesse     tasse     automobilistiche    vigenti    al    31 dicembre
1997", maggiorato di un importo pari a quello delle imposte abolite e
delle  riduzioni  disposte; riduce la quota dell'accisa sulla benzina
spettante alle regioni a statuto ordinario; e dispone (terzo periodo)
che  "l'insieme  dei  provvedimenti  di cui al presente articolo deve
consentire  di  realizzare maggiori  entrate  nette al bilancio dello
Stato per almeno 100 miliardi di lire".
    A  sua  volta  il  comma  23  prevede un trasferimento di somme a
favore  della  regione  Sardegna  a  compensazione  della  perdita di
gettito  derivante  dall'abolizione  della  tassa  sulle  concessioni
governative per le patenti di guida.
    La  Regione ricorrente lamenta che il citato comma 22 preveda una
riserva di entrata a favore dello Stato, che non sarebbe legittima in
quanto  non  si  tratterebbe  di  nuovi  tributi  ne'  di  aumento di
aliquote,   bensi'  di  rideterminazione  di  base  imponibile  o  di
riduzione  di  entrate  per  soppressione  di preesistenti tributi di
spettanza   regionale;  e  che  non  sia  prevista  alcuna  forma  di
compensazione  per  la  perdita  di  gettito  a  favore della regione
siciliana,  analoga a quella prevista a favore della regione Sardegna
dal comma 23.

    5. - La questione non e' fondata.
    L'art. 17  della legge contiene una serie di misure, alcune delle
quali  comportano maggiori  entrate, altre comportano minori entrate.
Per  quanto  riguarda in particolare le entrate derivanti dalle tasse
automobilistiche  (il cui gettito riscosso nella regione siciliana e'
di  spettanza  di  quest'ultima),  la  stessa  disposizione impone di
configurarne le nuove tariffe, ai sensi del comma 16, in modo tale da
fornire  "un gettito equivalente" a quello delle stesse tasse vigenti
al  31 dicembre  1997, maggiorato  di  un importo pari a quello delle
soppressioni   e   riduzioni   di  tributi  previste  dalla  medesima
disposizione.  Non  sono previste nuove entrate nette derivanti dalle
tasse  automobilistiche,  e  non  opera  dunque,  in proposito per le
ragioni  sopra  esposte  al  n. 2  la  riserva  di  entrate  a favore
dell'erario di cui all'art. 64 della legge.
    Quanto  poi al disposto dell'ultimo periodo del comma 22, secondo
cui  "l'insieme  dei  provvedimenti  di cui al presente articolo deve
consentire  di  realizzare maggiori  entrate  nette al bilancio dello
Stato  per  almeno  100 miliardi di lire", esso non puo' riferirsi al
gettito delle tasse automobilistiche, di spettanza regionale, perche'
cio'  sarebbe  in  contraddizione  con  il criterio di invarianza del
gettito   stabilito   nella   prima  parte  del  medesimo  comma  22.
Le maggiori  entrate  attese  sono  dunque quelle derivanti da misure
incidenti  su  oggetti  diversi dalle tasse automobilistiche devolute
alla  Regione.  E  poiche'  si  prevede la realizzazione a favore del
bilancio  dello  Stato  di maggiori  entrate  nette  l'ipotesi  della
riserva   all'erario   si  realizza  in  conformita'  alle  norme  di
attuazione dello statuto, secondo quanto si e' piu' sopra precisato.
    Ne'  vi  sarebbe  stato  luogo per operare compensazioni a favore
della  regione  siciliana,  analoghe a quella prevista a favore della
regione Sardegna dal comma 23. Quest'ultima, infatti, non usufruisce,
a  differenza  della  regione  siciliana,  del  gettito  delle  tasse
automobilistiche  riscosse  nel  suo territorio, onde la soppressione
della  tassa  sulle  concessioni  governative  per  le  patenti (gia'
devoluta  pro  quota invece, alla Regione) avrebbe prodotto, senza la
compensazione  prevista, una diminuzione di gettito. Tale effetto non
si produce invece per la regione siciliana, garantita dal criterio di
invarianza  del  gettito delle tasse automobilistiche (riscosse dalla
Regione)  previsto dallo stesso comma 22, e la cui applicazione tiene
conto  anche,  come  e'  stabilito espressamente sempre dal comma 22,
della   abolizione  della  tassa  di  concessione  governativa  sulle
patenti.

    6. - La  terza censura mossa col ricorso riguarda l'art. 18 della
legge  impugnata,  che  istituisce  una  "imposta erariale regionale"
sulle emissioni sonore derivanti dal traffico aereo, demandando ad un
regolamento la determinazione delle modalita' di accertamento nonche'
della   misura  dell'aliquota,  commisurata  alla  rumorosita'  degli
aeromobili,  e  stabilendo  che il gettito dell'imposta sia assegnato
nell'anno  successivo  "allo  stato  di  previsione degli assessorati
regionali  per essere destinato, con modalita' stabilite dagli stessi
assessorati,  a  sovvenzioni ed indennizzi alle amministrazioni ed ai
soggetti residenti nelle zone limitrofe agli aeroscali".
    La  ricorrente  lamenta  che  la  norma  non  tenga  conto  della
peculiarita'  della  finanza  della regione siciliana, in forza della
quale  la  istituzione  di siffatto tributo spetterebbe alla Regione,
nei limiti dei principi individuati dalla legislazione statale.

    7. - La questione non e' fondata.
    La  nuova  imposta,  pur  definita  "erariale  regionale",  e' un
tributo  istituito  dallo Stato in tutto il territorio nazionale, fra
l'altro  in  connessione  con  materia,  come  il  traffico aereo, di
competenza statale, e disciplinato dallo Stato come gli altri tributi
erariali.  E'  solo  il  suo  gettito che e' devoluto alle regioni, e
dunque  anche  alla regione siciliana, per un utilizzo vincolato alle
finalita'   precisate   dallo  stesso  art. 18,  comma  3:  salva  la
possibilita'  per  la  Regione,  nei  limiti  in  cui  la  materia lo
consenta,  di esercitare a sua volta la competenza legislativa di cui
essa  gode  in  relazione alla disciplina dei tributi erariali il cui
gettito e' devoluto alla stessa Regione.

    8. - Da ultimo la Regione impugna l'art. 26, comma 3, della legge
in  esame.  L'art. 26 riapre, a determinate condizioni, i termini per
gli adempimenti dei soggetti incaricati della riscossione. Il comma 3
stabilisce  che  "la  devoluzione  delle  quote dei proventi erariali
spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome ai
sensi  dei  rispettivi  statuti  e  relative  norme  di attuazione e'
effettuata   considerando   anche  le  somme  oggetto  di  versamento
unificato e di compensazione nell'ambito territoriale della regione o
provincia   autonoma  medesima,  affluite  all'apposita  contabilita'
speciale  intestata  al  Ministero  delle finanze, dipartimento delle
entrate,   direzione   centrale   della  riscossione,  determinate  e
ripartite  dalla  struttura  di gestione di cui all'art. 22, comma 1,
del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241".
    La  ricorrente  lamenta che, operando un indistinto riferimento a
tutte  le  regioni  a  statuto speciale, e omettendo il richiamo alla
disposizione  di  cui  all'art. 21 del decreto legislativo n. 241 del
1997,  che  prevede il versamento delle somme, riscosse a seguito dei
versamenti  unitari,  alla  cassa  regionale siciliana di Palermo, il
legislatore   avrebbe   limitato   arbitrariamente   la  potesta'  di
riscossione dei tributi spettante alla Regione medesima.

    9. - La questione non e' fondata.
    La  disposizione  impugnata  non  innova  in  nulla  quanto  alla
disciplina  generale  dei  rapporti  fra Stato e regione siciliana in
ordine  alla riscossione dei tributi, ma si riferisce alle ipotesi in
cui  il  gettito  di  determinati  tributi e' ripartito per quote fra
Stato  e  regione,  limitandosi  a  precisare che la devoluzione alle
regioni  delle  quote  di loro spettanza deve tener conto delle somme
oggetto  di versamento unificato e di compensazione, secondo le nuove
norme  che  consentono  ai  contribuenti  di versare unitariamente le
imposte, i contributi dovuti all'INPS e le altre somme a favore dello
Stato,  delle  regioni  e  degli  enti  previdenziali,  con eventuale
compensazione   dei   crediti,  relativi  allo  stesso  periodo,  nei
confronti  dei  medesimi  soggetti  (art. 1 del d.lgs. 8 luglio 1997,
n. 241).
    Il  richiamo  all'art. 22  del d.lgs. n. 241 del 1997 riguarda la
gia'  prevista  struttura  di  gestione incaricata della suddivisione
delle  somme  fra  gli enti destinatari, e non tocca in alcun modo la
perdurante   applicabilita'   della   diversa   disposizione  di  cui
all'art. 21  dello  stesso  decreto  legislativo,  che disciplina gli
adempimenti  delle  banche, delegate dai contribuenti per i pagamenti
delle  imposte,  in  tema  di  versamento  delle  somme riscosse alla
tesoreria dello Stato o alla cassa regionale siciliana di Palermo.
    Nessuna lesione dell'autonomia della regione siciliana, pertanto,
deriva dalla disposizione denunciata.