LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello, iscritto al numero 914/AC del registro di segreteria, proposto dall'Istituto nazionale previdenza ed assistenza dipendenti pubblici (INPDAP), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, domiciliato presso la sede legale in Palermo, via Resuttana n. 360; Contro Contino Concetta, rappresentata e difesa dall'avv. Enzo Di Filpo, presso il cui studio in Palermo, via E. De Amicis n. 1, ha eletto domicilio, avverso la sentenza n. 181 del giudice unico delle pensioni della sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione siciliana, depositata il 4 marzo 2002. Uditi alla pubblica udienza del 15 maggio 2003 il relatore, consigliere dott. Guido Carlino, il dott. Dino nell'interesse dell'INPDAP e l'avv. Enzo Di Filpo per l'appellata. Esaminati gli atti ed i documenti della causa. F a t t o La signora Contino Concetta, titolare dal 23 marzo 1985 della pensione di reversibilita' n. 6858485 in qualita' di vedova del signor Sciortino Giovanni, nonche' titolare, dal 1° gennaio 1993, di pensione diretta n. 60474082, aveva richiesto la corresponsione dell'indennita' integrativa speciale in misura intera anche sulla pensione di reversibilita'. Poiche' l'amministrazione aveva opposto il divieto di cumulo di indennita' integrativa speciale, previsto dall'art. 99 del d.P.R. n. 1092/1973, per il titolare di piu' trattamenti pensionistici, la signora Contino proponeva ricorso dinanzi la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione siciliana, deducendo di avere diritto alla erogazione della indennita' integrativa speciale in misura intera su entrambi i trattamenti di quiescenza. Con sentenza n. 181 del 23 novembre 2001/4 marzo 2002, il giudice unico per le pensioni presso detta sezione, sostenendo che la pretesa dedotta in giudizio, fosse assolutamente fondata con riferimento alla giurisprudenza formatasi in materia, dichiarava il diritto della ricorrente alla corresponsione, sulla pensione di reversibilita', dell'indennita' integrativa speciale in misura intera, con decorrenza dal 23 marzo 1985; condannava l'INPDAP al pagamento delle somme dovute per il titolo con gli accessori di legge. Con atto notificato il 22 marzo 2002, l'INPDAP ha impugnato la predetta sentenza, chiedendone la riforma con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 494 del 1993, sostenendo che il cumulo di indennita' integrative speciali potrebbe operare solo per consentire l'integrazione della pensione al minimo previsto per il fondo pensioni lavoratori dipendenti (minimo INPS). L'INPDAP ha quindi concluso chiedendo, preliminarmente, che venga sospesa l'efficacia della sentenza impugnata e che, nel merito, venga accolto l'appello proposto. Con comparsa di sostituzione e risposta depositata in data 26 aprile 2002, l'avv. Enzo Di Filpo nell'interesse dell'appellata, ha chiesto, preliminarmente, che venga rigettata la domanda di sospensione di esecutivita' della sentenza impugnata e che, nel merito, venga confermata la sentenza impugnata in tutte le sue statuizioni. All'odierna udienza le parti hanno insistito nelle richieste formulate con gli atti scritti. D i r i t t o 1. - L'INPDAP, nell'atto di appello, sostiene che ricorrente, in godimento di due trattamenti pensionistici a carico di enti pubblici ed erogati dallo stesso ente previdenziale, entrambi decorrenti da data anteriore all'entrata in vigore della legge 23 dicembre 1994, n. 724, non ha diritto alla corresponsione dell'indennita' integrativa speciale su entrambe le pensioni percepite, stante l'operare del divieto di cumulo ribadito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 494 del 1993, fatto salvo l'importo corrispondente al minimo INPS. Nel caso all'esame del collegio, dunque, viene in questione nuovamente il problema del cumulo dell'indennita' integrativa speciale tra due trattamenti pensionistici, al quale deve applicarsi la disposizione del secondo comma dell'art. 99 del t.u. n. 1092 del 1973; disposizione che, anche dopo la integrazione operata dal giudice delle leggi (Corte cost. n. 494 del 1993), vieta il cumulo delle indennita' integrative speciali facendo salvo soltanto l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo lavoratori dipendenti (c.d. minimo INPS). Al riguardo deve rilevarsi che con la sentenza n. 516 del 2000, emessa in occasione di questione analoga riferita al cumulo di indennita' di contingenza a favore di pensionati delle regione siciliana, io giudice delle leggi ha ritenuto che l'illegittimita' costituzionale non deriva dal divieto di cumulo, di per se' non incostituzionale, in relazione alla originaria funzione della indennita' di contingenza (o similare) come elemento aggiuntivo (correlato a percentuale di stipendio o pensione) e separato dalla retribuzione o pensione, con finalita' di adeguata ad un livello minimo rispetto alle variazioni del costo della vita, ma si verifica in presenza di divieto di cumulo di indennita' di contingenza (o similare) generalizzato, cioe' senza che sia fissato in limite minimo o trattamento complessivo per le attivita' alle quali si riferisce, al di sotto del quale non debba operare il divieto stesso. Ha, altresi', osservato che, d'altro canto, spetta al legislatore la scelta tra diverse soluzioni, ferma l'esigenza di un equilibrio finanziario del sistema retributivo e pensionistico, purche' sia rispettata l'esigenza dignitosa del lavoratore pensionato, con possibilita' di distinguere la disciplina del cumulo anche con ragionevoli differenziazioni temporali, collegate alla diversa nuova natura e funzione della indennita' anzidetta e alla progressiva trasformazione - anche per effetto del conglobamento pensionistico - della incidenza del problema a partire dalla legge 23 dicembre 1994, n. 724, pervenendo alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale. La Corte ha conseguentemente statuito «che un divieto generalizzato di cumulo di indennita' di contingenza (o indennita' equivalenti nella funzione di sopperire ad un maggiore costo della vita) sia illegittimo dal punto di vista costituzionale quando, in presenza si diversi trattamenti a titolo di attivita' di servizio o di pensione (ovviamente quando non vi sia una incompatibilita), non sia previsto (v. sentenza n. 566 del 1989; n. 376 del 1994) un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo ( o altro sistema con un indice rapportato alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore-pensionato e della sua famiglia o del pensionato con pluralita' di posizioni assicurative), al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso». La sentenza n. 516 del 2000 chiude con un dispositivo diverso da quello con il quale aveva chiuso la sentenza n. 376 del 1994, sebbene la norma denunciata fosse sostanzialmente identica, poiche', mentre nella seconda il giudice delle leggi ha dichiarato l'illeggittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della regione Sicilia 24 luglio1978, n. 17 nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di piu' pensioni o assegni vitalizi, ferma restando la spettanza ad un solo titolo dell'indennita' di contingenza e di ogni altra maggiorazione dipendente dall'adeguamento al costo della vita, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo lavoratori dipendenti, con la prima ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della norma sostanzialmente riprodotta «nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni ed assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennita' di contingenza ed indennita' similari». Ne deriva che, alla stregua di tale ultima pronuncia del giudice delle leggi, la decurtazione dell'I.I.S. in presenza di diversi trattamenti pensionistici, anche quando sia salvaguardata l'integrazione del minimo INPS, deve ritenersi priva di qualsiasi ragionevole giustificazione con evidente vulnus degli artt. 3 e 30 della Costituzione, perche' in ogni caso l'art. 99, comma 2, del d.P.R. n. 1092 del 1993 non stabilisce un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo (o altro sistema con un indice rapportato alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del pensionato con pluralita' di posizioni assicurative), al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso: limite che, come la Corte costituzionale ha ripetutamente affermato, e' necessario sia posto dalla legge. La questione di legittimita' costituzionale, oltre ad essere non monifestamente infondata per le ragioni che precedono, e' rilevante nel presente giudizio perche' l'appello dell'INPDAP puo' essere accolto soltanto se permanga nell'ordinamento la disposizione delle cui legittimita' costituzionale si dubita. 2. - Non avendo definito il giudizio di appello, questa Sezione deve esaminare la richiesta, avanzata dall'appellante, di sospensione della sentenza impugnata in considerazione del grave ed irreparabile danno che subirebbe l'amministrazione ove eseguisse la sentenza e dovesse, poi, recuperare, in caso di accoglimento dell'appello, le somme erogate. Rileva, al riguardo, il collegio che la normativa applicabile (artt. 1, legge n. 205/2000 e 431 c.p.c.) consente la sospensione dell'esecuzione quando dalla stessa possa derivare all'altra parte un gravissimo danno. Poiche' in caso di accoglimento dell'appello le somme corrispondenti potranno e dovranno essere recuperate nelle forme e con i mezzi di cui l'amministrazione dispone per la ripetizione dell'indebito, non sembra che vi siano il gravissimo danno che legittimo la sospensione dell'esecuzione o degli effetti esecutivi della sentenza o i gravi motivi paventati dall'amministrazione; in conseguenza viene rigettata l'istanza preliminare di sospensione della esecutivita' della sentenza.