La Corte d'Appello di Milano, sezione IV penale, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 2012/2000 r.g.a. a carico di Bossi Umberto. Il pretore di Milano con sentenza del 3 novembre 1994 - previa declaratoria di manifesta infondatezza della richiesta difensiva di proscioglimento dell'imputato a norma dell'art. 129 c.p.p. sulla base di quanto statuito dall'art. 68, primo comma della Carta costituzionale - dichiarava l'onorevole Umberto Bossi responsabile del reato di diffamazione aggravata nei confronti di Dalla Chiesa Fernando e lo condannava alla pena di L. 2.000.000 di multa oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, perche' comunicando con piu' persone riunite in un comizio tenutosi in piazza del Duomo in occasione della campagna elettorale per l'elezione del sindaco di Milano, durante la fase del ballottaggio, pronunciando un discorso durante il quale veniva affermato, tra l'altro, "... quello e' un ipocrita fatto e finito, un uomo dalla lunga faccia ... lo statalismo a Milano e' rappresentato dallo schieramento di Dalla Cosa Nostra, io lo chiamo Dalla Cosa Nostra e poi mi piace il ragionamento che fa Dalla Cosa Nostra quando dice che lui e' stato il migliore anticlassista... pero' io non sapevo che lui era in Parlamento, io non sapevo neppure che Dalla Cosa Nostra fosse in Parlamento, perche' in un anno ha parlato due volte leggendo il fogliettino... ma per cambiare il mondo deve avere le masse, deve avere i voti, non essere rappresentante di un partito da prefisso telefonico La Rete, un partito che io ritengo qui oggettivamente mafioso, che vive in una realta' che non c'entra niente con la democrazia, che non c'entra niente con l'Europa verso cui vogliamo andare, verso cui la stessa Sicilia vuole andare... ho saputo solo quando e' capitato in lista a Milano che esisteva in Parlamento un tal Dalla Cosa Nostra ... rispunta (lo statalismo a Milano) e gioca le carte di un uomo come Dalla Cosa Nostra che puo' grazie al cognome e non grazie ai meriti personali..." offendeva la reputazione di Fernando Dalla Chiesa candidato per l'elezione di sindaco di Milano, con l'aggravante di avere recato l'offesa durante un comizio politico. Avverso la sentenza proponeva appello l'imputato deducendo che le frasi proferite nei confronti del Dalla Chiesa costituivano manifestazione di giudizi politici come tali non perseguibili in sede penale ai sensi dell'art. 68 della Costituzione. Nel corso del giudizio d'appello la Camera dei deputati con delibera del 31 gennaio 1996 dichiarava che le frasi pronunciate dall'onorevole Bossi costituivano espressione di opinione di un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni e pertanto coperte da guarentigia costituzionale. All'udienza camerale del 10 maggio 1996 la Corte d'Appello di Milano sollevava conflitto attribuzione avanti la Corte costituzionale affinche' stabilisse se le frasi pronunziate dall'imputato costituissero o meno esercizio di attivita' connessa a quella parlamentare. La Corte costituzionale con sentenza in data 16 dicembre 1997 dichiarava improcedibile il sollevato conflitto a causa del mancato deposito nel termine previsto, del ricorso e dell'ordinanza di ammissibilita' presso la cancelleria della Corte stessa. A seguito di tale pronuncia la Corte d'Appello di Milano dichiarava l'improcedibilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione, dell'azione penale nei confronti di Bossi Umberto con conseguente revoca anche di ogni statuizione in materia civile. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione la parte civile. Tale ricorso veniva accolto dalla suprema Corte che annullava con rinvio la sentenza ritenendo fondato il motivo addotto dal ricorrente in ordine alla illogicita' della motivazione del giudice d'appello laddove ha ritenuto applicabile l'art. 68, primo comma della Costituzione sulla base della delibera della Camera dei deputati, in assenza di pronunzia della Corte costituzionale che ha dichiarato improcedibile il sollevato conflitto, escludendo la riproposizione del conflitto e statuendo conseguentemente obbligata l'accettazione della pronunzia in proposito della Camera dei deputati. Tale argomentazione e' stata ritenuta dalla cassazione illogica laddove la riproposizione del conflitto e' possibile (come statuito da costante giurisprudenza della stessa Corte costituzionale che esclude la sussistenza di un termine di decadenza per sollevare un conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato) e atteso che la pronunzia della Corte costituzionale non risolve in senso favorevole all'imputato il conflitto ma ne dichiara l'improcedibilita' per la sussistenza di vizi procedurali. Questa Corte, chiamata - ora - a valutare se ricorrano o no i presupposti per la riproposizione alla Corte costituzionale del conflitto di attribuzione, respinto dall'organo costituzionale per vizi procedurali, vista la decisione della Corte di cassazione a seguito di gravame della parte civile, non puo' esimersi dal sottoporre nuovamente alla Consulta la soluzione della situazione di contrapposizione creatasi tra l'organo giudicante e l'assemblea parlamentare cui l'on. Bossi appartiene, riproponendosi il rispetto delle norme procedurali la cui pregressa mancata osservazione e' alla base della reiezione ed atteso che la pronunzia della Corte di cassazione ha inequivocabilmente osservato la possibilita' della riproposizione. Invero questa Corte, pur riconoscendo la valenza della decisione assunta dalla Camera dei deputati che ha ritenuto applicabile l'art. 68, primo comma, della Costituzione ed ha dichiarato l'insindacabilita' dell'operato dell'on. Bossi in quanto riconducibile e indissolubilmente connesso con la sua funzione parlamentare, sussistendo un evidente contrasto tra le decisioni del giudice di merito gia' assunte nel primo grado di giudizio ed allo scopo di risolvere (nel pieno rispetto delle norme procedurali e in un'ottica propositiva di giusta conduzione del proprio ruolo di giudice d'appello) tale contrapposizione, gia' oggetto di valutazione del giudice di secondo grado non sostenuta nell'iter procedurale per difetto formale in sede dell'instaurato giudizio solutorio della Corte costituzionale, non puo' non confermare l'intendimento di avviare l'unico percorso di verifica e di soluzione del conflitto di attribuzione riproponendo la soluzione in ordine alla sussistenza o meno del nesso funzionale sopra indicato e la conseguente insindacabilita' delle espressioni dell'on. Bossi se opinioni riconducibili all'esercizio della funzione parlamentare. La tutela, la salvaguardia e la rimozione di ostacoli e condizionamenti della funzione parlamentare nella sua effettiva estrinsecazione e' alla base del dettato dell'art. 68, primo comma, della Carta costituzionale: invero tale norma non deve essere generalizzata e costituire pretesto per escludere la possibilita' di accertare eventuali comportamenti censurabili laddove non inquadrabili ne' comunque connessi all'attivita' parlamentare. Invero questa Corte, pur non animata da intenti di mera contrapposizione, non puo' non avere presente che il massimo organo costituzionale anche in recenti decisioni ha notevolmente limitata la speciale prerogativa di insindacabilita' dell'operato di un parlamentare restringendo il campo di applicazione dell'art. 68, comma 1, della Costituzione (sentenze n. 82/2000 e n. 11/2000). E' ben vero che statuire se un'opinione comunque espressa da un deputato della Repubblica rientra o meno nella sua specifica funzione di parlamentare (o comunque ad essa e' sostanzialmente collegata e riconducibile) e' funzione propria della Camera di appartenenza, tuttavia il giudice ordinario - chiamato ad accertare se frasi profferite nel corso di un comizio elettorale ritenute diffamatorie dalla persona nei cui confronti le frasi sono state rivolte - non puo' - nutrendo dubbi circa la sussistenza del nesso funzionale dell'operato dell'on. Bossi con le funzioni parlamentari - non avvalersi dell'unica possibilita' riconosciutagli e sottoporre alla Consulta la decisione in ordine alla sussistenza o meno della speciale prerogativa di insindacabilita', deliberata dalla Camera, laddove (come nel caso specifico) sussiste gia' una pronunzia del primo giudice. Questa Corte non puo' esimersi dal prendere atto che la funzione parlamentare non puo' costituire una sorta di piena e permanente insindacabilita' dell'azione dei componenti dell'assemblea laddove eventuali comportamenti, ipotizzati come diffamatori da querela di terzi non appaiono, al collegio giudicante, sicuramente riconducibili a tale funzione e pertanto sono da inquadrarsi nell'art. 21 e non nell'art. 68, primo comma, della Costituzione. La decisione dalla Camera di appartenenza pur seguendo un iter formativo della declaratoria corretto (relazione favorevole della giunta per le autorizzazioni a procedere e conforme decisione della Camera) non sembra adeguatamente esternare la motivazione delle ragioni che hanno indotto a dichiarare inerente l'attivita' parlamentare il contesto in cui le frasi - di cui si e' chiamati a valutarne la sussistenza dell'illecito deciso dal primo giudice - sono state pronunziate ossia nel corso di un comizio di partito per elezioni amministrative il cui fine appare inquadrabile piu' in attivita' di propaganda piuttosto che di finalita' pubbliche rappresentative e connesse all'attivita' istituzionale del parlamentare. Si ritiene quindi sicuramente opportuno che la Corte costituzionale valuti - in sua specifica e superiore competenza - il caso risolvendo l'insorto conflitto d'attribuzione e stabilendo in via definitiva se le frasi dell'on. Bossi siano state pronunciate in ambito parlamentare o comunque in un contesto riconducibile a tale ambito (rendendo quindi applicabile l'ipotesi di insindacabilita') ovvero al di fuori di ogni dipendenza funzionale del ruolo istituzionale di deputato rendendo quindi possibile il giudizio in ordine alla sussistenza o meno (con le garanzie ex art. 21 della Costituzione, valide in ogni caso e per tutti) della prospettata eventuale azione diffamatoria nei confronti della parte civile. La Corte dispone, pertanto, che gli atti siano rimessi alla Corte costituzionale per la soluzione del conflitto sopra sollevato, e di conseguenza sospende il procedimento penale a carico dell'on. Bossi Umberto.