LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha  emesso  la  seguente sentenza sull'appello R.G. Appelli 65/99
depositato il 15 gennaio 1999 avverso la sentenza n. 157/20/97 emessa
dalla  Commissione tributaria provinciale di Genova da Panni Giorgio,
residente  a  Vernazza  (La  Spezia), in via Preteccia, 1, difeso da:
Masnata  Gianluigi,  residente  a  Genova  in  via  Bacigalupo, 4-15;
controparte:  Registro  di  Genova  successioni; atti impugnati: Ist.
rimborso - successione.
    Il  sig. Aldo  Trionfo  deceduto  in  data  6  febbraio  1989 con
testamento  olografo  ricevuto  dal  notaio Pierina Davia rep. 6468 e
dallo  stesso  pubblicato  in  data  13  febbraio 1989 lasciava erede
universale  dei  suoi  beni  il sig. Giorgio Panni. Nella denuncia di
successione   presentata   all'ufficio   in   data   3  agosto  1989,
n. 26/52741,  veniva  indicato  un  legato in capo alla sig.ra Renata
Boccara  consistente  nella  nuda  proprieta'  dell'immobile  sito in
Genova,  via  S.  Vincenzo, 1/8,  mentre al sig. Panni Giorgio veniva
riconosciuto il diritto di abitazione per la durata di dieci anni.
    L'ufficio  provvedeva  quindi  alla  liquidazione dell'imposta di
successione  e INVIM per tale cespite ai sensi degli artt. 20, 23 del
d.P.R.   n. 637/1972,   valutandolo   alla  stregua  del  diritto  di
usufrutto.
    Ritenendo    tale   liquidazione   erronea   e   illegittima   in
considerazione   del   minor   contenuto  economico  del  diritto  di
abitazione  nella specie, per di piu' limitato nel tempo, rispetto al
diritto di usufrutto, il Panni chiedeva la riliquidazione del tributo
e rimborso della maggior imposta versata.
    L'istanza  presentata  dal  contribuente  in data 17 ottobre 1992
veniva   respinta   dall'Ufficio   di   successioni   di  Genova  con
provvedimento n. 265 del 29 febbraio 1996.
    Impugnava  il  contribuente  il  provvedimento di cui sopra, alla
Commissione tributaria provinciale di Genova con ricorso nel quale si
contestava  l'operato dell'ufficio che aveva equiparato il diritto di
abitazione  a  quello  di usufrutto, e uso, attribuendo al cespite in
questione  lo stesso valore, senza tener conto della differenza fra i
suddetti  diritti  reali,  diversi fra loro sia per carattere che per
contenuto economico.
    Sosteneva  ancora il contribuente che il diritto di abitazione e'
una  sottospecie del diritto d'uso, in quanto attribuisce soltanto il
diritto   di  abitare  l'immobile  personalmente  assieme  ai  propri
famigliari  escludendo  la possibilita' di trarne altri utili per es.
con la concessione a terzi, attribuito invece nell'usufrutto.
    Nella  fattispecie  inoltre  il  contribuente  e'  titolare di un
diritto di abitazione per la durata di anni dieci.
    In   conclusione   il   contribuente   lamentando   esservi   una
ingiustificata  eguaglianza  di trattamento tributario tra il diritto
di abitazione e il diritto di usufrutto, sia se illimitati nel tempo,
quanto se di durata predeterminata, prospettava l'incostituzionalita'
della  norma  di cui all'art. 20 del d.P.R. n. 637/1972 (ora art. 14,
lett. c),  del d.lgs. n. 346/1990) per contrasto con gli artt. 3 e 53
della Costituzione.
    In  particolare  il  valore  del  diritto di abitazione, sotto il
profilo della tassabilita' ai fini dell'imposta di successione, ha un
contenuto  economico  di  molto  inferiore  rispetto  al  diritto  di
usufrutto:  nella  fattispecie  il valore del diritto di usufrutto e'
stato  stimato  in  L. 183.422.500  mentre il diritto di abitazione a
durata  illimitata,  sotto il profilo economico, ha un valore ridotto
di  1/4  rispetto  al diritto di usufrutto, e quindi corrispondente a
circa L. 45.855.625.
    Se  invece  e'  limitato  nel  tempo il suo valore e' ancora piu'
ridotto rispetto a quello sopra indicato.
    Chiedeva  pertanto  alla Commissione adita di voler rimettere gli
atti  alla  Corte  costituzionale  per  il  giudizio  incidentale  di
costituzionalita'  dell'art. 20  del d.P.R. n. 637/1972, ora art. 14,
lett.  c),  del  d.lgs.  31  ottobre  1990,  n. 346, per violazione e
contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione.
    Nel  merito,  riconosciuto  il  diritto al rimborso della maggior
imposta di successione versata, condannare la Direzione regionale per
le  entrate  della Liguria al rimborso dell'imposta con gli interessi
di legge e vinte le spese del giudizio.
    L'Ufficio   si   costituiva  in  giudizio,  depositando  note  in
controdeduzione,  nelle  quali  si  richiamava  al  tenore  letterale
dell'art. 20  del  d.P.R.  n. 637/1972  che  equipara sotto l'aspetto
fiscale  il  diritto di abitazione sia al diritto di usufrutto che al
diritto  d'uso  e  prevede  che  l'importo deve essere determinato ai
sensi dell'art. 23 del d.P.R. n. 637/1972.
    Contestava  l'affermazione  del  contribuente  che  il valore del
diritto  di  abitazione, per pacifica indicazione dell'economia, vale
circa  1/4 del diritto di usufrutto confermando la legittimita' della
liquidazione  effettuata dall'Ufficio sulla base delle suddette norme
di legge in materia fiscale.
    Chiedeva  infine  il  rigetto  del  ricorso  e  la  condanna  del
contribuente alle spese.
    La  Commissione  tributaria  provinciale emetteva sentenza con la
quale respingeva il ricorso, compensando le spese del giudizio.
    Impugna  la  sentenza  il  contribuente,  con  ricorso, nel quale
ribadendo  le  tesi  gia'  esposte  in primo grado, chiede in riforma
della  sentenza  impugnata  in  via  preliminare  dichiararsi  la non
manifesta   infondatezza   della   questione   di   costituzionalita'
dell'art. 20  del  d.P.R.  n. 637/1972,  ora  art. 14,  lett. c), del
d.lgs.  31  ottobre  1990, n. 346, per violazione e contrasti con gli
artt. 3  e  53  della  Costituzione  e quindi rimettere gli atti alla
Corte   costituzionale   per  il  relativo  giudizio  incidentale  di
costituzionalita'.
    Nel   merito   chiede   dichiararsi   e  riconoscere  il  diritto
dell'esponente  al  rimborso  della  maggior  imposta  di successione
versata   in  relazione  al  limitato  diritto  di  abitazione  oltre
interessi e vinte le spese del giudizio.
    L'Ufficio  si costituisce depositando controdeduzioni nelle quali
confermando  i  motivi  gia' esposti in primo grado chiede il rigetto
dell'appello con la condanna alle spese dei due gradi di giudizio.
    In  data  15 ottobre 1999 il contribuente deposita istanza per la
discussione della causa in pubblica udienza.
    All'udienza  del 24 novembre 1999 verificata la regolarita' della
notifica  dell'istanza di trattazione in pubblica udienza, si procede
alla  discussione  della causa, alla presenza soltanto del legale del
contribuente,    avv. Gianluigi    Masnata,    assente    invece   il
rappresentante dell'Ufficio.
    Successivamente   la   causa   viene   trattenuta  in  decisione.
Preliminarmente questa Commissione tributaria regionale, sull'istanza
del  contribuente in ricorso, dispone la riunione alla presente causa
di  quelle  avanti  il  n. 68/99  e n. 67/99 in quanto riguardanti lo
stesso  oggetto,  parziale  rimborso  dell'imposta  di successione in
morte  di  Cesare  Aldo  Trionfo  -  Denunce  nn. 37/5270 - 26/5274 -
23/5392 e lo stesso contribuente.
    Passando   all'esame  del  ricorso,  questa  Commissione  ritiene
rilevante  e non manifestamente infondata la prospettata questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 20  del d.P.R. n. 637//2, ora
art. 14,  lett. c),  del  d.lgs.  30 ottobre  1990,  n. 346. Sotto il
profilo  della  rilevanza  della  questione ai fini della fattispecie
puo'  osservarsi  che  essa  risulta  condizionare l'effettivita' del
rimborso richiesto.
    Invero,  l'accoglimento  della domanda di rimborso presentata dal
contribuente risulta impossibile ove non si acceda preliminarmente ad
un  giudizio  di  costituzionalita' incentrato sulla rispondenza alla
regola della capacita' contributiva manifestata, del cennato uniforme
criterio di valutazione economica dei diversi diritti reali "minori",
impropriamente  contemplati  unitariamente, senza distinzione alcuna,
non  solo  quanto  al  loro  contenuto,  ma  neppure quanto alla loro
durata,  non necessariamente coincidente con la durata della vita e/o
esistenza del soggetto titolare del diritto reale stesso.
    In  altre  parole,  essendo  pacifico  tanto  nella  legislazione
positiva, quanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, che i diritti
reali  "minori" sono diversi fra di loro, quanto alla loro rispettiva
capacita'  di  ampliare  i  diritti  e  le  facolta' del titolare, la
richiesta  della  contemplazione  di  tali differenze di contenuto ai
fini  della  corretta liquidazione di un tributo che abbia riguardo a
tali diversita' sotto il profilo economico (espressione questa che si
ricollega  al  principio della capacita' contributiva contenuto nella
Costituzione    della   Repubblica,   quale   fondamentale   criterio
informatore  delle  leggi  che  disciplinano la tassazione in genere)
sembra  essere  rilevante  sia  ai  fini del riconoscimento della non
corretta  e/o  eccessiva  (come afferma il contribuente nella specie)
tassazione,  sia  per  la  pronuncia della esistenza di un diritto al
rimborso,   altrimenti  non  consentito  dal  testo  equalizzatore  e
parificatore della norma.
    Sotto il profilo della violazione dei principi costituzionali, la
questione,  ad  avviso  di  questo  giudice,  pare non manifestamente
infondata e sotto questi aspetti:
        1) violazione  del  principio  di uguaglianza (art. 3 Cost.):
l'art. 20 del d.P.R. n. 637/1972, ora art. 14 d.lgs. 31 ottobre 1990,
n. 346,   non   prevede   alcuna   differenza  nel  calcolo  e  nella
liquidazione  del  tributo di successione fra i diritti di usufrutto,
uso,  abitazione attribuendo loro lo stesso valore imponibile, pur in
presenza  di evidenti provate e indiscutibili differenze di contenuto
economico di questi diritti reali.
    Non  vi  e'  dubbio che il diritto di usufrutto, secondo le norme
del codice civile artt. 978-1020, ha un contenuto piu' ampio rispetto
all'uso (art. 1021 c.c.) e all'abitazione (art. 1022).
    Questa  differenza,  appare  vieppiu'  rilevante  sotto l'aspetto
economico,  laddove  l'usufruttuario, in sintesi, puo' disporre della
cosa,  trarne  i frutti, cedendo a terzi tutti i diritti, personali o
reali di godimento in ordine al bene su cui grava l'usufrutto, mentre
il  diritto di abitazione attribuisce al suo titolare il solo diritto
di  abitare la casa assieme ai suoi famigliari, escludendo che questi
possa,  a  differenza  dell'usufruttuario, cedere ad altri il proprio
diritto  e  finanche  dare  una  destinazione diversa dall'abitazione
personale dell'immobile.
    La  differenza  di  contenuto  economico del diritto in questione
rispetto all'usufrutto non puo' non rilevare per la norma tributaria,
costituendo  la  situazione  economica reddituale la base sulla quale
determinare l'imposizione.
    Nella fattispecie il diritto di abitazione del contribuente e' di
durata  decennale,  quindi  limitato  nel  tempo,  e  sicuramente  di
contenuto  economico  inferiore  rispetto al diritto di usufrutto che
limitato  o  illimitato nel tempo, ha di sicuro una valenza economica
molto piu' rilevante.
    Queste  situazioni  differenti  sia  sul  piano giuridico che sul
piano  economico necessitano di una norma tributaria che le consideri
secondo   la   loro  effettiva  potenzialita'  economica,  liquidando
l'imposta sulla base del valore reale del diritto;
        2)  l'art. 20  d.P.R. n. 637/1972, ora art. 14, lett. c), del
d.lgs.  31  ottobre  1990,  n. 346,  viola  altresi'  il principio di
capacita'   contributiva   (art. 53  Cost.),  espressione  reale  del
principio  di  uguaglianza  dei  cittadini davanti alla legge sancita
dall'art. 3 della Costituzione.
    Il  presupposto  di  fatto del diritto di abitazione limitato nel
tempo  e'  certamente  diverso  rispetto  a quello dell'usufrutto. Di
conseguenza  il  valore  imponibile del primo e' certamente inferiore
rispetto  a quest'ultimo e la relativa imposta non puo' essere uguale
per i due diritti;
        3)  sotto  il  profilo  della  violazione del principio della
capacita'  contributiva, non puo', con tutta evidenza, sottacersi che
le  vigenti  disposizioni legislative che disciplinano il calcolo del
valore   dell'usufrutto,  applicate  nella  specie,  non  contemplano
affatto  criteri  di  abbattimento  e/o adeguamento e/o perequazione,
utilizzabili  nella  ipotesi  in cui, come nella specie e' assodato e
pacifico,  il  diritto  sia  riconosciuto  e  attribuito per un tempo
determinato anziche' usque ad mortem.
    Il  rilievo  vale,  naturalmente, per tutti e tre i diritti reali
minori  di  cui  al  codice  civile,  per  nessuno dei quali e' stato
dettato  un  criterio capace di determinare il valore economico di un
diritto  attribuito  a  tempo determinato, e la conseguente questione
della  necessita'  di adeguare l'ordinamento tributario sul punto con
una  normativa rispettosa di manifestazioni di capacita' contributiva
piu'  limitata,  appare,  dunque,  quanto  mai  necessaria,  a  nulla
importando,  come  e'  evidente,  la  possibile minor frequenza della
ipotesi.