ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 137 e 151
della  legge  16 febbraio  1913,  n. 89  (Ordinamento del notariato e
degli  archivi notarili), promossi con ordinanze del 28 dicembre 2001
dal  Tribunale  di  Savona e del 18 aprile 2002 (n. 11 ordinanze) dal
Tribunale  di  Novara,  iscritte al n. 248, ai nn. da 316 a 325 ed al
n. 354  del  registro  ordinanze  2002  e  pubblicate  nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  nn. 22,  28  e  34,  1a serie speciale,
dell'anno 2002.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 4 dicembre 2002 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto   che   il   Tribunale  di  Savona,  con  ordinanza  del
28 dicembre  2001, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 54 e 97
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 137  della  legge  16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del
notariato  e degli archivi notarili) nella parte in cui determina, in
misura  ritenuta  esigua  e priva di qualsiasi efficacia deterrente o
repressiva,  le  sanzioni  pecuniarie  irrogabili  ai  notai  per  la
violazione di norme disciplinari;
        che  il  rimettente,  investito dell'esame di un procedimento
disciplinare  riguardante  un  notaio,  non  ravvisando "elementi che
impongano con evidenza assoluta l'immediata esclusione degli addebiti
contestati",  osserva  che  le sanzioni previste dalla legge notarile
sono   assolutamente   inadeguate  e  violano  sia  il  principio  di
eguaglianza che quello di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost;
        che,  secondo  il  rimettente,  l'art. 138-bis  della  stessa
legge,  introdotto  dall'art. 32 della legge 24 novembre 2000, n. 340
(Disposizioni   per   la   delegificazione   di   norme   e   per  la
semplificazione    di    procedimenti   amministrativi -   Legge   di
semplificazione  1999),  avendo previsto a carico dei notai - in caso
di violazione delle norme relative alla iscrizione nel registro delle
imprese  -  sanzioni  pecuniarie  da  lire  un  milione a lire trenta
milioni, determina disparita' nel trattamento sanzionatorio e provoca
una  contraddizione intrinseca, in un unico contesto di disposizioni,
tra valori attuali e valori sostanzialmente azzerati;
        che, sempre secondo il Tribunale di Savona, essendo il notaio
un  pubblico  ufficiale che esercita una funzione in nome e per conto
dello  Stato, la norma impugnata viola anche l'art. 54 Cost., poiche'
prevede  una sanzione irrisoria, palesemente inidonea a garantire una
qualsiasi efficace e decorosa disciplina della professione;
        che  il  rimettente,  nel  ricordare  che  l'esiguita'  delle
sanzioni  le  svuota  di qualsiasi funzione deterrente, ravvisa nella
disposizione  impugnata  una  violazione  anche  dell'art. 97  Cost.,
essendo  le  citate  sanzioni contrarie al buon andamento di funzioni
pubbliche, anche esercitate da privati, quali quelle notarili;
        che  il Tribunale di Novara, con undici ordinanze di identico
contenuto,  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e
97,  primo  comma,  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  degli  artt. 137  e 151 della legge 16 febbraio 1913,
n. 89  (Ordinamento  del  notariato  e degli archivi notarili), nella
parte  in  cui  determinano,  in  misura  ritenuta priva di qualsiasi
efficacia  deterrente o repressiva, le sanzioni pecuniarie irrogabili
ai  notai  per la violazione di norme disciplinari e prevedono che il
pagamento  del  quarto  del massimo delle predette sanzioni determini
l'estinzione del procedimento disciplinare;
        che   il   rimettente   -  investito  dell'esame  di  censure
disciplinari  riguardanti notai i quali, nelle more, hanno provveduto
al  pagamento  della  somma pari al quarto del massimo della sanzione
pecuniaria prevista dalla legge - rileva che, secondo le disposizioni
censurate,  i  procedimenti  dovrebbero essere dichiarati estinti per
intervenuta oblazione;
        che, come osserva il giudice a quo, la Corte, con l'ordinanza
n. 44  del  1995,  ha  gia'  dichiarato  manifestamente inammissibile
un'analoga  questione sollevata dal Tribunale di Pordenone, rilevando
la  mancanza  da  parte del legislatore di "un diligente adeguamento"
delle  sanzioni  previste  dalla legge notarile, adeguamento peraltro
inesistente a otto anni di distanza da tale pronuncia;
        che,  secondo il collegio rimettente, tale perdurante inerzia
legittimerebbe   un   nuovo   intervento   della   Corte   nel  senso
dell'illegittimita' costituzionale delle disposizioni censurate, come
avvenuto,  ad  esempio,  nel caso del c.d. "sciopero degli avvocati",
quando la sentenza n. 171 del 1996 dichiaro' parzialmente illegittimo
l'art. 2,  commi  1 e 5, della legge n. 146 del 1990, avendo rilevato
che  l'invito al legislatore a provvedere, contenuto nella precedente
sentenza n. 114 del 1994, era stato disatteso;
        che,  secondo  il  giudice  a  quo, gli importi delle ammende
previste dalle disposizioni censurate, e conseguentemente delle somme
da   pagare   a   titolo  di  oblazione,  sono  irrisori,  totalmente
insignificanti,  sproporzionati  anche  riguardo  alle altre sanzioni
(dall'avvertimento  alla  destituzione)  previste  dalla stessa legge
notarile,   non   rispettando   i  criteri  generali  di  ragionevole
proporzionalita'  ed adeguatezza delle sanzioni indicati dalla stessa
giurisprudenza  costituzionale  (sentenze  n. 25  e  n. 341 del 1994,
n. 297   del   1993,  n. 409  del  1989),  e  creando  disparita'  di
trattamento con gli altri illeciti previsti dalla medesima legge, con
perdita di coerenza dell'intero sistema sanzionatorio;
        che ne deriverebbe quindi una disparita' di trattamento anche
con  riguardo  ai  provvedimenti disciplinari previsti da altre leggi
professionali,  con  violazione dell'art. 97 Cost., in quanto solo un
sistema   sanzionatorio  coerente  sarebbe  idoneo  a  garantire,  in
funzione  di  prevenzione  generale,  un  corretto  svolgimento della
funzione pubblica attribuita dalla legge al notaio;
        che  il  rimettente  individua un altro profilo di violazione
ancora  dell'art. 97  Cost.  nei costi organizzativi ed economici che
incombono  su  numerosi  uffici  pubblici  (procura della Repubblica,
tribunale,   consigli   notarili)  per  la  irrogazione  di  sanzioni
totalmente insignificanti;
        che,  ad  avviso  del  Tribunale di Novara, la Corte potrebbe
dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
censurate, applicando alle sanzioni previste dalla legge notarile gli
aumenti stabiliti dal legislatore per le pene pecuniarie previste dal
codice   penale,   o,   in  subordine,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 12 della citata legge n. 689 del 1981, nella
parte   in   cui   prevede   che   la  rivalutazione  delle  sanzioni
amministrative  pecuniarie  non sia applicabile a quelle previste per
le violazioni disciplinari.
    Considerato che tutte le questioni di legittimita' costituzionale
sollevate dal Tribunale di Savona e dal Tribunale di Novara censurano
le  disposizioni  che stabiliscono le sanzioni pecuniarie applicabili
nei  procedimenti  disciplinari  di  cui alla legge 16 febbraio 1913,
n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), e possono
essere quindi riunite per essere decise con unico provvedimento;
        che  questa  Corte  ha  gia'  esaminato analoghe questioni di
legittimita'   costituzionale   aventi   ad   oggetto   le   sanzioni
disciplinari   pecuniarie   previste  dalla  legge  notarile  e,  pur
rilevando  che la misura delle stesse non e' stata adeguata nel tempo
e  risulta  per tale motivo del tutto irrisoria, ha affermato che non
e'  dato  alla  Corte  modificare  tale misura sostituendo la propria
valutazione   a   quella   che   spetta   al  legislatore  nelle  sue
discrezionali scelte, concernenti sia la determinazione dei precetti,
sia  il  tipo  e l'entita' delle rispettive sanzioni (ordinanze n. 44
del 1995, n. 274 e n. 279 del 2002);
        che  gli  argomenti addotti dai rimettenti nelle ordinanze in
esame  nulla  aggiungono  al  riguardo  e  che le questioni sollevate
risultano percio' manifestamente infondate sotto ogni profilo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.