Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona del
Presidente della Provincia pro tempore, autorizzato con deliberazione
della  giunta  provinciale  n. 1413  del  21  giugno  2002  (all. 1),
rappresentata  e difesa - come da procura speciale del 25 giugno 2002
(n. di rep. 25620) rogata dalla dott.ssa Gianna Scopel in qualita' di
ufficiale  rogante  della provincia stessa (all. 2) - dall'avv. prof.
Giandomenico  Falcon  di  Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con
domicilio  eletto  in  Roma  presso  lo  studio  dell'avv. Manzi, via
Confalonieri 5.
    Contro   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  per  la
dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale degli articoli 2; 3;
4;  5; 6; 7; 8; 9; 11; 12 e 13 del decreto legislativo 5 aprile 2002,
n. 77,  concernente "Disciplina del Servizio civile nazionale a norma
dell'articolo  2  della  legge 6 marzo 2001, n. 64", pubblicato nella
Gazzetta  ufficiale, serie generale, n. 99 di data 29 aprile 2002, in
relazione  ai  motivi  e  profili  esposti  nel  presente ricorso per
violazione:
        dell'articolo  8, nn. 1), 3), 4), 5), 6), 13), 16), 17), 20),
21),  23),  25)  e  29),  dell'articolo  9,  nn. 2),  4),  5)  e 10),
dell'articolo  16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e delle relative
norme di attuazione;
        dell'autonomia  finanziaria  della  provincia  garantita  dal
titolo  VI  del  d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come modificato dalla
legge  30  novembre  1989,  n. 386, e in particolare dell'articolo 5,
commi 2 e 3, della legge 30 novembre 1989, n. 386;
        dell'articolo  117,  commi  2,  4  e  6, della Costituzione e
dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
        degli  altri  principi  e  regole costituzionali e statutarie
illustrate nei singoli punti.

                                Fatto

    Il  decreto legislativo qui impugnato costituisce esercizio della
delega  prevista  dall'articolo  2  della  legge 6 marzo 2001, n. 64,
istitutiva  del  servizio  civile  nazionale.  Tale  legge ha formato
anch'essa oggetto di impugnazione da parte della ricorrente provincia
in  relazione  agli  articoli  7  ed  8  -  sulla  base dei parametri
statutari e dei parametri costituzionali allora vigenti - con ricorso
che pende davanti a codesta ecc.ma Corte costituzionale con il numero
21/2001.
    Il  comma  1  dell'art. 2  della  legge  n. 64  stabiliva che, "a
decorrere  dalla  data  della  sospensione  del servizio obbligatorio
militare   di   leva,   il   servizio  civile  e'  prestato  su  base
esclusivamente volontaria", mentre il comma 2 delegava il Governo "ad
emanare,  entro  dodici  mesi  dalla  data di entrata in vigore della
presente  legge, uno o piu' decreti legislativi aventi ad oggetto: la
individuazione   dei  soggetti  ammessi  a  prestare  volontariamente
servizio  civile;  la  definizione delle modalita' di accesso a detto
servizio; la durata del servizio stesso, in relazione alle differenti
tipologie  di  progetti di impiego; i correlati trattamenti giuridici
ed economici".
    Dal  momento della delega sono intervenuti fatti giuridici che ad
avviso  della  ricorrente  provincia portano a riconsiderare l'intera
questione.
    E' pacifico che, come risulta anche dai criteri direttivi fissati
nel  comma  3,  il  decreto  legislativo n. 77 del 2002 disciplina il
servizio civile volontario, e non quello prestato dagli obbiettori in
alternativa al servizio militare obbligatorio.
    In  effetti  la prestazione obbligatoria del servizio militare di
leva  e'  stata  "sospesa" - ma in realta' definitivamente soppressa,
salvo   ripristino  esclusivamente  nelle  eccezionali  ed  eventuali
situazioni   di   guerra  o  di  gravissima  crisi  internazionale  -
dall'art. 7  d.lgs.  8  maggio  2001, n. 215, che a sua volta ha dato
attuazione  all'art. 3,  comma 1,  legge  14 novembre 2000, n. 331, a
decorrere dal 1 gennaio 2007.
    Sino  a che duri il servizio militare obbligatorio (cioe' fino al
2006 compreso), il servizio civile alternativo alla leva obbligatoria
resta  disciplinato  dalla  legge  8  luglio  1998,  n. 230. Non solo
infatti  la legge n. 64 del 2001 prevede all'inizio del capo II (art.
4)  che  "le  disposizioni del presente capo disciplinano il servizio
civile  nazionale fino alla data di efficacia dei decreti legislativi
di  cui  all'articolo  2", ma lo stesso decreto legislativo n. 77 del
2002,  oggetto  del  presente  giudizio, dispone all'art. 14 (che non
forma oggetto di impugnazione) che "nel periodo transitorio di cui al
capo  II  della  legge  6  marzo  2001,  n. 64,  e  fino alla data di
sospensione  del  servizio  obbligatorio  di  leva,  il  documento di
programmazione  annuale dell'Ufficio nazionale, previsto all'articolo
4,  stabilisce  la  quota  parte  del  Fondo  nazionale  da destinare
prioritariamente  al  servizio civile previsto dalla legge n. 230 del
1998"   e  che  "nel  medesimo  periodo  il  contingente  annuale  e'
determinato  secondo  le  modalita'  previste  dall'articolo  6 della
citata legge n. 64 del 2001" (comma 2).
    In  altri  termini,  per tutta la durata del periodo transitorio,
fino  alla effettiva cessazione del servizio obbligatorio di leva, il
servizio  civile  viene  svolto in sostituzione del servizio militare
obbligatorio  da  chi  fa  obiezione  di  coscienza  (ex art. 1 legge
n. 230/1998)  o  da  coloro  che  "dichiarino  la  loro  preferenza a
prestare  il  servizio civile piuttosto che il servizio militare", ex
art. 5 legge n. 64/2001.
    Il  d.lgs.  n. 77/2002  qui  impugnato,  e'  destinato  invece  a
disciplinare  il servizio civile volontario, cioe' un servizio civile
che,  come  si  dira', non ha piu' alcun collegamento con il servizio
militare.
    La  radicale differenza tra le due forme di servizio civile - che
in  pratica  hanno in comune il nome, ma non la sostanza della cosa -
e' confermata anche dall'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 77/2002, secondo
il  quale  "nei  casi  previsti  dall'articolo 2, comma 1, lettera f)
della  legge  14  novembre  2000  n. 331, e con le modalita' previste
dall'articolo  7,  comma  3,  del  decreto legislativo 8 maggio 2001,
n. 215",  ovvero  proprio  nel  caso  di  ripristino  temporaneo  del
servizio   militare   obbligatorio  in  situazioni  di  guerra  o  di
gravissima crisi internazionale (ed ove "il personale in servizio sia
insufficiente  e  non  sia  possibile  colmare le vacanze di organico
mediante  il  richiamo  in  servizio di personale militare volontario
cessato   dal   servizio   da   non  piu'  di  cinque  anni"),  viene
"ripristinato  anche il servizio civile ai sensi della legge 8 luglio
1998, n. 230, e successive modificazioni".
    Il  fatto  che,  in  questi  casi,  sia  "ripristinato" (ai sensi
dell'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 77/2002) il servizio civile previsto
dalla  legge  n. 230/1998  dimostra  infatti ad abundantiam la natura
totalmente  diversa  del  servizio civile oggetto dello stesso d.lgs.
n. 77,  che non interferisce per nulla con il sistema della difesa, e
neppure  si  collega  con  esso. In effetti, non appena per qualunque
ragione venga ripristinata l'obbligatorieta' del servizio militare di
leva,  anche  il servizio civile si svolge secondo le apposite regole
della legge n. 230/1998.
    Il  d.lgs.  n. 77  del  2002  ha  dunque  ad  oggetto un servizio
totalmente  civile,  e  da'  luogo  percio'  a  censure  ancora  piu'
penetranti  rispetto alla legge n. 64/2001, che, avendo ad oggetto il
servizio   civile   sostitutivo   di  quello  militare  obbligatorio,
risultava  legittima  in relazione a certi aspetti. Cosi' nel ricorso
n. 21/2001  si  affermava che "nella misura in cui lo svolgimento del
servizio  civile  determina l'assolvimento degli obblighi di leva, e'
naturale  che  l'inquadramento giuridico generale di esso spetti allo
Stato"  (p. 4), e che "e' logico che l'amministrazione di riferimento
dell'aspirante  obiettore  sia  lo  Stato  (perlomeno  sino  a che il
servizio  civile  sia sostitutivo del servizio di leva obbligatorio e
ne costituisca, in un certo senso, l'altra faccia)".
    Venuto  meno  l'obbligo di leva, il servizio civile non puo' piu'
ovviamente  avere  funzione satisfattiva di esso, ne' in realta' piu'
alcun rapporto con la materia statale "difesa e forze armate".
    Accanto  al compiersi del disegno, prima semplicemente ipotetico,
rivolto  a  trasformare  le  Forze armate in senso professionale, nel
corso  del  2001,  come  e' ben noto, e' stato altresi' profondamente
riformato  il  Titolo  V della parte seconda della Costituzione. Tale
trasformazione tocca anche la Provincia autonoma di Trento, in quanto
l'art.  10  della  legge  costituzionale  n. 3 del 2001 espressamente
sancisce  che  le sue disposizioni "si applicano anche alle regioni a
statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per
le  parti  in  cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite".
    Viene qui in considerazione, in particolare, il principio secondo
cui,  tre  lo  Stato conserva a termini dell'art. 117, comma secondo,
potesta'   legislativa   esclusiva   in   molte   fondamentali  parti
dell'ordinamento  giuridico  - come il diritto privato, processuale e
penale  nonche',  per  quanto  qui ci interessa, la materia "difesa e
Forze  armate" - spetta tuttavia alle regioni la potesta' legislativa
non   solo  nelle  materie  espressamente  individuate  come  materie
"concorrenti"  a  termini  dell'art. 117, comma terzo, ma in tutte le
rimanenti materie, ad esclusione di ogni altra potesta' legislativa.
    Ora,  la  scomparsa del collegamento tra il servizio civile ed il
servizio  militare  obbligatorio,  prima  caratterizzante il servizio
stesso,  porta  evidentemente  alla  necessita'  di  riconsiderare la
competenza   legislativa,   in   relazione   alla   nuova  situazione
costituzionale.
    Ed  infatti  nel  corso della procedura di emanazione del decreto
legislativo  le regioni non hanno mancato, nell'esercizio del proprio
compito  di  difesa  delle  prerogative  costituzionali  e  di  leale
cooperazione  con lo Stato, di sottolineare la nuova situazione, e di
richiedere allo Stato di prenderne atto.
    Precisamente,  la  Conferenza  Stato-Regioni  ha  espresso, nella
seduta  del 7 marzo 2002, un formale parere negativo sullo schema del
decreto legislativo, osservando che "il provvedimento ... non risulta
aderente alla intervenuta riforma del titolo V della Costituzione".
    Sottolineano  le regioni nel parere come non si possa condividere
"la  posizione secondo la quale il servizio civile sarebbe ricompreso
nella  materia  "difesa",  in  quanto,  "una  volta  cessata  la leva
militare  obbligatoria,  il  servizio  civile configurandosi come una
prestazione   su   base  esclusivamente  volontaria,  le  prestazioni
farebbero ... riferimento pressoche' esclusivo a competenze esclusive
o concorrenti regionali" (all. 3).
    Come  si  vede, si tratta dello stesso percorso argomentativo del
presente   ricorso,  che  le  regioni  tempestivamente  sottoponevano
all'attenzione del Governo: corredandolo anche di una nota escativa e
propositiva  (all. A al parere), nella quale, fra l'altro, si osserva
che  l'art. 1  legge  n. 64/2001 assegna al servizio civile finalita'
rientranti  nella  competenza  regionale  (come  gia' evidenziato nel
ricorso  di  questa  provincia n. 21/2001, p. 2), salvo quella di cui
alla  lett.  a)  ("concorrere,  in  alternativa  al servizio militare
obbligatorio,  alla  difesa  della  Patria con mezzi ed attivita' non
militari"),  che  pero' e' espressamente condizionata al fatto che il
servizio  civile  sia  alternativo al servizio militare obbligatorio:
tale  finalita' si riferisce, cioe', all'altro servizio civile, e non
a quello del decreto legislativo n. 77.
    Tale  parere  non  ha lasciato alcuna traccia nella posizione del
Governo,  diversa dalla menzione dell'atto nelle premesse del decreto
legislativo:  "Visto  il  parere  della  Conferenza  permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e
di Bolzano, ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281".
Nemmeno  si  ricorda,  come  se  si  trattasse  di cosa di importanza
secondaria,  che il parere era negativo. Si trattava - sembra dire il
Governo  -  di  un adempimento procedurale, e come tale esso e' stato
rispettato.
    C'era  invece  nel  parere  negativo  una  evidente  questione di
legittimita' costituzionale, che la ricorrente provincia non puo' che
riproporre per intero a codesta ecc.ma Corte costituzionale.
    A  tale  proposito,  realmente  impressiona  che nell'elenco pure
nutrito delle normative e degli atti che il Governo dichiara di avere
"visto",   manca   il  nuovo  Titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione:  quasi  ad  indicare  per  tabulas  che - come e' nella
realta' - il Governo non ha voluto considerare il problema.
    Nel  contenuto,  infatti,  il  decreto  legislativo  ripropone il
disegno   di   un   servizio  civile  concepito  come  questione  che
organizzativamente  fa  capo  allo Stato, e nel quale le regioni e le
province   autonome   hanno  un  ruolo  limitato  all'utilizzo  degli
strumenti  del  servizio  civile,  in quanto tale utilizzo intervenga
nelle  materie  di  loro  competenza: ripropone cioe' il disegno gia'
proprio del servizio civile collegato all'obiezione di coscienza.
    In  particolare,  l'art. 2  d.lgs.  n. 77/2002 stabilisce che sia
l'Ufficio    nazionale    per    il    servizio   civile   a   curare
"l'organizzazione,  l'attuazione e lo svolgimento del servizio civile
nazionale,  nonche'  la programmazione, l'indirizzo, il coordinamento
ed   il  controllo,  elaborando  le  direttive  ed  individuando  gli
obiettivi   degli   interventi   per  il  servizio  civile  su  scala
nazionale".  Alle  regioni  e  alle  Province autonome di Trento e di
Bolzano  e'  affidato  il  compito  operativo di curare "l'attuazione
degli   interventi   di   servizio   civile   secondo  le  rispettive
competenze".
    Partendo  da  tali premesse il decreto legislativo n. 77 del 2002
sviluppa  la disciplina del servizio civile non limitandosi a dettare
i  principi  fondamentali,  in  relazione agli aspetti per i quali lo
Stato  abbia competenza, ma considerando l'organizzazione di base del
servizio  civile  come fatto dello Stato, e riservando alle regioni e
province autonome limitati interventi nella gestione dei progetti che
abbiano  carattere  "locale".  Considerando  la  materia del servizio
civile  come  materia  statale,  inoltre,  la disciplina riserva allo
Stato  diversi  poteri di integrazione normativa in via di normazione
secondaria,  poteri  che  non  trovano  invece  giustificazione nella
Costituzione  ove  si  ammetta  che  la  materia del servizio civile,
scollegato  dal  servizio  militare  obbligatorio, rientra pienamente
nelle competenze regionali.
    Analiticamente,  l'art. 3  del decreto legislativo n. 77 del 2002
disciplina  i  requisiti  di  ammissione al servizio ("sono ammessi a
svolgere  il  servizio  civile,  a loro domanda, senza distinzioni di
sesso  i  cittadini  italiani,  muniti di idoneita' fisica, che, alla
data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo
anno di eta' e non superato il ventottesimo"), la durata del servizio
(dodici  mesi, ma anche di piu' o di meno in relazione agli specifici
ambiti e progetti di impiego se stabilito "con decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, sentite le Amministrazioni dello Stato
interessate") e addirittura l'orario di svolgimento del servizio (che
"e'  stabilito  in  relazione  alla  natura  del  progetto  e prevede
comunque un impegno settimanale complessivo compreso tra un minimo di
trenta ed un massimo di trentasei ore").
    L'art. 4  disciplina  il  Fondo nazionale per il servizio civile,
collocato  presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile, "che ne
cura  l'amministrazione  e  la  programmazione annuale delle risorse"
(comma  1).  Ai sensi del comma 2, il piano di programmazione annuale
di  cui  al  comma  1  stabilisce,  oltre  alla  quota  del  Fondo da
utilizzare  per  le spese di funzionamento dall'Ufficio nazionale per
il servizio civile: "b) la quota delle risorse del Fondo da destinare
alle  regioni  ed  alle  Province autonome di Trento e di Bolzano per
attivita' di informazione e formazione;... c) la quota di risorse del
Fondo   da   destinare   ai   compensi  dei  giovani  destinati  alla
realizzazione dei progetti approvati in ambito regionale; d) la quota
di  risorse  del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati
alla  realizzazione  dei progetti approvati in ambito interregionale,
nazionale o all'estero; e) la quota di risorse del Fondo vincolata, a
richiesta  dei  conferenti  ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della
legge  6  marzo  2001,  n. 64,  allo sviluppo di progetti di servizio
civile in aree e settori di impiego specifici".
    Inoltre,  in  base  al  comma  5,  "le modalita' di gestione e di
rendicontazione  delle  risorse  del  Fondo nazionale per il servizio
civile  e  delle spese di funzionamento dell'Ufficio nazionale per il
servizio  civile  sono  stabilite  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze".
    L'art. 5 prevede l'istituzione, presso l'Ufficio nazionale per il
servizio  civile,  dell'albo  nazionale  di enti e organizzazioni che
intendono  presentare  progetti  per il servizio civile e che hanno i
requisiti  di  cui  all'articolo  3 della legge 64/2001, riconoscendo
alle  regioni  e alle province autonome solo l'istituzione di albi su
scala  regionale  e  provinciale, a cui possono iscriversi i predetti
enti e organizzazioni che svolgono attivita' esclusivamente in ambito
regionale o provinciale.
    L'art. 6  attribuisce  allo  Stato la determinazione per tutto il
territorio  nazionale  delle  caratteristiche  cui devono attenersi i
progetti  di  servizio  civile  (commi  1  e  2) e l'approvazione dei
progetti  di  rilevanza  nazionale  (comma  4).  Alle  regioni e alle
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  e' affidato invece il
compito  di  esaminare ed approvare "i progetti presentati dagli enti
ed organizzazioni che svolgono attivita' nell'ambito delle competenze
regionali  o  delle  province autonome sul loro territorio", progetti
che  devono  essere  poi  comunicati all'Ufficio nazionale, che entro
trenta  giorni dalla comunicazione "esprime il suo nulla-osta" (comma
5).
    L'art. 7  affida  all'Ufficio nazionale per il servizio civile la
definizione  annuale  del  numero  massimo di giovani da ammettere al
Servizio civile nazionale.
    L'art. 8  regola  le  domande  di  ammissione  al servizio civile
(commi  2 e 3) e l'instaurazione del rapporto di servizio civile, che
avviene tramite un contratto (commi 1, 4, 5 e 6).
    L'art. 9  disciplina  il  trattamento  economico  e  giuridico di
coloro  che  sono  ammessi  a  prestare  servizio civile, l'art. 10 i
doveri  e  le  incompatibilita', l'art. 11 la formazione, che "ha una
durata complessiva non inferiore ad un mese e consiste in una fase di
formazione  generale  al  servizio  ed  in  una  fase  di  formazione
specifica presso l'ente o l'organizzazione di destinazione"
    L'art. 12  prevede  il  servizio  civile all'estero, "nelle forme
stabilite  con  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri di
concerto con il Ministro degli affari esteri". Infine l'art. 13 detta
norme  "al fine di favorire il collocamento nel mercato del lavoro di
quanti  hanno  svolto  il  servizio  civile"  (comma  1), equipara il
periodo  di  servizio  civile  effettivamente  prestato  al  servizio
prestato  presso  enti pubblici, nell'ambito dei pubblici concorsi, e
consente  alle  universita'  di  riconoscere  crediti  formativi "per
attivita' formative prestate nel corso del servizio civile, rilevanti
per il curriculum degli studi".
    In questi termini, essendo stata mantenuta per il servizio civile
la  medesima impostazione che era propria ad esso in collegamento con
il  servizio  militare,  e  non  essendosi tenuto conto in alcun modo
della legge costituzionale n. 3 del 2001, tali disposizioni risultano
lesive  delle  prerogative costituzionali della Provincia autonoma di
Trento, per le seguenti ragioni di

                               Diritto

    1.  -  Premessa. Estraneita' della materia del servizio civile al
novero  di  quelle riservate allo Stato ai sensi dell'art. 117, comma
secondo, della Costituzione.
    Come esposto in narrativa, il servizio civile ora organizzato dal
decreto  legislativo  n. 77 del 2002 non ha alcun collegamento con le
questioni  attinenti  alla  difesa  nazionale. A questa stregua, puo'
dirsi  con  sicurezza  che la materia non rientra in quella "difesa e
Forze  armate"  che  l'art. 117,  comma  secondo,  della Costituzione
riserva alla legislazione esclusiva dello Stato.
    In questo senso, semplicemente non corrisponde al vero quello che
afferma  l'art. 1, comma 1, del decreto qui impugnato, secondo cui la
nuova disciplina riguarderebbe "l'organizzazione e lo svolgimento del
servizio  civile  nazionale  quale modalita' operativa concorrente ed
alternativa  di  difesa  dello  Stato,  con  mezzi  ed  attivita' non
militari".  Cio'  infatti  poteva  dirsi  per  il precedente servizio
civile,  o  per quello che ancora continua nella fase transitoria, ma
per  nulla  affatto  per  il servizio civile disciplinato dal decreto
legislativo n. 77 del 2002.
    E'  opportuno precisare che affermando cio' la Provincia autonoma
di  Trento non intende affatto istituire una ristretta corrispondenza
tra  "difesa  della  Patria"  ai  sensi  dell'art. 52  Cost., o anche
semplicemente  "difesa" ai sensi dell'art. 117, comma secondo, Cost.,
ed il piu' ristretto concetto di Forze armate.
    Puo' dirsi al contrario accettato e pacifico che partecipano alla
difesa  della  patria  anche  tutti  coloro  che  a prescindere da un
servizio   in   armi   svolgano   attivita'   rivolta  a  contrastare
l'aggressore.  L'ultima  fase della seconda guerra mondiale in Italia
ha fornito con evidenza numerosi esempi di partecipazione alla difesa
della  patria da parte di organizzazioni civili o di singoli che, sia
armati  che  disarmati,  ma  comunque al di fuori dell'organizzazione
ufficiale   delle   Forze   amiate,   hanno  partecipato  spesso  con
abnegazione  e talora con eroismo alla difesa della patria. E' dunque
pacifico  che  si puo' contribuire alla difesa della patria svolgendo
attivita'  diverse,  dalle  comunicazioni  alla costruzione di opere,
alla  attivita'  di informazione, etc., senza svolgere alcun servizio
armato.
    Tuttavia,  la  nozione  di  difesa  della patria non puo' neppure
essere  dilatata,  fino  a  coinprendervi lo svolgimento di qualunque
attivita'  socialmente  utile.  Cio'  che caratterizza l'attivita' di
"difesa"  e'  invece  la finalizzazione specifica a contrastare, od a
contribuire  a contrastare, o a prepararsi a contrastare, una esterna
aggressione.
    Cio'  che  qui  si  vuole  dire  e' dunque che il servizio civile
disciplinato  dal  decreto legislativo n. 77 del 2002 non puo' essere
ascritto alla difesa della patria in alcun ragionevole significato.
    Si consideri la natura dell'attivita' che le persone che prestano
il  servizio civile sono chiamate a svolgere, e le relative modalita'
di svolgimento.
    Il  rapporto  di  servizio  civile  si  instaura  sulla  base dei
"progetti"  presentati,  al sensi dell'art. 6 del decreto legislativo
qui impugnato, dai soggetti ed enti abilitati ai sensi dell'art. 5. A
sua  volta,  tale  articolo 5, comma 1, si riferisce ad albi ai quali
"possono  iscriversi  gli  enti  e  le organizzazioni in possesso dei
requisiti  previsti dall'articolo 3, della legge 6 marzo 2001 n. 64":
cioe',  oltre ad assenza di scopo di lucro, capacita' organizzativa e
possibilita'  d'impiego,  svolgimento di un'attivita' continuativa da
almeno  tre anni (rispettivamente, lett. a), b) e d) del comma 1), la
"corrispondenza tra i propri fini istituzionali e le finalita' di cui
all'articolo 1".
    Non c'e' dunque dubbio che le "finalita'" del servizio civile, al
cui  interno  devono collocarsi sia gli enti abilitati a presentare i
progetti  che  gli  stessi  progetti,  sono  ancora  quelle stabilite
dall'art. 1  della  legge n. 64 del 2001, ovvero (a parte il richiamo
del  tutto  generico  al  "concorrere,  in  alternativa  al  servizio
militare   obbligatorio,  alla  difesa  della  patria  con  mezzi  ed
attivita' non militari") le seguenti:
        "favorire  la  realizzazione  dei  principi costituzionali di
solidarieta' sociale" (lett. b);
        "promuovere  la  solidarieta'  e  la  cooperazione, a livello
nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei
diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace
fra i popoli" (lett. c);
        "partecipare  alla salvaguardia e tutela del patrimonio della
Nazione,  con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto
l'aspetto   dell'agricoltura   in   zona   di   montagna,  forestale,
storico-artistico, culturale e della protezione civile" (lett. d);
        "contribuire  alla  formazione  civica,  sociale, culturale e
professionale  dei giovani mediante attivita' svolte anche in enti ed
amministrazioni operanti all'estero" (lett. e).
    Ora,  e'  ad  avviso  della  ricorrente provincia impossibile non
vedere  che  favorire la realizzazione dei principi costituzionali di
solidarieta'  sociale,  promuovere la solidarieta' e la cooperazione,
con  particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi
alla  persona  ed alla educazione alla pace fra i popoli, partecipare
alla   salvaguardia  e  tutela  del  patrimonio  della  Nazione,  con
particolare  riguardo  ai  settori  ambientale, anche sotto l'aspetto
dell'agricoltura  in  zona di montagna, forestale, storico-artistico,
culturale  e della protezione civile sono attivita' degne del massimo
rispetto,  che  individuano  talune  delle  piu' specifiche ragioni e
attribuzioni  delle regioni e della ricorrente provincia, ma non sono
affatto collegate alla difesa nazionale.
    In definitiva il sistema di relazioni denominato "servizio civile
nazionale" mette capo esclusivamente al finanziamento di una serie di
progetti  presentati  da  enti  aventi  fini  di utilita' sociale, da
realizzarsi  attraverso  l'impiego  retribuito  di  giovani. Esso non
mette  capo  ad  alcuna specifica organizzazione propria del servizio
civile,  dotata  di  finalita' collegate alla difesa, ma si limita in
pratica  a  "finanziare"  l'utilizzazione  delle energie di giovani a
scopi di utilita' sociale da parte di enti senza scopi di lucro.
    In  questi  termini,  dal  punto  di  vista  delle  "materie", il
servizio  civile  puo' essere classificato quale materia a se' stante
(ed   in  questo  caso  esso  ricadrebbe  necessariamente  in  quelle
regionali  residuali,  ai  sensi  dell'art. 117, comma quarto, Cost.,
salvo  quanto  si  dira'  al  punto  successivo),  oppure  puo'  fare
riferimento  a  ciascuna  delle  materie cui il progetto si riferisce
(venendosi  tuttavia  cosi'  a  perdere  la unitarieta' del servizio,
d'altronde   piu'   legata   al  finanziamento  che  ad  una  realta'
organizzativa o funzionale).
    Chiarissimo  e'  comunque,  in  negativo, che esso non mette piu'
capo alla difesa.
    Si  potrebbe  obiettare  che  le  attivita'  e  le  finalita' del
servizio  civile  non  sono  affatto  mutate  rispetto a prima, e che
percio',  se  si  ammette  che  vi fosse prima un collegamento con la
difesa, lo stesso deve ammettersi ora.
    Sennonche', una simile obiezione e' priva di fondamento. Infatti,
come  piu'  volte  ricordato anche nel ricorso 21/2001, in realta' il
collegamento   tra  il  servizio  civile,  quale  disciplinato  dalle
precedenti  leggi,  e  la difesa era un collegamento, per cosi' dire,
perequativo piuttosto che un collegamento organizzativo o funzionale:
era  un  collegamento  rivolto  da  un  lato  a garantire la serieta'
dell'obiezione  di  coscienza,  dall'altra  ad  assicurare  che  tale
obiezione  non si traducesse per l'obiettore in un ingiusto vantaggio
competitivo   sulle  persone  che  prestavano  il  servizio  militare
obbligatorio.
    Si  vuol  dire,  in  altre  parole,  che  la connessione stava in
precedenza tutta nella obbligatorieta' del servizio militare di leva,
e  nella  correlata  necessita'  -  nel momento in cui, in omaggio ad
altri  valori  costituzionali,  si  veniva  ammettendo l'obiezione di
coscienza  -  di  trovare  una  prestazione  sostitutiva del servizio
militare,  che metteva comunque a disposizione della collettivita' le
energie  di  colui che altrimenti avrebbe dovuto prestare il servizio
militare.
    Si  veniva  cosi'  a  creare  uno status "parallelo" tra servizio
militare  e  servizio  civile,  il  quale  -  si noti - non terminava
affatto  con  il  decorso  del  periodo  di  prestazione del servizio
civile.
    Infatti,  l'art. 13  della  legge  n. 230  deI 1998 espressamente
sanciva  che  "tutti  coloro che abbiano prestato servizio civile ...
sono  soggetti,  sino  all'eta'  prevista  per  i cittadini che hanno
prestato   servizio   militare,  al  richiamo  in  caso  di  pubblica
calamita'"  (comma  1),  e che, "in caso di guerra o di mobilitazione
generale,  gli obiettori di coscienza che prestano il servizio civile
o  che,  avendolo  svolto,  siano  richiamati  in  servizio"  fossero
"assegnati alla protezione civile ed alla Croce rossa".
    Come  si  vede,  nel  precedente  regime esisteva un parallelismo
costante  e  profondo tra lo status di colui che prestava il servizio
militare  di  leva  e  lo  status  di  colui che prestava il servizio
civile,  che  dava  espressione e traduceva in definitiva l'identita'
della  causa  in  relazione  alla quale il servizio era prestato: una
causa  di  difesa della patria, che si traduceva per gli obiettori in
un  dovere  di  solidarieta',  da esprimere in forme diverse, e che -
come  l'obbligo  militare - riviveva o diveniva piu' acuto in caso di
calamita', guerra o mobilitazione generale.
    Ma  questo  nesso  profondo  e'  completamente ed inevitabilmente
perduto nel nuovo sistema, insieme con l'obbligatorieta' del servizio
militare  di  leva.  Nel  nuovo  sistema, l'unica zona di somiglianza
sostanziale  sta nel fatto che entrambi sono ora volontari: ma mentre
l'obbligatorieta' (riflessa) del servizio civile quale alternativa al
servizio militare obbligatorio li collegava, la comune volontarieta',
al  contrario,  li  separa  e  li  disgiunge:  tra  servizio militare
volontario   e   servizio  civile  volontario  non  c'e'  piu'  alcun
collegamento.
    II  cittadino puo' prestare l'uno, oppure l'altro, oppure nessuno
dei  due,  oppure  persino entrambi, alla sola condizione, per quanto
riguarda  l'ultima  ipotesi,  che l'aspirante prestatore del servizio
civile  non  sia  nello stesso momento appartenente a corpi militario
alle forze di polizia (art. 3, comma 5, d.lgs. n. 77/2002).
    La  prestazione  del  servizio  civile non si collega piu' ad una
"obiezione  di  coscienza"  (ne'  valgono percio' le incompatibilita'
stabilite  dall'art. 2 della legge n. 230 del 1998, ad esempio, per i
titolari   di  porto  d'armi);  non  presuppone  piu'  alcuno  status
potenzialmente militare (come invece in precedenza era presupposto lo
status di arruolato e non dispensato); ne' tanto meno, infine, alcuno
status  si  perpetua  e  si  proietta  al  di  la' dell'orizzonte del
servizio gia' prestato.
    In   pratica,  i  pochi  o  "collegamenti"  rimasti  nella  nuova
legislazione  tra servizio civile e servizio militare hanno carattere
del  tutto  estrinseco.  C'e'  in  primo  luogo la corrispondenza del
parametro  retributivo:  dato  che,  secondo l'art. 9, comma 2, "agli
ammessi  a  prestare  attivita'  in  un  progetto  di servizio civile
compete  un  assegno  per  il  servizio  civile,  pari al trattamento
economico  previsto per i volontari di truppa in ferma annuale di cui
all'art. 2,  comma  4-bis  del  decreto-legge 21 aprile 1999, n. 110,
convertito,  con  modificazioni, dalla legge 18 giugno 1999, n. 186".
Ma  il  carattere  meramente  esteriore di questo collegamento e' ben
presente  allo  stesso  legislatore, che nello stesso comma statuisce
che  "in  ogni  caso non sono dovuti i benefici volti a compensare la
condizione militare". Ci sono poi altri nessi, ai quali si accennera'
nell'esame dei singoli articoli: ma sia consentito si d'ora affermare
che  ciascuno  di  essi,  pur  esplicitando  aree  di analogia tra il
trattamento  dei militari ed il trattamento di coloro che svolgono il
servizio  civile,  ha  in  realta'  alcun  significato  rispetto alla
definizione  della  materia  entro la quale va classificato lo stesso
servizio civile.
    Infine,  la  radicale  estraneita'  del  "nuovo"  servizio civile
rispetto  al  servizio  militare  e'  ulteriormente  dimostrata dalla
circostanza  che,  ove  a  causa  della  proclamazione dello stato di
guerra  o  di  grave  crisi  internazionale  dovesse, alle condizioni
precisate,  venire  ripristinato  il  servizio militare obbligatorio,
sarebbero  le  regole  sul  precedente  servizio  civile  a rivivere.
Infatti,  secondo  l'art. 14,  comma  1  (che non forma oggetto della
presente  impugnazione),  "nei  casi  previsti  dall'art. 2, comma 1,
lettera  f), della legge 14 novembre 2000, n. 331, e con le modalita'
previste dall'art. 7, comma 3, del decreto legislativo 8 maggio 2001,
n. 215, e' ripristinato anche il servizio civile ai sensi della legge
8 luglio 1998, n. 230, e successive modificazioni".
    Esistono dunque nella legislazione italiana due distinti istituti
che,  pur  essendo chiamati entrambi "servizio civile", e consistendo
in  attivita'  aventi  in  parte  lo stesso contenuto (non puo' dirsi
infatti  lo stesso per le ipotesi di richiamo, esistenti solo per uno
dei due), hanno natura profondamente diversa.
    L'uno infatti si collega allo status di coscritto, e' dovuto allo
stesso titolo del servizio militare, quale prestazione sostitutiva di
esso,  e  si  manifesta in uno status di lunga durata suscettibile di
richiamo in caso di calamita' o di eventi bellici.
    L'altro,  invece,  consiste  nella  pura  e  semplice  volontaria
assunzione   dell'obbligo   di  prestare  un  servizio  retribuito  e
temporaneo,  senza alcun collegamento con lo status di militare o con
altre circostanze aventi attinenza alla difesa.
    Ora,  e'  evidente che mentre il primo tipo di servizio civile ha
non  solo  un evidente collegamento con la questione della difesa, ma
persino  una  sua  necessita'  costituzionale,  quando  si  configuri
l'obiezione di coscienza come una libera opzione, il secondo consiste
nella  mera assunzione di un lavoro temporaneo in servizi di utilita'
sociale.
    2.  -  Identificazione della materia di intervento nei settori di
attivita'  dei  diversi  progetti,  e  della tutela del lavoro per il
servizio civile nel suo insieme.
    Escluso  che la materia di intervento del nuovo "servizio civile"
possa  essere  in  alcun significativo modo ricondotta all'area della
difesa  (cui potrebbero tut'al piu' essere ricondotti i soli progetti
presentati  da  enti  aventi essi stessi finalita' di difesa, ipotesi
che  non puo' che ritenersi assolutamente marginale), sembra evidente
che  essa deve essere identificata sotto i due seguenti e concorrenti
profili.
    Da  una  parte,  e'  evidente  che, quando si tratti di approvare
progetti  di attivita' in determinate aree, ne risulta coinvolta ogni
volta  la competenza specifica dello Stato o delle regioni e province
autonome in tali aree. Ed e' altrettanto evidente, da questo punto di
vista, che gli ambiti di attivita' del servizio civile in larghissima
misura   si  sovrappongono  alle  materie  di  competenza  di  questa
provincia,  cosi'  come  definite  dalle disposizioni costituzionali,
statutarie  ed  attuative  ricordate  in  premessa. Su questa base e'
stato  presentato, in relazione alla legge n. 64 del 2001, il ricorso
n. 21 del 2002.
    Dall'altra parte, appare altresi' evidente che la predisposizione
di  una  organizzazione e di risorse finanziarie rivolte ad acquisire
ed  utilizzare  ai  predetti scopi di utilita' sociale l'attivita' di
giovani  tra  i  diciotto  e  i  ventotto anni rappresenta una scelta
politica rivolta a favorire la formazione professionale (cfr. art. 11
d.lgs.  n. 77)  ed  in  generale l'occupazione giovanile. Anche Sotto
questo  profilo l'intervento si svolge in materie di competenza della
ricorrente  provincia:  bastera' ricordare, accanto alle attribuzioni
statutarie,   che   ai   sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione  le  regioni  hanno  potesta' legislativa concorrente in
materia  di  tutela  del lavoro, mentre ai sensi del quarto comma (e,
per  la  ricorrente  provincia,  gia'  ai  sensi dello statuto) hanno
potesta'    legislativa    esclusiva   in   materia   di   formazione
professionale.
    A  smentire  che  l'organizzazione  del  nuovo  servizio  civile,
svincolato  dal  servizio militare, abbia a che fare con le politiche
del  lavoro non vale certo il disposto dell'art. 9, commna 1, secondo
cui  "l'attivita'  svolta nell'ambito dei progetti di servizio civile
non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro".
    Tale   disposizione,   infatti,   nei   limiti   in  cui  non  e'
semplicemente   inesatta,  vuole  intendere  che  il  rapporto  cosi'
instaurato  non ha i caratteri di un "normale" rapporto di lavoro con
l'ente  che  propone  il progetto: e proprio per cio' la disposizione
prosegue  stabilendo,  in  termini  stavolta realmente normativi, che
esso  "non  comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di
collocamento o dalle liste di mobilita'".
    Per  il  resto,  tuttavia,  non c'e' dubbio che il rapporto cosi'
instaurato tra l'ente e il giovane interessato, con la partecipazione
determinante  dell'amministrazione  che  approva  il  contratto, ha i
caratteri di un vero e proprio rapporto di lavoro.
    Il  rapporto  e' retto da un contratto che prevede il trattamento
economico  e  giuridico  in conformita' all'art. 9, comma 2: cioe' il
diritto  ad una retribuzione, consistente (come gia' accennato) in un
assegno  "pari  al  trattamento economico previsto per i volontari di
truppa in ferma annuale". Lo stesso contratto stabilisce "la durata e
le   modalita'   di  svolgimento  del  servizio  anche  in  relazione
all'articolazione  dell'orario, coerentemente con quanto previsto nel
relativo progetto".
    Gli  obblighi  contrattuali  sono  ribaditi  dalla legge. Secondo
l'art. 10,  comma  1,  "i  soggetti impiegati in progetti di servizio
civile  sono  tenuti  ad assolvere con diligenza le mansioni affidate
secondo quanto previsto dal contratto di cui all'art. 8".
    Secondo  il  comma  2  poi "la prestazione del servizio civile e'
incompatibile  con  lo  svolgimento  di qualsiasi attivita' di lavoro
subordinato  o  autonomo":  essa  e' offerta infatti al giovane quale
esperienza introduttiva al mondo del lavoro.
    lnfine, ma non certo per importanza, la finalita' di "favorire lo
sviluppo formativo e professionale e l'ingresso nel mondo del lavoro"
dei giovani cui e' offerto il servizio civile e' impressa al servizio
stesso  dalla  legge  di  delega,  n. 64  del  2001 (art. 3, comma 1,
lettera c).
    D'altronde,  essendo  certa  -  al  di  la'  di taluni estrinseci
collegamenti residui - la sostanziale separazione del servizio civile
dal  servizio  militare,  se  si negasse che il servizio civile, e le
opportunita'  di  utile  impiego  che  esso offre, si connettano alla
tutela del lavoro, diverrebbe ancora piu' difficile trovare nel nuovo
titolo  V  della  parte  seconda  della  Costituzione  un  fondamento
costituzionale all'intero disegno statale.
    3.  - Principi che regolano il rapporto tra Stato e regioni nelle
materie cosi' identificate.
    L'esatta  individuazione  della materia o piu' precisamente delle
materie  cui  va  per  distinti  profili riferita la legislazione sul
nuovo  servizio civile consente ora di descrivere in termini generali
i  ruoli  rispettivi  che  in  tali  ambiti spettano, a termini della
Costituzione  e  dello statuto di autonomia, allo Stato da un lato ed
alle regioni e alle province autonome dall'altro.
    Le  conclusioni  sopra  raggiunte  possono  a questo scopo essere
sintetizzate nei seguenti punti:
        i)  il  disegno  complessivo  dell'organizzazione  del  nuovo
servizio  civile  non  puo'  essere globalmente ascritto alla materia
della  difesa, cui potrebbero invece essere ascritti, all'interno del
disegno  complessivo, singoli progetti presentati da soggetti ed enti
aventi  finalita'  di  difesa,  progetti  la cui gestione spetterebbe
percio' allo Stato salvo specifiche deleghe per progetti locali;
        ii)   i   progetti   relativi   alle  materie  di  competenza
legislativa  regionale  e provinciale non possono essere disciplinati
dallo  Stato  se  non  nei  limiti  in  cui  lo  Stato abbia potesta'
concorrente   in   tali   materie,   mentre   la   disciplina  spetta
esclusivamente  alle regioni e province autonome nelle materie di cui
all'art. 117, comma quarto;
        iii)  l'organizzazione  complessiva  del servizio civile puo'
essere  ascritta  in  generale alla materia tutela del lavoro, con la
conseguenza  che lo Stato ha in essa potesta' legislativa concorrente
al fine della delineazione dei principi fondamentali;
        iv)  per  quanto riguarda la fase specifica della formazione,
spetta  allo Stato di prevederla nel quadro dei principi fondamentali
dell'intervento,  ma  spetta  integralmente  alle regioni la relativa
disciplina;
        v) in tutti gli ambiti, tranne quelli eventualmente attinenti
ai  progetti  relativi alla difesa in senso stretto, sono illegittime
le  disposizioni che prevedono poteri regolamentari o di integrazione
normativa da parte di autorita' statali;
        vi)  per  quanto  riguarda  il  finanziamento,  lo Stato puo'
trattenere  la  sola quota che si riferisca alle sue spese generali e
agli eventuali progetti specificamente attinenti alla difesa;
        vii)  la  gestione  amministrativa  dei  progetti  e  di ogni
attivita'  connessa  al  servizio civile in ambito provinciale spetta
alla  provincia  a  termini  dell'art. 16 dello statuto e dell'art. 3
decreto legislativo n. 266 del 1992.
    Se tali premesse sono fondate, da esse possono essere derivate le
conclusioni   sulla   illegittimita'   costituzionale  delle  singole
disposizioni impugnate, nei termini che seguono.
    4.  -  Specifica illegittimita' costituzionale delle disposizioni
impugnate.
        a) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2.
    Commisurato  ai  criteri  e  parametri  sopra  esposti,  l'art. 2
dell'impugnato decreto legislativo appare illegittimo in quanto esso,
anziche'  individuare  il  compito  dello  Stato  nella posizione dei
principi  in  relazione  alle  materie  di  legislazione concorrente,
limitando  i  compiti  di  gestione agli eventuali progetti correlati
alla  difesa  nazionale  o  ad  altre materie di esclusiva competenza
statale,  affida  all'Ufficio  nazionale  per  il  servizio civile il
compito  di  curare  "l'organizzazione, l'attuazione e lo svolgimento
del   servizio   civile   nazionale,   nonche'   la   programmazione,
l'indirizzo,   il   coordinamento  ed  il  controllo,  elaborando  le
direttive  ed  individuando  gli  obiettivi  degli  interventi per il
servizio  civile  su scala nazionale" (comma 1): compiti che spettano
invece,  al  di  fuori  dei  progetti  ora detti, alle regioni e alle
province autonome.
    Correlativamente, risulta costituzionalmente illegittimo il comma
2, nella parte in cui limita le responsabilita' delle regioni e delle
province  autonome  alla  "attuazione  degli  interventi  di servizio
civile secondo le rispettive competenze".
        b) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3.
    L'art. 3  definisce ai commi 1, 2 e i soggetti ammessi ad entrare
in rapporto di servizio civile. Una volta ammesso che nel suo insieme
l'intervento  possa essere riferito alla tutela del lavoro, si tratta
di  disposizioni di principio per le quali esiste competenza statale.
Ugualmente  si  giustificano  a  questo titolo la regola che fissa in
dodici  mesi  la  durata  complessiva tendenziale del servizio civile
(comma   3,   prima  parte),  dal  momento  che  la  durata  limitata
contrassegna  in  modo essenziale il rapporto e la regola sull'orario
di lavoro (comma 4).
    Non  si giustifica invece la rimanente parte del comma 3, secondo
la  quale  "con  decreto  del  Presidente del Consiglio dei ministri,
sentite  le  Amministrazioni  dello  Stato interessate, la durata del
servizio  puo' essere prevista o articolata per un periodo maggiore o
minore  in  relazione  agli  specifici ambiti e progetti di impiego".
Tale  potere  infatti  puo'  essere  riconosciuto alla Presidenza del
Consiglio  soltanto  per  i  progetti che abbiano specifica attinenza
alla  difesa  (in  quanto  svolti  presso  enti  aventi quale fine la
difesa) o ad altre materie riservate allo Stato. Tale disposizione e'
dunque  illegittima in quanto non prevede la competenza delle regioni
o  delle province autonome per le materie rientranti nella rispettiva
competenza.
    Neppure  si  giustifica  ad  avviso  della  Provincia autonoma di
Trento  il  comma  6, secondo il quale "con il decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  di  cui  al comma 3, di concerto con i
Ministri  per gli affari regionali, per le pari opportunita', sentita
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano, di seguito denominata
"Conferenza    Stato-regioni",   sono   individuati   gli   incarichi
pericolosi,  faticosi  o insalubri ai quali non puo' essere destinato
il personale femminile".
    Tuttavia,  la ragione della illegittimita' costituzionale di tale
comma  non  sta in una rivendicazione alla ricorrente provincia della
competenza   statale,  ma  nella  affermazione  che  la  disposizione
realizza in realta' una discriminazione verso il personale femminile,
al  quale  l'accesso  a  determinati  incarichi  puo'  semmai  essere
precluso  a  garanzia  di specifici valori esclusivi della condizione
femminile - quali la maternita' e la gravidanza - e non genericamente
a causa di presunte pericolosita', faticosita' o insalubrita', quando
tali  attivita'  siano  in  realta' ugualmente pericolose, faticose o
insalubri per tutte le persone, a prescindere dal genere.
    La   ricorrente   provincia   ritiene  di  avere  interesse  alla
dichiarazione    di   illegittimita'.   costituzionale,   in   quanto
diversamente essa dovrebbe nella propria legislazione dare attuazione
a principi non conformi a Costituzione.
        c) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4.
    L'art.  4  e' dedicato alla disciplina del Fondo nazionale per il
servizio  civile.  Va osservato che appare in primo luogo illegittima
la stessa separazione di tale fondo rispetto a quello delle politiche
sociali.  Infatti,  dispone l'art. 11, comma 3, della legge n. 64 del
2001  che  "a decorrere dalla data in cui acquista efficacia il primo
dei  decreti  legislativi  di cui all'art. 2, comma 2, le risorse del
Fondo  di cui al comma 1" cioe' le risorse del Fondo nazionale per il
servizio  civile - "confluiscono nel Fondo nazionale per le politiche
sociali  previsto  dall'art.  59,  comma  44, della legge 27 dicembre
1997, n. 449, e successive modificazioni": e sembra evidente che tale
indicazione  della  legge  di  delega  non poteva essere contraddetta
dalla  legge  delegata, mantenendo una separazione che avrebbe dovuto
essere soppressa.
    Si  noti  che la prevista confluenza del Fondo in quello generale
delle     politiche    sociali    costituisce    ulteriore    riprova
dell'appartenenza  delle  attivita'  servizio  civile  all'ambito dei
servizi  sociali,  di  generale  spettanza  alle  regioni  e province
autonome.   Quanto  alla  ripartizione  del  fondo,  le  disposizioni
dell'art. 4  costituiscono  ad  avviso  della ricorrente provincia il
riflesso  finanziario  dell'illegittima  ripartizione dei compiti tra
Stato e regioni e provincie autonome sopra illustrato.
    In  particolare,  secondo  il  comma 2 il piano di programmazione
annuale di cui al comma 1 stabilisce:
        a)  la  quota  delle  risorse  del Fondo da utilizzare per le
spese di funzionamento dell'Ufficio nazionale per il servizio civile;
        b) la quota delle risorse del Fondo da destinare alle regioni
ed  alle  Province  autonome  di Trento e di Bolzano per attivita' di
informazione   e   formazione.   La   Conferenza   Stato-regioni  con
deliberazione   da   adottare   entro   trenta  giorni  dall'avvenuta
comunicazione   da   parte   dell'Ufficio   nazionale  del  piano  di
programmazione  annuale,  determina  la  ripartizione  della predetta
quota comunicandola all'Ufficio nazionale per il servizio civile;
        c) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei
giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito
regionale;
        d) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei
giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito
interregionale, nazionale o all'estero;
        e)  la  quota di risorse del Fondo vincolata, a richiesta dei
conferenti  ai sensi dell'art. 11, comma 2, della legge 6 marzo 2001,
n. 64, allo sviluppo di progetti di servizio civile in aree e settori
di impiego specifici".
    Come  si vede, pur trattandosi di un servizio che nel suo insieme
rientra  nella  competenza  legislativa regionale - mentre allo Stato
puo' spettare una legislazione di principio in relazione agli aspetti
attinenti  alla  tutela  del lavoro - e di progetti che per la enorme
maggioranza   rientrano   nelle   materie   di  esclusiva  pertinenza
regionale,  la  disposizione qui impugnata prevede di "destinare alle
regioni  ed  alle  Province autonome di Trento e di Bolzano" soltanto
una quota relativa ad "attivita' di informazione e formazione".
    Appare  invece  evidente  che alle regioni e province autonome va
destinato  l'intero  fondo,  detratta soltanto la parte che necessita
allo  Stato  per  il  finanziamento  degli  eventuali progetti aventi
specifica  attinenza  alla  difesa  o  ad  altre materie di spettanza
statale.
    Ugualmente  illegittimo  appare  poi il comma 5, secondo il quale
"le  modalita'  di  gestione  e  di rendicontazione delle risorse del
Fondo nazionale per il servizio civile e delle spese di funzionamento
dell'Ufficio  nazionale  per  il  servizio  civile sono stabilite con
decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze".
    Si  prevede  qui un potere regolamentare statale per disciplinare
materie   appartenenti   alla   potesta'  legislativa  concorrente  o
esclusiva  delle regioni, in evidente contrasto con l'art. 117, comma
sesto,   della  Costituzione.  Fissare  con  regolamento  statale  le
"modalita'  di gestione e di rendicontazione" delle risorse impiegate
e'  consentito  nei  limiti  in cui si tratti di gestione di progetti
rientranti  nella  esclusiva competenza statale, cioe' per una fascia
presumibilmente  del  tutto  marginale.  Per  i progetti sottoposti a
disciplina  e gestione regionale la legge statale puo' invece dettare
i  principi,  cui  si  atterranno le leggi regionali nella disciplina
della   gestione   e  rendicontazione,  in  quanto  vi  possa  essere
ragionevole bisogno di specifici principi ad hoc.
        d) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5.
    L'art. 5  riguarda  gli  Albi degli enti di servizio civile. Esso
dispone  al  comma  1 che "presso l'Ufficio nazionale per il servizio
civile  e'  tenuto  l'albo  nazionale al quale possono iscriversi gli
enti e le organizzazioni in possesso dei requisiti previsti dall'art.
3,  della legge 6 marzo 2001, n. 64", ed al comma 2 che "le regioni e
le   Province   autonome   di   Trento  e  di  Bolzano  istituiscono,
rispettivamente,  albi  su  scala  regionale e provinciale, nei quali
possono  iscriversi  gli  enti  e  le  organizzazioni in possesso dei
requisiti di cui al comma 1, che svolgono attivita' esclusivamente in
ambito regionale e provinciale".
    Come  l'art. 4 sul piano finanziario, cosi' la disposizione sugli
albi  traduce  in organizzazione l'illegittimo riparto di compiti tra
Stato e regioni che sta alla base dell'intera concezione del servizio
civile  propria  del  decreto  legislativo  n. 77 del 2002. Una volta
riportato  tale  riparto  nei  suoi  confini costituzionali, infatti,
spetta alle regioni l'intera disciplina del servizio, all'interno dei
principi  fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato in relazione
agli aspetti in cui lo Stato ha potesta' legislativa concorrente.
    Una  volta  stabilito  che  la  disciplina e l'organizzazione del
servizio  civile  compete  alle  regioni,  nel  quadro  dei  predetti
principi,  risulta  evidente  che  tale servizio deve necessariamente
articolarsi  su  base  territoriale,  e  che non possa esistere alcun
"albo  nazionale".  Ne' cio' comporta alcun insuperabile problema per
gli  enti  che  svolgano  attivita'  in piu' regioni, essendo ad essi
evidentemente  consentito  -  quale  principio  di  legislazione - di
ottenere l'iscrizione in tutti gli albi regionali nei quali ritengano
necessario richiederla.
    In  astratto,  potrebbero  concepirsi  albi  statali  per  i soli
eventuali progetti che attengano in modo specifico a materie statali,
quali  in  ipotesi  la  difesa.  Cio'  tuttavia  porterebbe a rompere
l'unita'  del  servizio  civile  come  servizio  di pubblica utilita'
legato   alle  politiche  del  lavoro:  sicche',  una  volta  che  il
legislatore  statale ha conformato in tale modo il servizio, esso non
e' poi libero di scinderlo per una separata gestione statale.
    Il  legislatore statale ha invece, in spregio del riparto operato
dal nuovo Titolo V della Costituzione, considerato il servizio civile
come  un  servizio  essenzialmente  statale, attribuendo alle Regioni
modesti compiti attuativi sul piano locale.
    Di  qui l'illegittimita' costituzionale dei commi 1 e 2, la quale
per  ragioni  evidenti  di implicazione trascina con se' anche quella
dei commi 3 e 4.
        e) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6.
    Dell'art. 6,  relativo  ai  progetti,  appare  costituzionalmente
illegittimo  in primo luogo il comma 1, secondo il quale "con decreto
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, sentita la Conferenza
Stato-regioni e la Consulta nazionale di cui all'art. 5, comma 4, ...
sono  individuate le caratteristiche a cui si devono attenere tutti i
progetti  di  servizio  civile,  da  realizzare  sia  in  Italia  che
all'estero,  sentito,  per  questi  ultimi, il Ministero degli affari
esteri".
    E'  palese  infatti che anche tale disposizione prevede un potere
di  natura  regolamentare  in  capo  ad  un  organo  statale,  per la
disciplina  di  materie  appartenenti  alla  competenza  regionale  a
termini del riparto costituzionale.
    Tale disposizione appare anche inutile dato che lo stesso comma 2
stabilisce  a  livello  di principio le caratteristiche dei progetti,
prescrivendo  che  essi siano "presentati dagli enti o organizzazioni
registrati  ai  sensi  dell'art. 5" (sui quali vale ovviamente quanto
sopra   esposto)   e  contengano  "gli  obiettivi  che  si  intendono
perseguire, le modalita' per realizzarli, il numero di giovani che si
intendono  impiegare,  la  durata  del  servizio  nei  limiti  di cui
all'art.  3,  commi  3  e  4,  nonche'  i  criteri  e le modalita' di
selezione degli aspiranti, senza discriminazione dovuta al sesso".
    Inoltre,  il  comma  3  dispone che "i progetti di cui al comma 2
possono   prevedere   altresi'  particolari  requisiti  fisici  e  di
idoneita'  per  l'ammissione al servizio civile sulla base di criteri
stabiliti  con  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai
sensi  dell'art.  2, comma 5, della legge 6 marzo 2001, n. 64, ovvero
in  base a quanto previsto dalla regione o dalle Province autonome di
Trento  e di Bolzano". Risulta qui illegittima, per le stesse ragioni
esposte  per  il  comma  1,  la  previsione  del  potere  statale  di
disciplina amministrativa.
    Illegittimi   appaiono   altresi'   i   commi  4  e  5,  i  quali
ripropongono,   sul   piano  della  competenza  all'approvazione  dei
progetti,   la  stessa  illegittima  suddivisione  dei  compiti  gia'
lamentata  in  relazione  all'aspetto finanziario e all'assetto degli
albi.
    Stabilisce infatti il comma 4 che "l'Ufficio nazionale esamina ed
approva   i   progetti   di  rilevanza  nazionale,  presentati  dalle
amministrazioni  centrali dello Stato e dagli enti pubblici e privati
nazionali,  sentite  le  regioni,  le  province autonome interessate,
nonche'  quelli  di  servizio  civile  all'estero", mentre il comma 5
riserva  alle  regioni  e Province autonome di Trento e di Bolzano la
sola   approvazione   dei   "progetti   presentati   dagli   enti  ed
organizzazioni  che  svolgono  attivita' nell'ambito delle competenze
regionali  o delle province autonome sul loro territorio", precisando
poi che esse dovranno "comunicare all'Ufficio nazionale, in ordine di
priorita',  i  progetti  approvati  entro  il  31  ottobre  dell'anno
precedente  quello di riferimento" e che per sovrappiu' "entro trenta
giorni   dalla  comunicazione  l'Ufficio  nazionale  esprime  il  suo
nulla-osta.
    Appare  qui  radicalmente illegittima l'intera impostazione delle
competenze,  talmente  accentrata  che persino le limitate competenze
regionali sarebbero soggette a "nullaosta" statale.
    Va invece affermato che allo Stato spetta soltanto l'enucleazione
dei  principi  fondamentali del servizio civile, in quanto esso possa
essere  riferito alle politiche del lavoro, e che spetta alle regioni
la  disciplina  e  -  nel quadro di tale disciplina - la gestione del
servizio  stesso. Che nessuna distinzione puo' farsi tra progetti "di
rilevanza  nazionale"  e  altri progetti, mentre una distinzione puo'
farsi  per  i  progetti che si riferiscano eventualmente ad ambiti di
competenza  esclusiva  dello Stato: per i quali - ferma la competenza
regionale  in  relazione al loro inserirsi nel servizio civile - puo'
essere invece riconosciuta la competenza statale per l'approvazione.
        f) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7.
    L'art. 7  riguarda  la  definizione annuale del numero massimo di
giovani  da  ammettere al Servizio civile nazionale, e stabilisce che
"l'Ufficio  nazionale  per il servizio civile determina, in base alla
programmazione  annuale  delle risorse di cui all'art. 4, comma 1, il
numero  massimo  di  giovani  che  possono  essere ammessi a prestare
servizio  civile  su  base  volontaria  nell'anno  solare successivo,
tenendo  conto  del  numero  di  giovani  da impiegare sulla base dei
progetti approvati a livello nazionale e regionale ai sensi dell'art.
6".
    Mentre  lo Stato puo' definire la misura della sua partecipazione
al  finanziamento  del  Servizio civile, non vi e' ragione alcuna per
stabilire  un  tetto limitativo del numero complessivo dei giovani da
ammettere  al  Servizio  civile,  numero  che  potra'  invece  essere
maggiore  o  minore  a seconda delle risorse che le regioni intendano
impiegare per i suoi scopi.
    La   determinazione   centrale   di   un   numero  determinato  e
insuperabile  costituisce  ulteriore riflesso dell'avere costruito il
sistema  del Servizio civile come sistema essenzialmente statale, non
tenendo  conto della avvenuta separazione dal Servizio militare e del
mutamento del titolo V della parte seconda della Costituzione.
        g) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8.
    L'art. 8  e'  rivolto  alla  disciplina  del rapporto di Servizio
civile, ovvero della fase attuativa dei progetti approvati.
    La disposizione del comma 1 puo' considerarsi di principio, salvo
che per il riferimento al "limite massimo dei giovani da ammettere al
servizio civile di cui all'art. 7", in relazione al quale vale quanto
sopra esposto.
    Appaiono  invece esulare dall'ambito dei principi le disposizioni
del comma 2, le quali risultano quindi travalicare gli attuali limiti
della  competenza  legislativa  statale.  A  maggiore ragione risulta
costituzionalmente   illegittimo   il   potere  affidato  all'Ufficio
nazionale  per  il  servizio  civile di determinare gli schemi per le
domande di ammissione al servizio civile.
    Puo' riconoscersi valore di principio al disposto di cui al comma
3,  secondo  cui  "coloro  i  quali  hanno  prestato  Servizio civile
nazionale non possono presentare ulteriore domanda": si manifesta qui
infatti  il carattere proprio del Servizio civile quale esperienza di
soglia   rispetto  ad  un  lavoro  vero  e  proprio,  come  tale  non
ripetibile.
    Quanto  alla  disciplina  del  contenuto  del  contratto, risulta
evidentemente illegittima la previsione del comma 5, secondo il quale
il  contratto  deve  essere  redatto "in base agli schemi predisposti
dall'Ufficio  nazionale  per il servizio civile". Si tratta invece di
compiti di disciplina regionale, per le ragioni gia' esposte relative
al riparto costituzionale delle competenze.
    Quanto alla competenza alla approvazione del contratto, da quanto
esposto  ai precedenti punti si evince che (come gia' affermato anche
nel  ricorso  n. 21/2001)  va  riconosciuta in generale la competenza
regionale   e   delle  province  autonome,  in  corrispondenza  della
competenza  all'approvazione  dei  progetti,  mentre  una  competenza
statale   puo'   riconoscersi   soltanto  in  relazione  ai  progetti
specificamente attinenti a materie esclusivamente statali.
    Il comma 6, secondo cui "presso l'Ufficio nazionale e' conservata
copia  dei  contratti  approvati  ai  sensi  del  presente articolo",
risulta  costituzionalmente illegittimo in quanto impone alle regioni
la  trasmissione non di informazioni ma di copie di atti, per i quali
la conservazione al centro non riveste alcuna utilita'.
    Il  comma 7 risulta costituzionalmente illegittimo nella parte in
cui  prevede  che  l'attestato  da  cui  risulta  l'effettuazione del
Servizio civile possa essere rilasciato dall'Ufficio nazionale, senza
stabilire  la competenza esclusiva delle regioni e province autonome.
Infatti,  anche  in  relazione  agli  eventuali  progetti  relativi a
materie   esclusivamente   statali,   compete   allo  Stato  la  sola
valutazione  di  merito  dell'attivita'  svolta,  mentre non puo' non
competere  alle  regioni  il  rilascio dell'attestato, in quanto esso
attiene al Servizio civile.
        h) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9.
    L'art.  9  disciplina  il  trattamento  economico e giuridico dei
soggetti che entrano nel rapporto di servizio civile.
    Il  comma  1 appare costituzionalmente illegittimo nella parte in
cui nega, in contraddizione palese con i reali caratteri del rapporto
istituito,  che  si  tratti  di  un rapporto di lavoro. Dati invece i
caratteri  e  la  durata limitata di tale rapporto di lavoro, risulta
corrispondente al sistema del Servizio civile la disposizione secondo
la  quale  esso  non comporta la sospensione e la cancellazione dalle
liste di collocamento o dalle liste di mobilita'.
    Il  comma  2  commisura al trattamento dei volontari di truppa in
ferma  annuale  l'assegno  da  corrispondere  agli ammessi a prestare
attivita'  in un progetto di Servizio civile. Si tratta di un residuo
del  collegamento  con  il  servizio militare, che non ha attualmente
alcun fondamento costituzionale.
    Il  comma  3 puo' essere considerato legittimo ove si intenda che
l'Ufficio   nazionale,   tramite   l'ISVAP   provvede  a  predisporre
condizioni  generali  di  assicurazione  per  i  rischi connessi allo
svolgimento  del  Servizio  civile  delle quali le regioni e province
autonome  possono  avvalersi,  fermo restando il diritto di stipulare
altre assicurazioni se piu' vantaggiose.
    Il comma 4, che pure fissa un principio in tema di riconoscimento
del periodo di Servizio civile per l'inquadramento economico e per la
determinazione  dell'anzianita'  lavorativa  ai  fui  del trattamento
previdenziale  del  settore  pubblico  e  privato, a carico del Fondo
nazionale  per  il Servizio civile, contiene un incongruo riferimento
ai  limiti  e  alle  modalita'  "con le quali la legislazione vigente
riconosce il servizio militare obbligatorio".
    Il comma 5 e il comma 6 stabiliscono principi che potranno essere
attuati,  nel  quadro di quanto richiesto con il presente ricorso, da
disposizioni legislative provinciali.
    Il comma 7 appare in contraddizione con lo scopo e lo spirito del
sistema  del  Servizio  civile,  in  quanto  consente  di accedervi a
soggetti  gia'  titolari  di  un  rapporto di lavoro con le pubbliche
amministrazioni.   Cosi'   facendo   si  assicura  un  ingiustificato
privilegio  ai  dipendenti  pubblici, mentre per i dipendenti privati
varrebbe  invece  la piena incompatibilita' posta dall'art. 10, comma
2,  e si lede la stessa autonomia organizzativa delle amministrazioni
non statali interessate.
        i) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11.
    L'art. 11 riguarda la formazione al Servizio civile. Tale materia
non  puo'  non  essere  assimilata alla formazione professionale, che
l'art. 117,  comma  terzo,  della Costituzione espressamente eccettua
dalla  potesta'  legislativa concorrente per riservarla alla potesta'
legislativa residuale delle regioni.
    In  tale  materia  lo  Stato  non puo' dunque dettare principi di
materia,  se  non  nella misura in cui sia essenziale un collegamento
con l'oggetto stesso del Servizio civile.
    Si  ritengono  percio'  costituzionalmente  illegittime  tutte le
disposizioni  che  contengono  specificazioni di dettaglio, quali tra
l'altro  quelle  che  specificano  la  durata  della formazione ("non
inferiore  ad  un mese", comma 1), che precisano modalita' (come "una
fase  di formazione generale al servizio ed in una fase di formazione
specifica  presso  l'ente o l'organizzazione di destinazione", sempre
al  comma  1),  o  specifiche materie o durate minime (secondo quanto
invece prevedono sia il comma 2 che il comma 4).
    In  nessun  caso,  poi,  e' costituzionalmente ammissibile che ad
organizzare  i  corsi  di formazione possa essere talora (come invece
dispone il comma 3) l'Ufficio nazionale. Ugualmente, appare del tutto
illegittimo,  anche  per  violazione  dell'art. 117, comma 6, che sia
l'Ufficio   nazionale  (sentita  la  Conferenza  Stato-regioni  e  la
Consulta nazionale di cui all'art. 5, comma 4) a definire i contenuti
base   per   la   formazione   ed   ad   effettuare  il  monitoraggio
dell'andamento generale della stessa.
        l) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12.
    L'art. 12 (Servizio civile all'estero) prevede che "i soggetti di
cui  all'art.  3"  (cioe',  si  suppone,  i  soggetti che prestano il
Servizio  civile)  "possono essere inviati all'estero anche per brevi
periodi e per le finalita' previste dall'art. 1, comma 1, lettera e),
della legge 6 marzo 2001, n. 64" (cioe' per migliorare "la formazione
civica,  sociale, culturale e professionale"), "nelle forme stabilite
con  decreto  del  Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto
con il Ministro degli affari esteri".
    Poiche'  l'invio  all'estero  di  coloro che svolgono il Servizio
civile  non muta minimamente il radicamento nazionale del progetto, e
non  configura  certo  attivita'  riservata  allo  Stato,  tocca alle
regioni  e province autonome responsabili dei progetti di determinare
quando  il  loro  svolgimento  possa  trarre  vantaggio da permanenze
all'estero,   e  stabilirne  le  modalita':  che  in  ogni  caso  non
potrebbero  essere  disposte  dallo  Stato  con  atto  di  normazione
secondaria,   in   violazione   dell'art. 117,   sesto   comma  della
Costituzione.
    Ugualmente  illegittimo appare il comma 2, in quanto esso suppone
che  lo  svolgimento  di  parte  del  progetto all'estero comporti la
competenza   statale   alla   verifica   dei   progetti  ed  al  loro
monitoraggio. Ferma invece la competenza regionale, non vi e' ragione
per  cui  le  stesse  regioni  non  possano  ricorrere, attraverso il
Ministero degli affari esteri e di intesa con esso, al supporto degli
uffici diplomatici e consolari all'estero.
        m) Illegittimita' costituzionale dell'art. 13.
    L'art. 13  riguarda  l'inserimento nel mondo del lavoro e crediti
formativi.
    Il  comma  1  risulta  illegittimo  in  quanto  prevede che anche
l'Ufficio  nazionale,  e  non solo le regioni e le province autonome,
abbiano  il  compito  di  "stipulare  convenzioni con associazioni di
imprese private, con associazioni di rappresentanza delle cooperative
e  con  altri  enti  senza finalita' di lucro, al fine di favorire il
collocamento  nel  mercato  del  lavoro  di  quanti  hanno  svolto il
Servizio civile".
    La materia qui e' semplicemente la tutela del lavoro, nella quale
spetta  allo  Stato  la sola legislazione di principio. Spetta dunque
alle  regioni  di  disciplinare  in  dettaglio  tali convenzioni e di
gestirne la stipulazione.