Ricorso  per  la  Regione  Toscana, in persona del suo Presidente
  pro-tempore,  autorizzato  con deliberazione della Giunta regionale
  n. 1361  del  29 dicembre 2000, rappresentata e difesa, per mandato
  al    margine   del   presente   atto,   dall'avv. Lucia   Bora   e
  dall'avv. Fabio  Lorenzoni  ed  elettivamente domiciliata presso lo
  studio  di quest'ultimo, in Roma, via del Viminale n. 43, contro il
  Presidente  del Consiglio dei ministri pro-tempore, rappresentato e
  difeso  dall'avvocatura  generale  dello  Stato, per l'annullamento
  dell'art. 2  della  legge 11 dicembre 2000, n. 365, "Conversione in
  legge,  con  modificazioni,  del  decreto  legge  12  ottobre 2000,
  n. 279,   recante   interventi   urgenti  per  le  aree  a  rischio
  idrogeologico  molto  elevato  e  in  materia di protezione civile,
  nonche'  a  favore  delle  zone  della Regione Calabria danneggiate
  dalle calamita' idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000".
    La  legge  11  dicembre  2000,  n. 365, pubblicata nella Gazzetta
  Ufficiale  n. 288,  dell'11 dicembre 2000, nel convertire in legge,
  il  decreto-legge  12 ottobre 2000 n. 279 (nella Gazzetta Ufficiale
  n. 239/2000), ha disposto, all'art. 2:
      "1. nelle regioni danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di
  cui  al  decreto-legge  12  ottobre  2000  n. 279,  convertito, con
  modificazioni,  dalla  presente  legge,  a  decorrere dalla data di
  entrata  in  vigore  della  medesima legge, chiunque voglia operare
  tagli  di  bosco,  in zone con vincolo idrogeologico ai sensi delle
  normative  vigenti,  deve inoltrare richiesta al sindaco del comune
  su cui insiste l'area sottoposta a taglio.

      2.  il  sindaco, dopo aver acquisito il parere della competente
  commissione   del  comune,  dell'autorita'  di  bacino,  del  Corpo
  forestale    dello   Stato   competente   per   territorio,   della
  sovrintendenza  competente  in  materia di beni ambientali, nonche'
  della  regione,  rilascia  nulla  osta  allo svolgimento dei tagli,
  indicando le prescrizioni di taglio".
    La Regione Toscana e' interessata all'applicazione di tale norma,
  in quanto regione danneggiata da calamita' idrogeologiche nel 2000,
  come risulta dalla tabella A allegata al decreto-legge n. 279/2000.
    La  disposizione  di  cui  al citato art. 2 non era contenuta nel
  decreto  legge  n. 279/2000;  dai lavori parlamentari si ricava che
  l'emendamento  e'  stato  proposto in Senato per esigenze di tutela
  idrogeologica,  nel presupposto che i tagli boschivi siano stati la
  causa  dei  recenti  eventi  alluvionali,  senza,  peraltro, alcuna
  considerazione  del  fatto  che anche l'incuria e l'abbandono degli
  interventi  silvicolturali,  finalizzati  alla  ricostituzione  dei
  boschi  deteriorati,  ai  sensi degli artt. 90 e seguenti del regio
  decreto  30  dicembre  1923 n. 3267, determinano l'ostruzione delle
  sezioni  idrauliche  da  parte di piante divenute instabili perche'
  non piu' utilizzate.
    A  parte  comunque  tale  considerazione  tecnica, il legislatore
  nazionale   ha   ritenuto  che,  per  fronteggiare  le  conseguenze
  idrogeologiche del taglio dei boschi, sia necessario subordinare il
  taglio  stesso  al nulla osta del sindaco del comune su cui insiste
  l'area,  il  quale  per  rilasciare il nulla osta con l'indicazione
  delle  relative  prescrizioni,  deve  acquisire ben cinque pareri e
  precisamente: della competente commissione comunale; dell'autorita'
  di  bacino;  del  Corpo forestale dello Stato; della Sovrintendenza
  competente in materia di beni ambientali; della regione.
    La  norma  appare  costituzionalmente illegittima, in riferimento
  agli  artt. 3,  5,  97, 117 e 118 della Costituzione per i seguenti
  motivi di

                               Diritto

    1) I principi fondamentali in materia di difesa idrogeologica del
  territorio  sono  contenuti  nel  regio  decreto  30  dicembre 1923
  n. 3267, concernente il riordino e la riforma della legislazione in
  materia  di  boschi  e  terreni  montani;  l'art. 1 della normativa
  stabilisce  che  sono soggetti a vincolo idrogeologico i terreni di
  qualsiasi  natura  e  destinazione  che  per  effetto  di  forme di
  utilizzazione  contrastanti con il disposto dei successivi artt. 7,
  8  e  9  possono,  con  danno pubblico, subire denudazioni, perdere
  stabilita'  o  turbare  il regime delle acque. L'art. 7 a sua volta
  stabilisce  che  nei  terreni  vincolati  a  norma  dell'art.  1 la
  trasformazione  dei  boschi  in  altra  qualita'  di  coltura  o la
  trasformazione dei terreni saldi in terreni a lavorazione periodica
  sono   soggetti  ad  autorizzazione  del  comitato  forestale,  poi
  sostituito  dalla Camera di commercio (ex decreto 21 settembre 1944
  n. 315) e alle modalita' da questa prescritte per prevenire i danni
  di cui al precedente art. 1.
    Ancora  l'art.  8, dispone che la stessa autorita' amministrativa
  deve  prescrivere le modalita' del governo e dell'utilizzazione dei
  boschi  l'art.  21 del regio decreto 16 maggio 1926 n. 1126 (che ha
  approvato   il   regolamento   di   esecuzione  del  regio  decreto
  n. 3267/1923),  ha  previsto  che  la domanda di autorizzazione per
  interventi  in zone soggette a vincolo idrogeologico sia presentata
  al  sindaco  del  comune che cura la pubblicazione della medesima e
  quindi  trasmette la documentazione alla Camera di commercio per le
  valutazioni e l'adozione degli atti di competenza.
    Come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 201
  del  15  luglio  1985, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito
  che  nelle zone soggette a vincolo idrogeologico la "trasformazione
  dei  boschi"  di  cui  al  citato  art.  7  deve intendersi in modo
  estensivo,  ricomprendendo tutto cio' che, per natura o per i mezzi
  usati,  sia  capace  di  arrecare  ai  terreni  soggetti  a vincolo
  idrogeologico,  danni analoghi o maggiori delle mere trasformazioni
  colturali  cui le citate norme espressamente si riferiscono (tra le
  molteplici  pronunce  in  tal senso: Cons. Stato, VI, 29 marzo 1983
  n. 161;  V,  28 gennaio  1997 n. 89), cosi' che anche il taglio del
  bosco  e'  considerato  ricompreso  nella  tutela di cui alle norme
  citate,  perche'  quando  il bosco e' tagliato puo' determinarsi un
  pregiudizio  alla funzione protettiva del terreno vincolato (Abrami
  "Boschi  e  foreste",  in  Digesto delle Discipline pubblicistiche,
  UTET 1987, pag. 380 e ss.).
    Le  funzioni  suddette  concernenti  la  tutela idrogeologica del
  territorio   sono   state   trasferite  alle  regioni  per  effetto
  dell'art. 69   del   d.P.R.   n. 616/1977   (in  tale  senso  Corte
  costituzionale  sentenza  citata n. 201/1985).     Il secondo comma
  di  tale  norma,  infatti,  ha  trasferito  alle  regioni  tutte le
  funzioni  esercitate dallo Stato o da altri enti pubblici, comprese
  le camere di commercio, concernenti, in particolare, le foreste, la
  proprieta'  forestale  privata,  i  rimboschimenti  e le proprieta'
  silvo   pastorali   degli   enti   locali,  compresi  i  poteri  di
  determinazione dei vincoli; il quarto comma del medesimo art. 69 ha
  altresi'  trasferito  alle  Amministrazioni  regionali  le funzioni
  concernenti  la  sistemazione  idrogeologica e la conservazione del
  suolo,   le  funzioni  relative  alla  determinazione  del  vincolo
  idrogeologico  di  cui  al  regio decreto n. 3267/1923 ivi comprese
  quelle esercitate dalle Camere di commercio.
    In  attuazione della c.d. legge Bassanini 15 marzo 1997 n. 59, e'
  stato   emanato  il  decreto  legislativo  4  giugno  1997  n. 143,
  concernente   il   conferimento   alle   regioni   delle   funzioni
  amministrative   in   materia   di   agricoltura  e  pesca  che  ha
  ulteriormente  confermato  la  competenza  regionale  in materia di
  difesa idrogeologica del territorio, in quanto, ribaltando - com'e'
  noto  -  la impostazione del d.P.R. n. 616/1977, ha trasferito alle
  regioni  tutte  le  funzioni  ed  i  compiti  relativi alla materia
  dell'agricoltura,  ad esclusione solo di quelle indicate all'art. 2
  che,  pero',  non  contiene  alcun riferimento alle attribuzioni in
  materia di difesa idrogeologica.
    La  Regione Toscana ha disciplinato con proprie leggi le funzioni
  in  esame,  nel  rispetto  dei principi contenuti nel regio decreto
  n. 3267/1923 citato.
    Gia'  la legge regionale 23 gennaio 1989 n. 10 ha attribuito alle
  province  e,  per i rispettivi territori, alle comunita' montane le
  funzioni  concernenti  il  vincolo  idrogeologico,  di sistemazione
  idraulico-forestale, di rimboschimento, di miglioramento dei boschi
  degradati;  la  successiva legge regionale 18 gennaio 1990, n. 1 ha
  attribuito  alle  Amministrazioni provinciali le funzioni di tutela
  idrogeologica   di   cui  al  regio  decreto  3267/1923,  dettando,
  all'art. 3,  specifiche  disposizioni  alle province sul taglio dei
  boschi, con stringenti divieti in merito.
    Poi, in attuazione della normativa statale conseguente alla legge
  Bassanini  (decreto legislativo n. 112/1998), la Regione Toscana ha
  emanato la legge regionale 21 marzo 2000 n. 39, contenente la legge
  forestale che detta norme per la gestione del vincolo idrogeologico
  e per la tutela idrogeologica del territorio.
    In  particolare  sono disciplinati i rimboschimenti finalizzati a
  difendere  il  suolo, regimare le acque, preservare e migliorare la
  qualita'  dell'ambiente,  prevenire  i danni da valanghe e da altre
  calamita',  assicurare  il  miglioramento  dei  boschi  degradati e
  danneggiati;  sono  riconfermate le attribuzioni gia' conferite con
  la  precedente  legislazione  regionale alle province relativamente
  alla  tutela idrogeologica del territorio, prevedendo (art. 39) che
  la  provincia  approvi,  tenuto conto delle direttive degli atti di
  programmazione   regionale,  il  regolamento  forestale  che,  tra'
  l'altro, disciplina anche i tagli boschivi ed i piani dei tagli, le
  trasformazioni  dei  boschi, le trasformazioni dei terreni saldi in
  terreni   a   periodica  lavorazione;  la  citata  legge  regionale
  n. 39/2000  stabilisce altresi' che la trasformazione dei boschi e'
  autorizzata dalla provincia ai fini del vincolo idrogeologico e dal
  comune  per  il  vincolo  paesaggistico  (art.  42) e che il taglio
  boschivo e' soggetto ad autorizzazione provinciale (art. 47).
    Come   si   ricava   dal  quadro  schematicamente  riassunto,  la
  legislazione  regionale  ha individuato nella provincia il soggetto
  istituzionalmente  competente a svolgere le funzioni amministrative
  in  materia  di  tutela  idrogeologica,  con  una disciplina sempre
  organica  ed  articolata  volta ad assicurare il controllo puntuale
  anche del taglio e della trasformazione dei boschi.
    Posto  quindi che, senza dubbio, le funzioni in oggetto rientrano
  nella materia dell'agricoltura e foreste e sono state correttamente
  disciplinate  dalla Regione Toscana con attribuzione alle province,
  e'    evidente   che   l'art. 2   della   legge   n. 365/2000,   e'
  costituzionalmente   illegittimo   in   quanto   interferisce   con
  l'esercizio     delle    attribuzioni    regionali    in    materia
  costituzionalmente garantite ex art. 117 e 118 della Costituzione.
    L'art. 3  della  legge  n. 142/1990,  sostanzialmente  confermato
  dall'art.  4 del recente decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267,
  ha   attribuito   alle   regioni   -   come  chiarito  dalla  Corte
  costituzionale  nella  nota  sentenza  n. 343/1991  -  il  ruolo di
  "centro  propulsore  e  di  coordinamento dell'intero sistema delle
  autonomie  locali",  spettando  alle  stesse,  nelle materie di cui
  all'art.   117   Cost.,   identificare  gli  interessi  comunali  e
  provinciali  in  rapporto  alle caratteristiche della popolazione e
  del    territorio;    organizzare    l'esercizio   delle   funzioni
  amministrative  a livello locale attraverso i comuni e le province,
  escludendo  solo le funzioni che attengano ad esigenze di carattere
  unitario  nei  rispettivi  territori.  Percio'  l'allocazione delle
  funzioni agli enti locali, nelle materie di cui all'art. 117 Cost.,
  previa identificazione dell'interesse sotteso alle funzioni stesse,
  in   rapporto   alle   caratteristiche   della  popolazione  e  del
  territorio, e compito rimesso alle amministrazioni regionali.
    La  legge n. 59/1997, nel delegare il Governo per l'attuazione di
  un  organico disegno di ulteriore decentramento, ha riconfermato ed
  anzi valorizzato ancora il suddetto ruolo della regione come centro
  di coordinamento, organizzazione ed allocazione delle funzioni agli
  enti locali.
    L'art. 4  della legge n. 59/1997, infatti, ha stabilito che nelle
  materie   di   cui   all'art. 117  della  Costituzione  le  regioni
  conferiscono  ai  comuni, alle province e agli altri enti locali le
  funzioni   che   non  richiedano  l'unitario  esercizio  a  livello
  regionale: ancora una volta, quindi, l'individuazione del carattere
  locale   -   provinciale   o   comunale  -  dell'interesse  sotteso
  all'esercizio  della  funzione  e'  compito  rimesso alle regioni e
  costituisce  il  carattere essenziale e fondamentale del ruolo alle
  medesime   riconosciuto   dal   legislatore,  in  conformita'  agli
  artt. 117 e 118 Cost.
    Tale  ruolo  regionale  e'  stato ancora riconosciuto dalla Corte
  costituzionale la quale, nell'esaminare la prospettata questione di
  legittimita'   costituzionale   della  legge  n. 59/1997  (sentenza
  n. 408/1998), ha con chiarezza affermato:
        ".  .  .  gia'  nel contesto dell'ordinamento delle autonomie
  locali,  il legislatore statale ha inteso, con l'art. 3 della legge
  n. 142   del   1990,   attribuire   alle   regioni   un   ruolo  di
  identificazione degli interessi comunali e provinciali "in rapporto
  alle  caratteristiche  della  popolazione  e  del  territorio  e di
  "organizzazione  dell'esercizio  delle  funzioni  a livello locale,
  cioe'  di  disciplina  del  modo  in  cui  esse  si  collocano e si
  raccordano  nel  contesto  regionale,  sottolineando cosi' un ruolo
  della   regione   come   "centro   propulsore  e  di  coordinamento
  dell'intero  sistema  delle  autonomie  locali . La legge n. 59 del
  1997,  va  oltre,  ma nella stessa direzione, chiamando le regioni,
  nell'ambito delle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, a
  definire  il  riparto delle funzioni al proprio interno con criteri
  analoghi a quelli seguiti dallo stesso legislatore statale, e cioe'
  identificando  le  funzioni  che "richiedono l'unitario esercizio a
  livello  regionale"  e  devolvendo  tutte  le altre ai comuni, alle
  province e agli altri enti locali (art. 4, comma 1), in conformita'
  al principio di sussidiarieta'".
    Nella suddetta pronuncia costituzionale e' altresi' chiarito che,
  per  la  migliore  attuazione dei principi del decentramento di cui
  all'art. 4 della legge n. 59/1997, la determinazione delle funzioni
  degli  enti  locali  direttamente da pade del legislatore nazionale
  comporterebbe  il  rischio  "di  irrigidire  in  modo  uniforme  la
  configurazione  delle funzioni e del loro esercizio sul territorio,
  senza poter tenere conto della diversita' dei contesti territoriali
  e  anche  delle legittime scelte che in questo campo possono essere
  compiute,  sia  pure  nell  `alveo del principio costituzionale che
  favorisce  la  devoluzione  "in basso delle funzioni ogni volta che
  sia  possibile  (come  emerge  dalla locuzione dell'art. 118, terzo
  comma,  secondo  cui "normalmente le regioni esercitano le funzioni
  loro  devolute  mediante delega o utilizzazione degli edifici degli
  enti locali)".
    Come  la dottrina ha acutamente osservato commentando la suddetta
  sentenza  n. 408/1998, al crocevia tra l'affermazione del principio
  di sussidiarieta' e dei principi ad esso connessi o collegati dalle
  modalita'  di  attuazione  degli stessi, viene valorizzato il ruolo
  regionale   di  organizzazione  dell'esercizio  delle  funzioni  e,
  quindi,  della  loro allocazione agli enti locali, ruolo "che serve
  nello  stesso  tempo  a  meglio  fondare,  nella sua effettivita' e
  compiutezza,  il  sistema  delle  autonomie locali" (G. Pastori "il
  conferimento  delle  funzioni  amministrative  fra  regioni ed enti
  locali" in Le Regioni n. 2/1999, pag. 411 e ss.).
    Questo  ruolo regionale dovrebbe sussistere, come osservato dalla
  richiamata  dottrina,  anche  al  di fuori delle materie regionali,
  andando  oltre  il  c.d.  "doppio binario" a garanzia di un sistema
  delle  autonomie  locali  coerente  e  coordinato,  ma  e' comunque
  sicuramente  riconosciuto  nelle  materie regionali di cui all'art.
  117   Cost.,   secondo   quanto   rilevato  nella  citata  sentenza
  costituzionale n. 408/1998.
    Poiche'  nel caso oggetto del presente ricorso si vede in materia
  sicuramente regionale, l'art. 2 censurato, attribuendo ai comuni la
  funzione  di  rilasciare  il  nulla  osta per il taglio dei boschi,
  viola la competenza attribuita alle regioni di allocare le funzioni
  agli  enti  locali,  previa  individuazione degli interessi sottesi
  all'esercizio   della   funzione   medesima,   competenza  definita
  dall'art. 3  della  legge  n. 142/1990  (oggi  art. 4  della  legge
  267/2000)   e   dall'ad.   4   della   legge   n. 59/1997,  secondo
  l'interpretazione  data  dalla  Corte costituzionale nelle sentenze
  n. 343/1991    e    n. 408/1998,   in   attuazione   dei   principi
  costituzionali di cui agli artt. 117 e 118 Cost.
    Questa competenza regionale e' conforme anche all'art. 128 Cost.,
  in  base  al  quale  le  province  ed  i  comuni sono enti autonomi
  nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica
  che  ne  determinano le funzioni Infatti, come ha messo in luce una
  autorevole dottrina, la Repubblica non si esaurisce nello Stato, ma
  risulta  dal  complesso  costituito  da  questo  e  dalle autonomie
  territoriali:  leggi  della  Repubblica sono anche quelle regionali
  (G.  MOR,  commento all'art. 3 del decreto legislativo n. 112/1998,
  in Le Regioni n. 3-4/1998, pag. 487 s).
    Ne'   puo'   sostenersi   che   la   disposizione  censurata  sia
  giustificabile per l'emergenza indotta dalle forti piogge che hanno
  colpito  alcune  regioni  nelI'autunno  2000, in quanto, come sopra
  rilevato, dai lavori preparatori emerge che l'emendamento, e' stato
  proposto  e  votato per prevenire il rischio di ulteriori calamita'
  idrogeologiche e quindi si tratta, con tutta evidenza, di una norma
  a  regime,  con  finalita'  preventiva  e quindi non giustificabile
  neanche in virtu' dei poteri straordinari di emergenza.
    La    rilevata   violazione   delle   competenze   regionali   e'
  particolarmente   evidente  considerando  il  compiuto  sistema  di
  attribuzioni  disciplinato  dalla  regione  ricorrente con le leggi
  sopra  richiamate;  si  e' rilevato, in particolare che le funzioni
  concernenti  il vincolo idrogeologico ed il taglio dei boschi sono,
  in Toscana, di competenza provinciale.
    Perche'  da  oggi dovrebbero essere i comuni toscani a rilasciare
  il  nulla  osta per il taglio del bosco? Che tipo di valutazione e'
  stata  effettuata?  E  che  cosa  legittima e giustifica tale forte
  sovrapposizione  e vanificazione della scelta istituzionale operata
  dalla  regione  Toscana  circa  il  tipo  di interesse sotteso alla
  funzione medesima? Si noti che la scelta della provincia quale ente
  locale  competente  per  le  funzioni in oggetto non e' certo stata
  causale,  ma  e' frutto della valutazione che la regione Toscana ha
  operato,  in  attuazione delle leggi n. 142/1990 prima e n. 59/1997
  poi e che ha portato ad allocare in capo alla provincia le funzioni
  attinenti  la  forestazione, il vincolo idrogeologico la tutela dei
  boschi,  anche  per la stretta interrelazione tra tali compiti e le
  attribuzioni  che  le  province  hanno  nel  connesso settore della
  difesa del suolo e della pianificazione territoriale.
    2)  L'allocazione diretta della competenza relativa al nulla osta
  per  il taglio dei boschi in capo ai comuni operata dallo Stato con
  la  norma in esame non puo' ritenersi legittima neanche in rapporto
  all'art. 118, primo comma della Costituzione.
    A parte la decisivita' delle argomentazioni esposte al precedente
  punto  per cui nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione
  il  sistema  richiede  che siano le regioni ad allocare le funzioni
  agli  enti  locali,  sta il fatto che l'art. 118 citato prevede una
  possibile  attribuzione  dallo  Stato  agli enti locali per le sole
  funzioni  di  interesse  esclusivamente  locale.  Ma la valutazione
  effettuata  dallo  Stato  per,  le  funzioni  attipenti  la  tutela
  idrogeologica  e'  stata  diversa, posto che le funzioni in materia
  sono  state  trasferite alle regioni e mai l'interesse sotteso alle
  stesse e' stato ritenuto di interesse esclusivamente locale.
    E'  del tutto illogico, irrazionale e contrastante con i principi
  di  buona  amministrazione  e di uguaglianza mutare radicalmente in
  modo repentino, senza alcuna specifica considerazione in merito, le
  scelte  effettuate sia con il decreto legislativo n. 616/1977 e poi
  con  il decreto legislativo n. 143/1997 tra l'altro solo per quelle
  Regioni  colpite dalle alluvioni nel 2000 ( e perche' non anche per
  quelle regioni colpite dalle stesse calamita' nel 1999 o nel 1998?)
  In ogni caso se nell'allocazione comunale della funzione (del nulla
  osta  per il taglio del bosco) dovesse ravvisarsi un principio e un
  interesse  locale  giustificativo  della medesima, allora la stessa
  allocazione  dovrebbe inevitabilmente valere su tutto il territorio
  nazionale.
    Inoltre  la  norma  censurata  richiede  che  il comune, prima di
  esprimersi,  debba  acquisire  tra  l'altro  anche  il parere della
  regione:  se  si  trattasse si funzione di interesse esclusivamente
  locale  non  avrebbe  senso  richiedere  l'acquisizione  del parere
  regionale.
    Pertanto  la  norma  denunciata e' ulteriormente incostituzionale
  per  violazione,  dell'art. 118  primo  comma  Cost., nonche' degli
  artt. 3, 5 e 97 della Costituzione.
    La  disparita'  di  trattamento  rispetto alle altre regioni, che
  casualmente  non sono state oggetto di eventi alluvionali nel 2000,
  ma  lo  sono  state  nel  1999 o nel 1998, nonche' l'incongruenza e
  l'irrazionalita'  della disposizione rispetto al fine perseguito (i
  comuni  non  svolgono  funzioni  in  tema di tutela idrogeologica e
  quindi  ben difficilmente possono esprimersi su un segmento isolato
  della   piu'   ampia  competenza  si  da  garantire  quella  tutela
  preventiva  che  il  Senato  avrebbe  ravvisato  quale  ratio della
  disposizione)  vengono  sicuramente  ad  incidere  sulle competenze
  regionali  costituzionalmente  garantite alle regioni nella materia
  dell'agricoltura  e  foreste,  nonche'  sul  ruolo  regionale  come
  delineato   nella   giurisprudenza   costituzionale  richiamata  al
  precedente punto 1).
    Cio'   legittima   la   regione  ad  invocare,  nel  giudizio  di
  impugnazione  della legge statale in via principale, anche precetti
  pur  non  contenuti  nel  titolo  V della Costituzione, ove la loro
  violazione, come nel caso in esame, incida sull'autonomia regionale
  (Corte   costituzionale,   n. 243/1974;  n. 243/1985;  n. 407/1989;
  n. 276/1991; n. 393/1992).
    In   particolare,   la   Corte   costituzionale,  nella  sentenza
  n. 276/1991  ha  chiarito  che "quando la legge statale provvede in
  qualsiasi  materia  (od  organizza  qualsiasi  attivita'  propria o
  regionale) assumendo come criterio il territorio e introducendo una
  disciplina  differenziata  in riferimento ad una parte di esso, non
  puo'  disconoscersi una pretesa, egualmente rilevante ed egualmente
  tutelabile   della  regione  il  cui  territorio  sia  stato  o  no
  ricompreso  nel  trattamento differenziato, al controllo che questo
  non  sia manifestatamente ingiusticato, cioe' irragionevole (art. 3
  Costituzione)";  in tali ipotesi "l'esigenza di tutela va al di la'
  della salvaguardia della competenza legislativa regionale stabilita
  per  territorio  e  per  materie  ai sensi dell'art. 117 Cost. e si
  ricollega  alla  natura della regione di ente politico esponenziale
  della  comunita'  regionale,  il  cui  fondamento e la cui garanzia
  sostanziale  di  fronte  allo  Stato  e  ai  poteri del legislatore
  nazionale sta piuttosto nell'art. 5 della Costituzione stessa.
    Nel  caso  in  esame,  come  gia' rilevato, la scelta fatta dalla
  norma  denunciata  e'  arbitraria  e  non e' legittimato il diverso
  trattamento previsto tra le varie regioni sulla base dell'alluvione
  verificatasi nel 2000, quando in altre regioni negli scorsi anni si
  sono purtroppo avuti altrettanto drammatici eventi alluvionali.
    La   constatazione   della  diffusa  giurisprudenza  della  Corte
  costituzionale  in  merito  ha  indotto  un'autorevole  dottrina  a
  constatare  l'evoluzione  nel  modo  di  intendere  l'invasione  di
  competenza  ad  opera  della legge statale. Non si ha infatti a che
  fare  necessariamente  con  parametri  costituzionali relativi alla
  delimitazione  delle sfere di competenza in senso stretto, ma anche
  con   altre   norme   (come  il  principio  di  ragionevolezza,  di
  uguaglianza  ecc.) la cui violazione determini comunque una lesione
  di  diritti  o  di interessi regionali costituzionalmente protetti"
  (Zagrebelsky,  La giustizia costituzionale, Bologna, 1988 pag. 247;
  Lavagna, Istituzioni di diritto pubblico, Torino 1982. p. 1071), al
  punto  che  si e' potuto dire che "il giudizio sulla ragionevolezza
  si  inserisce  probabilmente  in  ogni  questione  di  legittimita'
  costituzionale,  sia  pure  informa  implicita  e  inespressa  come
  momento  essenziale  ed  ineliminabile  (Lavagna,  Ragionevolezza e
  legittimita' costituzionale, Studi Esposito,157).
    Di qui la violazione delle norme indicate.
    3)  Come gia' rilevato la disposizione censurata impone ai comuni
  di acquisire ben cinque pareri prima di potersi esprimere sul nulla
  osta richiesto.
    E'   previsto,   innanzitutto,   il   parere   della  "competente
  commissione  comunale".  Quale  sia, pero', tale commissione non e'
  dato   saperlo:  i  comuni  dispongono  infatti  delle  commissioni
  edilizie che sono integrate da esperti in materia ambientale per le
  valutazioni  sul  vincolo  paesaggistico  ed ambientale. Il settore
  della tutela idrogeologica e' estraneo alle attribuzioni comunali e
  le  suddette  commissioni non sono quindi quelle competenti. Dunque
  le Amministrazioni comunali dovranno istituire apposite commissioni
  per  tale  nuovo  compito  che  -  si  ripete  - in Toscana e' gia'
  esercitato  dalla provincia che invece ha le strutture tecnicamente
  competenti.
    L'istituzione  di  nuove commissioni a livello comunale determina
  una  evidente,  inutile ed antieconomica duplicazione di strutture,
  per  svolgere una funzione che rappresenta una parte della ben piu'
  articolata    attivita'    di    tutela    della   aree   vincolate
  idrogeologicamente.
    Anche  per  tali profili la norma si pone dunque in contrasto con
  il   principio   di   razionalita'  e  buon  andamento  dell'azione
  amministrativa.
    Lo  stesso  contrasto  sussiste  anche  per il previsto richiesto
  parere  della  regione:  in verita' non si comprende perche' l'ente
  territoriale  minore sia titolare della funzione di amministrazione
  attiva  e  la  regione  debba  svolgere  un  mero ruolo consultivo.
  Infatti  o  si  ritiene  che  la funzione sia di interesse locale e
  quindi   si  affida  esclusivamente  al  comune  l'esercizio  della
  competenza,  ovvero  -  come  in  realta' e' ed e' dimostrato dalla
  previsione  dei  necessari  pareri  di quattro amministrazioni - si
  ritiene   che   la   funzione   implichi   valutazioni  di  livello
  sovracomunale    e    allora    e'    illogica    ed    illegittima
  costituzionalmente l'allocazione della funzione in capo al comune.
    Ancora,  poi,  non  sono  specificate  le  finalita'  cui debbano
  rispondere  i  pareri  previsti.  La  Sovrintendenza  competente in
  materia di beni ambientali dovra', si presume, rilasciare il parere
  in tema di vincolo ambientale e paesaggistico.
    Tuttavia,  ai  sensi  dell'art.  151  del  decreto legislativo 20
  ottobre  1999,  n. 490,  l'intervento  dello  Stato  in  materia e'
  limitato  solo  all'eventuale annullamento delle autorizzazioni per
  interventi  in  zone  soggette a vincolo paesaggistico e ambientale
  rilasciate  dalla  Regione (in Toscana dai comuni, per attribuzione
  della  funzione)  e,  inoltre,  ai sensi dell'art. 152 dello stesso
  decreto n. 490/1999 l'autorizzazione paesaggistica non e' richiesta
  per  molte  tipologie  di  tagli  boschivi  come  ad esempio quelle
  inerenti  l'esercizio  delle  attivita'  agro-silvopastorale  e  il
  taglio  colturale  del  bosco.  Non  si  comprende  quindi  perche'
  dovrebbe essere acquisito il parere della Sovrintendenza competente
  in  materia  di  beni  ambientali,  posto  che  la  stessa non deve
  rilasciare l'autorizzazione per il vincolo ambientale.
    Le   rilevate   ambiguita',   il  mancato  coordinamento  con  la
  legislazione   esistente,  il  totale  sovvertimento  delle  scelte
  legislative  effettuate  a  livello  regionale  e,  non  da ultimo,
  l'eccessiva molteplicita' dei pareri richiesti, rendono la norma di
  difficilissima  applicazione  a  livello locale, con la conseguenza
  che,  con tutta probabilita', non verra' concesso il nulla osta per
  il  taglio  dei  boschi  e  questo  paralizza di fatto, con effetto
  immediato,  la  possibilita'  di  effettuare  anche  gli interventi
  silvicolturali  che, invece, hanno enorme importanza proprio per la
  tutela idrogeologica dei territori, perche', si ripete, l'incuria e
  l'abbandono  di  detti  interventi  silvicolturali costituiscono un
  motivo  determinante  dell'ostruzione  delle  sezioni idrauliche da
  parte di piante divenute instabili e non piu' utilizzate.
    E'  invece  fondamentale  prevedere  con  corretto  equilibrio la
  realizzazione  di interventi silvicolturali, imprescindibili per la
  pulizia delle sezioni idrauliche, ed il taglio del bosco nei limiti
  consentibili per garantire l'assetto idrogeologicamente stabile del
  terreno,  cosi'  come  disciplinato  dalla  regione  Toscana  nella
  richiamata legge regionale n. 39/2000.
    Anche  per i suddetti profili la norma denunciata viola dunque il
  principio   di  ragionevolezza  e  di  buon  andamento  dell'azione
  amministrativa  di  cui  agli  artt.  3  e  97  Cost. con incidenza
  sull'autonomia regionale in materia costituzionalmente garantita.