ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

sull'istanza   depositata   il   13 dicembre   2002   di  sospensione
dell'ordinanza   n. 317   del   2002  del  giudice  per  le  indagini
preliminari  del  Tribunale di Cremona depositata il 2 novembre 2002,
in  relazione  alla quale la Regione Lombardia ha sollevato conflitto
di  attribuzione  nei  confronti  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  con  ricorso notificato il 26 novembre 2002, depositato in
cancelleria  il  30  successivo  ed  iscritto  al  n. 43 del registro
conflitti 2002.
    Udito  nella  camera di consiglio del 18 dicembre 2002 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Udito  l'avvocato  Beniamino  Caravita  di Toritto per la Regione
Lombardia.
    Ritenuto  che  la  Regione  Lombardia  ha  proposto  conflitto di
attribuzione  nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri
in  riferimento  all'ordinanza  emessa  dal  giudice  per le indagini
preliminari  del  Tribunale  di Cremona il 2 novembre 2002 (ordinanza
n. r.g.  GIP 307 del 2002), chiedendone l'annullamento per violazione
degli  articoli  101,  134 e 117, commi primo, quarto e quinto, della
Costituzione;
        che   la  ricorrente  premette,  in  fatto,  che  l'impugnata
ordinanza   del   giudice   per  le  indagini  preliminari  e'  stata
pronunciata  nell'ambito  di un procedimento penale aperto, a seguito
di  esposto-denuncia  presentato  dalla  Lega  per l'abolizione della
caccia   (LAC),  nei  confronti  di  ignoti  per  il  reato  previsto
dall'art. 30,  comma  1,  lettera  h),  della legge 11 febbraio 1992,
n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per
il  prelievo  venatorio), che punisce "chi abbatte, cattura o detiene
specie  di  mammiferi  o  uccelli  nei cui confronti la caccia non e'
consentita  o  fringillidi  in  numero  superiore  a cinque o per chi
esercita la caccia con mezzi vietati";
        che,   nel  corso  del  menzionato  procedimento  penale,  il
pubblico  ministero, con decreto del 25 ottobre 2002, ha disposto "il
sequestro  preventivo  delle  seguenti  specie  di  fauna  selvatica:
passeri, passeri mattugia, storno, fringuello e peppola, in quantita'
pari a tutti gli esemplari che si trovino (stabilmente o in transito)
nel   territorio   della  Regione  Lombardia,  precisando  che  detto
provvedimento vale come divieto di caccia dei volatili indicati";
        che  in  sede di procedimento di convalida - evidenzia ancora
la  Regione - il giudice per le indagini preliminari, con l'ordinanza
impugnata,   negava  la  convalida  del  provvedimento  di  sequestro
preventivo,  ma  cio'  sul  presupposto  della perdurante vigenza del
divieto di prelievo venatorio, ricavabile dalla normativa nazionale e
comunitaria, delle specie delle quali sarebbe consentita la caccia in
base   alla  legge  della  Regione  Lombardia  7 agosto  2002,  n. 18
(Applicazione   del  regime  di  deroga  previsto  dall'art. 9  della
direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la
conservazione degli uccelli selvatici);
        che nel far cio' - prosegue la ricorrente - il giudice per le
indagini   preliminari   avrebbe  disapplicato  la  menzionata  legge
regionale,  altresi'  segnalandola  al  Presidente  del Consiglio dei
ministri  per  l'esercizio  dei  poteri sostitutivi di competenza, ai
sensi  dell'art. 19-bis,  comma  4, della legge n. 157 del 1992, come
introdotto   dall'art. 1   della   legge   3 ottobre   2002,   n. 221
(Integrazioni  alla  legge  11 febbraio  1992,  n. 157, in materia di
protezione   della  fauna  selvatica  e  di  prelievo  venatorio,  in
attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE);
        che,  tanto  premesso,  ad  avviso della Regione, l'ordinanza
impugnata,  affermando  la vigenza del divieto di prelievo venatorio,
ha  espressamente disapplicato la legge regionale n. 18 del 2002, che
detto prelievo consente e in tal modo ha leso la potesta' legislativa
esclusiva  regionale in materia di caccia che si fonda sull'art. 117,
quarto  comma,  Cost.  nella  sua attuale formulazione, portata dalla
legge costituzionale n. 3 del 2001;
        che al tempo stesso l'atto impugnato violerebbe gli artt. 101
e  134 Cost., in quanto il giudice, vincolato al rispetto della legge
statale  e  regionale, nell'ipotesi in cui la ritenga illegittima, ha
il solo potere di sottoporla al sindacato della Corte costituzionale;
        che  pertanto  il  giudice  per  le indagini preliminari, nel
ritenere  illegittima  la  legge regionale n. 18 del 2002 perche' non
conforme  alla direttiva n. 79/409/CEE ed alla legge n. 157 del 1992,
da  un  lato,  ha  espressamente  disconosciuto il potere legislativo
della  Regione  in  materia  di caccia, il quale, alla luce del nuovo
testo  dell'art. 117  Cost.,  avrebbe  natura  esclusiva e, sempre ai
sensi  del  quinto  comma  del medesimo art. 117 comprenderebbe anche
l'attuazione  dell'art. 9  della  direttiva  n. 79/409/CEE in tema di
deroghe  alle  specie  cacciabili,  come del resto sarebbe confermato
dalla  stessa  legge statale n. 221 del 2002; dall'altro, ha ritenuto
non necessaria una pronuncia di questa Corte, assumendo di poter esso
stesso  valutare  la  compatibilita'  tra  fonte  comunitaria,  fonte
statale e legge regionale;
        che,   in   ogni   caso,  la  ricorrente  nega  la  validita'
dell'assunto da cui muove l'ordinanza impugnata e cioe' la diretta ed
immediata   applicabilita'  della  menzionata  direttiva,  osservando
altresi'   che   la   legge   regionale  lungi  dal  contravvenire  a
quest'ultima ne costituirebbe puntuale attuazione;
        che,   ad   avviso  della  Regione,  quand'anche  si  volesse
ipotizzare  che  la  competenza  esclusiva  attribuita  allo Stato in
materia  di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema dall'art. 117,
secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  comprenda  quale  suo  oggetto
l'individuazione   delle   specie   cacciabili,   cio'   non  sarebbe
sufficiente  a  concludere  che la legge regionale sia illegittima in
quanto,  come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza
n. 407 del 2002), allo Stato spetterebbe unicamente la disciplina dei
vari  aspetti  inerenti  il nucleo minimo di salvaguardia della fauna
selvatica, non anche la regolamentazione concreta delle deroghe;
        che  la  Regione ha altresi' chiesto, sia con il ricorso, sia
con successiva istanza depositata il 13 dicembre 2002, la sospensione
dell'atto impugnato;
        che a tal fine, premesso che l'effetto di tale atto e' quello
di  far  rivivere  il  divieto  di  prelievo  venatorio per le specie
considerate cacciabili dalla legge regionale n. 18 del 2002, cio' che
esporrebbe  i  cacciatori  sorpresi  ad  abbattere  le specie vietate
all'applicazione  di  una  sanzione  penale; rilevato che la stagione
venatoria  per  alcune di queste specie termina il 30 dicembre 2002 e
fatto   presente   che   l'ordinanza  del  giudice  per  le  indagini
preliminari  ha  determinato  una  situazione  di incertezza (tale da
costringere  la  Regione ad informare della questione le associazioni
venatorie maggiormente   rappresentative),   la   ricorrente  ritiene
sussista   un   periculum   in   mora  giacche'  la  sospensione  del
provvedimento  impugnato, se dovesse intervenire dopo la scadenza del
periodo della legge regionale, sarebbe inutiliter data.
    Considerato  che il dispositivo dell'ordinanza del giudice per le
indagini  preliminari  del Tribunale di Cremona e' di "non convalida"
del provvedimento di sequestro emesso dal pubblico ministero, sicche'
allo  stato  non  sussiste alcuna misura preventiva in relazione alle
specie cacciabili di cui alla deroga introdotta dalla legge regionale
n. 18 del 2002;
        che,  nonostante il giudice per le indagini preliminari abbia
disposto   la   comunicazione  dell'atto  al  comando  della  Polizia
provinciale  di  Cremona e agli altri comandi provinciali, in modo da
potersi  ipotizzare  effetti ulteriori del provvedimento, questo, per
sua  natura,  non  puo'  spiegare  effetti  diversi  da quelli cui e'
preordinato e cioe' di diniego di convalida del sequestro preventivo;
        che  fa  quindi  difetto  il  requisito delle "gravi ragioni"
richiesto dall'articolo 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, poiche',
indipendentemente   dall'iter  logico  seguito  dal  giudice  per  le
indagini  preliminari,  l'atto  impugnato  non  e'  idoneo a produrre
effetti pregiudizievoli a carico di alcuno;
        che  pertanto, in assenza del periculum in mora, l'istanza di
sospensione proposta dalla Regione Lombardia deve essere respinta.