ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 9 novembre 1999 della Camera dei deputati, relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dall'on. Vittorio Sgarbi nei confronti di Sandro Lopez, promosso con ricorso del tribunale di Cosenza, II sezione penale, notificato il 18 agosto 2000, depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2001 ed iscritto al n. 8 del registro conflitti 2001. Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati; Udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2001 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti. Ritenuto in fatto 1. - Il tribunale di Cosenza, II sezione penale, con ordinanza del 21 febbraio 2000, depositata nella cancelleria della Corte il 5 maggio 2000, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione adottata dall'Assemblea nella seduta del 9 novembre 1999 (documento IV-ter, n. 36), con la quale e' stata approvata la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio di dichiarare che i fatti per i quali e' in corso il procedimento penale nei confronti del deputatoVittorio Sgarbi concernono opinioni espresse dal parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. 2. - Il tribunale espone che si procede nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi per il reato di cui agli artt. 595 del codice penale, 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e 30, quarto comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, in relazione a dichiarazioni da lui rese, ritenute offensive della reputazione di un consulente tecnico, definito persona incapace, professionalmente inidonea e non in grado di effettuare una perizia balistica per assoluta ignoranza della materia. Ad avviso del Collegio, la Camera dei deputati non avrebbe legittimamente esercitato il proprio potere valutativo, e cio' a causa della mancanza assoluta di nesso tra le dichiarazioni oggetto dell'imputazione penale e la funzione parlamentare. Secondo invece quanto risulta dalla relazione della Giunta, le frasi proferite dal deputato sarebbero "in stretta ed immediata connessione con lo svolgimento di un procedimento penale che, all'epoca del suo inizio,aveva gravemente leso la reputazione degli indagati, alcuni ex membri del Parlamento, sottoposti ad una lunga custodia cautelare ed esposti con grande enfasi alla pubblica berlina". Dunque, si sarebbe trattato "di una critica tutta politica sulla conduzione, da parte dell'accusa, di un procedimento penale nel quale le tesi della medesima si sono poi rivelate del tutto infondate, non senza avere arrecato, tuttavia, un grave vulnus non solo alla reputazione degli interessati, ma anche al rapporto tra opinione pubblica e classe politica". In contrario, il tribunale deduce che nel caso in esame non solo non sarebbe configurabile un collegamento tra le espressioni ritenute offensive e l'attivita' parlamentare, ma neppure sarebbe identificabile un intento divulgativo di una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare. A suo avviso, la prerogativa della insindacabilita' riguarderebbe infatti soltanto i comportamenti dei membri delle Camere funzionali all'esercizio delle attribuzioni proprie del potere legislativo, non gia' l'intera attivita' politica svolta da questi ultimi. La deliberazione impugnata, conclude il tribunale, sarebbe quindi basata su di una erronea interpretazione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione e pertanto realizzerebbe un'ingiustificata menomazione della sfera di attribuzioni costituzionali dell'autorita' giudiziaria. 3. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile con ordinanza di questa Corte n. 389 del 12 luglio 2000. Il tribunale di Cosenza ha notificato in data 18 agosto 2000 il ricorso e l'ordinanza di ammissibilita' alla Camera dei deputati, depositandoli poi, insieme con la prova della avvenuta notifica, nella cancelleria della Corte costituzionale in data 7 febbraio 2001. 4. - Nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituita la Camera dei deputati, chiedendo che il ricorso venga rigettato. La resistente deduce che la prerogativa dell'insindacabilita' non concerne soltanto le opinioni espresse nella sede istituzionale, bensi' tutte quelle collegate con l'esercizio delle funzioni parlamentari. A suo avviso, questo nesso puo' sussistere anche per le opinioni espresse avvalendosi del mezzo televisivo e non riguarderebbe esclusivamente quelle meramente riproduttive di dichiarazioni oggetto di atti parlamentari. Una siffatta limitazione condurrebbe invero ad individuare nell'art. 68 della Costituzione una regola di garanzia di pubblicita' e conoscibilita' degli atti delle Camere, anziche' di tutela della liberta' e dell'autonomia dell'attivita' politico-parlamentare, e sopprimerebbe ogni margine di apprezzamento delle Camere in ordine al collegamento fra le prerogative costituzionali del mandato parlamentare e la liberta' del processo politico. La resistente sostiene, quindi, che le opinioni oggetto del procedimento penale in questione sarebbero strettamente collegate all'attivita' parlamentare del deputato Vittorio Sgarbi e costituirebbero divulgazione della sua costante attenzione critica nei confronti dell'azione degli uffici giudiziari, come risulta dal numero degli atti ispettivi dei quali egli risulta presentatore, gia' depositati presso la Corte in occasione di precedenti conflitti. In particolare, relativamente agli uffici giudiziari siti nella regione Calabria, assumerebbero rilievo le interrogazioni n. 4/01430 del 16 giugno 1994; n. 4/06668 del 17 gennaio 1995, n. 4/12250 del 19 luglio 1995, nonche' quelle n. 4/02699 del 31 luglio 1996 e n. 4/16564 del 31 marzo 1998, nonostante queste ultime due siano state proposte da altri membri della Camera. La Camera dei deputati, nella memoria depositata in prossimita' della camera di consiglio, ha precisato d'avere appreso che il ricorso e l'ordinanza di ammissibilita' del medesimo sono stati depositati oltre il termine stabilito dall'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale ed ha quindi chiesto che la Corte, in linea preliminare, dichiari il conflitto improcedibile, irricevibile o inammissibile. Considerato in diritto 1. - Il tribunale di Cosenza, II sezione penale, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione da questa assunta nella seduta del 9 novembre 1999 (documento IV-ter, n. 36), con la quale si e' ritenuto che i fatti contestati al deputato Vittorio Sgarbi nel giudizio penale in corso innanzi al predetto tribunale costituiscono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e, quindi, sono insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. Il ricorrente sostiene che la Camera dei deputati avrebbe illegittimamente esercitato il proprio potere, in quanto non esisterebbe nessun collegamento tra le dichiarazioni del deputato Vittorio Sgarbi e l'esercizio delle funzioni parlamentari e, quindi, avrebbe in tal modo leso le attribuzioni costituzionali dell'autorita' giudiziaria. 2. - Il ricorso, unitamente all'ordinanza n. 389 del 2000, con la quale questa Corte lo ha dichiarato ammissibile, sono stati notificati, a cura del ricorrente, in data 18 agosto 2000; entrambi gli atti, con la prova dell'avvenuta notificazione, sono stati depositati nella cancelleria della Corte costituzionale il 7 febbraio 2001. 3. - La Camera dei deputati, ritualmente costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza del conflitto e, nella memoria depositata in prossimita' della camera di consiglio, ha chiesto che la Corte, in via preliminare, dichiari il ricorso improcedibile, irricevibile o inammissibile, in quanto l'atto introduttivo e l'ordinanza di ammissibilita' sono stati tardivamente depositati presso la cancelleria della Corte. 4. - L'eccezione di improcedibilita' e' fondata. Questa Corte ha ripetutamente affermato che il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato si articola in due autonome e distinte fasi - entrambe rimesse all'iniziativa della parte interessata - destinate a concludersi la prima con la sommaria delibazione sulla ammissibilita' del conflitto, la seconda con la decisione definitiva sul merito oltre che sull'ammissibilita'. In particolare, all'esito della prima fase, grava sul ricorrente l'onere di provvedere, nei termini previsti, sia alla notificazione del ricorso e dell'ordinanza che ammette il conflitto, sia, successivamente, al deposito di detti atti presso la cancelleria della Corte, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione (art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale). Questa Corte ha piu' volte affermato che il deposito del ricorso nel termine sopra indicato costituisce un adempimento necessario affinche' si possa aprire la seconda fase del conflitto relativa alla decisione sul merito, precisando che siffatto termine ha carattere perentorio, poiche' da esso decorre l'intera catena degli ulteriori termini fissati per la prosecuzione del giudizio dall'art. 26, quarto comma, delle precitate norme integrative (da ultimo, sentenza n. 191 del 2001). Nella specie, il ricorso e l'ordinanza, benche' notificati tempestivamente in data 18 agosto 2000, risultano tuttavia depositati tardivamente presso la cancelleria di questa Corte il 7 febbraio 2001, in quanto in data successiva alla scadenza del termine di venti giorni sopra indicato. Pertanto, poiche' l'anzidetto termine perentorio per il deposito non e' stato rispettato, non puo' procedersi allo svolgimento dell'ulteriore fase del giudizio.