Ricorso per la Regione Toscana, in persona del suo Presidente pro-tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1361 del 29 dicembre 2000, rappresentata e difesa, per mandato al margine del presente atto, dall'avv. Lucia Bora e dall'avv. Fabio Lorenzoni ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, via del Viminale n. 43, contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, per l'annullamento dell'art. 2 della legge 11 dicembre 2000, n. 365, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 12 ottobre 2000, n. 279, recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della Regione Calabria danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000". La legge 11 dicembre 2000, n. 365, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 288, dell'11 dicembre 2000, nel convertire in legge, il decreto-legge 12 ottobre 2000 n. 279 (nella Gazzetta Ufficiale n. 239/2000), ha disposto, all'art. 2: "1. nelle regioni danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di cui al decreto-legge 12 ottobre 2000 n. 279, convertito, con modificazioni, dalla presente legge, a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge, chiunque voglia operare tagli di bosco, in zone con vincolo idrogeologico ai sensi delle normative vigenti, deve inoltrare richiesta al sindaco del comune su cui insiste l'area sottoposta a taglio. 2. il sindaco, dopo aver acquisito il parere della competente commissione del comune, dell'autorita' di bacino, del Corpo forestale dello Stato competente per territorio, della sovrintendenza competente in materia di beni ambientali, nonche' della regione, rilascia nulla osta allo svolgimento dei tagli, indicando le prescrizioni di taglio". La Regione Toscana e' interessata all'applicazione di tale norma, in quanto regione danneggiata da calamita' idrogeologiche nel 2000, come risulta dalla tabella A allegata al decreto-legge n. 279/2000. La disposizione di cui al citato art. 2 non era contenuta nel decreto legge n. 279/2000; dai lavori parlamentari si ricava che l'emendamento e' stato proposto in Senato per esigenze di tutela idrogeologica, nel presupposto che i tagli boschivi siano stati la causa dei recenti eventi alluvionali, senza, peraltro, alcuna considerazione del fatto che anche l'incuria e l'abbandono degli interventi silvicolturali, finalizzati alla ricostituzione dei boschi deteriorati, ai sensi degli artt. 90 e seguenti del regio decreto 30 dicembre 1923 n. 3267, determinano l'ostruzione delle sezioni idrauliche da parte di piante divenute instabili perche' non piu' utilizzate. A parte comunque tale considerazione tecnica, il legislatore nazionale ha ritenuto che, per fronteggiare le conseguenze idrogeologiche del taglio dei boschi, sia necessario subordinare il taglio stesso al nulla osta del sindaco del comune su cui insiste l'area, il quale per rilasciare il nulla osta con l'indicazione delle relative prescrizioni, deve acquisire ben cinque pareri e precisamente: della competente commissione comunale; dell'autorita' di bacino; del Corpo forestale dello Stato; della Sovrintendenza competente in materia di beni ambientali; della regione. La norma appare costituzionalmente illegittima, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 117 e 118 della Costituzione per i seguenti motivi di Diritto 1) I principi fondamentali in materia di difesa idrogeologica del territorio sono contenuti nel regio decreto 30 dicembre 1923 n. 3267, concernente il riordino e la riforma della legislazione in materia di boschi e terreni montani; l'art. 1 della normativa stabilisce che sono soggetti a vincolo idrogeologico i terreni di qualsiasi natura e destinazione che per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con il disposto dei successivi artt. 7, 8 e 9 possono, con danno pubblico, subire denudazioni, perdere stabilita' o turbare il regime delle acque. L'art. 7 a sua volta stabilisce che nei terreni vincolati a norma dell'art. 1 la trasformazione dei boschi in altra qualita' di coltura o la trasformazione dei terreni saldi in terreni a lavorazione periodica sono soggetti ad autorizzazione del comitato forestale, poi sostituito dalla Camera di commercio (ex decreto 21 settembre 1944 n. 315) e alle modalita' da questa prescritte per prevenire i danni di cui al precedente art. 1. Ancora l'art. 8, dispone che la stessa autorita' amministrativa deve prescrivere le modalita' del governo e dell'utilizzazione dei boschi l'art. 21 del regio decreto 16 maggio 1926 n. 1126 (che ha approvato il regolamento di esecuzione del regio decreto n. 3267/1923), ha previsto che la domanda di autorizzazione per interventi in zone soggette a vincolo idrogeologico sia presentata al sindaco del comune che cura la pubblicazione della medesima e quindi trasmette la documentazione alla Camera di commercio per le valutazioni e l'adozione degli atti di competenza. Come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 201 del 15 luglio 1985, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che nelle zone soggette a vincolo idrogeologico la "trasformazione dei boschi" di cui al citato art. 7 deve intendersi in modo estensivo, ricomprendendo tutto cio' che, per natura o per i mezzi usati, sia capace di arrecare ai terreni soggetti a vincolo idrogeologico, danni analoghi o maggiori delle mere trasformazioni colturali cui le citate norme espressamente si riferiscono (tra le molteplici pronunce in tal senso: Cons. Stato, VI, 29 marzo 1983 n. 161; V, 28 gennaio 1997 n. 89), cosi' che anche il taglio del bosco e' considerato ricompreso nella tutela di cui alle norme citate, perche' quando il bosco e' tagliato puo' determinarsi un pregiudizio alla funzione protettiva del terreno vincolato (Abrami "Boschi e foreste", in Digesto delle Discipline pubblicistiche, UTET 1987, pag. 380 e ss.). Le funzioni suddette concernenti la tutela idrogeologica del territorio sono state trasferite alle regioni per effetto dell'art. 69 del d.P.R. n. 616/1977 (in tale senso Corte costituzionale sentenza citata n. 201/1985). Il secondo comma di tale norma, infatti, ha trasferito alle regioni tutte le funzioni esercitate dallo Stato o da altri enti pubblici, comprese le camere di commercio, concernenti, in particolare, le foreste, la proprieta' forestale privata, i rimboschimenti e le proprieta' silvo pastorali degli enti locali, compresi i poteri di determinazione dei vincoli; il quarto comma del medesimo art. 69 ha altresi' trasferito alle Amministrazioni regionali le funzioni concernenti la sistemazione idrogeologica e la conservazione del suolo, le funzioni relative alla determinazione del vincolo idrogeologico di cui al regio decreto n. 3267/1923 ivi comprese quelle esercitate dalle Camere di commercio. In attuazione della c.d. legge Bassanini 15 marzo 1997 n. 59, e' stato emanato il decreto legislativo 4 giugno 1997 n. 143, concernente il conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca che ha ulteriormente confermato la competenza regionale in materia di difesa idrogeologica del territorio, in quanto, ribaltando - com'e' noto - la impostazione del d.P.R. n. 616/1977, ha trasferito alle regioni tutte le funzioni ed i compiti relativi alla materia dell'agricoltura, ad esclusione solo di quelle indicate all'art. 2 che, pero', non contiene alcun riferimento alle attribuzioni in materia di difesa idrogeologica. La Regione Toscana ha disciplinato con proprie leggi le funzioni in esame, nel rispetto dei principi contenuti nel regio decreto n. 3267/1923 citato. Gia' la legge regionale 23 gennaio 1989 n. 10 ha attribuito alle province e, per i rispettivi territori, alle comunita' montane le funzioni concernenti il vincolo idrogeologico, di sistemazione idraulico-forestale, di rimboschimento, di miglioramento dei boschi degradati; la successiva legge regionale 18 gennaio 1990, n. 1 ha attribuito alle Amministrazioni provinciali le funzioni di tutela idrogeologica di cui al regio decreto 3267/1923, dettando, all'art. 3, specifiche disposizioni alle province sul taglio dei boschi, con stringenti divieti in merito. Poi, in attuazione della normativa statale conseguente alla legge Bassanini (decreto legislativo n. 112/1998), la Regione Toscana ha emanato la legge regionale 21 marzo 2000 n. 39, contenente la legge forestale che detta norme per la gestione del vincolo idrogeologico e per la tutela idrogeologica del territorio. In particolare sono disciplinati i rimboschimenti finalizzati a difendere il suolo, regimare le acque, preservare e migliorare la qualita' dell'ambiente, prevenire i danni da valanghe e da altre calamita', assicurare il miglioramento dei boschi degradati e danneggiati; sono riconfermate le attribuzioni gia' conferite con la precedente legislazione regionale alle province relativamente alla tutela idrogeologica del territorio, prevedendo (art. 39) che la provincia approvi, tenuto conto delle direttive degli atti di programmazione regionale, il regolamento forestale che, tra' l'altro, disciplina anche i tagli boschivi ed i piani dei tagli, le trasformazioni dei boschi, le trasformazioni dei terreni saldi in terreni a periodica lavorazione; la citata legge regionale n. 39/2000 stabilisce altresi' che la trasformazione dei boschi e' autorizzata dalla provincia ai fini del vincolo idrogeologico e dal comune per il vincolo paesaggistico (art. 42) e che il taglio boschivo e' soggetto ad autorizzazione provinciale (art. 47). Come si ricava dal quadro schematicamente riassunto, la legislazione regionale ha individuato nella provincia il soggetto istituzionalmente competente a svolgere le funzioni amministrative in materia di tutela idrogeologica, con una disciplina sempre organica ed articolata volta ad assicurare il controllo puntuale anche del taglio e della trasformazione dei boschi. Posto quindi che, senza dubbio, le funzioni in oggetto rientrano nella materia dell'agricoltura e foreste e sono state correttamente disciplinate dalla Regione Toscana con attribuzione alle province, e' evidente che l'art. 2 della legge n. 365/2000, e' costituzionalmente illegittimo in quanto interferisce con l'esercizio delle attribuzioni regionali in materia costituzionalmente garantite ex art. 117 e 118 della Costituzione. L'art. 3 della legge n. 142/1990, sostanzialmente confermato dall'art. 4 del recente decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, ha attribuito alle regioni - come chiarito dalla Corte costituzionale nella nota sentenza n. 343/1991 - il ruolo di "centro propulsore e di coordinamento dell'intero sistema delle autonomie locali", spettando alle stesse, nelle materie di cui all'art. 117 Cost., identificare gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio; organizzare l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province, escludendo solo le funzioni che attengano ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi territori. Percio' l'allocazione delle funzioni agli enti locali, nelle materie di cui all'art. 117 Cost., previa identificazione dell'interesse sotteso alle funzioni stesse, in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio, e compito rimesso alle amministrazioni regionali. La legge n. 59/1997, nel delegare il Governo per l'attuazione di un organico disegno di ulteriore decentramento, ha riconfermato ed anzi valorizzato ancora il suddetto ruolo della regione come centro di coordinamento, organizzazione ed allocazione delle funzioni agli enti locali. L'art. 4 della legge n. 59/1997, infatti, ha stabilito che nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione le regioni conferiscono ai comuni, alle province e agli altri enti locali le funzioni che non richiedano l'unitario esercizio a livello regionale: ancora una volta, quindi, l'individuazione del carattere locale - provinciale o comunale - dell'interesse sotteso all'esercizio della funzione e' compito rimesso alle regioni e costituisce il carattere essenziale e fondamentale del ruolo alle medesime riconosciuto dal legislatore, in conformita' agli artt. 117 e 118 Cost. Tale ruolo regionale e' stato ancora riconosciuto dalla Corte costituzionale la quale, nell'esaminare la prospettata questione di legittimita' costituzionale della legge n. 59/1997 (sentenza n. 408/1998), ha con chiarezza affermato: ". . . gia' nel contesto dell'ordinamento delle autonomie locali, il legislatore statale ha inteso, con l'art. 3 della legge n. 142 del 1990, attribuire alle regioni un ruolo di identificazione degli interessi comunali e provinciali "in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio e di "organizzazione dell'esercizio delle funzioni a livello locale, cioe' di disciplina del modo in cui esse si collocano e si raccordano nel contesto regionale, sottolineando cosi' un ruolo della regione come "centro propulsore e di coordinamento dell'intero sistema delle autonomie locali . La legge n. 59 del 1997, va oltre, ma nella stessa direzione, chiamando le regioni, nell'ambito delle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, a definire il riparto delle funzioni al proprio interno con criteri analoghi a quelli seguiti dallo stesso legislatore statale, e cioe' identificando le funzioni che "richiedono l'unitario esercizio a livello regionale" e devolvendo tutte le altre ai comuni, alle province e agli altri enti locali (art. 4, comma 1), in conformita' al principio di sussidiarieta'". Nella suddetta pronuncia costituzionale e' altresi' chiarito che, per la migliore attuazione dei principi del decentramento di cui all'art. 4 della legge n. 59/1997, la determinazione delle funzioni degli enti locali direttamente da pade del legislatore nazionale comporterebbe il rischio "di irrigidire in modo uniforme la configurazione delle funzioni e del loro esercizio sul territorio, senza poter tenere conto della diversita' dei contesti territoriali e anche delle legittime scelte che in questo campo possono essere compiute, sia pure nell `alveo del principio costituzionale che favorisce la devoluzione "in basso delle funzioni ogni volta che sia possibile (come emerge dalla locuzione dell'art. 118, terzo comma, secondo cui "normalmente le regioni esercitano le funzioni loro devolute mediante delega o utilizzazione degli edifici degli enti locali)". Come la dottrina ha acutamente osservato commentando la suddetta sentenza n. 408/1998, al crocevia tra l'affermazione del principio di sussidiarieta' e dei principi ad esso connessi o collegati dalle modalita' di attuazione degli stessi, viene valorizzato il ruolo regionale di organizzazione dell'esercizio delle funzioni e, quindi, della loro allocazione agli enti locali, ruolo "che serve nello stesso tempo a meglio fondare, nella sua effettivita' e compiutezza, il sistema delle autonomie locali" (G. Pastori "il conferimento delle funzioni amministrative fra regioni ed enti locali" in Le Regioni n. 2/1999, pag. 411 e ss.). Questo ruolo regionale dovrebbe sussistere, come osservato dalla richiamata dottrina, anche al di fuori delle materie regionali, andando oltre il c.d. "doppio binario" a garanzia di un sistema delle autonomie locali coerente e coordinato, ma e' comunque sicuramente riconosciuto nelle materie regionali di cui all'art. 117 Cost., secondo quanto rilevato nella citata sentenza costituzionale n. 408/1998. Poiche' nel caso oggetto del presente ricorso si vede in materia sicuramente regionale, l'art. 2 censurato, attribuendo ai comuni la funzione di rilasciare il nulla osta per il taglio dei boschi, viola la competenza attribuita alle regioni di allocare le funzioni agli enti locali, previa individuazione degli interessi sottesi all'esercizio della funzione medesima, competenza definita dall'art. 3 della legge n. 142/1990 (oggi art. 4 della legge 267/2000) e dall'ad. 4 della legge n. 59/1997, secondo l'interpretazione data dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 343/1991 e n. 408/1998, in attuazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 117 e 118 Cost. Questa competenza regionale e' conforme anche all'art. 128 Cost., in base al quale le province ed i comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni Infatti, come ha messo in luce una autorevole dottrina, la Repubblica non si esaurisce nello Stato, ma risulta dal complesso costituito da questo e dalle autonomie territoriali: leggi della Repubblica sono anche quelle regionali (G. MOR, commento all'art. 3 del decreto legislativo n. 112/1998, in Le Regioni n. 3-4/1998, pag. 487 s). Ne' puo' sostenersi che la disposizione censurata sia giustificabile per l'emergenza indotta dalle forti piogge che hanno colpito alcune regioni nelI'autunno 2000, in quanto, come sopra rilevato, dai lavori preparatori emerge che l'emendamento, e' stato proposto e votato per prevenire il rischio di ulteriori calamita' idrogeologiche e quindi si tratta, con tutta evidenza, di una norma a regime, con finalita' preventiva e quindi non giustificabile neanche in virtu' dei poteri straordinari di emergenza. La rilevata violazione delle competenze regionali e' particolarmente evidente considerando il compiuto sistema di attribuzioni disciplinato dalla regione ricorrente con le leggi sopra richiamate; si e' rilevato, in particolare che le funzioni concernenti il vincolo idrogeologico ed il taglio dei boschi sono, in Toscana, di competenza provinciale. Perche' da oggi dovrebbero essere i comuni toscani a rilasciare il nulla osta per il taglio del bosco? Che tipo di valutazione e' stata effettuata? E che cosa legittima e giustifica tale forte sovrapposizione e vanificazione della scelta istituzionale operata dalla regione Toscana circa il tipo di interesse sotteso alla funzione medesima? Si noti che la scelta della provincia quale ente locale competente per le funzioni in oggetto non e' certo stata causale, ma e' frutto della valutazione che la regione Toscana ha operato, in attuazione delle leggi n. 142/1990 prima e n. 59/1997 poi e che ha portato ad allocare in capo alla provincia le funzioni attinenti la forestazione, il vincolo idrogeologico la tutela dei boschi, anche per la stretta interrelazione tra tali compiti e le attribuzioni che le province hanno nel connesso settore della difesa del suolo e della pianificazione territoriale. 2) L'allocazione diretta della competenza relativa al nulla osta per il taglio dei boschi in capo ai comuni operata dallo Stato con la norma in esame non puo' ritenersi legittima neanche in rapporto all'art. 118, primo comma della Costituzione. A parte la decisivita' delle argomentazioni esposte al precedente punto per cui nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione il sistema richiede che siano le regioni ad allocare le funzioni agli enti locali, sta il fatto che l'art. 118 citato prevede una possibile attribuzione dallo Stato agli enti locali per le sole funzioni di interesse esclusivamente locale. Ma la valutazione effettuata dallo Stato per, le funzioni attipenti la tutela idrogeologica e' stata diversa, posto che le funzioni in materia sono state trasferite alle regioni e mai l'interesse sotteso alle stesse e' stato ritenuto di interesse esclusivamente locale. E' del tutto illogico, irrazionale e contrastante con i principi di buona amministrazione e di uguaglianza mutare radicalmente in modo repentino, senza alcuna specifica considerazione in merito, le scelte effettuate sia con il decreto legislativo n. 616/1977 e poi con il decreto legislativo n. 143/1997 tra l'altro solo per quelle Regioni colpite dalle alluvioni nel 2000 ( e perche' non anche per quelle regioni colpite dalle stesse calamita' nel 1999 o nel 1998?) In ogni caso se nell'allocazione comunale della funzione (del nulla osta per il taglio del bosco) dovesse ravvisarsi un principio e un interesse locale giustificativo della medesima, allora la stessa allocazione dovrebbe inevitabilmente valere su tutto il territorio nazionale. Inoltre la norma censurata richiede che il comune, prima di esprimersi, debba acquisire tra l'altro anche il parere della regione: se si trattasse si funzione di interesse esclusivamente locale non avrebbe senso richiedere l'acquisizione del parere regionale. Pertanto la norma denunciata e' ulteriormente incostituzionale per violazione, dell'art. 118 primo comma Cost., nonche' degli artt. 3, 5 e 97 della Costituzione. La disparita' di trattamento rispetto alle altre regioni, che casualmente non sono state oggetto di eventi alluvionali nel 2000, ma lo sono state nel 1999 o nel 1998, nonche' l'incongruenza e l'irrazionalita' della disposizione rispetto al fine perseguito (i comuni non svolgono funzioni in tema di tutela idrogeologica e quindi ben difficilmente possono esprimersi su un segmento isolato della piu' ampia competenza si da garantire quella tutela preventiva che il Senato avrebbe ravvisato quale ratio della disposizione) vengono sicuramente ad incidere sulle competenze regionali costituzionalmente garantite alle regioni nella materia dell'agricoltura e foreste, nonche' sul ruolo regionale come delineato nella giurisprudenza costituzionale richiamata al precedente punto 1). Cio' legittima la regione ad invocare, nel giudizio di impugnazione della legge statale in via principale, anche precetti pur non contenuti nel titolo V della Costituzione, ove la loro violazione, come nel caso in esame, incida sull'autonomia regionale (Corte costituzionale, n. 243/1974; n. 243/1985; n. 407/1989; n. 276/1991; n. 393/1992). In particolare, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 276/1991 ha chiarito che "quando la legge statale provvede in qualsiasi materia (od organizza qualsiasi attivita' propria o regionale) assumendo come criterio il territorio e introducendo una disciplina differenziata in riferimento ad una parte di esso, non puo' disconoscersi una pretesa, egualmente rilevante ed egualmente tutelabile della regione il cui territorio sia stato o no ricompreso nel trattamento differenziato, al controllo che questo non sia manifestatamente ingiusticato, cioe' irragionevole (art. 3 Costituzione)"; in tali ipotesi "l'esigenza di tutela va al di la' della salvaguardia della competenza legislativa regionale stabilita per territorio e per materie ai sensi dell'art. 117 Cost. e si ricollega alla natura della regione di ente politico esponenziale della comunita' regionale, il cui fondamento e la cui garanzia sostanziale di fronte allo Stato e ai poteri del legislatore nazionale sta piuttosto nell'art. 5 della Costituzione stessa. Nel caso in esame, come gia' rilevato, la scelta fatta dalla norma denunciata e' arbitraria e non e' legittimato il diverso trattamento previsto tra le varie regioni sulla base dell'alluvione verificatasi nel 2000, quando in altre regioni negli scorsi anni si sono purtroppo avuti altrettanto drammatici eventi alluvionali. La constatazione della diffusa giurisprudenza della Corte costituzionale in merito ha indotto un'autorevole dottrina a constatare l'evoluzione nel modo di intendere l'invasione di competenza ad opera della legge statale. Non si ha infatti a che fare necessariamente con parametri costituzionali relativi alla delimitazione delle sfere di competenza in senso stretto, ma anche con altre norme (come il principio di ragionevolezza, di uguaglianza ecc.) la cui violazione determini comunque una lesione di diritti o di interessi regionali costituzionalmente protetti" (Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, Bologna, 1988 pag. 247; Lavagna, Istituzioni di diritto pubblico, Torino 1982. p. 1071), al punto che si e' potuto dire che "il giudizio sulla ragionevolezza si inserisce probabilmente in ogni questione di legittimita' costituzionale, sia pure informa implicita e inespressa come momento essenziale ed ineliminabile (Lavagna, Ragionevolezza e legittimita' costituzionale, Studi Esposito,157). Di qui la violazione delle norme indicate. 3) Come gia' rilevato la disposizione censurata impone ai comuni di acquisire ben cinque pareri prima di potersi esprimere sul nulla osta richiesto. E' previsto, innanzitutto, il parere della "competente commissione comunale". Quale sia, pero', tale commissione non e' dato saperlo: i comuni dispongono infatti delle commissioni edilizie che sono integrate da esperti in materia ambientale per le valutazioni sul vincolo paesaggistico ed ambientale. Il settore della tutela idrogeologica e' estraneo alle attribuzioni comunali e le suddette commissioni non sono quindi quelle competenti. Dunque le Amministrazioni comunali dovranno istituire apposite commissioni per tale nuovo compito che - si ripete - in Toscana e' gia' esercitato dalla provincia che invece ha le strutture tecnicamente competenti. L'istituzione di nuove commissioni a livello comunale determina una evidente, inutile ed antieconomica duplicazione di strutture, per svolgere una funzione che rappresenta una parte della ben piu' articolata attivita' di tutela della aree vincolate idrogeologicamente. Anche per tali profili la norma si pone dunque in contrasto con il principio di razionalita' e buon andamento dell'azione amministrativa. Lo stesso contrasto sussiste anche per il previsto richiesto parere della regione: in verita' non si comprende perche' l'ente territoriale minore sia titolare della funzione di amministrazione attiva e la regione debba svolgere un mero ruolo consultivo. Infatti o si ritiene che la funzione sia di interesse locale e quindi si affida esclusivamente al comune l'esercizio della competenza, ovvero - come in realta' e' ed e' dimostrato dalla previsione dei necessari pareri di quattro amministrazioni - si ritiene che la funzione implichi valutazioni di livello sovracomunale e allora e' illogica ed illegittima costituzionalmente l'allocazione della funzione in capo al comune. Ancora, poi, non sono specificate le finalita' cui debbano rispondere i pareri previsti. La Sovrintendenza competente in materia di beni ambientali dovra', si presume, rilasciare il parere in tema di vincolo ambientale e paesaggistico. Tuttavia, ai sensi dell'art. 151 del decreto legislativo 20 ottobre 1999, n. 490, l'intervento dello Stato in materia e' limitato solo all'eventuale annullamento delle autorizzazioni per interventi in zone soggette a vincolo paesaggistico e ambientale rilasciate dalla Regione (in Toscana dai comuni, per attribuzione della funzione) e, inoltre, ai sensi dell'art. 152 dello stesso decreto n. 490/1999 l'autorizzazione paesaggistica non e' richiesta per molte tipologie di tagli boschivi come ad esempio quelle inerenti l'esercizio delle attivita' agro-silvopastorale e il taglio colturale del bosco. Non si comprende quindi perche' dovrebbe essere acquisito il parere della Sovrintendenza competente in materia di beni ambientali, posto che la stessa non deve rilasciare l'autorizzazione per il vincolo ambientale. Le rilevate ambiguita', il mancato coordinamento con la legislazione esistente, il totale sovvertimento delle scelte legislative effettuate a livello regionale e, non da ultimo, l'eccessiva molteplicita' dei pareri richiesti, rendono la norma di difficilissima applicazione a livello locale, con la conseguenza che, con tutta probabilita', non verra' concesso il nulla osta per il taglio dei boschi e questo paralizza di fatto, con effetto immediato, la possibilita' di effettuare anche gli interventi silvicolturali che, invece, hanno enorme importanza proprio per la tutela idrogeologica dei territori, perche', si ripete, l'incuria e l'abbandono di detti interventi silvicolturali costituiscono un motivo determinante dell'ostruzione delle sezioni idrauliche da parte di piante divenute instabili e non piu' utilizzate. E' invece fondamentale prevedere con corretto equilibrio la realizzazione di interventi silvicolturali, imprescindibili per la pulizia delle sezioni idrauliche, ed il taglio del bosco nei limiti consentibili per garantire l'assetto idrogeologicamente stabile del terreno, cosi' come disciplinato dalla regione Toscana nella richiamata legge regionale n. 39/2000. Anche per i suddetti profili la norma denunciata viola dunque il principio di ragionevolezza e di buon andamento dell'azione amministrativa di cui agli artt. 3 e 97 Cost. con incidenza sull'autonomia regionale in materia costituzionalmente garantita.