IL TRIBUNALE

    Sciogliendo la riserva assunta all'udienza in camera di consiglio
del  14  marzo  2003,  previa  lettura  degli  atti  del procedimento
instaurato  con  ricorso  del  24  luglio  2002 dall'avv. Giuseppe Lo
Presti  del  foro  di  Barcellona  P.G.,  quale  difensore  di  Bucca
Salvatore,  nato  a Barcellona P. G. (Messina) il 10 gennaio 1962, ha
emesso la seguente ordinanza.
    Con  decreto  depositato  il 24 giugno 2002 la Corte di assise di
Messina,  seconda  sezione, disponeva la revoca del provvedimento del
21  dicembre  2000  con cui Bucca Salvatore, imputato nell'ambito del
procedimento  scaturito  dalla  c.d.  Operazione Mare Nostrum, il cui
dibattimento  e'  in  corso  di  celebrazione  davanti a quella Corte
(n. 19/1998  R. G.), era stato ammesso al patrocinio gratuito a spese
dello Stato.
    Il   provvedimento   di   revoca   scaturiva   dall'esito   degli
accertamenti  disposti  dalla Corte con decreto del 27 novembre 2001,
con  il  quale (dopo avere richiesto informazioni alla DIA e alla DNA
in  ossequio  al disposto dell'art. 152 della legge 23 dicembre 2000,
n. 388),  erano state richieste informazioni al comando della Guardia
di  finanza,  alla DIA e alla DNA su Bucca Salvatore relativamente al
suo  tenore  di  vita,  alle  condizioni personali e familiari e alle
attivita'  economiche  eventualmente  svolte dall'imputato ammesso al
citato beneficio.
    Acquisito l'esito degli accertamenti e verificato il superamento,
nell'anno 2000, dei limiti di reddito per l'ammissione al patrocinio,
la  Corte  ordinava  la  revoca  dell'ammissione, nonche' il recupero
delle  somme  non  versate  all'Erario  per effetto del godimento del
beneficio revocato.
    Avverso  il  provvedimento  di  revoca, con atto depositato il 24
luglio 2002, ha proposto ricorso l'avv. Giuseppe Lo Presti, difensore
di  fiducia  del  Bucca, contestando in concreto il superamento della
soglia  reddituale  ritenuto  dalla  Corte,  evidenziando  che nessun
obbligo di comunicazione incombeva sul Bucca posto che nell'anno 2000
non vi era stata alcuna variazione di reddito, rilevando che l'omessa
dichiarazione  della  proprieta'  di  un  fondo  rustico,  nonche' di
un'autovettura   Lancia   Dedra,  non  comportava  alcuna  variazione
significativa  del  reddito, mentre analogo obbligo non competeva con
riferimento ad altra autovettura gia' «rottamata».
    In  esito alla comparizione delle parti questo giudice, designato
per  la  trattazione  con  provvedimento presidenziale del 16 ottobre
2002, ha riservato la decisione.
    Ai   fini   dell'esatto   inquadramento   delle  questioni  poste
all'attenzione  del  decidente  dal  ricorso  in  esame e del tipo di
sbocco che allo stato si impone sono necessarie alcune considerazioni
in  merito  al  potere  esercitato  nel caso di specie dalla Corte di
assise  di  Messina  e  conseguentemente  al  tipo  di  provvedimento
adottato,  e,  in  secondo  luogo,  ai  rimedi eventualmente previsti
dall'ordinamento.
    Con  riferimento al primo aspetto della questione va rilevato che
nel sistema della legge 30 luglio 1990, n. 217, anche come modificato
in seguito alla novella del 2001 (legge n. 134 del 29 marzo 2001), il
potere  di  revoca  del  provvedimento  di ammissione al patrocinio a
spese  dello  Stato  e' attribuito al giudice innanzitutto in caso di
mancata  comunicazione  nei  termini  delle  eventuali  variazioni di
reddito  o  di mancata presentazione della documentazione relativa ai
redditi  prodotti  dallo  straniero (l'art. 10, dopo le modifiche del
2001, non si riferisce piu' alla documentazione «prescritta», ma solo
a  quella  «richiesta»,  ma,  eliminato  il  riferimento  al  comma 5
dell'art. 5,  abrogato  il  comma 2 dello stesso art. 5, e modificato
conseguentemente  il  comma 4 - ormai di fatto il n. 3 - dello stesso
articolo,  emerge  un  difetto  di  coordinamento  della novella piu'
recente).  Altro  possibile presupposto per l'esercizio del potere di
revoca,  contemplato  dallo  stesso  art. 10  della  legge n. 217, e'
quello  della variazione delle condizioni di reddito risultante dalla
comunicazione tempestiva dell'interessato. Tutti i casi elencati sono
assimilati   quanto   alla   forma   (decreto  motivato),  all'organo
competente  a  provvedere  (il  giudice  che procede al momento della
scadenza   dei   termini  o  al  momento  in  cui  e'  effettuata  la
comunicazione)  e  al  regime  delle  impugnazioni  (in prima battuta
ricorso  al  tribunale  o  alla  Corte  d'appello a cui appartiene il
giudice che ha emesso il provvedimento di revoca o modifica, il quale
provvede  nelle  forme di cui all'art. 29 della legge 13 giugno 1942,
n. 794, e quindi ricorso per cassazione per violazione di legge).
    L'art. 10  della  legge  n. 217 prevede poi, al secondo comma, un
potere  di  revoca  o  di  modifica  del provvedimento di ammissione,
esercitabile  in  ogni  momento,  su  richiesta del competente organo
dell'amministrazione  finanziaria  (non  piu'  del pubblico ministero
dopo  il  breve  periodo  di  vigenza  dell'art. 152  della  legge 23
dicembre  2000,  n. 388,  abrogato  espressamente  dall'art. 23 della
legge  29  marzo  2001,  n. 134),  richiesta che puo' tuttavia essere
avanzata  -  di  fatto condizionando il potere di revoca o modifica -
solo  finche'  non  siano  decorsi  cinque anni dalla definizione del
procedimento  per  il quale l'interessato ha ottenuto l'ammissione al
patrocinio  a  spese  dello  Stato.  In  questo caso il procedimento,
disciplinato  ancora dall'art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794,
e'  direttamente  attribuito  alla  cognizione  del tribunale o della
Corte  d'appello  a  cui  appartiene  il  giudice  che  ha provveduto
all'ammissione  (e'  stato  ritenuto  illegittimo  e  suscettibile di
annullamento  senza rinvio il provvedimento di revoca emesso, ad es.,
dal  g.i.p.  che  a  suo  tempo  aveva concesso il beneficio: Cass. 4
ottobre  1999,  Terranova),  e  contro  l'ordinanza  che decide sulla
richiesta e' ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge.
    Significative  divergenze  di  opinione  ha invece evidenziato in
giurisprudenza  la  soluzione  della questione dell'ammissibilita' di
una  revoca  ex officio del provvedimento di ammissione al beneficio,
disposta  dallo  stesso  giudice  che  ha  accordato il patrocinio in
relazione al difetto di un presupposto di ammissibilita', ovvero alla
mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni reddituali.
    Rileva   sotto   il   primo   profilo   soprattutto  l'ammissione
erroneamente  disposta  con  riguardo a reati contravvenzionali per i
quali   la   legge  n. 217  originariamente  escludeva  l'accesso  al
patrocinio  a  spese  dello Stato: in tale ipotesi, destinata ormai a
perdere   di  attualita'  in  seguito  all'abrogazione  del  comma  8
dell'art. 1 della legge n. 217 (art. 2, legge 29 marzo 2001, n. 134),
la  giurisprudenza ammette da tempo la revoca ex officio, ritenendola
espressione   del   generale  potere  di  autotutela  della  pubblica
amministrazione, escludendo che sia ostativa la mancata previsione di
tale possibilita' tra i casi di revoca di cui all'art. 10 della legge
n. 217,  ed  assoggettando  il relativo provvedimento al «reclamo» di
cui  all'art. 6,  quarto  comma,  con la correlativa esclusione della
ricorribilita'  diretta  per  cassazione  (cosi' Cass. 26 marzo 1998,
Sinisi, e gia' Cass. 19 ottobre 1994, Carriere; Cass. 14 aprile 1995,
Marinaci).
    Piu'  problematica  l'ammissibilita'  di  una  revoca per difetto
delle  condizioni  di  reddito  legittimanti,  ovviamente  consentita
dall'art. 10  se  preceduta  dalla  richiesta  del  competente organo
dell'amministrazione finanziaria, ma non sempre ritenuta possibile in
assenza  di  tale  richiesta.  Secondo  un  primo  gruppo di pronunce
infatti  anche  in questo caso, ed anche se la mancanza dei requisiti
reddituali  e' originaria, non potendo il giudice essere condizionato
dalla  richiesta  dell'intendente di finanza (ora direttore regionale
delle  entrate),  il  potere  di  revoca,  pur  se non esplicitamente
contemplato  dall'art. 10  della legge, e' espressione della generale
potesta'  di  autotutela della pubblica amministrazione, assumendo la
decisione  in  ordine  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato  natura
sostanzialmente  amministrativa  (Cass. 29 novembre 2001, PM in proc.
Di  Stefano; Cass. 12 ottobre 1999, Carbonelli). A questa opinione si
contrappone quella illustrata in altre decisioni, secondo le quali la
revoca  per  mancanza del requisito reddituale e' esercizio di vero e
proprio   potere   giurisdizionale   che  non  puo'  essere  attivato
d'ufficio,     ma    presuppone    necessariamente    la    richiesta
dell'amministrazione finanziaria (Cass. 24 aprile 2001, Meci; Cass. 3
dicembre   2001,   PM   in   proc.   Musumeci),  con  la  conseguente
illegittimita'   del   provvedimento  adottato  in  difetto  di  tale
imprescindibile condizione (Cass. 6 giugno 2001, Venuto).
    Sul  piano  della  tutela la questione del rimedio esperibile non
forma oggetto di specifiche affermazioni di principio, poiche' per un
verso  incidentalmente  si  afferma  che  in  caso  di modifica della
condizione  reddituale  lo  strumento  utilizzabile secondo il citato
art. 10  sarebbe  il ricorso per cassazione (cosi' la citata Cass. 26
marzo  1998, Sinisi), mentre per altro verso si reputa implicitamente
ammissibile,  in  caso  di  revoca  disposta  d'ufficio  per mancanza
originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito, l'impugnazione
di  cui  all'art. 6, quarto comma, della legge n. 217 (cosi' Cass. 12
ottobre 1999, Carbonelli).
    Orbene,  se  da  un  lato  un criterio di ragionevolezza induce a
ritenere  sempre  consentito  al giudice che procede il controllo sul
diritto  alla  conservazione  del  beneficio in relazione al possesso
delle  condizioni reddituali necessarie per l'ammissione al beneficio
del  patrocinio  a  spese  dello  Stato, a prescindere dall'eventuale
inerzia  di  altri  organi,  dall'altro lato appare problematica, nel
contesto normativo richiamato, l'individuazione di un soddisfacente e
completo  sistema  di  tutele  avverso una tipologia di provvedimenti
destinati  ad  incidere  in  modo significativo sull'effettivita' del
diritto di difesa.
    Da  un lato il ricorso per cassazione e' previsto dall'art. 10 in
caso  di  revoca del provvedimento quando risulti provata la mancanza
originaria  o  sopravvenuta  delle  condizioni  di  reddito,  ma  sul
presupposto     di    una    richiesta    del    competente    organo
dell'amministrazione  finanziaria  rivolta  al  giudice  naturalmente
individuato  dalla legge per la decisione sulle impugnazioni relative
ai provvedimenti in materia di patrocinio per i non abbienti (art. 6,
quarto  comma),  e  conseguentemente  di un provvedimento adottato da
quest'ultimo:  non  appare  assimilabile a questa la situazione della
revoca  disposta  d'ufficio  dallo  stesso giudice che ha concesso il
beneficio o comunque dal giudice che procede.
    Dall'altro   lato   l'ammissibilita'  dell'impugnazione  prevista
dall'art. 6,  quarto  comma,  della  legge  n. 217 incontra il limite
della  tassativita',  che  appare  insuperabile  in  caso  di  revoca
disposta  in relazione alla sopravvenuta mancanza delle condizioni di
reddito  necessarie  per  la  fruizione  del  patrocinio  per  i  non
abbienti.  Mentre  infatti  con qualche sforzo l'ipotesi di accertato
difetto  iniziale  del  requisito potrebbe essere assimilata a quella
del  diniego,  con  la  conseguente  applicazione diretta del sistema
delineato  nei  commi  4  e  5  del  citato  art. 6 (secondo la linea
interpretativa  delineata per l'ipotesi della erronea concessione del
beneficio  in  relazione a procedimento per reati contravvenzionali),
del  tutto  impraticabile  si  presenta  tale  percorso  in  caso  di
accertata  mancanza  sopravvenuta del requisito reddituale: in questa
ipotesi  l'impugnazione  di  cui  all'art. 6,  quarto  comma  non  e'
ammissibile perche' la legge non la prevede e non e' suscettibile sul
punto  di  interpretazione adeguatrice, con la conseguenza di privare
gli  interessati  di  adeguata  tutela  giurisdizionale in un settore
nevralgico   per   la   garanzia   della  effettivita'  della  tutela
giurisdizionale;  e  cio' sia in violazione dell'art. 3 Costituzione,
in  quanto  in  presenza  di provvedimenti che muovono da presupposti
comuni   (l'accertata  mancanza  del  requisito  reddituale)  non  e'
assicurata la medesima garanzia giurisdizionale, sia in contrasto con
la   garanzia   del   diritto   di   difesa  apprestata  dall'art. 24
Costituzione,  la cui effettivita' puo' risultare compromessa in caso
di  mancata  previsione  di adeguate forme di tutela relativamente ai
provvedimenti che concernono l'ammissione al patrocinio a spese dello
Stato.
    Non appare pertanto manifestamente infondata, come questo giudice
ha  gia'  ritenuto  nell'ambito  di  altri  analoghi procedimenti, la
questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 6 e 10 della
legge   30  luglio  1990,  n. 217,  e  successive  modificazioni,  in
relazione  agli  artt. 3  e 24 della Costituzione, nella parte in cui
non  prevedono,  in caso di revoca del provvedimento di ammissione al
patrocinio  a  spese  dello  Stato, disposta d'ufficio dal giudice in
seguito  ad accertata mancanza dei requisiti reddituali, originaria o
sopravvenuta,   la   possibilita'   per   l'interessato  di  proporre
impugnazione  davanti  al  tribunale  o alla Corte d'appello ai quali
appartiene il giudice che ha disposto la revoca del beneficio.
    Va  infine  rilevato - ma la notazione assume carattere meramente
incidentale  e  conferma  piuttosto  la  necessita'  di un intervento
diretto  ad  orientare  eventuali  aggiustamenti  normativi  - che la
situazione  non  e'  destinata  a mutare in seguito alla modifica del
quadro  di  riferimento normativo determinato dall'entrata in vigore,
dal   1°   luglio   2002   (qualche   giorno  dopo  il  deposito  del
provvedimento,  e  prima  della  presentazione  dell'impugnazione  in
esame),  del  d.P.R.  30  maggio  2002,  n. 115,  che  ha tra l'altro
espressamente  abrogato  tanto  la  legge 30 luglio 1990, n. 217, che
buona  parte  della  successiva  novella  del 2001 (art. 299). Mentre
infatti  l'art. 99  del citato d.P.R. prevede e disciplina, con norma
che  sostanzialmente  ricalca  quella  dell'art. 6,  quarto  e quinto
comma,  della  legge  n. 217,  l'impugnazione  dei  provvedimenti  di
rigetto  dell'istanza di ammissione, in tema di revoca (a causa della
riproduzione   solo  parziale  dell'art. 10  della  legge  del  1990)
l'attuale  art. 113  del  d.P.R. n. 115 (inserito in un apposito capo
VII  del  titolo  II della parte III del provvedimento, dedicato alla
Revoca  del  decreto  di  ammissione  al patrocinio) ha riprodotto la
possibilita'  del  ricorso  per  cassazione  nell'ipotesi  di  revoca
chiesta  dall'amministrazione,  ma  il  testo  unico non contempla la
possibilita'  di  impugnare  la revoca del beneficio negli altri casi
(che  sia  qualificabile quale «revoca» anche il provvedimento emesso
in  seguito ad accertata insussistenza iniziale dei limiti di reddito
emerge testualmente dall'art. 112, primo comma, lett. d, del d.P.R.).