Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Provincia pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 1413 del 21 giugno 2002 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 25 giugno 2002 (n. di rep. 25620) rogata dalla dott.ssa Gianna Scopel in qualita' di ufficiale rogante della provincia stessa (all. 2) - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri 5. Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 2; 3; 4; 5; 6; 7; 8; 9; 11; 12 e 13 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, concernente "Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64", pubblicato nella Gazzetta ufficiale, serie generale, n. 99 di data 29 aprile 2002, in relazione ai motivi e profili esposti nel presente ricorso per violazione: dell'articolo 8, nn. 1), 3), 4), 5), 6), 13), 16), 17), 20), 21), 23), 25) e 29), dell'articolo 9, nn. 2), 4), 5) e 10), dell'articolo 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e delle relative norme di attuazione; dell'autonomia finanziaria della provincia garantita dal titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386, e in particolare dell'articolo 5, commi 2 e 3, della legge 30 novembre 1989, n. 386; dell'articolo 117, commi 2, 4 e 6, della Costituzione e dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; degli altri principi e regole costituzionali e statutarie illustrate nei singoli punti. Fatto Il decreto legislativo qui impugnato costituisce esercizio della delega prevista dall'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64, istitutiva del servizio civile nazionale. Tale legge ha formato anch'essa oggetto di impugnazione da parte della ricorrente provincia in relazione agli articoli 7 ed 8 - sulla base dei parametri statutari e dei parametri costituzionali allora vigenti - con ricorso che pende davanti a codesta ecc.ma Corte costituzionale con il numero 21/2001. Il comma 1 dell'art. 2 della legge n. 64 stabiliva che, "a decorrere dalla data della sospensione del servizio obbligatorio militare di leva, il servizio civile e' prestato su base esclusivamente volontaria", mentre il comma 2 delegava il Governo "ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi aventi ad oggetto: la individuazione dei soggetti ammessi a prestare volontariamente servizio civile; la definizione delle modalita' di accesso a detto servizio; la durata del servizio stesso, in relazione alle differenti tipologie di progetti di impiego; i correlati trattamenti giuridici ed economici". Dal momento della delega sono intervenuti fatti giuridici che ad avviso della ricorrente provincia portano a riconsiderare l'intera questione. E' pacifico che, come risulta anche dai criteri direttivi fissati nel comma 3, il decreto legislativo n. 77 del 2002 disciplina il servizio civile volontario, e non quello prestato dagli obbiettori in alternativa al servizio militare obbligatorio. In effetti la prestazione obbligatoria del servizio militare di leva e' stata "sospesa" - ma in realta' definitivamente soppressa, salvo ripristino esclusivamente nelle eccezionali ed eventuali situazioni di guerra o di gravissima crisi internazionale - dall'art. 7 d.lgs. 8 maggio 2001, n. 215, che a sua volta ha dato attuazione all'art. 3, comma 1, legge 14 novembre 2000, n. 331, a decorrere dal 1 gennaio 2007. Sino a che duri il servizio militare obbligatorio (cioe' fino al 2006 compreso), il servizio civile alternativo alla leva obbligatoria resta disciplinato dalla legge 8 luglio 1998, n. 230. Non solo infatti la legge n. 64 del 2001 prevede all'inizio del capo II (art. 4) che "le disposizioni del presente capo disciplinano il servizio civile nazionale fino alla data di efficacia dei decreti legislativi di cui all'articolo 2", ma lo stesso decreto legislativo n. 77 del 2002, oggetto del presente giudizio, dispone all'art. 14 (che non forma oggetto di impugnazione) che "nel periodo transitorio di cui al capo II della legge 6 marzo 2001, n. 64, e fino alla data di sospensione del servizio obbligatorio di leva, il documento di programmazione annuale dell'Ufficio nazionale, previsto all'articolo 4, stabilisce la quota parte del Fondo nazionale da destinare prioritariamente al servizio civile previsto dalla legge n. 230 del 1998" e che "nel medesimo periodo il contingente annuale e' determinato secondo le modalita' previste dall'articolo 6 della citata legge n. 64 del 2001" (comma 2). In altri termini, per tutta la durata del periodo transitorio, fino alla effettiva cessazione del servizio obbligatorio di leva, il servizio civile viene svolto in sostituzione del servizio militare obbligatorio da chi fa obiezione di coscienza (ex art. 1 legge n. 230/1998) o da coloro che "dichiarino la loro preferenza a prestare il servizio civile piuttosto che il servizio militare", ex art. 5 legge n. 64/2001. Il d.lgs. n. 77/2002 qui impugnato, e' destinato invece a disciplinare il servizio civile volontario, cioe' un servizio civile che, come si dira', non ha piu' alcun collegamento con il servizio militare. La radicale differenza tra le due forme di servizio civile - che in pratica hanno in comune il nome, ma non la sostanza della cosa - e' confermata anche dall'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 77/2002, secondo il quale "nei casi previsti dall'articolo 2, comma 1, lettera f) della legge 14 novembre 2000 n. 331, e con le modalita' previste dall'articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215", ovvero proprio nel caso di ripristino temporaneo del servizio militare obbligatorio in situazioni di guerra o di gravissima crisi internazionale (ed ove "il personale in servizio sia insufficiente e non sia possibile colmare le vacanze di organico mediante il richiamo in servizio di personale militare volontario cessato dal servizio da non piu' di cinque anni"), viene "ripristinato anche il servizio civile ai sensi della legge 8 luglio 1998, n. 230, e successive modificazioni". Il fatto che, in questi casi, sia "ripristinato" (ai sensi dell'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 77/2002) il servizio civile previsto dalla legge n. 230/1998 dimostra infatti ad abundantiam la natura totalmente diversa del servizio civile oggetto dello stesso d.lgs. n. 77, che non interferisce per nulla con il sistema della difesa, e neppure si collega con esso. In effetti, non appena per qualunque ragione venga ripristinata l'obbligatorieta' del servizio militare di leva, anche il servizio civile si svolge secondo le apposite regole della legge n. 230/1998. Il d.lgs. n. 77 del 2002 ha dunque ad oggetto un servizio totalmente civile, e da' luogo percio' a censure ancora piu' penetranti rispetto alla legge n. 64/2001, che, avendo ad oggetto il servizio civile sostitutivo di quello militare obbligatorio, risultava legittima in relazione a certi aspetti. Cosi' nel ricorso n. 21/2001 si affermava che "nella misura in cui lo svolgimento del servizio civile determina l'assolvimento degli obblighi di leva, e' naturale che l'inquadramento giuridico generale di esso spetti allo Stato" (p. 4), e che "e' logico che l'amministrazione di riferimento dell'aspirante obiettore sia lo Stato (perlomeno sino a che il servizio civile sia sostitutivo del servizio di leva obbligatorio e ne costituisca, in un certo senso, l'altra faccia)". Venuto meno l'obbligo di leva, il servizio civile non puo' piu' ovviamente avere funzione satisfattiva di esso, ne' in realta' piu' alcun rapporto con la materia statale "difesa e forze armate". Accanto al compiersi del disegno, prima semplicemente ipotetico, rivolto a trasformare le Forze armate in senso professionale, nel corso del 2001, come e' ben noto, e' stato altresi' profondamente riformato il Titolo V della parte seconda della Costituzione. Tale trasformazione tocca anche la Provincia autonoma di Trento, in quanto l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 espressamente sancisce che le sue disposizioni "si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite". Viene qui in considerazione, in particolare, il principio secondo cui, tre lo Stato conserva a termini dell'art. 117, comma secondo, potesta' legislativa esclusiva in molte fondamentali parti dell'ordinamento giuridico - come il diritto privato, processuale e penale nonche', per quanto qui ci interessa, la materia "difesa e Forze armate" - spetta tuttavia alle regioni la potesta' legislativa non solo nelle materie espressamente individuate come materie "concorrenti" a termini dell'art. 117, comma terzo, ma in tutte le rimanenti materie, ad esclusione di ogni altra potesta' legislativa. Ora, la scomparsa del collegamento tra il servizio civile ed il servizio militare obbligatorio, prima caratterizzante il servizio stesso, porta evidentemente alla necessita' di riconsiderare la competenza legislativa, in relazione alla nuova situazione costituzionale. Ed infatti nel corso della procedura di emanazione del decreto legislativo le regioni non hanno mancato, nell'esercizio del proprio compito di difesa delle prerogative costituzionali e di leale cooperazione con lo Stato, di sottolineare la nuova situazione, e di richiedere allo Stato di prenderne atto. Precisamente, la Conferenza Stato-Regioni ha espresso, nella seduta del 7 marzo 2002, un formale parere negativo sullo schema del decreto legislativo, osservando che "il provvedimento ... non risulta aderente alla intervenuta riforma del titolo V della Costituzione". Sottolineano le regioni nel parere come non si possa condividere "la posizione secondo la quale il servizio civile sarebbe ricompreso nella materia "difesa", in quanto, "una volta cessata la leva militare obbligatoria, il servizio civile configurandosi come una prestazione su base esclusivamente volontaria, le prestazioni farebbero ... riferimento pressoche' esclusivo a competenze esclusive o concorrenti regionali" (all. 3). Come si vede, si tratta dello stesso percorso argomentativo del presente ricorso, che le regioni tempestivamente sottoponevano all'attenzione del Governo: corredandolo anche di una nota escativa e propositiva (all. A al parere), nella quale, fra l'altro, si osserva che l'art. 1 legge n. 64/2001 assegna al servizio civile finalita' rientranti nella competenza regionale (come gia' evidenziato nel ricorso di questa provincia n. 21/2001, p. 2), salvo quella di cui alla lett. a) ("concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attivita' non militari"), che pero' e' espressamente condizionata al fatto che il servizio civile sia alternativo al servizio militare obbligatorio: tale finalita' si riferisce, cioe', all'altro servizio civile, e non a quello del decreto legislativo n. 77. Tale parere non ha lasciato alcuna traccia nella posizione del Governo, diversa dalla menzione dell'atto nelle premesse del decreto legislativo: "Visto il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281". Nemmeno si ricorda, come se si trattasse di cosa di importanza secondaria, che il parere era negativo. Si trattava - sembra dire il Governo - di un adempimento procedurale, e come tale esso e' stato rispettato. C'era invece nel parere negativo una evidente questione di legittimita' costituzionale, che la ricorrente provincia non puo' che riproporre per intero a codesta ecc.ma Corte costituzionale. A tale proposito, realmente impressiona che nell'elenco pure nutrito delle normative e degli atti che il Governo dichiara di avere "visto", manca il nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione: quasi ad indicare per tabulas che - come e' nella realta' - il Governo non ha voluto considerare il problema. Nel contenuto, infatti, il decreto legislativo ripropone il disegno di un servizio civile concepito come questione che organizzativamente fa capo allo Stato, e nel quale le regioni e le province autonome hanno un ruolo limitato all'utilizzo degli strumenti del servizio civile, in quanto tale utilizzo intervenga nelle materie di loro competenza: ripropone cioe' il disegno gia' proprio del servizio civile collegato all'obiezione di coscienza. In particolare, l'art. 2 d.lgs. n. 77/2002 stabilisce che sia l'Ufficio nazionale per il servizio civile a curare "l'organizzazione, l'attuazione e lo svolgimento del servizio civile nazionale, nonche' la programmazione, l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo, elaborando le direttive ed individuando gli obiettivi degli interventi per il servizio civile su scala nazionale". Alle regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano e' affidato il compito operativo di curare "l'attuazione degli interventi di servizio civile secondo le rispettive competenze". Partendo da tali premesse il decreto legislativo n. 77 del 2002 sviluppa la disciplina del servizio civile non limitandosi a dettare i principi fondamentali, in relazione agli aspetti per i quali lo Stato abbia competenza, ma considerando l'organizzazione di base del servizio civile come fatto dello Stato, e riservando alle regioni e province autonome limitati interventi nella gestione dei progetti che abbiano carattere "locale". Considerando la materia del servizio civile come materia statale, inoltre, la disciplina riserva allo Stato diversi poteri di integrazione normativa in via di normazione secondaria, poteri che non trovano invece giustificazione nella Costituzione ove si ammetta che la materia del servizio civile, scollegato dal servizio militare obbligatorio, rientra pienamente nelle competenze regionali. Analiticamente, l'art. 3 del decreto legislativo n. 77 del 2002 disciplina i requisiti di ammissione al servizio ("sono ammessi a svolgere il servizio civile, a loro domanda, senza distinzioni di sesso i cittadini italiani, muniti di idoneita' fisica, che, alla data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo anno di eta' e non superato il ventottesimo"), la durata del servizio (dodici mesi, ma anche di piu' o di meno in relazione agli specifici ambiti e progetti di impiego se stabilito "con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le Amministrazioni dello Stato interessate") e addirittura l'orario di svolgimento del servizio (che "e' stabilito in relazione alla natura del progetto e prevede comunque un impegno settimanale complessivo compreso tra un minimo di trenta ed un massimo di trentasei ore"). L'art. 4 disciplina il Fondo nazionale per il servizio civile, collocato presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile, "che ne cura l'amministrazione e la programmazione annuale delle risorse" (comma 1). Ai sensi del comma 2, il piano di programmazione annuale di cui al comma 1 stabilisce, oltre alla quota del Fondo da utilizzare per le spese di funzionamento dall'Ufficio nazionale per il servizio civile: "b) la quota delle risorse del Fondo da destinare alle regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per attivita' di informazione e formazione;... c) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito regionale; d) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito interregionale, nazionale o all'estero; e) la quota di risorse del Fondo vincolata, a richiesta dei conferenti ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge 6 marzo 2001, n. 64, allo sviluppo di progetti di servizio civile in aree e settori di impiego specifici". Inoltre, in base al comma 5, "le modalita' di gestione e di rendicontazione delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile e delle spese di funzionamento dell'Ufficio nazionale per il servizio civile sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze". L'art. 5 prevede l'istituzione, presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile, dell'albo nazionale di enti e organizzazioni che intendono presentare progetti per il servizio civile e che hanno i requisiti di cui all'articolo 3 della legge 64/2001, riconoscendo alle regioni e alle province autonome solo l'istituzione di albi su scala regionale e provinciale, a cui possono iscriversi i predetti enti e organizzazioni che svolgono attivita' esclusivamente in ambito regionale o provinciale. L'art. 6 attribuisce allo Stato la determinazione per tutto il territorio nazionale delle caratteristiche cui devono attenersi i progetti di servizio civile (commi 1 e 2) e l'approvazione dei progetti di rilevanza nazionale (comma 4). Alle regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano e' affidato invece il compito di esaminare ed approvare "i progetti presentati dagli enti ed organizzazioni che svolgono attivita' nell'ambito delle competenze regionali o delle province autonome sul loro territorio", progetti che devono essere poi comunicati all'Ufficio nazionale, che entro trenta giorni dalla comunicazione "esprime il suo nulla-osta" (comma 5). L'art. 7 affida all'Ufficio nazionale per il servizio civile la definizione annuale del numero massimo di giovani da ammettere al Servizio civile nazionale. L'art. 8 regola le domande di ammissione al servizio civile (commi 2 e 3) e l'instaurazione del rapporto di servizio civile, che avviene tramite un contratto (commi 1, 4, 5 e 6). L'art. 9 disciplina il trattamento economico e giuridico di coloro che sono ammessi a prestare servizio civile, l'art. 10 i doveri e le incompatibilita', l'art. 11 la formazione, che "ha una durata complessiva non inferiore ad un mese e consiste in una fase di formazione generale al servizio ed in una fase di formazione specifica presso l'ente o l'organizzazione di destinazione" L'art. 12 prevede il servizio civile all'estero, "nelle forme stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro degli affari esteri". Infine l'art. 13 detta norme "al fine di favorire il collocamento nel mercato del lavoro di quanti hanno svolto il servizio civile" (comma 1), equipara il periodo di servizio civile effettivamente prestato al servizio prestato presso enti pubblici, nell'ambito dei pubblici concorsi, e consente alle universita' di riconoscere crediti formativi "per attivita' formative prestate nel corso del servizio civile, rilevanti per il curriculum degli studi". In questi termini, essendo stata mantenuta per il servizio civile la medesima impostazione che era propria ad esso in collegamento con il servizio militare, e non essendosi tenuto conto in alcun modo della legge costituzionale n. 3 del 2001, tali disposizioni risultano lesive delle prerogative costituzionali della Provincia autonoma di Trento, per le seguenti ragioni di Diritto 1. - Premessa. Estraneita' della materia del servizio civile al novero di quelle riservate allo Stato ai sensi dell'art. 117, comma secondo, della Costituzione. Come esposto in narrativa, il servizio civile ora organizzato dal decreto legislativo n. 77 del 2002 non ha alcun collegamento con le questioni attinenti alla difesa nazionale. A questa stregua, puo' dirsi con sicurezza che la materia non rientra in quella "difesa e Forze armate" che l'art. 117, comma secondo, della Costituzione riserva alla legislazione esclusiva dello Stato. In questo senso, semplicemente non corrisponde al vero quello che afferma l'art. 1, comma 1, del decreto qui impugnato, secondo cui la nuova disciplina riguarderebbe "l'organizzazione e lo svolgimento del servizio civile nazionale quale modalita' operativa concorrente ed alternativa di difesa dello Stato, con mezzi ed attivita' non militari". Cio' infatti poteva dirsi per il precedente servizio civile, o per quello che ancora continua nella fase transitoria, ma per nulla affatto per il servizio civile disciplinato dal decreto legislativo n. 77 del 2002. E' opportuno precisare che affermando cio' la Provincia autonoma di Trento non intende affatto istituire una ristretta corrispondenza tra "difesa della Patria" ai sensi dell'art. 52 Cost., o anche semplicemente "difesa" ai sensi dell'art. 117, comma secondo, Cost., ed il piu' ristretto concetto di Forze armate. Puo' dirsi al contrario accettato e pacifico che partecipano alla difesa della patria anche tutti coloro che a prescindere da un servizio in armi svolgano attivita' rivolta a contrastare l'aggressore. L'ultima fase della seconda guerra mondiale in Italia ha fornito con evidenza numerosi esempi di partecipazione alla difesa della patria da parte di organizzazioni civili o di singoli che, sia armati che disarmati, ma comunque al di fuori dell'organizzazione ufficiale delle Forze amiate, hanno partecipato spesso con abnegazione e talora con eroismo alla difesa della patria. E' dunque pacifico che si puo' contribuire alla difesa della patria svolgendo attivita' diverse, dalle comunicazioni alla costruzione di opere, alla attivita' di informazione, etc., senza svolgere alcun servizio armato. Tuttavia, la nozione di difesa della patria non puo' neppure essere dilatata, fino a coinprendervi lo svolgimento di qualunque attivita' socialmente utile. Cio' che caratterizza l'attivita' di "difesa" e' invece la finalizzazione specifica a contrastare, od a contribuire a contrastare, o a prepararsi a contrastare, una esterna aggressione. Cio' che qui si vuole dire e' dunque che il servizio civile disciplinato dal decreto legislativo n. 77 del 2002 non puo' essere ascritto alla difesa della patria in alcun ragionevole significato. Si consideri la natura dell'attivita' che le persone che prestano il servizio civile sono chiamate a svolgere, e le relative modalita' di svolgimento. Il rapporto di servizio civile si instaura sulla base dei "progetti" presentati, al sensi dell'art. 6 del decreto legislativo qui impugnato, dai soggetti ed enti abilitati ai sensi dell'art. 5. A sua volta, tale articolo 5, comma 1, si riferisce ad albi ai quali "possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3, della legge 6 marzo 2001 n. 64": cioe', oltre ad assenza di scopo di lucro, capacita' organizzativa e possibilita' d'impiego, svolgimento di un'attivita' continuativa da almeno tre anni (rispettivamente, lett. a), b) e d) del comma 1), la "corrispondenza tra i propri fini istituzionali e le finalita' di cui all'articolo 1". Non c'e' dunque dubbio che le "finalita'" del servizio civile, al cui interno devono collocarsi sia gli enti abilitati a presentare i progetti che gli stessi progetti, sono ancora quelle stabilite dall'art. 1 della legge n. 64 del 2001, ovvero (a parte il richiamo del tutto generico al "concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della patria con mezzi ed attivita' non militari") le seguenti: "favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarieta' sociale" (lett. b); "promuovere la solidarieta' e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli" (lett. c); "partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile" (lett. d); "contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attivita' svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero" (lett. e). Ora, e' ad avviso della ricorrente provincia impossibile non vedere che favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarieta' sociale, promuovere la solidarieta' e la cooperazione, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli, partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile sono attivita' degne del massimo rispetto, che individuano talune delle piu' specifiche ragioni e attribuzioni delle regioni e della ricorrente provincia, ma non sono affatto collegate alla difesa nazionale. In definitiva il sistema di relazioni denominato "servizio civile nazionale" mette capo esclusivamente al finanziamento di una serie di progetti presentati da enti aventi fini di utilita' sociale, da realizzarsi attraverso l'impiego retribuito di giovani. Esso non mette capo ad alcuna specifica organizzazione propria del servizio civile, dotata di finalita' collegate alla difesa, ma si limita in pratica a "finanziare" l'utilizzazione delle energie di giovani a scopi di utilita' sociale da parte di enti senza scopi di lucro. In questi termini, dal punto di vista delle "materie", il servizio civile puo' essere classificato quale materia a se' stante (ed in questo caso esso ricadrebbe necessariamente in quelle regionali residuali, ai sensi dell'art. 117, comma quarto, Cost., salvo quanto si dira' al punto successivo), oppure puo' fare riferimento a ciascuna delle materie cui il progetto si riferisce (venendosi tuttavia cosi' a perdere la unitarieta' del servizio, d'altronde piu' legata al finanziamento che ad una realta' organizzativa o funzionale). Chiarissimo e' comunque, in negativo, che esso non mette piu' capo alla difesa. Si potrebbe obiettare che le attivita' e le finalita' del servizio civile non sono affatto mutate rispetto a prima, e che percio', se si ammette che vi fosse prima un collegamento con la difesa, lo stesso deve ammettersi ora. Sennonche', una simile obiezione e' priva di fondamento. Infatti, come piu' volte ricordato anche nel ricorso 21/2001, in realta' il collegamento tra il servizio civile, quale disciplinato dalle precedenti leggi, e la difesa era un collegamento, per cosi' dire, perequativo piuttosto che un collegamento organizzativo o funzionale: era un collegamento rivolto da un lato a garantire la serieta' dell'obiezione di coscienza, dall'altra ad assicurare che tale obiezione non si traducesse per l'obiettore in un ingiusto vantaggio competitivo sulle persone che prestavano il servizio militare obbligatorio. Si vuol dire, in altre parole, che la connessione stava in precedenza tutta nella obbligatorieta' del servizio militare di leva, e nella correlata necessita' - nel momento in cui, in omaggio ad altri valori costituzionali, si veniva ammettendo l'obiezione di coscienza - di trovare una prestazione sostitutiva del servizio militare, che metteva comunque a disposizione della collettivita' le energie di colui che altrimenti avrebbe dovuto prestare il servizio militare. Si veniva cosi' a creare uno status "parallelo" tra servizio militare e servizio civile, il quale - si noti - non terminava affatto con il decorso del periodo di prestazione del servizio civile. Infatti, l'art. 13 della legge n. 230 deI 1998 espressamente sanciva che "tutti coloro che abbiano prestato servizio civile ... sono soggetti, sino all'eta' prevista per i cittadini che hanno prestato servizio militare, al richiamo in caso di pubblica calamita'" (comma 1), e che, "in caso di guerra o di mobilitazione generale, gli obiettori di coscienza che prestano il servizio civile o che, avendolo svolto, siano richiamati in servizio" fossero "assegnati alla protezione civile ed alla Croce rossa". Come si vede, nel precedente regime esisteva un parallelismo costante e profondo tra lo status di colui che prestava il servizio militare di leva e lo status di colui che prestava il servizio civile, che dava espressione e traduceva in definitiva l'identita' della causa in relazione alla quale il servizio era prestato: una causa di difesa della patria, che si traduceva per gli obiettori in un dovere di solidarieta', da esprimere in forme diverse, e che - come l'obbligo militare - riviveva o diveniva piu' acuto in caso di calamita', guerra o mobilitazione generale. Ma questo nesso profondo e' completamente ed inevitabilmente perduto nel nuovo sistema, insieme con l'obbligatorieta' del servizio militare di leva. Nel nuovo sistema, l'unica zona di somiglianza sostanziale sta nel fatto che entrambi sono ora volontari: ma mentre l'obbligatorieta' (riflessa) del servizio civile quale alternativa al servizio militare obbligatorio li collegava, la comune volontarieta', al contrario, li separa e li disgiunge: tra servizio militare volontario e servizio civile volontario non c'e' piu' alcun collegamento. II cittadino puo' prestare l'uno, oppure l'altro, oppure nessuno dei due, oppure persino entrambi, alla sola condizione, per quanto riguarda l'ultima ipotesi, che l'aspirante prestatore del servizio civile non sia nello stesso momento appartenente a corpi militario alle forze di polizia (art. 3, comma 5, d.lgs. n. 77/2002). La prestazione del servizio civile non si collega piu' ad una "obiezione di coscienza" (ne' valgono percio' le incompatibilita' stabilite dall'art. 2 della legge n. 230 del 1998, ad esempio, per i titolari di porto d'armi); non presuppone piu' alcuno status potenzialmente militare (come invece in precedenza era presupposto lo status di arruolato e non dispensato); ne' tanto meno, infine, alcuno status si perpetua e si proietta al di la' dell'orizzonte del servizio gia' prestato. In pratica, i pochi o "collegamenti" rimasti nella nuova legislazione tra servizio civile e servizio militare hanno carattere del tutto estrinseco. C'e' in primo luogo la corrispondenza del parametro retributivo: dato che, secondo l'art. 9, comma 2, "agli ammessi a prestare attivita' in un progetto di servizio civile compete un assegno per il servizio civile, pari al trattamento economico previsto per i volontari di truppa in ferma annuale di cui all'art. 2, comma 4-bis del decreto-legge 21 aprile 1999, n. 110, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 giugno 1999, n. 186". Ma il carattere meramente esteriore di questo collegamento e' ben presente allo stesso legislatore, che nello stesso comma statuisce che "in ogni caso non sono dovuti i benefici volti a compensare la condizione militare". Ci sono poi altri nessi, ai quali si accennera' nell'esame dei singoli articoli: ma sia consentito si d'ora affermare che ciascuno di essi, pur esplicitando aree di analogia tra il trattamento dei militari ed il trattamento di coloro che svolgono il servizio civile, ha in realta' alcun significato rispetto alla definizione della materia entro la quale va classificato lo stesso servizio civile. Infine, la radicale estraneita' del "nuovo" servizio civile rispetto al servizio militare e' ulteriormente dimostrata dalla circostanza che, ove a causa della proclamazione dello stato di guerra o di grave crisi internazionale dovesse, alle condizioni precisate, venire ripristinato il servizio militare obbligatorio, sarebbero le regole sul precedente servizio civile a rivivere. Infatti, secondo l'art. 14, comma 1 (che non forma oggetto della presente impugnazione), "nei casi previsti dall'art. 2, comma 1, lettera f), della legge 14 novembre 2000, n. 331, e con le modalita' previste dall'art. 7, comma 3, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e' ripristinato anche il servizio civile ai sensi della legge 8 luglio 1998, n. 230, e successive modificazioni". Esistono dunque nella legislazione italiana due distinti istituti che, pur essendo chiamati entrambi "servizio civile", e consistendo in attivita' aventi in parte lo stesso contenuto (non puo' dirsi infatti lo stesso per le ipotesi di richiamo, esistenti solo per uno dei due), hanno natura profondamente diversa. L'uno infatti si collega allo status di coscritto, e' dovuto allo stesso titolo del servizio militare, quale prestazione sostitutiva di esso, e si manifesta in uno status di lunga durata suscettibile di richiamo in caso di calamita' o di eventi bellici. L'altro, invece, consiste nella pura e semplice volontaria assunzione dell'obbligo di prestare un servizio retribuito e temporaneo, senza alcun collegamento con lo status di militare o con altre circostanze aventi attinenza alla difesa. Ora, e' evidente che mentre il primo tipo di servizio civile ha non solo un evidente collegamento con la questione della difesa, ma persino una sua necessita' costituzionale, quando si configuri l'obiezione di coscienza come una libera opzione, il secondo consiste nella mera assunzione di un lavoro temporaneo in servizi di utilita' sociale. 2. - Identificazione della materia di intervento nei settori di attivita' dei diversi progetti, e della tutela del lavoro per il servizio civile nel suo insieme. Escluso che la materia di intervento del nuovo "servizio civile" possa essere in alcun significativo modo ricondotta all'area della difesa (cui potrebbero tut'al piu' essere ricondotti i soli progetti presentati da enti aventi essi stessi finalita' di difesa, ipotesi che non puo' che ritenersi assolutamente marginale), sembra evidente che essa deve essere identificata sotto i due seguenti e concorrenti profili. Da una parte, e' evidente che, quando si tratti di approvare progetti di attivita' in determinate aree, ne risulta coinvolta ogni volta la competenza specifica dello Stato o delle regioni e province autonome in tali aree. Ed e' altrettanto evidente, da questo punto di vista, che gli ambiti di attivita' del servizio civile in larghissima misura si sovrappongono alle materie di competenza di questa provincia, cosi' come definite dalle disposizioni costituzionali, statutarie ed attuative ricordate in premessa. Su questa base e' stato presentato, in relazione alla legge n. 64 del 2001, il ricorso n. 21 del 2002. Dall'altra parte, appare altresi' evidente che la predisposizione di una organizzazione e di risorse finanziarie rivolte ad acquisire ed utilizzare ai predetti scopi di utilita' sociale l'attivita' di giovani tra i diciotto e i ventotto anni rappresenta una scelta politica rivolta a favorire la formazione professionale (cfr. art. 11 d.lgs. n. 77) ed in generale l'occupazione giovanile. Anche Sotto questo profilo l'intervento si svolge in materie di competenza della ricorrente provincia: bastera' ricordare, accanto alle attribuzioni statutarie, che ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione le regioni hanno potesta' legislativa concorrente in materia di tutela del lavoro, mentre ai sensi del quarto comma (e, per la ricorrente provincia, gia' ai sensi dello statuto) hanno potesta' legislativa esclusiva in materia di formazione professionale. A smentire che l'organizzazione del nuovo servizio civile, svincolato dal servizio militare, abbia a che fare con le politiche del lavoro non vale certo il disposto dell'art. 9, commna 1, secondo cui "l'attivita' svolta nell'ambito dei progetti di servizio civile non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro". Tale disposizione, infatti, nei limiti in cui non e' semplicemente inesatta, vuole intendere che il rapporto cosi' instaurato non ha i caratteri di un "normale" rapporto di lavoro con l'ente che propone il progetto: e proprio per cio' la disposizione prosegue stabilendo, in termini stavolta realmente normativi, che esso "non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilita'". Per il resto, tuttavia, non c'e' dubbio che il rapporto cosi' instaurato tra l'ente e il giovane interessato, con la partecipazione determinante dell'amministrazione che approva il contratto, ha i caratteri di un vero e proprio rapporto di lavoro. Il rapporto e' retto da un contratto che prevede il trattamento economico e giuridico in conformita' all'art. 9, comma 2: cioe' il diritto ad una retribuzione, consistente (come gia' accennato) in un assegno "pari al trattamento economico previsto per i volontari di truppa in ferma annuale". Lo stesso contratto stabilisce "la durata e le modalita' di svolgimento del servizio anche in relazione all'articolazione dell'orario, coerentemente con quanto previsto nel relativo progetto". Gli obblighi contrattuali sono ribaditi dalla legge. Secondo l'art. 10, comma 1, "i soggetti impiegati in progetti di servizio civile sono tenuti ad assolvere con diligenza le mansioni affidate secondo quanto previsto dal contratto di cui all'art. 8". Secondo il comma 2 poi "la prestazione del servizio civile e' incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attivita' di lavoro subordinato o autonomo": essa e' offerta infatti al giovane quale esperienza introduttiva al mondo del lavoro. lnfine, ma non certo per importanza, la finalita' di "favorire lo sviluppo formativo e professionale e l'ingresso nel mondo del lavoro" dei giovani cui e' offerto il servizio civile e' impressa al servizio stesso dalla legge di delega, n. 64 del 2001 (art. 3, comma 1, lettera c). D'altronde, essendo certa - al di la' di taluni estrinseci collegamenti residui - la sostanziale separazione del servizio civile dal servizio militare, se si negasse che il servizio civile, e le opportunita' di utile impiego che esso offre, si connettano alla tutela del lavoro, diverrebbe ancora piu' difficile trovare nel nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione un fondamento costituzionale all'intero disegno statale. 3. - Principi che regolano il rapporto tra Stato e regioni nelle materie cosi' identificate. L'esatta individuazione della materia o piu' precisamente delle materie cui va per distinti profili riferita la legislazione sul nuovo servizio civile consente ora di descrivere in termini generali i ruoli rispettivi che in tali ambiti spettano, a termini della Costituzione e dello statuto di autonomia, allo Stato da un lato ed alle regioni e alle province autonome dall'altro. Le conclusioni sopra raggiunte possono a questo scopo essere sintetizzate nei seguenti punti: i) il disegno complessivo dell'organizzazione del nuovo servizio civile non puo' essere globalmente ascritto alla materia della difesa, cui potrebbero invece essere ascritti, all'interno del disegno complessivo, singoli progetti presentati da soggetti ed enti aventi finalita' di difesa, progetti la cui gestione spetterebbe percio' allo Stato salvo specifiche deleghe per progetti locali; ii) i progetti relativi alle materie di competenza legislativa regionale e provinciale non possono essere disciplinati dallo Stato se non nei limiti in cui lo Stato abbia potesta' concorrente in tali materie, mentre la disciplina spetta esclusivamente alle regioni e province autonome nelle materie di cui all'art. 117, comma quarto; iii) l'organizzazione complessiva del servizio civile puo' essere ascritta in generale alla materia tutela del lavoro, con la conseguenza che lo Stato ha in essa potesta' legislativa concorrente al fine della delineazione dei principi fondamentali; iv) per quanto riguarda la fase specifica della formazione, spetta allo Stato di prevederla nel quadro dei principi fondamentali dell'intervento, ma spetta integralmente alle regioni la relativa disciplina; v) in tutti gli ambiti, tranne quelli eventualmente attinenti ai progetti relativi alla difesa in senso stretto, sono illegittime le disposizioni che prevedono poteri regolamentari o di integrazione normativa da parte di autorita' statali; vi) per quanto riguarda il finanziamento, lo Stato puo' trattenere la sola quota che si riferisca alle sue spese generali e agli eventuali progetti specificamente attinenti alla difesa; vii) la gestione amministrativa dei progetti e di ogni attivita' connessa al servizio civile in ambito provinciale spetta alla provincia a termini dell'art. 16 dello statuto e dell'art. 3 decreto legislativo n. 266 del 1992. Se tali premesse sono fondate, da esse possono essere derivate le conclusioni sulla illegittimita' costituzionale delle singole disposizioni impugnate, nei termini che seguono. 4. - Specifica illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate. a) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2. Commisurato ai criteri e parametri sopra esposti, l'art. 2 dell'impugnato decreto legislativo appare illegittimo in quanto esso, anziche' individuare il compito dello Stato nella posizione dei principi in relazione alle materie di legislazione concorrente, limitando i compiti di gestione agli eventuali progetti correlati alla difesa nazionale o ad altre materie di esclusiva competenza statale, affida all'Ufficio nazionale per il servizio civile il compito di curare "l'organizzazione, l'attuazione e lo svolgimento del servizio civile nazionale, nonche' la programmazione, l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo, elaborando le direttive ed individuando gli obiettivi degli interventi per il servizio civile su scala nazionale" (comma 1): compiti che spettano invece, al di fuori dei progetti ora detti, alle regioni e alle province autonome. Correlativamente, risulta costituzionalmente illegittimo il comma 2, nella parte in cui limita le responsabilita' delle regioni e delle province autonome alla "attuazione degli interventi di servizio civile secondo le rispettive competenze". b) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3. L'art. 3 definisce ai commi 1, 2 e i soggetti ammessi ad entrare in rapporto di servizio civile. Una volta ammesso che nel suo insieme l'intervento possa essere riferito alla tutela del lavoro, si tratta di disposizioni di principio per le quali esiste competenza statale. Ugualmente si giustificano a questo titolo la regola che fissa in dodici mesi la durata complessiva tendenziale del servizio civile (comma 3, prima parte), dal momento che la durata limitata contrassegna in modo essenziale il rapporto e la regola sull'orario di lavoro (comma 4). Non si giustifica invece la rimanente parte del comma 3, secondo la quale "con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le Amministrazioni dello Stato interessate, la durata del servizio puo' essere prevista o articolata per un periodo maggiore o minore in relazione agli specifici ambiti e progetti di impiego". Tale potere infatti puo' essere riconosciuto alla Presidenza del Consiglio soltanto per i progetti che abbiano specifica attinenza alla difesa (in quanto svolti presso enti aventi quale fine la difesa) o ad altre materie riservate allo Stato. Tale disposizione e' dunque illegittima in quanto non prevede la competenza delle regioni o delle province autonome per le materie rientranti nella rispettiva competenza. Neppure si giustifica ad avviso della Provincia autonoma di Trento il comma 6, secondo il quale "con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, per le pari opportunita', sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni", sono individuati gli incarichi pericolosi, faticosi o insalubri ai quali non puo' essere destinato il personale femminile". Tuttavia, la ragione della illegittimita' costituzionale di tale comma non sta in una rivendicazione alla ricorrente provincia della competenza statale, ma nella affermazione che la disposizione realizza in realta' una discriminazione verso il personale femminile, al quale l'accesso a determinati incarichi puo' semmai essere precluso a garanzia di specifici valori esclusivi della condizione femminile - quali la maternita' e la gravidanza - e non genericamente a causa di presunte pericolosita', faticosita' o insalubrita', quando tali attivita' siano in realta' ugualmente pericolose, faticose o insalubri per tutte le persone, a prescindere dal genere. La ricorrente provincia ritiene di avere interesse alla dichiarazione di illegittimita'. costituzionale, in quanto diversamente essa dovrebbe nella propria legislazione dare attuazione a principi non conformi a Costituzione. c) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4. L'art. 4 e' dedicato alla disciplina del Fondo nazionale per il servizio civile. Va osservato che appare in primo luogo illegittima la stessa separazione di tale fondo rispetto a quello delle politiche sociali. Infatti, dispone l'art. 11, comma 3, della legge n. 64 del 2001 che "a decorrere dalla data in cui acquista efficacia il primo dei decreti legislativi di cui all'art. 2, comma 2, le risorse del Fondo di cui al comma 1" cioe' le risorse del Fondo nazionale per il servizio civile - "confluiscono nel Fondo nazionale per le politiche sociali previsto dall'art. 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni": e sembra evidente che tale indicazione della legge di delega non poteva essere contraddetta dalla legge delegata, mantenendo una separazione che avrebbe dovuto essere soppressa. Si noti che la prevista confluenza del Fondo in quello generale delle politiche sociali costituisce ulteriore riprova dell'appartenenza delle attivita' servizio civile all'ambito dei servizi sociali, di generale spettanza alle regioni e province autonome. Quanto alla ripartizione del fondo, le disposizioni dell'art. 4 costituiscono ad avviso della ricorrente provincia il riflesso finanziario dell'illegittima ripartizione dei compiti tra Stato e regioni e provincie autonome sopra illustrato. In particolare, secondo il comma 2 il piano di programmazione annuale di cui al comma 1 stabilisce: a) la quota delle risorse del Fondo da utilizzare per le spese di funzionamento dell'Ufficio nazionale per il servizio civile; b) la quota delle risorse del Fondo da destinare alle regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per attivita' di informazione e formazione. La Conferenza Stato-regioni con deliberazione da adottare entro trenta giorni dall'avvenuta comunicazione da parte dell'Ufficio nazionale del piano di programmazione annuale, determina la ripartizione della predetta quota comunicandola all'Ufficio nazionale per il servizio civile; c) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito regionale; d) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito interregionale, nazionale o all'estero; e) la quota di risorse del Fondo vincolata, a richiesta dei conferenti ai sensi dell'art. 11, comma 2, della legge 6 marzo 2001, n. 64, allo sviluppo di progetti di servizio civile in aree e settori di impiego specifici". Come si vede, pur trattandosi di un servizio che nel suo insieme rientra nella competenza legislativa regionale - mentre allo Stato puo' spettare una legislazione di principio in relazione agli aspetti attinenti alla tutela del lavoro - e di progetti che per la enorme maggioranza rientrano nelle materie di esclusiva pertinenza regionale, la disposizione qui impugnata prevede di "destinare alle regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano" soltanto una quota relativa ad "attivita' di informazione e formazione". Appare invece evidente che alle regioni e province autonome va destinato l'intero fondo, detratta soltanto la parte che necessita allo Stato per il finanziamento degli eventuali progetti aventi specifica attinenza alla difesa o ad altre materie di spettanza statale. Ugualmente illegittimo appare poi il comma 5, secondo il quale "le modalita' di gestione e di rendicontazione delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile e delle spese di funzionamento dell'Ufficio nazionale per il servizio civile sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze". Si prevede qui un potere regolamentare statale per disciplinare materie appartenenti alla potesta' legislativa concorrente o esclusiva delle regioni, in evidente contrasto con l'art. 117, comma sesto, della Costituzione. Fissare con regolamento statale le "modalita' di gestione e di rendicontazione" delle risorse impiegate e' consentito nei limiti in cui si tratti di gestione di progetti rientranti nella esclusiva competenza statale, cioe' per una fascia presumibilmente del tutto marginale. Per i progetti sottoposti a disciplina e gestione regionale la legge statale puo' invece dettare i principi, cui si atterranno le leggi regionali nella disciplina della gestione e rendicontazione, in quanto vi possa essere ragionevole bisogno di specifici principi ad hoc. d) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5. L'art. 5 riguarda gli Albi degli enti di servizio civile. Esso dispone al comma 1 che "presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile e' tenuto l'albo nazionale al quale possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso dei requisiti previsti dall'art. 3, della legge 6 marzo 2001, n. 64", ed al comma 2 che "le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, rispettivamente, albi su scala regionale e provinciale, nei quali possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso dei requisiti di cui al comma 1, che svolgono attivita' esclusivamente in ambito regionale e provinciale". Come l'art. 4 sul piano finanziario, cosi' la disposizione sugli albi traduce in organizzazione l'illegittimo riparto di compiti tra Stato e regioni che sta alla base dell'intera concezione del servizio civile propria del decreto legislativo n. 77 del 2002. Una volta riportato tale riparto nei suoi confini costituzionali, infatti, spetta alle regioni l'intera disciplina del servizio, all'interno dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato in relazione agli aspetti in cui lo Stato ha potesta' legislativa concorrente. Una volta stabilito che la disciplina e l'organizzazione del servizio civile compete alle regioni, nel quadro dei predetti principi, risulta evidente che tale servizio deve necessariamente articolarsi su base territoriale, e che non possa esistere alcun "albo nazionale". Ne' cio' comporta alcun insuperabile problema per gli enti che svolgano attivita' in piu' regioni, essendo ad essi evidentemente consentito - quale principio di legislazione - di ottenere l'iscrizione in tutti gli albi regionali nei quali ritengano necessario richiederla. In astratto, potrebbero concepirsi albi statali per i soli eventuali progetti che attengano in modo specifico a materie statali, quali in ipotesi la difesa. Cio' tuttavia porterebbe a rompere l'unita' del servizio civile come servizio di pubblica utilita' legato alle politiche del lavoro: sicche', una volta che il legislatore statale ha conformato in tale modo il servizio, esso non e' poi libero di scinderlo per una separata gestione statale. Il legislatore statale ha invece, in spregio del riparto operato dal nuovo Titolo V della Costituzione, considerato il servizio civile come un servizio essenzialmente statale, attribuendo alle Regioni modesti compiti attuativi sul piano locale. Di qui l'illegittimita' costituzionale dei commi 1 e 2, la quale per ragioni evidenti di implicazione trascina con se' anche quella dei commi 3 e 4. e) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6. Dell'art. 6, relativo ai progetti, appare costituzionalmente illegittimo in primo luogo il comma 1, secondo il quale "con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza Stato-regioni e la Consulta nazionale di cui all'art. 5, comma 4, ... sono individuate le caratteristiche a cui si devono attenere tutti i progetti di servizio civile, da realizzare sia in Italia che all'estero, sentito, per questi ultimi, il Ministero degli affari esteri". E' palese infatti che anche tale disposizione prevede un potere di natura regolamentare in capo ad un organo statale, per la disciplina di materie appartenenti alla competenza regionale a termini del riparto costituzionale. Tale disposizione appare anche inutile dato che lo stesso comma 2 stabilisce a livello di principio le caratteristiche dei progetti, prescrivendo che essi siano "presentati dagli enti o organizzazioni registrati ai sensi dell'art. 5" (sui quali vale ovviamente quanto sopra esposto) e contengano "gli obiettivi che si intendono perseguire, le modalita' per realizzarli, il numero di giovani che si intendono impiegare, la durata del servizio nei limiti di cui all'art. 3, commi 3 e 4, nonche' i criteri e le modalita' di selezione degli aspiranti, senza discriminazione dovuta al sesso". Inoltre, il comma 3 dispone che "i progetti di cui al comma 2 possono prevedere altresi' particolari requisiti fisici e di idoneita' per l'ammissione al servizio civile sulla base di criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 2, comma 5, della legge 6 marzo 2001, n. 64, ovvero in base a quanto previsto dalla regione o dalle Province autonome di Trento e di Bolzano". Risulta qui illegittima, per le stesse ragioni esposte per il comma 1, la previsione del potere statale di disciplina amministrativa. Illegittimi appaiono altresi' i commi 4 e 5, i quali ripropongono, sul piano della competenza all'approvazione dei progetti, la stessa illegittima suddivisione dei compiti gia' lamentata in relazione all'aspetto finanziario e all'assetto degli albi. Stabilisce infatti il comma 4 che "l'Ufficio nazionale esamina ed approva i progetti di rilevanza nazionale, presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato e dagli enti pubblici e privati nazionali, sentite le regioni, le province autonome interessate, nonche' quelli di servizio civile all'estero", mentre il comma 5 riserva alle regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano la sola approvazione dei "progetti presentati dagli enti ed organizzazioni che svolgono attivita' nell'ambito delle competenze regionali o delle province autonome sul loro territorio", precisando poi che esse dovranno "comunicare all'Ufficio nazionale, in ordine di priorita', i progetti approvati entro il 31 ottobre dell'anno precedente quello di riferimento" e che per sovrappiu' "entro trenta giorni dalla comunicazione l'Ufficio nazionale esprime il suo nulla-osta. Appare qui radicalmente illegittima l'intera impostazione delle competenze, talmente accentrata che persino le limitate competenze regionali sarebbero soggette a "nullaosta" statale. Va invece affermato che allo Stato spetta soltanto l'enucleazione dei principi fondamentali del servizio civile, in quanto esso possa essere riferito alle politiche del lavoro, e che spetta alle regioni la disciplina e - nel quadro di tale disciplina - la gestione del servizio stesso. Che nessuna distinzione puo' farsi tra progetti "di rilevanza nazionale" e altri progetti, mentre una distinzione puo' farsi per i progetti che si riferiscano eventualmente ad ambiti di competenza esclusiva dello Stato: per i quali - ferma la competenza regionale in relazione al loro inserirsi nel servizio civile - puo' essere invece riconosciuta la competenza statale per l'approvazione. f) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7. L'art. 7 riguarda la definizione annuale del numero massimo di giovani da ammettere al Servizio civile nazionale, e stabilisce che "l'Ufficio nazionale per il servizio civile determina, in base alla programmazione annuale delle risorse di cui all'art. 4, comma 1, il numero massimo di giovani che possono essere ammessi a prestare servizio civile su base volontaria nell'anno solare successivo, tenendo conto del numero di giovani da impiegare sulla base dei progetti approvati a livello nazionale e regionale ai sensi dell'art. 6". Mentre lo Stato puo' definire la misura della sua partecipazione al finanziamento del Servizio civile, non vi e' ragione alcuna per stabilire un tetto limitativo del numero complessivo dei giovani da ammettere al Servizio civile, numero che potra' invece essere maggiore o minore a seconda delle risorse che le regioni intendano impiegare per i suoi scopi. La determinazione centrale di un numero determinato e insuperabile costituisce ulteriore riflesso dell'avere costruito il sistema del Servizio civile come sistema essenzialmente statale, non tenendo conto della avvenuta separazione dal Servizio militare e del mutamento del titolo V della parte seconda della Costituzione. g) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8. L'art. 8 e' rivolto alla disciplina del rapporto di Servizio civile, ovvero della fase attuativa dei progetti approvati. La disposizione del comma 1 puo' considerarsi di principio, salvo che per il riferimento al "limite massimo dei giovani da ammettere al servizio civile di cui all'art. 7", in relazione al quale vale quanto sopra esposto. Appaiono invece esulare dall'ambito dei principi le disposizioni del comma 2, le quali risultano quindi travalicare gli attuali limiti della competenza legislativa statale. A maggiore ragione risulta costituzionalmente illegittimo il potere affidato all'Ufficio nazionale per il servizio civile di determinare gli schemi per le domande di ammissione al servizio civile. Puo' riconoscersi valore di principio al disposto di cui al comma 3, secondo cui "coloro i quali hanno prestato Servizio civile nazionale non possono presentare ulteriore domanda": si manifesta qui infatti il carattere proprio del Servizio civile quale esperienza di soglia rispetto ad un lavoro vero e proprio, come tale non ripetibile. Quanto alla disciplina del contenuto del contratto, risulta evidentemente illegittima la previsione del comma 5, secondo il quale il contratto deve essere redatto "in base agli schemi predisposti dall'Ufficio nazionale per il servizio civile". Si tratta invece di compiti di disciplina regionale, per le ragioni gia' esposte relative al riparto costituzionale delle competenze. Quanto alla competenza alla approvazione del contratto, da quanto esposto ai precedenti punti si evince che (come gia' affermato anche nel ricorso n. 21/2001) va riconosciuta in generale la competenza regionale e delle province autonome, in corrispondenza della competenza all'approvazione dei progetti, mentre una competenza statale puo' riconoscersi soltanto in relazione ai progetti specificamente attinenti a materie esclusivamente statali. Il comma 6, secondo cui "presso l'Ufficio nazionale e' conservata copia dei contratti approvati ai sensi del presente articolo", risulta costituzionalmente illegittimo in quanto impone alle regioni la trasmissione non di informazioni ma di copie di atti, per i quali la conservazione al centro non riveste alcuna utilita'. Il comma 7 risulta costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che l'attestato da cui risulta l'effettuazione del Servizio civile possa essere rilasciato dall'Ufficio nazionale, senza stabilire la competenza esclusiva delle regioni e province autonome. Infatti, anche in relazione agli eventuali progetti relativi a materie esclusivamente statali, compete allo Stato la sola valutazione di merito dell'attivita' svolta, mentre non puo' non competere alle regioni il rilascio dell'attestato, in quanto esso attiene al Servizio civile. h) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9. L'art. 9 disciplina il trattamento economico e giuridico dei soggetti che entrano nel rapporto di servizio civile. Il comma 1 appare costituzionalmente illegittimo nella parte in cui nega, in contraddizione palese con i reali caratteri del rapporto istituito, che si tratti di un rapporto di lavoro. Dati invece i caratteri e la durata limitata di tale rapporto di lavoro, risulta corrispondente al sistema del Servizio civile la disposizione secondo la quale esso non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilita'. Il comma 2 commisura al trattamento dei volontari di truppa in ferma annuale l'assegno da corrispondere agli ammessi a prestare attivita' in un progetto di Servizio civile. Si tratta di un residuo del collegamento con il servizio militare, che non ha attualmente alcun fondamento costituzionale. Il comma 3 puo' essere considerato legittimo ove si intenda che l'Ufficio nazionale, tramite l'ISVAP provvede a predisporre condizioni generali di assicurazione per i rischi connessi allo svolgimento del Servizio civile delle quali le regioni e province autonome possono avvalersi, fermo restando il diritto di stipulare altre assicurazioni se piu' vantaggiose. Il comma 4, che pure fissa un principio in tema di riconoscimento del periodo di Servizio civile per l'inquadramento economico e per la determinazione dell'anzianita' lavorativa ai fui del trattamento previdenziale del settore pubblico e privato, a carico del Fondo nazionale per il Servizio civile, contiene un incongruo riferimento ai limiti e alle modalita' "con le quali la legislazione vigente riconosce il servizio militare obbligatorio". Il comma 5 e il comma 6 stabiliscono principi che potranno essere attuati, nel quadro di quanto richiesto con il presente ricorso, da disposizioni legislative provinciali. Il comma 7 appare in contraddizione con lo scopo e lo spirito del sistema del Servizio civile, in quanto consente di accedervi a soggetti gia' titolari di un rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni. Cosi' facendo si assicura un ingiustificato privilegio ai dipendenti pubblici, mentre per i dipendenti privati varrebbe invece la piena incompatibilita' posta dall'art. 10, comma 2, e si lede la stessa autonomia organizzativa delle amministrazioni non statali interessate. i) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11. L'art. 11 riguarda la formazione al Servizio civile. Tale materia non puo' non essere assimilata alla formazione professionale, che l'art. 117, comma terzo, della Costituzione espressamente eccettua dalla potesta' legislativa concorrente per riservarla alla potesta' legislativa residuale delle regioni. In tale materia lo Stato non puo' dunque dettare principi di materia, se non nella misura in cui sia essenziale un collegamento con l'oggetto stesso del Servizio civile. Si ritengono percio' costituzionalmente illegittime tutte le disposizioni che contengono specificazioni di dettaglio, quali tra l'altro quelle che specificano la durata della formazione ("non inferiore ad un mese", comma 1), che precisano modalita' (come "una fase di formazione generale al servizio ed in una fase di formazione specifica presso l'ente o l'organizzazione di destinazione", sempre al comma 1), o specifiche materie o durate minime (secondo quanto invece prevedono sia il comma 2 che il comma 4). In nessun caso, poi, e' costituzionalmente ammissibile che ad organizzare i corsi di formazione possa essere talora (come invece dispone il comma 3) l'Ufficio nazionale. Ugualmente, appare del tutto illegittimo, anche per violazione dell'art. 117, comma 6, che sia l'Ufficio nazionale (sentita la Conferenza Stato-regioni e la Consulta nazionale di cui all'art. 5, comma 4) a definire i contenuti base per la formazione ed ad effettuare il monitoraggio dell'andamento generale della stessa. l) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12. L'art. 12 (Servizio civile all'estero) prevede che "i soggetti di cui all'art. 3" (cioe', si suppone, i soggetti che prestano il Servizio civile) "possono essere inviati all'estero anche per brevi periodi e per le finalita' previste dall'art. 1, comma 1, lettera e), della legge 6 marzo 2001, n. 64" (cioe' per migliorare "la formazione civica, sociale, culturale e professionale"), "nelle forme stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri". Poiche' l'invio all'estero di coloro che svolgono il Servizio civile non muta minimamente il radicamento nazionale del progetto, e non configura certo attivita' riservata allo Stato, tocca alle regioni e province autonome responsabili dei progetti di determinare quando il loro svolgimento possa trarre vantaggio da permanenze all'estero, e stabilirne le modalita': che in ogni caso non potrebbero essere disposte dallo Stato con atto di normazione secondaria, in violazione dell'art. 117, sesto comma della Costituzione. Ugualmente illegittimo appare il comma 2, in quanto esso suppone che lo svolgimento di parte del progetto all'estero comporti la competenza statale alla verifica dei progetti ed al loro monitoraggio. Ferma invece la competenza regionale, non vi e' ragione per cui le stesse regioni non possano ricorrere, attraverso il Ministero degli affari esteri e di intesa con esso, al supporto degli uffici diplomatici e consolari all'estero. m) Illegittimita' costituzionale dell'art. 13. L'art. 13 riguarda l'inserimento nel mondo del lavoro e crediti formativi. Il comma 1 risulta illegittimo in quanto prevede che anche l'Ufficio nazionale, e non solo le regioni e le province autonome, abbiano il compito di "stipulare convenzioni con associazioni di imprese private, con associazioni di rappresentanza delle cooperative e con altri enti senza finalita' di lucro, al fine di favorire il collocamento nel mercato del lavoro di quanti hanno svolto il Servizio civile". La materia qui e' semplicemente la tutela del lavoro, nella quale spetta allo Stato la sola legislazione di principio. Spetta dunque alle regioni di disciplinare in dettaglio tali convenzioni e di gestirne la stipulazione.