ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), promossi con ordinanze emesse il 13 gennaio 2000 dal tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Mohammed Bouf Tah e Banchi Carlo, iscritta al n. 471 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, 1a serie speciale, dell'anno 2000, e il 6 giugno 2000 dal tribunale di Nocera Inferiore nel procedimento civile vertente tra Correale Antonio e Sellitto Sabato, iscritta al n. 702 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, 1a serie speciale, dell'anno 2000. Visti l'atto di costituzione di Banchi Carlo nonche' gli atti di intervento della Confederazione italiana della proprieta' di Roma Confedilizia e del Presidente del Consiglio dei ministri. Udito nell'udienza pubblica del 10 luglio 2001 il giudice relatore Annibale Marini; Uditi gli avvocati Giuseppe Morbidelli e Nino Scripelliti per Banchi Carlo. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 13 gennaio 2000, il tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento all'art. 24, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo). La norma denunciata pone quale "condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile locato", adibito ad uso abitativo, "la dimostrazione che il contratto di locazione e' stato registrato, che l'immobile e' stato denunciato ai fini dell'applicazione dell'I.C.I. e che il reddito derivante dall'immobile medesimo e' stato dichiarato ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi" ed ai fini della predetta dimostrazione dispone che nel precetto debbano essere indicati "gli estremi di registrazione del contratto di locazione, gli estremi dell'ultima denuncia dell'unita' immobiliare alla quale il contratto si riferisce ai fini dell'applicazione dell'I.C.I., gli estremi dell'ultima dichiarazione dei redditi nella quale il reddito derivante dal contratto e' stato dichiarato nonche' gli estremi delle ricevute di versamento dell'I.C.I. relative all'anno precedente a quello di competenza". Il rimettente, quanto alla rilevanza della questione, espone di essere chiamato a decidere - in una procedura per rilascio di immobile adibito ad uso abitativo promossa in base a convalida di sfratto per morosita' - su un'opposizione ex art. 615 del codice di procedura civile fondata sulla mancanza, nel precetto, delle indicazioni richieste dal menzionato art. 7 della legge n. 431 del 1998. Motiva specificamente in ordine all'applicabilita' di detta norma anche ai rapporti di locazione costituiti, come quello dedotto in giudizio, prima dell'entrata in vigore della legge n. 431 del 1998 [applicabilita' del resto confermata dalla norma interpretativa, entrata in vigore successivamente all'ordinanza di rimessione, di cui all'art. 1, comma 3, del d.l. 25 febbraio 2000, n. 32 (Disposizioni urgenti in materia di locazioni per fronteggiare il disagio abitativo), convertito con modificazioni nella legge 20 aprile 2000, n. 97 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 25 febbraio 2000, n. 32, recante disposizioni urgenti in materia di locazioni per fronteggiare il disagio abitativo)] ed in punto di fatto dichiara accertata l'effettiva mancanza, nel precetto, delle indicazioni richieste dalla norma, cosicche' l'opposizione dovrebbe essere - a suo avviso - senz'altro accolta. Ritiene peraltro lo stesso rimettente che la norma, ponendo un limite al diritto di agire esecutivamente, non determinato da finalita' di contemperamento delle esigenze del locatore esecutante e del conduttore esecutato, si ponga in contrasto con il diritto di agire in giudizio tutelato dall'art. 24, primo comma, della Costituzione, sicuramente riferibile anche alla fase dell'esecuzione forzata. Ed invero la norma denunciata sarebbe - secondo il giudice a quo - esclusivamente ispirata ad esercitare un controllo sulla posizione fiscale del locatore, relativamente all'immobile del quale intende riottenere la disponibilita'; ma proprio il fatto di subordinare la possibilita' di mettere in esecuzione un provvedimento di rilascio, peraltro immediatamente eseguibile, ad adempimenti che attengono unicamente al rapporto locatore-erario integrerebbe una violazione dell'art. 24 Cost. 1.1. - Si e' costituito in giudizio Carlo Banchi, locatore esecutante, concludendo per l'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale. 1.2. - Con il medesimo atto e' intervenuta nel giudizio, assumendo identiche conclusioni, la Confederazione italiana della proprieta' di Roma Confedilizia, non costituita nel giudizio a quo. 1.3. - In una memoria illustrativa depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica le predette parti private precisano che la questione sollevata dal tribunale di Firenze riguarda il piano sostanziale della norma impugnata, e cioe' quello relativo agli adempimenti tributari assunti quale condizione sospensiva della efficacia esecutiva del provvedimento giudiziale, e non gia' il piano probatorio formale, rappresentato dalla dimostrazione di tali adempimenti. Ed osservano, quindi, che, sotto un profilo specificamente tributario, la disposizione contenuta nell'art. 7 della legge n. 431 del 1998, come interpretata autenticamente dal d.l. n. 32 del 2000, costituisce una forma di aggravamento delle sanzioni previste dalla disciplina dei singoli tributi, in contrasto con i principi stabiliti dalla legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) circa il divieto di retroattivita' delle norme tributarie (art. 3) ed il divieto di utilizzazione di decreti-legge per l'istituzione di nuovi tributi e la estensione a nuovi soggetti di quelli gia' esistenti (art. 4). Per quanto concerne, in particolare, l'imposta di registro, che grava in solido su entrambe le parti del contratto, la norma impugnata sarebbe oltretutto lesiva del principio di eguaglianza, prevedendo la sanzione aggiuntiva dell'improcedibilita' dell'azione esecutiva a carico del solo locatore e lasciando, invece, il conduttore libero di esercitare tutti i diritti derivanti dal contratto. Disparita' di trattamento questa che potrebbe essere eliminata sempre ad avviso delle parti private mediante la pura e semplice declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma. Sotto il diverso profilo riguardante la limitazione della tutela giurisdizionale, le stesse parti evidenziano poi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tanto gli oneri fiscali gravanti sul processo o sui rapporti oggetto del processo possono ritenersi legittimi, in quanto sussista un ragionevole collegamento tra processo e onere tributario e sia comunque rispettato il principio della inarrestabilita' della tutela giurisdizionale per effetto di oneri tributari. Nel caso di specie siffatto ragionevole collegamento tra processo ed onere tributario potrebbe forse ravvisarsi quanto all'imposta di registro sul contratto di locazione, ma non certo riguardo all'imposta comunale sugli immobili (ICI) ed all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), imposte il cui oggetto non ha alcun riferimento con il diritto azionato dal locatore. La norma impugnata, condizionando l'esercizio di un diritto fondamentale all'avvenuto adempimento di obbligazioni tributarie, si rivelerebbe dunque espressione di un principio del tutto irragionevole, denunciando la sua vera finalita', rappresentata dall'intento di creare un ulteriore ostacolo ai procedimenti di sfratto. 1.4. - E' altresi' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza della questione. Rileva la parte pubblica che il diritto di agire in giudizio ben puo' essere sottoposto a condizioni e limiti, purche' tali limiti non siano tali da vanificare del tutto il diritto che si vorrebbe far valere. La norma denunciata, subordinando l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio alla dimostrazione della regolarita' degli adempimenti fiscali relativi all'immobile, porrebbe una condizione ragionevole all'esercizio del diritto, in considerazione dei profili di interesse pubblico perseguiti, e dunque non si porrebbe in contrasto con l'art. 24 Cost. 2. - Nel corso di un giudizio di opposizione a precetto il tribunale di Nocera Inferiore, con ordinanza emessa il 6 giugno 2000, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 7 della legge n. 431 del 1998, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. Afferma il rimettente che il giudizio non potrebbe essere definito senza l'applicazione della norma denunciata e che la questione appare, prima facie non manifestamente infondata in ragione della "limitazione o condizionamento che subirebbe la tutela del diritto soggettivo". 2.1. - E' intervenuto anche in tale giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, mediante atto di contenuto analogo al precedente. Considerato in diritto 1. - Il tribunale di Firenze ed il tribunale di Nocera Inferiore dubitano, con riferimento l'uno al solo art. 24, primo comma, della Costituzione, l'altro agli artt. 3 e 24 Cost., della legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), che pone quale condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile locato, adibito ad uso abitativo, la dimostrazione, da parte del locatore, della regolarita' della propria posizione fiscale quanto al pagamento dell'imposta di registro sul contratto di locazione, dell'I.C.I. gravante sull'immobile e dell'imposta sui redditi relativa ai canoni. I due giudizi, avendo sostanzialmente ad oggetto la medesima questione, vanno riuniti per essere congiuntamente decisi. 2. - Va anzitutto dichiarata l'inammissibilita' dell'intervento spiegato, nel giudizio promosso dal tribunale di Firenze, dalla Confederazione italiana della proprieta' di Roma Confedilizia. L'ente intervenuto, che non riveste la qualita' di parte nel giudizio a quo, vanta, infatti, un interesse di mero fatto alla decisione della questione di costituzionalita', mentre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che va qui ribadita, l'intervento deve basarsi su una situazione individualizzata, riconoscibile solo quando l'esito del giudizio di costituzionalita' sia destinato ad incidere direttamente su una posizione giuridica propria della parte intervenuta (cfr., fra le ultime, ordinanze n. 456 del 2000 e n. 129 del 1998). 3. - La questione sollevata dal tribunale di Nocera Inferiore e' inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza. Il rimettente, infatti, pur affermando che il giudizio di opposizione a precetto, pendente dinanzi a lui, non puo' essere definito senza l'applicazione della norma denunciata, nulla dice circa i motivi sui quali l'opposizione a precetto si fonda e nemmeno chiarisce se il precetto riguardi il rilascio di un immobile adibito ad uso abitativo, venendo in tal modo a precludere la necessaria verifica riguardo all'avvenuto apprezzamento, da parte dello stesso giudice, della rilevanza della questione. 4. - Passando all'esame del profilo di merito, deve affermarsi la fondatezza della questione sollevata dal tribunale di Firenze. 5. - Il problema della compatibilita' tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale, anche nella fase esecutiva, dei propri diritti e le norme che impongono determinati oneri a chi quella tutela richieda non e' nuovo nella giurisprudenza di questa Corte ed e' stato risolto, pur se con qualche incertezza, nel senso di distinguere fra oneri imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze ed oneri tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalita' processuali. Mentre i primi, si e' detto, sono consentiti in quanto strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratta di garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un ostacolo all'esperimento della tutela giurisdizionale e comportano, percio', la violazione dell'art. 24 della Costituzione (sentenza n. 113 del 1963). Quel che si tratta allora di stabilire, ai fini della soluzione del presente dubbio di costituzionalita', e' l'appartenenza dell'onere imposto al locatore, a pena di improcedibilita' dell'azione esecutiva, all'una o all'altra delle categorie precedentemente individuate. Ed e' indubbio che l'onere suddetto, avendo ad oggetto la dimostrazione da parte del locatore di aver assolto taluni obblighi fiscali (e precisamente: la registrazione del contratto di locazione dell'immobile, la denuncia dell'immobile locato ai fini dell'applicazione dell'I.C.I. ed il pagamento della relativa imposta nell'anno precedente, la dichiarazione del reddito dell'immobile locato ai fini dell'imposta sui redditi), sia imposto esclusivamente a fini di controllo fiscale e risulti, pertanto, privo di qualsivoglia connessione con il processo esecutivo e con gli interessi che lo stesso e' diretto a realizzare. Sotto tale aspetto, occorre, infatti, rilevare che, mentre l'I.C.I. e' una imposta di carattere reale posta a carico di un soggetto il proprietario o il titolare di altro diritto reale di godimento non sempre coincidente con il locatore esecutante, il quale agisce a tutela di un diritto di natura obbligatoria derivante dal contratto di locazione, l'imposta sui redditi si riferisce ad un diritto quello relativo alla percezione dei canoni che, seppur derivante dal medesimo contratto di locazione, e' tuttavia ben distinto dal diritto alla restituzione dell'immobile locato, azionato nella esecuzione per rilascio, ed infine, la stessa registrazione del contratto di locazione rappresenta un adempimento di carattere fiscale del tutto estraneo alle esigenze di un processo diretto a porre in esecuzione un titolo giudiziale. 6. - E' del resto significativo che la norma impugnata si ponga in singolare dissonanza con la tendenza, presente in tutta la legislazione vigente, diretta ad eliminare, come recita l'art. 7, numero 7, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), "ogni impedimento fiscale al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi". Possono in proposito richiamarsi come espressive di tale tendenza - dai commentatori ritenuta ispirata al principio di cui all'art. 24 della Costituzione - le disposizioni relative tanto alla normativa di bollo che a quella di registro che hanno abrogato tutte le precedenti norme preclusive alla produzione in giudizio di atti e documenti fiscalmente irregolari. E, nello stesso indirizzo, si inserisce la disciplina dettata dal vigente testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni la' dove non estende a giudici ed arbitri il divieto di compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte, in difetto di prova dell'avvenuta dichiarazione della successione, ma pone soltanto l'obbligo di comunicare all'ufficio del registro competente le notizie, relative a trasferimenti per causa di morte, apprese in base agli atti del processo. 7. - Conclusivamente, va affermato che l'impedimento di carattere fiscale alla tutela giurisdizionale dei diritti, introdotto dalla norma denunciata, si pone in contrasto con l'art. 24, primo comma, della Costituzione e comporta la declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma stessa.