IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento penale a carico di M.S., meglio generalizzato in atti, attualmente sottoposto alla misura di sicurezza provvisoria del ricovero in O.P.G.; Vista la richiesta depositata in data 6 ottobre 2003 dal difensore avv. Giuseppe Belcastro, volta alla sostituzione della misura di sicurezza detentiva disposta provvisoriamente ex art. 312 c.p.p. nei confronti dell'indagato con provvedimento in data 22 maggio 2003 in atti di questo Ufficio con la misura non detentiva della liberta' vigilata con prescrizioni, misura ritenuta piu' idonea al caso di specie; Rilevato che all'esito del disposto incidente probatorio il prof. Maurizio Marasco ha risposto ai quesiti formulati rilevando la capacita' dell'indagato di stare in giudizio, l'assenza totale della sua capacita' di volere all'epoca dei fatti (affetto da delirio erotomanico in paziente con tratti schizoidi e paranoidi di personalita), tale da escludere totalmente l'imputabilita' ex art. 88 c.p. Si legge nell'elaborato: «per via dell'attuale condizione psicopatologica e' necessario che il periziando venga mantenuto a lungo in un regime di trattamento sanitario specialistico e multidisciplinare che preveda la somministrazione di farmaci neurolettici e la realizzazione di un progetto di riabilitazione psicologica e sociale mediante inserimento del soggetto in un programma di psicoterapia di sostegno, attivita' di inserimento nel lavoro di tipo comunitario nel lungo termine. Questo percorso riabilitativo non e' neppure iniziato nell'attuale luogo di cura e custodia, a parte la somministrazione dei farmaci, ed e' da dubitare che possa essere realizzato in un futuro all'interno dell'attuale istituto penitenziario, senza considerare, peraltro, che l'oggettiva e concreta realizzazione di un progetto di riabilitazione psicosociale appare utopistica all'interno di una comunita' confinata quale quella di una struttura penitenziaria. Eppure la realizzazione in concreto di un progetto di riabilitazione e' urgente e indilazionabile. Essa puo' essere attuata mediante trasferimento, al regime degli arresti domiciliari, presso una casa di cura convenzionata con il S.S.N. ... dove il periziando puo' essere trattato farmacologicamente e avviato ad un percorso psicoterapeutico e riabilitativo per tutto il tempo necessario al fine di vedere cessato il rischio di ricadute nella fase acuta (3 - 4 mesi), percorso, che potra' essere, eventualmente, ultimato in tempi lunghi presso una comunita». Rilevato pertanto che, sulla scorta delle risultanze dell'elaborato peritale, sostenuto con dovizia di argomentazioni della cui attendibilita' non si ravvisa motivo alcuno di dubitare, deve ritenersi attuale lo stato di pericolosita' sociale del M.S., in relazione a condizioni di rilevanza psichiatrica, pur attenuato a seguito della somministrazione di farmaci neurolettici presso la casa di cura e custodia ove e' attualmente internato, condizione fattuale che non consente evidentemente a questo giudice di procedere alla revoca della misura di sicurezza; Rilevato che, trattandosi di soggetto ritenuto non imputabile al momento del fatto, ex art. 273 c.p.p non e' possibile neppure ipotizzare - previa eventuale richiesta del p.m. - la sostituzione della misura di sicurezza con una misura cautelare personale quale quella degli arresti domiciliari, invocata dal perito prof. Marasco a fini terapeutici - e cio' in considerazione della sostanziale inidoneita' della struttura ove attualmente e' internato il M.S. e delle altre presenti in Italia e facenti parte allo stesso circuito (cfr. sul punto quanto evidenziato dal perito nell'elaborato e in sede di esame all'udienza del 16 luglio 2003). Invero, il dettato dell'art. 273 c.p.p. non consente l'adozione di alcuna misura cautelare personale in presenza di una causa di non punibilita', laddove un'interpretazione logica sistematica fa si' che il richiamo al secondo comma dell'art. 273 effettuato dall'art. 312 c.p.p. debba intendersi riferito solo alle cause di non punibilita' diverse da quelle che, a norma dell'art. 206 c.p.p., consentono l'applicazione provvisoria di misura di sicurezza (cfr. Cass. sez. I, 11 novembre 1999, Napoli); Rilevato che le ultime relazioni sanitarie redatte dai medici della casa di cura e custodia ove attualmente il M.S., e' internato evidenziano un maggior equilibrio psichico nel giovane, che, previa autorizzazione di questa A.G., risulta aver reiteratamente fruito di permessi all'esterno dell'istituto psichiatrico, assistito dai familiari, senza dare adito a rilievo alcuno; Rilevato che siffatta modifica del complesso quadro psichiatrico del giovane induce allo stato una formulazione di scemata - non cessata - pericolosita' sociale in termini di rilevanza psichiatrica, si che, l'eccessiva rigidita' delle previsioni dell'art. 206 c.p. - che nella fase cautelare consente, con riferimento a soggetti maggiorenni, la sola alternativa del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario ovvero in una casa di cura e custodia - appare suscettibile di dubbi di legittimita' costituzionale, in particolare per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione; Rilevato che l'evoluzione della scienza psichiatrica e delle terapie farmacologiche inducono a ritenere ormai superate e scarsamente valide rigide forme di segregazione nei confronti di soggetti affetti da patologie mentali, una volta superata la fase acuta; Rilevato che, sotto tali profili, viola il criterio di ragionevolezza e appare conseguentemente censurabile il dettato dell'art. 206 c.p. che, con riferimento alle misure di sicurezza applicabili in fase cautelare, esclude sostanzialmente ogni possibilita' di ricorrere a misure di sicurezza di tipo non detentivo, sancendo un rigido automatismo che sfugge ad un'adeguata valutazione del giudice, non consentendo - a differenza di quanto previsto all'esito del giudizio (cfr. da ultimo la sentenza 253/2003 della Consulta, che ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 222 c.p. nella parte in cui non consente al giudice di adottare una misura di sicurezza di tipo non detentivo) - di adottare, fra le misure previste dall'ordinamento, quella che in concreto appaia maggiormente idonea a soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona, da un verso, e di controllo e contenimento della pericolosita' sociale dall'altro; graduazione consentita anche al magistrato di sorveglianza in fase esecutiva; Ritenuto che la questione sollevata appare rilevante nel caso di specie, ritenendo questo giudice, alla luce della scemata pericolosita' sociale del M.S. non adeguata la misura di sicurezza attualmente in atto e non consentendo l'ordinamento, in questa fase, il ricorso ad una misura gradata, quale la liberta' vigilata, misura che, previa l'adozione di opportune prescrizioni, appare nel caso di specie adeguatamente contenitiva in termini di prevenzione sociale e idonea a consentire l'effettivo recupero del giovane; Ritenuto pertanto non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 206 c.p. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione;