ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 149 del decreto
legislativo  29 ottobre  1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni
legislative  in  materia  di  beni  culturali  ed ambientali, a norma
dell'art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352), e dell'art. 14 della
legge della Regione Siciliana 30 aprile 1991, n. 10 (Disposizioni per
i  procedimenti  amministrativi,  il  diritto di accesso ai documenti
amministrativi    e    la   migliore   funzionalita'   dell'attivita'
amministrativa),  promossi con 13 ordinanze emesse il 24 gennaio 2002
dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Sicilia  -  sezione
staccata  di  Catania,  rispettivamente iscritte dal n. 191 al n. 203
del  registro  ordinanze  2002  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 18, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti gli atti di costituzione della Meligunte S.r.l., dei comuni
di  Leni e Lipari e di Legambiente nonche' gli atti di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri e della Regione Siciliana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24 settembre  2002 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  gli  avvocati  Carlo  Malinconico per la Meligunte S.r.l.,
Claudio  Rugolo  per  i comuni di Leni e Lipari, Corrado Giuliano per
Legambiente   e   l'avvocato  dello  Stato  Giuseppe  Fiengo  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e per la Regione Siciliana.

                          Ritenuto in fatto


    1. - Con  tredici  ordinanze, tutte depositate in data 24 gennaio
2002, emesse in altrettanti procedimenti, il Tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia  - sezione staccata di Catania ha sollevato
questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  149  del
decreto  legislativo  29 ottobre  1999,  n. 490  (Testo  unico  delle
disposizioni  legislative in materia di beni culturali ed ambientali,
a   norma   dell'art. 1   della  legge  8 ottobre  1997,  n. 352),  e
dell'articolo  14 della legge della Regione Siciliana 30 aprile 1991,
n.10  (Disposizioni  per i procedimenti amministrativi, il diritto di
accesso  ai  documenti  amministrativi  e  la  migliore funzionalita'
dell'attivita' amministrativa).
    I  procedimenti  a quibus traggono origine da ricorsi promossi da
soggetti  privati  e da due comuni (Leni e Lipari) avverso il decreto
dell'Assessore  del territorio e ambiente della Regione Siciliana del
23 febbraio  2001,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione
Siciliana  n. 11  del 16 marzo 2001, con il quale veniva approvato il
piano  territoriale paesistico delle isole Eolie ed i relativi regimi
normativi.
    Il  rimettente  osserva,  con  identici  argomenti  in  tutte  le
ordinanze,  che,  nel  giudizio  sulla  legittimita'  del  decreto di
approvazione del piano paesistico delle isole Eolie, assume rilevanza
la  questione  di  legittimita'  dell'art. 149  del d.lgs. n. 490 del
1999,  nella  parte  in  cui non prevede la partecipazione degli enti
locali  nel  procedimento  di  formazione  di  detto  piano,  nonche'
dell'art. 14  della  legge  della  Regione  Siciliana n. 10 del 1991,
nella  parte  in  cui  stabilisce  che  le  disposizioni  in  tema di
partecipazione degli enti locali ai procedimenti non si applicano nei
confronti degli atti di pianificazione (salva l'applicazione di norme
speciali).
    Tali norme si porrebbero in contrasto con gli artt. 5 e 128 della
Costituzione,  in quanto lesive dell'autonomia riservata ai comuni in
materia di pianificazione urbanistica.

    2. - Il  Tribunale  amministrativo  regionale rimettente premette
che  il  piano paesistico territoriale, gia' disciplinato dall'art. 5
della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e, successivamente, dall'art. 149
del  d.lgs.  n. 490  del 1999, ha per oggetto la pianificazione delle
aree  di  particolare  interesse  paesaggistico,  con la finalita' di
"programmare  la salvaguardia (...) di tali zone con strumenti idonei
ad  assicurare  il  superamento  della  episodicita', inevitabilmente
connessa a semplici interventi autorizzatori".
    Tenuto  conto  della  giurisprudenza costituzionale sul punto, il
giudice  a  quo  osserva  che  gli  artt. 5  e 128 della Costituzione
presupporrebbero  una  posizione di autonomia dei comuni che le leggi
regionali  non  possono  mai  comprimere fino a negare, anche se tale
autonomia non equivale ad "una riserva intangibile di funzioni".
    Cio'  posto,  ad  avviso del rimettente, sia la normativa statale
che  quella  regionale,  omettendo  la  previsione  della  necessaria
partecipazione dei comuni interessati al procedimento di approvazione
del  piano  paesistico  regionale, si porrebbero in contrasto con gli
artt.  5  e  128  della  Costituzione in quanto lesive dell'autonomia
riservata ai comuni in materia di pianificazione urbanistica.

    3. - Nel  giudizio  sono  intervenuti il Presidente del Consiglio
dei   ministri   e  la  Regione  Siciliana,  rappresentati  e  difesi
dall'Avvocatura    generale   dello   Stato,   concludendo   per   la
dichiarazione di inammissibilita' e comunque per l'infondatezza delle
questioni prospettate.
    Sotto  il  primo  profilo,  l'Avvocatura  ha  evidenziato che, al
momento  della  pronuncia  delle  ordinanze  di  rimessione, era gia'
entrata  in  vigore  la  legge  costituzionale  18 ottobre 2001, n. 3
(recante   modifiche   al   titolo   V   della  parte  seconda  della
Costituzione),  la  quale,  com'e' noto, ha abrogato l'art. 128 della
Costituzione.
    Conseguentemente,   la   questione   prospettata   dal  Tribunale
amministrativo    regionale    della    Regione   Siciliana   sarebbe
inammissibile  in  quanto  avente  come  parametro  tale articolo; in
alternativa,  si  imporrebbe, quanto meno, la restituzione degli atti
al  giudice  a quo perche' integri la motivazione in relazione ad "un
parametro costituzionale attuale".
    Sotto  il secondo profilo, l'Avvocatura osserva, in primis che il
legislatore  nazionale  non  avrebbe avuto alcun potere di intervento
sulla  disciplina  delle  modalita' di formazione ed approvazione dei
piani  paesistici,  dal  momento  che  tale  potesta', insieme con le
funzioni  amministrative  in materia urbanistica, e' stata trasferita
alle  Regioni, ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.
In  secondo  luogo,  un  potere di intervento sostanziale dei comuni,
tale  da condizionare le scelte della Regione, puo' riconoscersi solo
nel  settore  della  pianificazione  urbanistica  in  senso  stretto,
mentre,  al  contrario, esso non sussiste allorche' la pianificazione
rivesta  finalita'  diverse,  come  nel  caso  dei  piani  paesistici
territoriali,  essendo  l'ente locale tenuto ad adeguarsi alle scelte
statali  e regionali e potendo al piu' imporre limiti piu' rigorosi e
aggiuntivi.
    Quanto  alla norma regionale impugnata, l'Avvocatura osserva come
essa  si  sia  limitata  a riprodurre le prescrizioni contenute nella
legge  n. 241  del  1990, laddove esclude l'applicazione delle regole
sulla   partecipazione   dei   privati  alla  formazione  dei  piani,
esclusione   motivata   dalla   indeterminatezza  e  generalita'  dei
destinatari degli effetti degli atti.
    Ad  avviso  della  difesa, inoltre, nella procedura concretamente
seguita   per   l'adozione  e  l'approvazione  del  piano  paesistico
impugnato, gli enti locali non sono stati estromessi, avendo avuto la
possibilita'   di   presentare  osservazioni  uti  cives,  mantenendo
altresi'  "una  posizione  privilegiata (la collaborazione al livello
tecnico)  che  deriva  dalla  profonda  conoscenza del territorio sul
quale esercitano le loro funzioni istituzionali".

    4. - Sono  intervenuti  in giudizio il comune di Leni e il comune
di  Lipari  i  quali  hanno  concluso  per  la  "dichiarazione di non
manifesta infondatezza" (rectius, per l'accoglimento) della questione
di  costituzionalita' sollevata al Tribunale amministrativo regionale
di Catania.
    Entrambe  le amministrazioni comunali nella propria memoria, dopo
aver  riportato  argomenti  esposti  nei  ricorsi proposti dinanzi al
Tribunale  amministrativo  regionale,  hanno  dichiarato  di ritenere
"condivisibili le argomentazioni prospettate dai giudici catanesi con
l'ordinanza    di    rimessione",    associandosi   nella   richiesta
dell'accoglimento della questione di costituzionalita'.
    In  particolare,  le  amministrazioni  comunali  osservano che il
"modello  di  pianificazione ambientale prefigurato dal d.lgs. n. 490
del  1999" ridefinisce i rapporti tra il piano paesistico ed il piano
regolatore   comunale   in   termini   del   tutto  differenti  dalla
tradizionale  "separatezza"  che  caratterizzava il modello del 1939;
l'attribuzione  al  piano  paesistico  di un potere e di un'efficacia
vincolante  e  conformativa, nonche' l'incidenza delle sue previsioni
sulla   pianificazione   comunale,   avrebbero   dovuto   indurre  il
legislatore a rivedere ed ampliare i momenti partecipativi dei comuni
nella predisposizione della pianificazione paesistica.

    5. - Sono,   altresi',  intervenute  in  giudizio  l'Associazione
Legambiente Onlus, l'Associazione italiana per il World Wide Fund for
Nature  Onlus,  l'Associazione  pro-Stromboli  Onlus e l'Associazione
Italia   Nostra   Onlus   -   tutte  in  persona  dei  propri  legali
rappresentanti  -,  intervenienti  ad opponendum nei giudizi proposti
avanti  al  Tribunale  amministrativo regionale della Regione Sicilia
dalla  Federalberghi  delle  isole  Eolie  e  dai comuni di Leni e di
Lipari (r.o. n. 195, n. 201 e n. 203).
    Tali  associazioni hanno innanzitutto rilevato l'inammissibilita'
della   questione   di   legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
Tribunale  amministrativo  regionale  sotto  vari  profili.  In primo
luogo,  in  quanto  vi  sarebbe stata acquiescenza dei comuni e degli
enti   ricorrenti   agli   atti  adottati  dall'Assessorato  ai  beni
ambientali nel corso della redazione del piano paesistico.
    Tale   acquiescenza   si   sarebbe   manifestata  negli  atti  di
partecipazione   dei   comuni,   consistenti  nelle  osservazioni  ed
opposizioni  da  essi  presentate,  nei  documenti  prodotti  e negli
incontri  e  conferenze  di  servizi  promossi,  indicati nel decreto
assessorile impugnato.
    I  ricorrenti, percio', avrebbero dovuto impugnare non il decreto
di  approvazione  del  piano,  bensi'  il decreto con cui l'assessore
regionale  autorizzava la soprintendenza ad affidare la redazione del
piano  paesistico a professionisti esterni, in violazione della norma
che  prevede la collaborazione dei comuni nella redazione tecnica del
piano.
    In  secondo  luogo, il Tribunale amministrativo regionale avrebbe
omesso   di   verificare,  secondo  l'insegnamento  della  Corte,  la
possibilita'  di  attribuire  alla  norma  impugnata  un  significato
diverso e non lesivo dei valori costituzionali.
    Ancora, nell'ordinanza del giudice a quo, mancherebbe il richiamo
ai presupposti di fatto che permettono di valutare la rilevanza della
questione di legittimita' sollevata.
    Infine,   osservano   gli   intervenienti   che   l'ordinanza  di
rimessione,  anziche' censurare la norma impugnata, si risolve in una
critica  all'inerzia della Regione Siciliana che non avrebbe previsto
un  procedimento, caratterizzato da una piu' ampia partecipazione dei
comuni,  per  quel  che  concerne  l'iter di formazione degli atti di
pianificazione.
    Nel    merito,    le    associazioni    ambientaliste   affermano
l'infondatezza della questione sollevata.
    Le   associazioni,   innanzitutto,   evidenziano  come  il  piano
paesistico  sia  finalizzato  alla  tutela  e salvaguardia dei valori
ambientali  e  paesistici  del  territorio, non avendo invece valenza
urbanistica.
    La  partecipazione  dei  comuni,  in  realta', sarebbe assicurata
nella  fase  precedente  il piano: quella di apposizione dei vincoli,
sia nel caso di vincolo specifico, ai sensi degli artt. 140 e 141 del
testo  unico  n. 490 del 1999 (mediante la pubblicazione per tre mesi
nell'albo  pretorio  e  le  osservazioni),  sia  nel  caso di vincolo
generico,   ai   sensi   della   legge   n. 431  del  1985  e,  oggi,
dell'art. n. 146 del predetto testo unico.
    Il  legislatore,  nel  disciplinare  l'iter  di  elaborazione  ed
adozione   dei   piani  paesistici  avrebbe,  invece,  fatto  proprio
l'insegnamento  della  Corte  costituzionale,  che ha sottolineato il
valore   primario   del   paesaggio   e   dell'ambiente  riconosciuto
dall'art. 9  della  Costituzione,  approntando una tutela integrale e
globale  del paesaggio, rispetto alla quale l'autonomia comunale puo'
esplicarsi nell'imposizione, attraverso i piani urbanistici di limiti
e vincoli piu' rigorosi o aggiuntivi.
    Infondata  deve  del pari ritenersi la censura dell'art. 14 della
legge  regionale  n. 10  del  1991, dal momento che la partecipazione
degli  enti  locali  e'  gia' prevista e garantita dalla normativa di
settore.

    6. - In  prossimita'  dell'udienza pubblica, hanno presentato una
ulteriore    memoria    difensiva   le   associazioni   ambientaliste
interessate,  in  cui  viene  denunciata,  come  ulteriore profilo di
inammissibilita'    della    questione,   l'intervenuta   abrogazione
dell'art. 128  Cost.,  parametro evocato dal Tribunale amministrativo
regionale della Regione Sicilia nell'ordinanza di remissione.
    Nel   merito,  si  insiste  per  l'infondatezza  della  lamentata
esclusione  dei  comuni  dal  procedimento  di approvazione del piano
paesistico,  dal  momento  che,  al  contrario - come si evince dalle
stesse  premesse  al decreto assessorile di approvazione del piano -,
il  "contributo  partecipativo"  dei comuni eoliani si e' sostanziato
non  solo  nella  redazione delle osservazioni presentate, ma anche a
mezzo  di  "atti, incontri, conferenze di servizio ed audizioni", dei
quali  nella  memoria si riportano gli estremi. Infine, si sottolinea
la  rilevante  valenza  "ambientale"  del giudizio pendente presso la
Corte  costituzionale,  dal  momento  che  le  isole Eolie sono state
inserite  dall'UNESCO  nella  lista  mondiale  dei  siti  di  rilievo
naturalistico  e l'eventuale annullamento del piano paesistico che le
riguarda,  determinando  una inevitabile riespansione della pressione
edificatoria,  determinerebbe  l'espulsione dell'arcipelago siciliano
da tale lista.

    7. - Con  memoria  depositata fuori termine, l'11 settembre 2002,
e' intervenuta in giudizio la societa' Meligunte S.r.l.
    7.1 - Preliminarmente, in merito alla ritualita' dell'intervento,
la  societa' - ricorrente in uno dei giudizi a quibus - ha contestato
l'omessa   notifica  dell'ordinanza  di  remissione,  vizio  eccepito
nell'atto  di  costituzione e contestualmente - riterrebbe la parte -
sanato dalla costituzione medesima, la quale, quantomeno, assumerebbe
il valore di un atto di intervento della stessa parte nel giudizio di
costituzionalita'.
    7.2 - Nel merito, si afferma, in primo luogo, che la modifica del
Titolo  V  della  parte  II  della  Costituzione ad opera della legge
costituzionale  n. 3 del 2001 non muterebbe i termini della questione
presentata,    poiche'    il    principio   costituzionale   espresso
dall'abrogato  articolo  128  della  Costituzione  e'  ora  ripreso e
rafforzato dai nuovi articoli 114 e 118 della Carta costituzionale, i
quali  assegnano  ai comuni ed agli altri enti locali una ben precisa
sfera  di  autonomia  sia  in  termini di auto-organizzazione, sia in
termini  di  attribuzione  delle  funzioni  amministrative  secondo i
principi di "sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza".
    Non  sfugge  ai  difensori della societa' Meligunte S.r.l. che la
vicenda  in  esame  concerne  una  Regione  a statuto speciale; ma, a
questo  riguardo,  richiamano  l'art. 10  della  legge cost. n. 3 del
2001,  nella  parte  in  cui  prevede  l'immediata  applicazione alle
regioni  e  province  autonome  della  novella costituzionale "per le
parti  in  cui  prevedono  forme  di  autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite"; "forme di autonomia" che - ad opinione degli
intervenienti  -  "non  possono  essere limitate alla posizione della
Regione   nell'ordinamento   costituzionale,  ma  debbono  estendersi
necessariamente  a  ricomprendere  anche  lo  statuto  dell'autonomia
comunale".
    Dall'applicazione  di tali principi costituzionali al settore del
governo  del territorio ed all'urbanistica deriverebbe la conseguenza
che  "appartiene  al  comune  il  potere  di  conformare  il  proprio
territorio"  e  che tale potere deve essere ritenuto "insopprimibile"
dai livelli territoriali maggiori - anche se pur sempre sottoposto al
potere  legislativo di questi enti -, dal momento che il "governo del
territorio"  rientra  nell'esercizio  delle  funzioni  amministrative
riconosciute dall'art. 118 Cost. ai comuni.
    La  peculiare valenza dei piani paesistici, in grado di vincolare
la  pianificazione  comunale,  deve  indurre, pertanto, a particolare
rigore nella verifica del rispetto dell'autonomia comunale.
    Orbene,  tanto  l'art. 149  del Testo unico dei beni culturali ed
ambientali,  quanto  l'art. 14  della legge regionale n. 10 del 1991,
non   prevedendo  alcuna  partecipazione  necessaria  dei  comuni  al
procedimento,  violerebbero  i  richiamati  principi  costituzionali,
laddove,  in  particolare, essi affermano come necessaria una congrua
ed  effettiva  partecipazione  degli  enti  locali alla redazione dei
piani paesistico-territoriali.

                       Considerato in diritto

    1. - Le   tredici   ordinanze   di   rimessione   del   Tribunale
amministrativo  regionale  della Regione Sicilia, sezione staccata di
Catania, sollevano identiche questioni di legittimita' costituzionale
ed  i  relativi  giudizi  vanno  quindi  riuniti per essere decisi in
un'unica sentenza.
    Il Tribunale amministrativo regionale, nell'ambito di un giudizio
relativo al decreto del 23 febbraio 2001, con il quale l'assessore ai
beni  culturali ed ambientali della Regione Siciliana ha approvato il
piano  territoriale  paesistico  dell'arcipelago  delle  isole Eolie,
dubita  della  legittimita'  costituzionale dell'art. 149 del decreto
legislativo  29 ottobre  1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni
legislative  in  materia  di  beni  culturali  ed ambientali, a norma
dell'art. 1  della legge 8 ottobre 1997, n. 352), e dell'art.14 della
legge della Regione Siciliana 30 aprile 1991, n. 10 (Disposizioni per
i  procedimenti  amministrativi,  il  diritto di accesso ai documenti
amministrativi    e    la   migliore   funzionalita'   dell'attivita'
amministrativa),   nella   misura  in  cui  queste  disposizioni  non
prevedono   adeguate   forme  di  partecipazione  degli  enti  locali
interessati  alle  procedure  di  pianificazione ambientale, violando
cosi' gli artt. 5 e 128 della Costituzione.

    2. - Va  anzitutto  dichiarata  inammissibile  la costituzione in
giudizio  della  societa'  Meligunte S.r.l., in quanto avvenuta fuori
del  termine  di cui all'art. 25, secondo comma, della legge 11 marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale). Contrariamente a quanto asserito da questa societa',
dalla  documentazione pervenuta alla Corte risulta che l'ordinanza di
rimessione  n. 31  del  2002,  depositata  il 24 gennaio 2002, con la
quale  il  Tribunale  amministrativo regionale della Sicilia, sezione
staccata di Catania, ha rimesso la questione di costituzionalita', e'
stata  regolarmente  notificata  presso  il  domicilio determinato ai
sensi dell'art. 82, secondo comma, del regio decreto 22 gennaio 1934,
n. 37  (cioe'  presso  la  cancelleria  del  Tribunale amministrativo
regionale)  e,  conseguentemente,  la  costituzione  della  parte nel
giudizio a quo dev'essere ritenuta inammissibile per tardivita'.

    3. - Preliminarmente     vanno    esaminati    i    rilievi    di
inammissibilita'  della  questione prospettati dalla Avvocatura dello
Stato  e  dalle  associazioni ambientaliste costituitesi nel presente
giudizio.
    3.1   -   In   primo   luogo,   l'Avvocatura  e  le  associazioni
ambientaliste   osservano  che  il  giudice  rimettente  invoca  come
parametro   di   costituzionalita'   l'art. 128  Cost.,  disposizione
abrogata  dall'art. 9,  comma  2,  della legge cost. 18 ottobre 2001,
n. 3,  entrata  in  vigore  anteriormente alla data di adozione delle
ordinanze  di  rimessione  (4 dicembre  2001 e 8 gennaio 2002). Sulla
base   di  tale  constatazione  viene  chiesta  la  dichiarazione  di
inammissibilita' della questione, ovvero in subordine la restituzione
degli  atti  al  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Regione
Sicilia,   affinche'  integri  la  motivazione  in  relazione  ad  un
parametro costituzionale attuale.
    L'eccezione e' infondata.
    Il   riferimento   dell'ordinanza   di  rimessione  -  oltre  che
all'art. 128 Cost., abrogato - anche all'art. 5 Cost., pur in assenza
di  qualsiasi richiamo alle peraltro vigenti disposizioni statutarie,
appare   infatti  sufficiente  a  radicare  validamente  il  presente
giudizio  a  causa  della  sua  natura  di  principio  costituzionale
generale  e  quindi idoneo ad essere applicato anche nei confronti di
una Regione ad autonomia speciale come la Sicilia.
    3.2   -  Le  associazioni,  inoltre,  chiedono  la  dichiarazione
d'inammissibilita' della questione, per diverse altre ragioni.
    Innanzitutto,  vi  sarebbe stata acquiescenza da parte dei comuni
ricorrenti   nei   giudizi   a  quibus  agli  atti  posti  in  essere
dall'assessorato  ai  beni  culturali  ed  ambientali nel corso della
redazione  del  piano  paesistico  impugnato;  in  secondo  luogo, il
Tribunale  amministrativo  regionale  avrebbe omesso di verificare la
possibilita'   di   attribuire   alla   norma  impugnata  un  diverso
significato,   costituzionalmente   compatibile;   in   terzo  luogo,
nell'ordinanza  mancherebbe  il  richiamo  ai  presupposti  di  fatto
necessari   per  valutarne  la  rilevanza;  infine,  il  giudice  nel
rimettere gli atti alla Corte, anziche' censurare la norma impugnata,
si  sarebbe  limitato  a  prospettare  una  critica all'inerzia della
Regione   Siciliana   che   non   avrebbe  previsto  un  procedimento
caratterizzato  da una piu' ampia partecipazione dei comuni, per quel
che concerne l'iter di formazione degli atti di pianificazione.
    Anche tali eccezioni sono infondate.
    Quanto  alla prima, deve osservarsi che essa riguarda profili che
esulano  del  tutto  dal  giudizio  di costituzionalita' ed attengono
propriamente al regime dell'atto in discussione nel processo in corso
dinanzi al giudice amministrativo; quanto alla seconda ed alla terza,
questa  Corte  non ritiene che l'ordinanza di rimessione debba essere
censurata  sotto  il  profilo  della rilevanza, sia per la plausibile
interpretazione delle norme denunciate prospettata dal giudice a quo,
sia per la sufficiente descrizione delle fattispecie in esame; quanto
all'ultima,  sebbene  si  debba  constatare  l'inerzia  della Regione
Siciliana   nel  predisporre  disposizioni  legislative  che  possano
costituire  un  valido  parametro per la valutazione di provvedimenti
amministrativi rilevanti, quali i piani paesistici, deve evidenziarsi
che la questione proposta riguarda norme legislative vigenti e non si
esaurisce nel censurare l'omissione legislativa.

    4. - Nel merito, le questioni non sono fondate.
    Per   cio'   che  concerne  la  pianificazione  paesistica  e  la
partecipazione    degli   enti   locali   interessati   ai   relativi
procedimenti,  la  Regione  Siciliana,  benche'  disponga,  in virtu'
dell'art. 14  del suo statuto speciale (legge cost. 26 febbraio 1948,
n. 2), di una competenza legislativa esclusiva in tema di "tutela del
paesaggio"  e  di  "regime  degli  enti  locali", non ha disciplinato
questo  settore  e  continua,  quindi,  ad utilizzare la legislazione
nazionale,  integrata  dal  d.P.R.  30 agosto  1975, n. 637 (Norme di
attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia di tutela
del  paesaggio  e  di  antichita'  e belle arti), nonche' dalle norme
regionali  di  tipo  organizzativo, riferite alla amministrazione dei
beni  culturali  ed ambientali (si veda in particolare l'art. 3 della
legge  della  Regione  Siciliana  1 agosto 1977, n. 60, "Norme per la
tutela,  la  valorizzazione  e  l'uso  sociale  dei beni culturali ed
ambientali nel territorio della Regione Siciliana").
    La   disciplina  nazionale,  che  gia'  prevedeva  esplicitamente
l'adozione,   da  parte  delle  regioni,  dei  piani  paesistici  (si
consideri  in  particolare  l'art. 1-bis  del  d.l.  27 giugno  1985,
n. 312,  recante  "Disposizioni  urgenti  per la tutela delle zone di
particolare   interesse   ambientale,   convertito   in   legge,  con
modificazioni,   dalla   legge  8 agosto  1985,  n. 431"),  e'  stata
recentemente  riordinata  dal  decreto  legislativo  29 ottobre 1999,
n. 490,  il  cui  art.149 viene, appunto, impugnato in quanto posto a
fondamento  del  decreto  assessorile  della  Regione  Siciliana,  di
approvazione  del piano territoriale paesistico dell'arcipelago delle
isole Eolie.
    In  realta', nel caso che ha dato origine al presente giudizio di
costituzionalita',   il   procedimento   di  elaborazione  del  piano
territoriale  paesistico  appare  avviato nel 1993, ragion per cui la
Regione  Siciliana - come si deduce dal decreto impugnato nei giudizi
a  quibus - ha applicato le disposizioni statali all'epoca vigenti e,
segnatamente,  quelle  contenute  nella legge 29 giugno 1939, n. 1497
(Protezione  delle  bellezze  naturali),  e  nel  r.d. 3 giugno 1940,
n. 1357  (Regolamento  per l'applicazione della legge 29 giugno 1939,
n. 1497,  sulla  protezione  delle  bellezze naturali), relative alla
partecipazione  dei  soggetti  interessati  al  procedimento  e,  tra
questi, degli enti locali.
    In  particolare,  gli artt. 4 e 5 della legge n. 1497 del 1939, e
gli  artt. 23,  secondo  comma,  e  24,  secondo  comma, del relativo
regolamento  di esecuzione, disciplinavano l'iter di approvazione del
piano,  prevedendo  in  primo  luogo,  la sua pubblicazione "mediante
affissione   per   un  periodo  di  tre  mesi  nell'albo  dei  comuni
interessati"  ed  il  deposito  di  "una  copia  di  esso (...) nella
segreteria  dei  comuni  stessi  affinche' chiunque ne possa prendere
visione"  stabilendo, altresi' che nei tre mesi successivi i soggetti
interessati   potessero   far   pervenire  le  proprie  osservazioni,
esaminate le quali, ed all'esito delle eventuali modifiche apportate,
il  piano  veniva  definitivamente  approvato  (norme  oggi  in parte
trasfuse  negli  articoli  141  e 142 del testo unico n. 490 del 1999
che,   peraltro,  fa  transitoriamente  salve  -  all'art. 161  -  le
disposizioni del regolamento di attuazione n. 1357 del 1940).
    A queste forme partecipative previste dalla normazione statale si
sono  aggiunte  ulteriori forme collaborative in sede tecnica fra gli
enti  locali  e  gli  organi regionali preposti alla elaborazione del
piano,   delle   quali   e'  data  notizia  in  premessa  al  decreto
assessorile.
    In  virtu'  del  decorso del tempo, l'approvazione finale risulta
avvenuta  sulla base dell'art. 149 del testo unico, che nel frattempo
era entrato in vigore.
    Si tratta di stabilire, dunque, se queste forme di coinvolgimento
degli  Enti  locali  interessati  siano  sufficienti  ad escludere il
lamentato  contrasto  con  i  principi  contenuti nello statuto della
Regione Siciliana e nella Costituzione.

    5. - Questa  Corte ha in piu' occasioni chiarito, in relazione ai
poteri  urbanistici  dei comuni, come la legge nazionale, regionale o
delle  Province  autonome  possa  modificarne  le  caratteristiche  o
l'estensione,  ovvero  subordinarli  a preminenti interessi pubblici,
alla   condizione  di  non  annullarli  o  comprimerli  radicalmente,
garantendo adeguate forme di partecipazione dei comuni interessati ai
procedimenti che ne condizionano l'autonomia (fra le molte, si vedano
le  sentenze  n. 378/2000,  n. 357/1998,  n. 286/1997,  n. 83/1997  e
n. 61/1994).
    Con  specifico  riferimento  ai  piani  paesistici  regionali, la
sentenza  della Corte n. 378 del 2000 ha affermato che "la tutela del
bene  culturale  e'  nel  testo  costituzionale contemplata insieme a
quella  del  paesaggio  e dell'ambiente come espressione di principio
fondamentale  unitario  dell'ambito  territoriale in cui si svolge la
vita  dell'uomo  (sentenza  n. 85  del  1998)  e tali forme di tutela
costituiscono  una endiadi unitaria. Detta tutela costituisce compito
dell'intero    apparato   della   Repubblica,   nelle   sue   diverse
articolazioni   ed   in   primo   luogo  dello  Stato  (art. 9  della
Costituzione), oltre che delle regioni e degli enti locali".
    Rispetto   a   dette   materie   non  puo'  configurarsi  ne'  un
assorbimento   nei  compiti  di  autogestione  del  territorio,  come
espressione  dell'autonomia comunale, ne' tanto meno una esclusivita'
delle  funzioni  comunali  in  forza  della stessa autonomia in campo
urbanistico.  Invece,  attraverso i piani urbanistici il comune puo',
nella  sua  autonomia, in relazione ad esigenze particolari e locali,
imporre  limiti  e  vincoli  piu'  rigorosi  o  aggiuntivi  anche con
riguardo  a  beni  vincolati  a  tutela  di  interessi  culturali  ed
ambientali".
    Quindi,  se  "il  comune  ha  diritto  di  partecipare,  in  modo
effettivo e congruo, nel procedimento di approvazione degli strumenti
urbanistici  regionali  che  abbiano effetti sull'assetto del proprio
territorio"  (sentenza  n. 83 del 1997), occorre tuttavia evitare che
questa partecipazione possa creare situazioni di "stallo decisionale"
(sentenze  n. 83 del 1997 e n. 357 del 1988) che esporrebbero a gravi
rischi   un   interesse  generale  tanto  rilevante  come  la  tutela
ambientale e culturale.

    6. - Se,  quindi, non v'e' dubbio, sulla base dei principi appena
esposti,  che  spetta alla discrezionalita' del legislatore (statale,
regionale   o   provinciale,   a   seconda  delle  diverse  normative
costituzionali  o statutarie) graduare le forme di partecipazione dei
comuni   al   procedimento   di  elaborazione  dei  piani  paesistici
regionali,  la  concreta  disciplina  legislativa  non potra' mai del
tutto  escludere  o  sostanzialmente  estromettere  tali  Enti  dalle
decisioni riguardanti il proprio territorio.
    La  particolare  condizione  di  autonomia di cui gode la Regione
Siciliana  non  costituisce  eccezione  a  questo principio, che anzi
risulta  rafforzato  dal nuovo assetto di competenze introdotto dalla
legge  di  riforma  del  Titolo V della parte II della Costituzione e
dalla  esplicita  previsione del principio di sussidiarieta' al primo
comma dell'art. 118 Cost.
    Questa  Corte  non  puo'  esimersi dal rilevare, pur nel rispetto
della  richiamata  discrezionalita'  del  legislatore  regionale,  la
perdurante   assenza   nella   Regione  Siciliana  di  un  intervento
legislativo  che  esplicitamente  disciplini  e  valorizzi  l'apporto
partecipativo  degli  enti  locali  alla  pianificazione  paesistica,
aggiornando,   cosi',   procedimenti  che  risalgono  all'ordinamento
pre-repubblicano, tra l'altro in ossequio a piu' recenti orientamenti
espressi   della   stessa  amministrazione  regionale  (si  veda,  in
particolare,  il  decreto  dell'assessore  per  i  beni  culturali ed
ambientali  8 maggio  2002,  con  cui viene recepito l'accordo tra il
Ministero  per  i  beni  e  le  attivita' culturali e le regioni e le
Province  autonome  di Trento e Bolzano, stipulato il 19 aprile 2001,
sull'esercizio dei poteri regionali in materia di paesaggio).

    7. - Tanto  premesso,  non  appare a questa Corte che il grado di
coinvolgimento   degli   enti   locali  assicurato  dal  procedimento
legislativamente  previsto  sia  tale  da  violare  i principi teste'
riaffermati.
    I  comuni, infatti, hanno avuto modo di partecipare sia alla fase
tecnica  di  redazione  del  piano,  sia  all'iter  procedimentale di
approvazione  dello  stesso,  presentando  osservazioni, riportate in
premessa   al   decreto   di   approvazione  e  rispetto  alle  quali
l'amministrazione  siciliana  ha  motivatamente risposto, provvedendo
altresi' a riformulare il piano a seguito dell'accoglimento di alcune
delle osservazioni presentate.
    Cio'  dimostra  che  l'impianto  legislativo statale denunciato -
consentendo   le  modalita'  partecipative  appena  descritte  -  non
contiene  quella illegittima compressione delle potesta' comunali che
questa  Corte  ha  altrove  ritenuto  lesiva  della Costituzione e la
questione, pertanto, deve essere ritenuta infondata.

    8. - Le   ordinanze   della   sezione   catanese   del  Tribunale
amministrativo  regionale  della  Sicilia sottopongono alla Corte una
ulteriore  questione  di  costituzionalita',  concernente  l'art. 14,
della  legge  regionale Siciliana 30 aprile 1991, n. 10 (Disposizioni
per i procedimenti amministrativi, il diritto di accesso ai documenti
amministrativi    e    la   migliore   funzionalita'   dell'attivita'
amministrativa),  nella  parte  in  cui  esclude l'applicazione delle
norme  poste  dal  Titolo  III  della  stessa  legge  (riguardante la
disciplina  della  "partecipazione  al  procedimento amministrativo")
alla   attivita'   della   pubblica   amministrazione  "diretta  alla
emanazione (...) di atti di pianificazione (...), per i quali restano
ferme le particolari norme che regolano la relativa formazione".
    Anche tale questione e' infondata.
    L'articolo  censurato,  infatti, riferendosi ai principi generali
sulla    partecipazione    degli    interessati    ai    procedimenti
amministrativi,  se, da un lato, esclude espressamente da tale ambito
applicativo  gli atti di pianificazione, dall'altro, invece, fa salve
le norme speciali in materia di pianificazione.
    La  norma  impugnata  - che, peraltro, si limita a riaffermare il
principio generale (art. 11), secondo il quale i soggetti interessati
(artt.  8  e  10)  hanno  diritto  di prendere visione degli atti del
procedimento  e  di  presentare memorie scritte che l'amministrazione
procedente  ha  l'obbligo di valutare - opera, quindi, un mero rinvio
alla  disciplina  pianificatoria  di  settore,  disciplina,  appunto,
impugnata  dal  giudice remittente per le ragioni che questa Corte ha
esaminato e disatteso ai punti precedenti.