Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri pro tempore
rappresentato  dalla  Avvocatura  generale  dello Stato, negli uffici
della quale domicilia per legge;

    Contro:  Regione  Umbria,  in persona del presidente della giunta
regionale   in   carica   per   la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale degli articoli 5, commi 2, 3 e 5, e 21, nella parte in
cui    introduce    l'art. 18-ter    (Valorizzazione   di   materiali
assimilabili)  nella legge regionale Umbria 2/2000, della l.r. Umbria
29  dicembre  2003,  n. 26  recante «ulteriori modificazioni, nonche'
integrazioni,  della  legge regionale 3 gennaio 2000, n. 2, norme per
la  disciplina  dell'attivita'  di  cava  e per il ritmo di materiali
provenienti da demolizioni».
    1.  -  La l.r. Umbria 29 dicembre 2003, n. 26, recante «Ulteriori
modificazioni,  nonche' integrazioni, della legge regionale 3 gennaio
2000,  n. 2 - Norme per la disciplina dell'attivita' di cava e per il
riuso di materiali provenienti da demolizioni» disciplina materia che
si  sovrappone in parte alla legge 6 dicembre 1992, n. 394 che titola
«Legge quadro sulle aree protette».
    L'art. 1 della legge quadro dispone che «1. La presente legge, in
attuazione  degli  articoli  9 e 32 della Costituzione e nel rispetto
degli   accordi   internazionali,  detta  principi  fondamentali  per
l'istituzione  e la gestione delle aree naturali protette, al fine di
garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la
valorizzazione  del  patrimonio  naturale del Paese (....)». Le norme
contenute nella legge quadro sulle aree protette costituiscono dunque
parametro per valutare la legittimita' costituzionale delle norme che
le   Regioni,  nella  propria  competenza  legislativa,  adottano  in
materia.
    E  cio',  in  quanto la legge quadro si colloca nell'ambito della
tutela  dell'ambiente, che e' valore costituzionale, e le norme della
medesima  sono  standards  di  tutela  uniformi  a valere sull'intero
territorio nazionale anche ove incidenti sulle competenze legislative
regionali  ex  art.  117  Cost.  (nel  testo novellato), che nel loro
esercizio debbono ad essi uniformarsi.
    2. - L'art. 5 della l.r. Umbria n. 26/2003 disciplina le «aree di
cava»  (comma  1),  disponendo  che e' comunque vietata l'apertura di
nuove  cave  e la riattivazione di cave dismesse all'interno, tra gli
altri  ambiti  o vincoli ostativi, dei «parchi nazionali e regionali,
comprese  le  aree contigue» (comma 2). Al comma 3, peraltro, dispone
«all'interno   degli  ambiti  di  cui  al  comma  2  sono  consentiti
interventi  di  ampliamento o completamento delle cave in esercizio e
di  reinserimento  o  recupero  ambientale  di  cave  dismesse,  come
definiti   e  nei  soli  casi  previsti  dal  PRAE».  L'eccezione  e'
puntualizzata  al  comma  5 «Per gli interventi ricadenti all'interno
degli  ambiti  di cui alla lettera g) («parchi nazionali e regionali,
comprese  le  aree contigue») del comma 2, nella Conferenza di cui al
comma   7   dell'art.  5-bis,  la  giunta  regionale  esprime  parere
vincolante,  fermo  restando  che  non  sono consentiti interventi di
ampliamento  ad  eccezione  di  quelli  destinati  alla estrazione di
pietre  ornamentali  in  corso  di  attivita' alla data di entrata in
vigore della presente legge».
    La  previsione  normativa  viola  l'art. 11, comma 3, lettera b),
della  legge  quadro  sulle  aree  protette  (394/1991),  che  tra le
attivita'  e  le  opere  che  sono  vietate all'interno del parco, in
quanto  si  ritiene che compromettono la salvaguardia del paesaggio e
degli  ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora
e  alla fauna protette e ai rispettivi habitat, indica « l'apertura e
l'esercizio   di   cave,   di   miniere   e  di  discariche,  nonche'
l'asportazione  di minerali»; nonche' l'art. 22, comma 1, lettera d),
che  indica  tra i principi fondamentali per la disciplina delle aree
naturali  protette  regionali la «adozione, secondo criteri stabiliti
con legge regionale in conformita' ai principi di cui all'art. 11, di
regolamenti delle aree protette».
    La  norma  regionale,  invero,  nella  lettera  e  nello  spirito
antepone  gli  interessi  puramente  economici  di  sfruttamento  del
territorio  alla  tutela  dell'ambiente,  e  quindi viola l'art. 117,
comma 2, lettera s) Cost.
    L'art.  117,  comma  2,  lettera  s)  Cost., esprime una esigenza
unitaria   per   cio'   che   concerne   la  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema,   ponendo   un  limite  agli  interventi  a  livello
regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali.
    La  valutazione  della  compromissione dell'equilibrio ambientale
nella   fattispecie  in  esame  e'  stata  compiuta  dal  legislatore
nazionale,  e rientrava nella sua competenza, con la emanazione della
legge  quadro  sulle  aree protette, che puo' essere qualificata come
norma interposta.
    3.  -  L'art.  21  della l.r. Umbria n. 26/2003, introduce l'art.
18-ter  nella l.r. n. 2/2003, il cui comma 1 dispone che «I materiali
provenienti   da   scavi   di  opere  civili,  pubbliche  o  private,
assimilabili  per  qualita'  ai  materiali di cui all'art. 2, comma 1
(materiali  di  cava) e non impiegati nella realizzazione delle opere
stesse,  sono  ceduti  a  titolo  gratuito  al  comune competente per
territorio, qualora sulla base delle previsioni progettuali, eccedano
la quantita' di ventimila metri cubi totali».
    La  norma, se letta in combinato disposto del comma 2 («Il comune
utilizza, direttamente o indirettamente i materiali di cui al comma 1
per  le  finalita' di cui al comma 4 dell'art. 12, ovvero dispone per
il   loro  conferimento,  a  titolo  oneroso,  a  impianti  di  prima
lavorazione  o  trasformazione  di  materiali  di  cava  presenti nel
territorio  regionale»)  concretizza una ipotesi di espropriazione de
iure  senza  indennizzo  e  per  una  finalita'  puramente  lucrativa
(risparmio  di  spesa  nell'acquisto  degli  inerti o cessione dietro
corrispettivo).
    Detta  norma  si  pone  in  contrasto con gli articoli 3, 41 e 42
della  Costituzione,  che,  sulla  base del principio di eguaglianza,
tutelano  la  iniziativa privata ed il diritto di proprieta', e esula
dalla  competenza  legislativa  regionale  andando  ad incidere sulla
materia  «ordinamento  civile»  riservata  dall'art.  117,  comma  2,
lettera  l),  della  Costituzione,  alla  competenza  esclusiva dello
Stato.