Il   tribunale   di   Caltanissetta,  sezione  prima  penale,  ha
pronunciato la seguente ordinanza.
    Innanzi  a questo tribunale e' pendente il giudizio, disposto dal
giudice  per  le indagini preliminari con decreto del 30 agosto 1999,
che vede l'onorevole Vittorio Sgarbi imputato:
        "del  reato di cui agli artt. 81, capoverso, 595 comma 1, 2 e
3  in  relazione  all'art. 13 legge 8 febbraio 1948, n. 47 e 61 n. 10
c.p.,  per  avere,  nel  corso  della trasmissione televisiva "Sgarbi
quotidiani  del  13 aprile  1999,  diffusa  sull'emittente  Canale 5,
offeso   la   reputazione   del   dott.  Lorenzo  Matassa,  sostituto
procuratore   della   Repubblica  presso  il  tribunale  di  Palermo,
affermando  che  il  dott. Matassa nulla avrebbe fatto nella sua vita
professionale  se  non perseguitare i benemeriti della cultura e che,
in  luogo di lavorare, passerebbe il tempo a scrivere inutili denunce
e  querele,  nel  contesto  della  lettura  dell'articolo apparso sul
quotidiano  La  Repubblica  del  10 aprile  1999 che, fra l'altro, in
violazione  della  legge  31 dicembre 1996 n. 675, dava notizia della
emissione  di  un'ordinanza  dal  municipio  di Palermo di divieto di
sosta  in  corrispondenza  del  civico  n. 12  della  via Liberta' di
Palermo  per  la sera del 12 aprile 1999, ove il dottor Matassa aveva
svolto  una  riunione per festeggiare il suo compleanno ed affermando
ancora  che la citta' di Palermo, in conseguenza del divieto di sosta
di  cui  sopra,  sarebbe  rimasta  bloccata perche' il dottor Matassa
aveva  abusivamente preteso ed ottenuto che tutto il centro rimanesse
bloccato  per  la  celebrazione  della  sua  festa in discoteca e che
altresi'  il  dottor  Matassa  avrebbe arrestato ed umiliato, per dar
sfogo  a  non  meglio  individuati  fini  illegittimi ed illeciti, il
Sovrintendente  archeologico  di Siracusa, Giuseppe Voza e che uguale
condotta  avrebbe  tenuto  il dottor Matassa nei confronti di Leoluca
Orlando  per  la  vicenda  riguardante  il Teatro Massimo di Palermo,
insinuando  che  lo stesso dott. Matassa nulla aveva fatto per essere
protetto,  che  infine  il  dott. Matassa e' afflitto da "alterazione
dello  sguardo , con le aggravanti dell'aver commesso il fatto contro
un  pubblico  ufficiale  e a causa dell'esercizio delle sue funzioni,
con  l'attribuzione  di  un  fatto  determinato  e  con  il  mezzo di
pubblicita' della trasmissione televisiva.".
    Con nota del 22 novembre 1999 l'onorevole Presidente della Camera
dei deputati comunicava che l'assemblea, nella seduta del 16 novembre
1999,  aveva  deliberato  che  "i  fatti  per  i quali e' in corso il
procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio  delle  sue funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo
comma,   della  Costituzione.".  Trasmetteva,  inoltre,  copia  della
relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, nonche' del
resoconto stenografico della citata seduta dell'assemblea.
    Tale  pronuncia,  com'e'  noto,  e' di ostacolo alla prosecuzione
dell'azione  penale,  in  quanto,  ai  sensi e per gli effetti di cui
all'art. 68  della Costituzione, "i membri del Parlamento non possono
essere  chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell'esercizio  delle  loro  funzioni" e, pertanto, il tribunale deve
valutare  se  la  Camera  dei  deputati  abbia  invaso la sfera delle
attribuzioni  giurisdizionali,  sottraendo  al  sindacato  penale  la
cognizione del fatto come sopra contestato.
    Al riguardo va richiamata la sentenza in data 11-17 gennaio 2000,
n. 11  (Gazzetta  Ufficiale - 1a serie speciale - n. 4 del 26 gennaio
2000),  con  la  quale  la  Corte  costituzionale,  nel  decidere  un
conflitto  di  attribuzione  tra  poteri dello Stato sorto in un caso
analogo  a  quello per cui si procede, ha affermato, tra l'altro, che
l'estensione  del  regime d'insindacabilita' anche agli atti compiuti
al  di  fuori  dell'ambito  dei  lavori  delle Camere non puo' essere
automatica,   essendo   necessario   che  tali  atti  siano  comunque
riconducibili  all'esercizio  di  funzioni parlamentari attraverso un
"nesso  funzionale stretto tra espressione di "opinioni e di "voti ed
"esercizio di tali funzioni".
    In  sostanza, secondo l'avviso della Corte, non e' sufficiente un
"semplice  collegamento  di  argomento  o  di  contesto fra attivita'
parlamentare  e  dichiarazione", essendo invece indispensabile che le
frasi oggetto di valutazione ai sensi dell'art. 68 della Costituzione
siano   certamente  identificabili  come  "espressione  di  attivita'
parlamentare".
    Cio'  in  quanto  deve  escludersi, come affermato anche in altre
sentenze  della Corte costituzionale (n. 329/1999 e n. 289/1998), che
la  prerogativa di cui si discute, prevista a tutela dell'autonomia e
dell'indipendenza  delle  due  Camere,  possa  invece dilatare la sua
efficacia   fino   a  risolversi  in  un  mero  privilegio  personale
nell'ambito  del  quale ricondurre tutta l'attivita' politica, e non,
svolta dal membro del Parlamento.
    Soluzione,  questa,  che  finirebbe  per  vanificare la rilevanza
costituzionale  del  nesso  di funzione richiesto, invece, dal citato
art. 68  (vedi  anche  sentenze  Corte  costituzionale  n. 375/1997 e
n. 289/1998).
    Alla  luce  di  tali  importanti  principi  deve  escludersi  che
l'insindacabilita'   in  questione  possa  comprendere  tutte  quelle
manifestazioni  di  pensiero,  espresse in qualunque circostanza, che
non    siano   affatto   collegabili   funzionalmente   all'attivita'
parlamentare  se  non  per  il semplice aspetto soggettivo dato dalla
coincidenza  tra  la  persona fisica e il membro del Parlamento (vedi
sul punto anche Cass. Sez. V n. 11667 del 16 dicembre 1997).
    Ne  deriva  che  devono  ritenersi sicuramente valutabili in sede
penale  tutte  quelle  dichiarazioni,  non  riconducibili  al diritto
parlamentare,   neanche   indirettamente,   che,  quindi,  non  siano
"immediatamente  collegabili  con  specifiche  forme  di esercizio di
funzioni  parlamentari,  anche se siano caratterizzate da un asserito
contesto  politico  o  ritenute, per il contenuto delle espressioni e
per  il destinatario o la sede in cui sono state rese, manifestazione
di   sindacato   ispettivo."   (vedi  sentenza  Corte  costituzionale
n. 11/2000).
    Qualora,   poi,   si   riproducano   all'esterno   degli   organi
parlamentari  dichiarazioni  gia'  rese  nell'esercizio  di  funzioni
parlamentari,  potra'  affermarsi l'insindacabilita' solo ove risulti
dimostrata  una  sostanziale  corrispondenza  di contenuti con l'atto
parlamentare.
    Nel  caso in esame ed in applicazione di tali condivisi principi,
ritiene  il  tribunale  che  la  Camera abbia errato nel formulare il
giudizio  di insindacabiita' di cui si e' detto, in quanto non sembra
ravvisabile    alcun    collegamento   funzionale   tra   l'attivita'
parlamentare  dell'onorevole  Vittorio  Sgarbi e le espressioni dallo
stesso  formulate  nel  corso  della  trasmissione televisiva "Sgarbi
quotidiani",  mandata  in  onda  il  13  aprile  1999  dall'emittente
televisiva "Canale 5".
    In proposito si deve rilevare che nel corso della discussione che
precedette  la  decisione  de  qua  (vedi atti parlamentari trasmessi
dall'onorevole Presidente della Camera) l'onorevole Michele Saponara,
relatore del procedimento, ebbe a sottolineare:
        per  un verso, che le opinioni dell'onorevole Sgarbi riferite
al  divieto di sosta richiesto dal dott. Lorenzo Matassa in occasione
del  festeggiamento del suo compleanno in un locale pubblico andavano
ricondotte  ad  una manifestazione di "critica politica nei confronti
di  un  atto  amministrativo  piu'  che  legittima  da  parte  di  un
parlamentare  specie  come  il  collega  Sgarbi  che da tempo conduce
un'intensa  battaglia  politica,  in  Parlamento  e  al  di fuori del
Parlamento,  contro  i  possibili abusi nell'esercizio delle funzioni
giudiziarie";
        per   altro  verso,  che  le  critiche  rivolte  al  medesimo
magistrato   in   relazione   all'arresto  del  direttore  del  museo
archeologico  di  Palermo, dott. Giuseppe Voza, avevano riguardato un
fatto  di  notevole  clamore  nel  mondo dell'arte e della cultura in
genere  che  aveva suscitato grande attenzione da parte dell'opinione
pubblica  siciliana e nazionale e che era stato oggetto di dibattito,
il  17 ottobre  1994,  in seno alla Commissione cultura della Camera,
allora  presieduta  dall'onorevole  Vittorio  Sgarbi,  il quale aveva
anche  firmato,  insieme  a  numerosi  parlamentari  di  vari  gruppi
politici,  una  risoluzione  in Commissione presentata dall'onorevole
Prestigiacomo  che  "esprimeva  solidarieta' nei confronti del citato
studioso e sorpresa per il suo arresto.".
    Orbene,  il  tribunale,  con  riferimento  ad entrambi i profili,
ritiene  che sia da escludere che le espressioni usate dall'onorevole
Vittorio  Sgarbi,  valutate  nel  loro complesso, possano dimostrare,
anche alla luce delle precisazioni fornite alla Camera dall'onorevole
Saponara, la sussistenza del nesso funzionale di cui si e' detto.
    L'onorevole  Sgarbi,  infatti,  e'  intervenuto  nel  corso della
citata  trasmissione televisiva, della quale egli era notoriamente il
conduttore,  criticando  il  comportamento  e  la  persona  del dott.
Matassa  senza  alcun  riferimento, neanche implicito, secondo quanto
risulta  allo  stato,  ad  atti  comunque  riconducibili alla propria
qualita' istituzionale e, anzi, adoperando espressioni che, ad avviso
di questo tribunale, non sembrano connesse ad attivita' parlamentari,
neppure nel contesto oggetto della relazione dell'onorevole Saponara,
come si evince dal capo d'imputazione nel quale, tra l'altro, e' dato
leggere:
        "...  affermando  che  il  dottor Matassa nulla avrebbe fatto
nella  sua  vita professionale se non perseguitare i benemeriti della
cultura  e  che  in  luogo di lavorare passerebbe il tempo a scrivere
inutili denunce e querele ...";
        "...  la  citta'  di  Palermo  ...  sarebbe  rimasta bloccata
perche'  il  dott. Matassa aveva abusivamente preteso ed ottenuto che
tutto  il  centro  rimanesse  bloccato  per la celebrazione della sua
festa in discoteca ...";
        "il  dott.  Matassa  avrebbe  arrestato  ed umiliato, per dar
sfogo  a  non  meglio  individuati  fini  illegittimi ed illeciti, il
sovrintendente archeologico di Siracusa, Giuseppe Voza ...";
        "lo  stesso  dott. Matassa nulla aveva fatto per usufruire di
misure di protezione ..."
        "il  dott.  Matassa  e' affetto da "alterazione dello sguardo
...".
    Al  di  la'  di  ogni  valutazione  circa  l'eventuale  contenuto
diffamatorio delle frasi sopra riportate, sembra indiscutibile che la
critica  dell'onorevole  Sgarbi  sia  del  tutto  estranea  alla  sua
funzione  di  parlamentare  e,  in  particolare,  al  suo incarico di
Presidente della Commissione cultura della Camera.
    Ne'  alla funzione ne' all'incarico appaiono, infatti, riferibili
i  commenti  strettamente  personali,  sul  conto  del dott. Matassa,
commenti  connotati  da  valutazioni che non risultano comprese nella
risoluzione  di  solidarieta'  indicata dall'onorevole Saponara (vedi
sopra)  come  sottoscritta  anche dal predetto onorevole Sgarbi e che
sembrano  formulate,  non  da  un membro del Parlamento, bensi' da un
comune cittadino.
    E  comunque,  sotto tale ultimo profilo, appare evidente come nel
caso   in  esame  difetti  qualsiasi  corrispondenza  sostanziale  di
contenuti  tra le espressioni di cui si discute e l'atto parlamentare
esplicitamente  richiamato  dall'onorevole  Saponara,  tra  i  quali,
semmai,  puo'  ravvisarsi  una  mera comunanza di tematiche del tutto
irrilevante ai fini di che trattasi.
    E  di  cio'  sembra  potersi  trarre ulteriore conferma anche dal
fatto  che  le  dette  opinioni  sono state espresse nel corso di una
trasmissione   televisiva  il  cui  oggetto  non  era  certamente  la
divulgazione  delle iniziative o delle attivita' del Parlamento e dei
suoi  membri, bensi' la critica di argomenti di attualita' e di fatti
di cronaca.
    In  proposito,  si  deve  aggiungere  che  e'  agli atti, perche'
prodotta  dal  dott.  Lorenzo  Matassa come allegato alla querela, la
copia  di  un  contratto,  stipulato con scrittura privata, dal quale
risulta  che  l'onorevole Vittorio Sgarbi si era impegnato a prestare
la  propria  attivita'  di  "attore/conduttore/entertainer" in favore
della  R.T.I.  S.p.a.  (societa'  a  cui  fa' capo la rete televisiva
"Canale   Cinque")   e  cio'  dietro  pagamento  di  un  compenso  di
L. 5.000.000  per ciascuna puntata del programma "Sgarbi quotidiani",
nel  corso della quale lo stesso avrebbe dovuto "esprimere le proprie
opinioni  sugli  articoli  ed  i  servizi  pubblicati sulla stampa in
genere ...".
    Con  tale  scrittura  l'onorevole Sgarbi si era pure impegnato "a
rendere  le  sue  prestazioni attenendosi alle indicazioni fornite da
R.T.I. ...".
    Trattasi,  con  evidenza, di obbligazioni di chiara natura civile
indubbiamente  assunte  dall'onorevole Sgarbi come privato cittadino,
essendo  di  certo  inammissibile  che un membro del Parlamento possa
essere  retribuito  da una societa' per azioni per esprimere opinioni
nell'esercizio  delle  proprie  funzioni, ovvero per riferire di atti
parlamentari, addirittura con l'obbligo contrattuale di rispettare le
direttive della societa' stessa.
    Le    pregresse    considerazioni   sull'assenza   di   qualsiasi
collegamento  tra  le  opinioni  espresse  dall'onorevole Sgarbi e le
funzioni   parlamentari  lasciano  ritenere  che  la  delibera  sopra
indicata  sia  lesiva della sfera di attribuzioni di questa autorita'
giudiziaria  e, pertanto, costituisca materia di conflitto tra poteri
dello Stato.
    Infine,  reputa  il collegio che a seguito della proposizione del
conflitto  il  giudizio debba essere sospeso come prescritto, ad ogni
effetto  di  legge,  dal  combinato  disposto  di  cui agli artt. 23,
capoverso e 37 legge n. 87/1953.
    Al  riguardo,  si precisa che non si ritiene di dover separare il
processo contro l'imputato Costanzo Maurizio, atteso che la decisione
della   Corte   costituzionale   potrebbe   essere   suscettibile  di
valutazione anche nei suoi confronti.
    In  ultimo,  con  riferimento  all'eccezione  di nullita' dedotta
dalla   difesa   del   nominato   Costanzo  per  asserita  violazione
dell'art. 178,  lett. c), c.p.p., si rileva che trattasi di eccezione
infondata,  in quanto, secondo la stessa prospettazione difensiva, le
prescrizioni  normative  circa  l'interrogatorio  dell'indagato prima
della  presentazione  della richiesta di rinvio a giudizio sono state
tempestivamente   osservate   anche   con  la  rituale  notificazione
dell'avviso  previsto  dal combinato disposto di cui agli artt. 375 e
416 c.p.p.
    E'  evidente che nessun effetto processuale puo' essere collegato
a  meri  contatti informali, prospettati dal difensore, che sarebbero
intercorsi  con  il  pubblico  ministero  procedente  in ordine ad un
eventuale differimento dell'interrogatorio da rendere in sede diversa
dagli uffici giudiziari di Caltanissetta.