Ricorso della Regione siciliana, in persona del presidente pro-tempore on. dott. Angelo Capodicasa, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dall'avv. Giovanni Carapezza Figlia e dall'avv. Giovanni Lo Bue, ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della giunta regionale n. 212 del 19 luglio 2000. Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la risoluzione del conflitto di attribuzione insorto tra la Regione siciliana e lo Stato per effetto della nota del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - Dipartimento del tesoro - Direzione IV, prot. n. 306633 del 31 maggio 2000, avente per oggetto "Legge 23 dicembre 1998, n. 461. Decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153. Atto di indirizzo 5 agosto 1999. Modifiche statutarie della Fondazione Banco di Sicilia". F a t t o Con nota 29 marzo 2000, indirizzata ai Ministro del tesoro, il presidente della Regione, preso atto della intervenuta trasmissione del nuovo statuto della Fondazione Banco di Sicilia al Ministero del tesoro, e dell'avvio, da parte della stesso Ministero, del procedimento approvativo ai sensi del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, ha manifestato "l'intendimento della Regione siciliana di avvalersi delle previsioni dell'art. 4 del d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133". In riscontro alla richiesta avanzata, il direttore generale del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con la nota censurata, nel far presente che statuto della Fondazione Banco di Sicilia e' in effetti in corso di esame da parte del Ministero al fine della approvazione ai sensi dell'art. 10, comma 3, lett. c), del d.lgs. n. 153 del 1999, ha rilevato che, nel caso di specie, "non puo' trovare applicazione l'art. 4 del d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 163 del 1995". Tale assunto troverebbe giustificazione, secondo il Ministero, poiche' "la norma richiamata fa riferimento ad enti bancari, tra i quali la Fondazione Banco di Sicilia non puo' sicuramente essere ricompresa. Parimenti la sentenza della Corte non puo' trovare applicazione, considerato che la Fondazione Banco di Sicilia, che tra l'altro non detiene piu' una partecipazione di controllo nella societa' conferita, ha perso definitivamente, anche alla luce della vigente normativa sulle fondazioni ex bancarie, l'originaria caratterizzazione bancaria". Premesse tali considerazioni, con la nota in discorso, si assicura comunque che "tenuto conto del rilievo della Fondazione Banco di Sicilia nell'ambito della Regione siciliana", la Regione siciliana, nella persona del suo presidente, verra' interessata prima della definizione del provvedimento di approvazione del nuovo statuto". La citata nota dirigenziale e' viziata per contrasto con norme di rilevanza costituzionale relative alla spettanza delle attribuzioni in materia creditizia della Regione siciliana e, rilevandosi lesiva, viene censurata per le seguenti ragioni di Diritto Violazione degli artt. 17, lett. e), e 20 dello statuto, e del correlato art. 4 del d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133, recante "Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di credito e risparmio", che concorre ad integrare il parametro di costituzionalita' in qualita' di norma interposta (cfr.: Corte costituzionale, sentenze 260 del 1990, 242 e 775 del 1988, 217 del 1985, 97 del 1977, 111 del 1976). L'art. 20, comma 1, primo periodo, dello statuto della Regione siciliana opera, in via generale, una precisa attribuzione di competenza in materia amministrativa agli organi di governo della Regione in tutte le materie nelle quali alla medesima e' attribuita potesta' legislativa, sia esclusiva, ai sensi dell'art. 14, sia concorrente, ex art. 17. Nella specifica materia creditizia - rientrante nel novero delle materie in ordine alle quali la Regione risulta dotata di potesta' legislativa concorrente in forza dell'art. 17, lett. e), dello statuto - le competenze regionali risultano puntualmente delineate dalle norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di credito e risparmio approvate con decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1952, n. 1133. L'art. 4 delle citate norme di attuazione testualmente dispone che "gli statuti degli istituti di diritto pubblico e delle banche di interesse nazionale, aventi la sede centrale in Sicilia, sono approvati con decreto del Ministro del tesoro, sentito il comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, di intesa con il Presidente della Regione siciliana". La ratio di tale disposizione appare individuabile nella necessita' di comporre e collegare gli interessi dell'ente Regione, nel cui ambito territoriale e' allocata la sede legale degli enti individuati, ed in cui quindi primariamente si esercita e refluisce l'attivita' degli stessi, e quelli statali, trattandosi appunto di enti destinati ad operare nell'intero territorio nazionale ed anche all'estero. Ora, pur considerato che il decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, recante "Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'art. 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461", statuisce (art. 2) che le fondazioni - intendendo come tali gli enti che hanno effettuato il conferimento dell'attivita' bancaria ai sensi del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 - "sono persone giuridiche di diritto privato senza scopo di lucro, ..." che "perseguono esclusivamente scopi di utilita' sociale e di promozione dello sviluppo economico", ed attribuisce (art. 10) all'autorita' di vigilanza, identificata nel Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, la competenza in ordine all'approvazione delle "modificazioni statutarie", non puo' disconoscersi che gli enti in questione - e, per quanto rileva ai fini del presente conflitto di attribuzione, la Fondazione Banco di Sicilia - mantengono, quantomeno sino al momento in cui detengono partecipazione azionarie in societa' bancarie, uno stretto nesso funzionale con l'attivita' creditizia, che giustifica quell'effetto di attrazione in forza del quale sono destinate ad applicarsi nei loro confronti le specifiche disposizioni delle norme di attazione dello statuto regionale che attribuiscono alla Regione una puntuale competenza che si sostanzia in una codeterminazione del contenuto dell'atto soggetto ad approvazione. Ed invero, da un canto, va rilevato che la competenza generale ascritta al Ministero dal richiamato art. 10 del d.lgs. n. 153 del 1999, non puo' ritenersi prevalente sulle puntuali disposizioni di attuazione dello statuto, che, al contrario, risultano sovraordinate rispetto alla legislazione ordinaria per la natura della materia disciplinata, e che, ponendosi ad un livello ultraprimario, "diverso e superiore" (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 30 del 1959), determinano che non solo le leggi della Regione, ma anche quelle dello Stato sono tenute a prestarvi osservanza. D'altro canto non puo' sottacersi che la nuova Fondazione Banco di Sicilia - il cui statuto, approvato dagli organi collegiali della stessa e trasmesso al Ministero per l'approvazione di competenza, ha determinato l'esprimersi di quel comportamento significante da parte ministeriale che ha provocato l'insorgere del presente conflitto - deriva dalla Fondazione Banco di Sicilia - istituto di diritto pubblico, che, a sua volta, trae origine dal Banco di Sicilia - istituto di credito di diritto pubblico, soggetto direttamente riguardato dal riportato art. 4 delle norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di credito e risparmio. E come codesta ecc.ma Corte, in vigenza della riforma del 1990 (decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 "Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio", emanato in attuazione della delega conferita dall'art. 2 della legge 30 luglio 1990, n. 218 "Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico"), ha avuto modo di rilevare - affermando la competenza della Regione Trentino-Alto Adige in tema di approvazione delle modifiche statutarie della Fondazione Cassa di risparmio di Bolzano fino a quando permanga una partecipazione di controllo della stessa Fondazione nella societa' conferitaria - (sentenza 16 maggio 1995, n. 163), la disciplina speciale concernente gli enti pubblici conferenti (fondazioni), e cioe' gli originari enti creditizi pubblici che, attraverso la propria ristrutturazione, abbiano conferito in una societa' per azioni l'intera azienda, pur determinando la dismissione della loro originaria natura di enti creditizi, comporta la permanenza di un "nesso funzionale con l'impresa bancaria, dal momento che ad essi spetta il compito di amministrare la partecipazione nella societa' per azioni conferitaria dell'azienda bancaria finche' ne sono titolari. Compito che, piu' di ogni altro, tende a connotare la natura dell'ente conferente nella fase di avvio del processo di ristrutturazione e che permane fino a quando non venga attuata (ai sensi della legge 30 luglio 1994, n. 474) la dismissione della partecipazione di controllo nella societa' conferitaria". Prosegue todesta ecc.ma Corte evidenziando come, "la sussistenza di un vincolo genetico e funzionale tra enti conferenti e societa' bancarie conferitarie viene, del resto, a emergere, oltre che dalla specialita' del regime sopra richiamato, dall'intero contesto della disciplina posta in tema di ristrutturazione con il d.lgs. n. 356 del 1990, dove, fin dal titolo della legge, la stessa disciplina viene riferita al "gruppo creditizio" inteso nel suo complesso: la presenza di tale vincolo, finche' permanga attraverso la titolarita' della partecipazione di controllo nella societa' conferita, puo', dunque, giustificare, sul piano sostanziale, un effetto di "attrazione" in base al quale agli enti conferenti, in quanto collegati agli enti conferitari, seguita ad applicarsi il regime previsto dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione in tema di enti ed aziende creditizie". E conclusioni non diverse da quelle cui e' pervenuta codesta ecc.ma Corte circa la sussistenza di un vincolo genetico e funzionale tra enti conferenti e societa' bancarie conferitarie, e' dato sostenere per cio' che concerne le fondazioni (ex) bancarie, alla luce della nuova disciplina introdotta, a norma della legge delega del 1998, dal d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153. Ed invero, anche il nuovo regime e' caratterizzato, nel suo intero contesto, da una specialita' di disciplina che trova il suo fondamento nella particolarita' della riguardata materia creditizia, e gia' la semplice individuazione del Ministero del tesoro, quale "Autorita' di vigilanza" (art. 10, d.lgs. n. 153/1999), dimostra la permanenza, in capo agli enti che hanno effettuato il conferimento dell'azienda bancaria ai sensi del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, di un pregnante carattere bancario. Non puo' inoltre negarsi, pur in presenza del divieto di esercizio di funzioni creditizie posto alle fondazioni (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 153/1999), che anche la semplice gestione delle partecipazioni non di controllo nelle societa' conferitarie, assume rilievo per cio' che attiene la materia, e la connessa disciplina, del credito. Ed invero, anche qualora, da parte delle fondazioni di origine bancaria, non si detengano partecipazioni al capitale delle banche qualificabili "di controllo" - intendendosi sussistente il controllo, ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 153/1999, nei casi previsti dall'art. 2359, comma 1 e 2, del codice civile - ma che siano comunque superiori (come nella fattispecie) al limite fissato al capo III del titolo II del d.lgs. 1o settembre 1993, n. 385 "Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia", si determina una soggezione alla speciale disciplina dettata dal citato testo unico. Ancora e' da ritenere possibile la sussistenza di una potesta' di controllo sulla societa' conferitaria, anche al di fuori delle ipotesi riguardate dall'art. 6 del d.lgs. n. 153/1999, ma che si estrinsechi, di fatto, in altro modo, connotando e concorrendo a determinare la gestione dell'attivita' bancaria e finanziaria riservata alle banche. Tutto cio' premesso, si rileva che la nota ministeriale oggetto di gravame ben puo' essere considerata idonea - in conformita' alla costante giurisprudenza costituzionale in materia - di per se', a stare alla base del presente conflitto, poiche' essa costituisce una chiara manifestazione di volonta' in ordine all'affermazione di una competenza statale, ed alla correlata negazione di una analoga competenza regionale, con la conseguente menomazione di attribuzioni costituzionalmente garantite. Non e' dunque questione di regime giuridico dell'atto ritenuto invasivo, ben potendo infatti una semplice nota (cfr. sentenze nn. 81 e 87 del 1973) palesare e concretare effetti tali da incidere sulle competenze statutarie della Regione. Si ritiene di dovere, per completezza, osservare che la circostanza che la Regione siciliana non abbia, in precedenza, contestato - sollevando questione di legittimita' costituzionale in via principale - la disposta competenza ministeriale in ordine alla approvazione delle modificazioni statutarie delle fondazioni bancarie (art. 10, comma 3, lett. c), d.lgs. n. 153/1999), non puo' assolutamente costituire causa preclusiva all'ammissibilita' del presente ricorso. Ed invero, anche a prescindere dalla - costantemente ribadita da codesta ecc.ma Corte (cfr., per tutte, sentenza n. 525 del 1990) - non applicabilita' ai conflitto di attribuzione dell'istituto dell'acquiescenza, l'attribuzione di siffatta competenza all'autorita' di vigilanza ben poteva interpretarsi nel senso di consentire il perdurare di quella competenza regionale destinata ad estrinsecarsi, nell'ipotesi in discorso, attraverso quel meccanismo costituzionale di collaborazione costituito dall'intesa; e cio' innanzitutto poiche' le competenze previste dagli statuti di autonomia speciale, e dalle relative norme di attuazione, devono intendersi sempre salvaguardate pur in assenza di una espressa clausola di richiamo nelle leggi statali. E peraltro, in conformita' a quanto rilevato da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 186 del 1999) in materia di riscossione di tributi, potrebbe persino ritenersi - pur non essendo affatto intendimento della scrivente il proporre nella fattispecie l'esautorazione ministeriale, ed avendo viceversa l'obiettivo di porre in essere una leale collaborazione - che, in forza del combinato disposto dell'art. 1, comma 2, delle norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di credito e risparmio, e del citato art. 10 del d.lgs. n. 153/1999, la potesta' e' la competenza attribuita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (quale autorita' di vigilanza), debba essere esercitata, in Sicilia, dall'assessore regionale per il bilancio e le finanze. Conclusivamente si osserva che non appare idoneo a consentire l'esercizio delle attribuzioni regionali, quali risultano positivamente individuate dall'art. 4 del d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133, l'intendimento manifestato con l'impugnata nota ministeriale - sulla base peraltro di valutazioni assolutamente discrezionali, fondate sul rilievo dell'ente considerato, e non idonee, pertanto a salvaguardare la certezza dell'esercizio di competenze proprie - di "interessare codesta Regione, nella persona del suo presidente, prima della definizione del provvedimento di approvazione del nuovo statuto". Ed invero il semplice non garantisce in alcun modo quella "paritaria codeterminazione dell'atto sottoposto a intesa, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo" (cfr. Corte cost., sentenza n. 351 del 1991), in cui si sostanzia l'istituto dell'intesa. Il meccanismo dell'intesa, che costituisce una delle possibili modalita' di attuazione del principio costituzionale di leale cooperazione, mira a consentire la "partecipazione effettiva all'esercizio di una determinata competenza" (cfr Corte cost., sentenza n. 747 del 1988), e l'attivita' di codeterminazione connessa all'intesa non puo' essere declassata in una mera attivita' consultiva non vincolante. In forza delle considerazioni esposte e' innegabile la lesione provocata alla Regione siciliana dalla censurata nota dirigenziale, che non consentirebbe l'esercizio di una potesta' riconosciuta a livello statutario e puntualmente identificata e disciplinata con apposite norme di attuazione.