IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 323/99 promosso da Societa' del Canale Comune di Parma e Marchese ing. Melo Lupi di Soragna in proprio quale socio aderente, rappresentati e difesi dall'avv. Arrigo Allegri ed elettivamente domiciliati in Bologna, S.da Maggiore n. 53, presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale; Contro: Regione Emilia-Romagna, rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Baccolini e Francesco Rizzo ed elettivamente domiciliata presso gli stessi in Bologna via San. Gervasio n. 10; Nonche' contro: Consorzio della Bonifica Parmense, non costituito; In punto a: annullamento delibera di soppressione della societa' ricorrente (cons reg. 23 novembre 1998 n. 1029). Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione intimata; Vista l'ordinanza di questa sezione n. 7/2000; Vista l'ordinanza della Corte costituzionale n. 13/2002 di restituzione degli atti; Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore il cons. Grazia Brini; Uditi alla pubblica udienza del 6 febbraio 2003 gli avv. A. Allegri e S. Baccolini; Considerato in fatto e in diritto quanto segue. F a t t o In applicazione dell'art. 4 della legge regionale n. 16/1987 il consiglio regionale della Regione Emilia-Romagna, su proposta della giunta, sopprimeva la societa' ricorrente con effetto dal 1° gennaio 1999, stabilendo altresi' che il Consorzio della Bonifica Parmense le subentrasse nell'esercizio dei compiti e delle funzioni nonche' nei rapporti giuridici in atto. Con il ricorso indicato all'epigrafe la societa' ricorrente impugnava il provvedimento di soppressione. L'impugnazione si basava sostanzialmente su due ordini di censure, il primo delle quali involgeva l'estraneita' della societa' ricorrente alla previsione soppressiva, mentre il secondo riguardava l'illegittimita' costituzionale della stessa in relazione agli artt. 117, 2, 18, 41, 42 e 43 della Costituzione. Si costituiva e resisteva in tutti i ricorsi la Regione Emilia-Romagna. Con ordinanza n. 7/2000 questo Tribunale amministrativo ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge regionale n. 16/1987 della Regione Emilia-Romagna in relazione agli articoli 117, 2, 18, 42 e 43 della Costituzione. Con ordinanza n. 13/2002 la Corte costituzionale ha considerato che la suddetta questione di legittimita' costituzionale e' stata prospettata anzitutto in relazione al superamento del limite dei principi fondamentali che emergono dalla legislazione statale nella materia della bonifica e che vincolano la potesta' regionale, invocandosi come parametro l'art. 117 della Costituzione e che, successivamente all'emanazione dell'ordinanza di rimessione e' stata promulgata ed e' entrata in vigore la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), il cui art. 3 ha sostituito l'intero testo dell'art. 117 della Costituzione; in considerazione del mutamento della norma costituzionale invocata come parametro di giudizio, ha ritenuto necessario disporre la restituzione degli atti al giudice remittente per un nuovo esame dei termini della questione. Riassunto ritualmente il processo, le parti hanno affrontato in questa fase la questione alla stregua del nuovo testo costituzionale. Secondo parte ricorrente i profili di incostituzionalita' permangono: a) per i limiti che la legislazione regionale incontrerebbe nella materia, di legislazione concorrente, del governo del territorio (alla quale andrebbe ricondotta la disciplina della bonifica integrale); b) per l'invasione di aree appartenenti alla legislazione esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile e penale», cui darebbe luogo la previsione della soppressione di enti privati; c) con riguardo al nuovo testo dell'art. 118, quarto comma, secondo il quale le Regioni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attivita' di interesse generale sulla base del principio di solidarieta'. Secondo la Regione: a) la materia della bonifica integrale rientrerebbe invece in quella dell'«agricoltura e foreste», ex art. 66 d.P.R. n. 616/1977, in ordine alla quale le Regioni non incontrerebbero vincoli, non essendo piu' ricompresa tale materia fra quelle di competenza concorrente; b) non sussisterebbe interferenza nella materia dell'ordinamento civile posto che la norma in questione ha introdotto una disciplina pubblicistica con mere interferenze nei rapporti privatistici, ma senza ricadute sull'ordinamento generale; c) non sussisterebbe l'interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronunzia di incostituzionalita' che comunque, in denegata ipotesi, non potrebbe che essere limitata nel tempo e non precluderebbe l'adozione di un nuovo provvedimento di soppressione. All'udienza del 6 febbraio 2003, dopo ampia discussione fra le parti, la causa e' stata trattenuta per la decisione. D i r i t t o 1. - Come si e' esposto in fatto, la causa torna in decisione dopo che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 13/2002, ha restituito gli atti al giudice remittente in considerazione dell'entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, il cui art. 3 ha sostituito l'intero testo dell'art. 117 della Costituzione. Alla stregua del principio di autonomia di ciascun giudizio di costituzionalita' in via incidentale si procede a rivalutare la questione nella sua interezza. 2. - In applicazione dell'art. 4 della legge n. 16/1987 il consiglio regionale, su conforme proposta della giunta, ha soppresso la societa' ricorrente assumendo, a fondamento della propria decisione, le seguenti circostanze: la societa' risulta strutturata come ente ad autonomia piena con compiti irrigui, in analogia con l'attivita' svolta di norma dai consorzi di bonifica; le suddette funzioni sono oggi di competenza dei consorzi di bonifica, essendo intervenuta la classificazione di bonifica dell'intero territorio in cui opera il citato consorzio; la societa' opera in base all'atto costitutivo dal quale si evince che l'ente si configura di fatto come consorzio irriguo. 3. - La Sezione non ha condiviso la prospettazione principale della ricorrente, in forza della quale la stessa, non avendo veste pubblicistica ne' essendo consorzio irriguo di natura amministrativa, sarebbe stata erroneamente assoggettata alla previsione di soppressione contenuta all'art. 4 della legge regionale n. 16/1987 (sent. n. 617/2000). Con tale legge la Regione infatti, al dichiarato fine «di conseguire il necessario coordinamento degli interventi pubblici e privati», ha ritenuto di sottoporre a regime di bonifica l'intero territorio regionale (art. 3, primo comma, gia' ritenuto dalla Corte costituzionale conforme agli artt. 117, 97 e 18 della Costituzione con la sentenza n. 66/1992); ha previsto l'istituzione, per ogni ambito, di un solo consorzio di bonifica destinato a succedere in tutti i diritti e gli obblighi ai preesistenti consorzi ricadenti in tutto o in parte nel comprensorio (art. 3, quarto comma); nell'ambito di tale riorganizzazione, ha soppresso (art. 4), per farle confluire nei nuovi consorzi, tutte le preesistenti forme di gestione («Sono soppressi i consorzi idraulici, di difesa, di scolo e di irrigazione nonche' ogni altra forma di gestione non consortile di opere o sistemi di scolo ed irrigui, che ricadono nei comprensori delimitati ai sensi del secondo comma del precedente art. 3»). E' evidente pertanto la volonta' del legislatore regionale di ricomprendere in tale previsione tutte le gestioni riconducibili alle funzioni indicate, ancorche' di natura privata ed ancorche' titolari di concessioni statali di grande derivazione. Poiche' la norma rappresenta il presupposto esclusivo e diretto dell'impugnato provvedimento di soppressione, un'eventuale dichiarazione di fondatezza della sollevata questione implicherebbe, per cio' solo, l'accoglimento dei ricorsi proposti: di qui la rilevanza della questione. 4. - La Sezione ritiene la questione non manifestamente infondata per le considerazioni di cui appresso. Non e' contestata la natura privatistica della societa' ricorrente: questa, costituita in epoca remota, non e' mai stata oggetto di riconoscimento pubblico, ne' con le modalita' previste per le persone giuridiche private dal codice civile vigente, ne' con quelle di cui agli artt. 862 e 863 del codice civile che disciplinano i consorzi di bonifica e quelli di miglioramento fondiario; non e' previsto alcun intervento pubblico nelle varie fasi attinenti alla costituzione, alla nomina degli organi, al funzionamento, ed il finanziamento della societa' stessa e' interamente privato. La stessa giunta regionale nel provvedimento impugnato riconosce che la sopprimenda societa' non ha natura di consorzio di bonifica (le deliberazioni impugnate parlano di enti che si configurano di fatto come consorzi irrigui; d'altra parte se la ricorrente avesse potuto essere configurata quale consorzio di bonifica l'estinzione sarebbe stata disposta in applicazione dell'art. 3 quarto comma della legge n. 16/1987). Infine il fatto che, come sottolinea la Regione, sia in dubbio anche la qualificazione della societa' ricorrente quale consorzio volontario ai sensi dell'art. 918 del codice civile, non porta argomenti a favore della tesi secondo la quale la societa' ricorrente potrebbe essere assimilata ad un organismo di diritto pubblico, ma conferma solo la difficolta' di classificarla in una delle figure tipiche disciplinate dal codice civile, e la conseguente necessita' di inquadrare la stessa fra le associazioni non riconosciute. 5. - Il sospetto di incostituzionalita' del suddetto articolo nasce in relazione, in primo luogo, all'art. 117 della Costituzione. 5.a) Poiche' la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha sostituito l'intero testo dell'art. 117 della Costituzione, e' entrata in vigore dopo l'adozione dei provvedimenti impugnati e dopo la proposizione dei ricorsi, si ritiene che il parametro di riferimento ai fini della valutazione della legittimita' costituzionale resti il riparto di competenze fissato dal testo originario. Da un lato infatti il giudizio instaurato e' di natura impugnatoria e tende all'annullamento di un provvedimento autoritativo la cui legittimita' va valutata alla stregua del principio tempus regit actum; dall'altro l'interesse al ricorso va valutato con riferimento esclusivo all'eliminazione di «quel» provvedimento ed al ripristino della situazione giuridica ad esso precedente, ed in tali termini tuttora persiste. Secondo il testo dell'art. 117 Cost. anteriore alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, la potesta' legislativa regionale nella materia della bonifica, di natura concorrente, andava esercitata nei limiti derivanti dai principi fondamentali della legislazione statale nella materia stessa, descritti con precisione dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 326/1998. Per la parte che qui interessa tale decisione, con la quale e' stata dichiarata l'incostituzionalita' parziale di una legge della Regione Marche in materia di bonifica, riconosce carattere di norme di principio a quelle che disciplinano nei lineamenti fondamentali la struttura e l'organizzazione dei consorzi di bonifica configurandoli come espressione, sia pure legislativamente disciplinata e resa obbligatoria, degli interessi dei proprietari dei fondi coinvolti nell'attivita' di bonifica. Riconosce anche che la potesta' regionale di programmazione ed organizzazione della bonifica si estende al riassetto delle funzioni degli enti pubblici che operano nel settore e, quindi, anche alle funzioni pubblicistiche dei consorzi, con conseguente potere in capo alla regione di trasferire i compiti propri dei consorzi anche ad altri enti pubblici, in relazione alla connessione delle funzioni di bonifica con altre attinenti alla difesa del suolo, alla tutela delle risorse idriche e dell'ambiente. Non si puo' spingere pero', alla stregua delle stesse norme di principio, all'eliminazione della figura giuridica del consorzio di bonifica, stante la combinazione che in esso peculiarmente si realizza fra pubblico e privato per effetto della legislazione nazionale. In relazione a tali principi e con riferimento alla fattispecie all'esame, si dubita che la Regione, oltre a riorganizzare le funzioni di bonifica e, con esse, quelle dei consorzi di bonifica (cosi' come ha fatto la Regione Emilia- Romagna con l'art. 3 della legge regionale n. 16/1987), possa sopprimere ogni organismo di gestione a questi non riconducibile, ed in particolare le associazioni o i soggetti di carattere privato. Tenuto conto della natura concorrente della potesta' legislativa regionale non e' manifestamente infondato ipotizzare che in materia di bonifica la facolta' di incidere obbligatoriamente sugli interessi privati debba seguire il procedimento previsto per la costituzione dei consorzi di bonifica che, nella legislazione statale e, quindi, in quella regionale, contempla, sia pure eccezionalmente ed in via residuale, anche la costituzione d'ufficio, vale a dire ad iniziativa pubblica del consorzio fra i proprietari interessati. Al di fuori di tale previsione solo il legislatore statale potrebbe enunciare il principio secondo cui l'attivita' di bonifica, anche per gli aspetti gestionali, deve essere riservata esclusivamente ai consorzi di bonifica, e quindi prevedere la soppressione di ogni diversa gestione. 5.b) Da un altro punto di vista la violazione dell'art. 117 Costituzione puo' essere ipotizzata anche con riferimento al cosiddetto limite del diritto privato. Per costante giurisprudenza della Corte costituzionale, tale limite e' fondato sull'esigenza, connessa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati (nn. 462 del 1995; 35 del 1992; 391 del 1989; 154 del 1972, n. 82 del 1998) e che comporta l'inderogabiita', da parte del legislatore regionale, delle norme dettate dal codice civile per regolare l'esercizio dell'autonomia negoziale privata, sia che si tratti di norme imperative, sia che si tratti di norme destinate a regolare direttamente i rapporti tra soggetti in assenza di diversa volonta' negoziale delle parti. Nella specie, la norma impugnata appare precisamente diretta a sopprimere un soggetto di diritto privato, qualificabile come associazione non riconosciuta, in contrasto con il suo statuto ed in violazione dell'autonomia negoziale riconosciuta dagli artt. 36 e ss.c.c. 6. - Il sospetto di incostituzionalita' sorge infine con riferimento agli artt. 2 e 18 (in relazione alla soppressione di associazioni liberamente costituite), 41 (in relazione alla compressione della liberta' di iniziativa economica privata) ed agli artt. 42 e 43 della Costituzione (attesa la mancata previsione di un indennizzo a fronte della devoluzione del patrimonio degli enti da sopprimere ai consorzi di bonifica istituiti per l'ambito territoriale di riferimento).