ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del Senato della Repubblica del 21 gennaio 2000 relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore Erminio Boso nei confronti del senatore Antonio Di Pietro, promosso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, con ricorso depositato il 12 febbraio 2001 ed iscritto al n. 181 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 20 giugno 2001 il giudice relatore Riccardo Chieppa. Ritenuto che con atto del 13 dicembre 2000, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, investito di un procedimento penale per diffamazione aggravata a carico di Erminio Boso, senatore all'epoca dei fatti, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati (recte: del Senato della Repubblica), in relazione alla delibera di insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore Boso, adottata nella seduta del 27 gennaio 2000; che in punto di fatto, il predetto giudice ha osservato che, con richiesta di rinvio a giudizio, e conseguente fissazione dell'udienza preliminare, e' stata esercitata azione penale nei confronti del senatore Boso perche', "quale intervistato ed ispiratore" del contenuto dell'articolo: "L'ex P.M. segreto: le armi alla Difesa", apparso nel quotidiano "Il Corriere della sera" del 15 gennaio 1996, offendeva la reputazione del senatore AntonioDi Pietro affermando, tra l'altro: "Di Pietro non e' mai stato uomo super partes, lo dimostra il processo alla Lega ed il fatto che lui sia sempre stato un uomo dei servizi, si', del S.I.S.M.I. Come faccio a saperlo? Lo so da persone degne della massima fiducia. Diro' di piu': tempo fa si sparse la voce che Di Pietro era sfuggito ad un attentato. Ebbene, era impegnato in un'operazione del S.I.S.M.I. ... E' ora che il Comitato prima che di controllo diventi una Commissione di indagine sui servizi. E non e' tutto: sempre da fonti sicurissime ho saputo che il primo a dire a Di Pietro "vattene, non sei piu' difendibile fu proprio il suo capo Borrelli"; che con lettera in data 1o febbraio 2000, il Presidente del Senato ha comunicato al tribunale di Milano che l'Assemblea aveva approvato la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari di dichiarare che il fatto oggetto del procedimento concerne opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e ricade, pertanto, nella ipotesi di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione; che il giudice per le indagini preliminari di Milano ha ritenuto che nella specie non e' dato ravvisare alcun collegamento funzionale tra le espressioni contestate come diffamatorie al Senatore Boso e la sua attivita' parlamentare, ne' risulta possibile individuare nel suo comportamento un qualche intento divulgativo di una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare; che il giudice, pertanto, ritenuto che si versi in materia di correttezza dell'esercizio del potere conferito al Senato dal citato art. 68, primo comma, della Costituzione, con riferimento alla lesione di attribuzioni giurisdizionali costituzionalmente previste e garantite ex art. 102 e segg. della Costituzione, ha sollevato conflitto di attribuzione richiedendo alla Corte di dichiarare che non spetta al Senato dichiarare la insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore Erminio Boso. Considerato che, nella presente fase del giudizio a carattere meramente delibatorio, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la Corte e' chiamata a deliberare preliminarmente, senza contraddittorio, sul punto se il ricorso sia ammissibile, esistendo i presupposti di un conflitto, cioe' se esista la materia di un conflitto la cui soluzione spetti alla sua competenza, con riferimento alla presenza dei presupposti soggettivi e oggettivi richiamati nel primo comma del medesimo articolo, rimanendo impregiudicata, ove la pronuncia sia di ammissibilita', la facolta' delle parti di proporre, nell'ulteriore corso del giudizio, istanze ed eccezioni anche su questo punto (ordinanze n. 226 del 1995; n. 1 e 2 del 1979); che il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano e' legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali da esso esercitate, in conformita' al principio, ripetutamente affermato dalla Corte, secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parte nei conflitti costituzionali di attribuzione; che, del pari, secondo la costante giurisprudenza della Corte, il Senato della Repubblica, in relazione alla definizione dell'ambito di applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione rispetto ad un proprio componente, e' legittimato ad essere parte in un conflitto, in quanto organo cui spetta dichiarare definitivamente la volonta' del potere che rappresenta; che, quanto all'oggetto del conflitto, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano lamenta (con l'atto 13 dicembre 2000, denominato ordinanza e avente tutti gli elementi essenziali del ricorso per conflitto di attribuzioni), conformemente a quanto richiesto dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, la lesione della propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita dall'art. 102 e segg. della Costituzione, in conseguenza dell'esercizio, ritenuto illegittimo, da parte del Senato, del potere di dichiarare l'insindacabilita' delle opinioni espresse da un proprio membro a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, e conclude per la dichiarazione che non spetta al Senato tale dichiarazione ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, pertanto, esiste la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione definitiva (a contraddittorio integro), anche in ordine alla ammissibilita' del ricorso e alla circostanza di altri due procedimenti penali collegati all'unica intervista di Erminio Boso, senatore all'epoca dei fatti.