ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

sulla   istanza   di   sospensione  nel  giudizio  per  conflitto  di
attribuzione   sorto  a  seguito  della  deliberazione  del  Comitato
interministeriale  per  la  programmazione economica (CIPE) 1° agosto
2003,   n. 67  (Primo  programma  delle  opere  strategiche  -  legge
n. 443/2001  - Metro leggero automatico di Bologna), pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  n. 258,  serie  generale,  del  6 novembre 2003,
promosso  dalla  Regione  Emilia-Romagna  con  ricorso  notificato il
19 dicembre  2003,  depositato  in  cancelleria  il  24 successivo ed
iscritto al n. 37 del registro conflitti 2003.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 giugno 2004 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi    l'avvocato    Giandomenico   Falcon   per   la   Regione
Emilia-Romagna  e  l'Avvocato  dello  Stato  Paolo  Cosentino  per la
Presidenza del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto che la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il
19 dicembre 2003 e depositato il successivo 24 dicembre, ha sollevato
conflitto  di  attribuzione in relazione alla deliberazione 1° agosto
2003,   n. 67  (Primo  programma  delle  opere  strategiche  -  legge
n. 443/2001  -  Metro  leggero  automatico  di  Bologna) del Comitato
interministeriale  per la programmazione economica (CIPE), pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 258, serie generale, del 6 novembre 2003,
per  violazione degli artt. 117, 118 e 136 (in relazione al giudicato
costituzionale   di   cui   alla  sentenza  n. 303  del  2003)  della
Costituzione;   dell'art. 1,   comma 2,   lettera c),   della   legge
21 dicembre   2001,   n. 443   (Delega   al  Governo  in  materia  di
infrastrutture   ed   insediamenti  produttivi  strategici  ed  altri
interventi  per il rilancio delle attivita' produttive); dell'art. 3,
comma 6,  lettera b),  del  d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 (Attuazione
della  legge  21 dicembre  2001,  n. 443,  per la realizzazione delle
infrastrutture  e  degli  insediamenti  produttivi  strategici  e  di
interesse  nazionale),  nonche' del principio di leale collaborazione
tra Stato e Regioni;
        che,   secondo  la  ricorrente,  la  deliberazione  del  CIPE
impugnata sarebbe stata adottata: a) in assenza dell'intesa tra Stato
e  Regione in relazione al Programma delle infrastrutture pubbliche e
private  e  degli  insediamenti produttivi strategici e di preminente
interesse  nazionale  da  realizzare  nel  territorio della Regione e
circa  la  loro  localizzazione; b) avendo invitato tardivamente alla
relativa  riunione  il  Presidente  della  Regione;  c) nonostante la
Regione avesse gia' provveduto a manifestare il proprio dissenso;
        che, a sostegno della prima doglianza, la Regione richiama la
sentenza n. 303 del 2003, con la quale questa Corte avrebbe stabilito
che   elemento   essenziale   per   il   rispetto   delle  competenze
costituzionalmente  stabilite, nella materia disciplinata dalla legge
n. 443 del 2001 e dal d.lgs. n. 190 del 2002, e' la previsione di una
intesa  tra Stato e Regioni alla quale sia subordinata l'operativita'
della disciplina;
        che,  secondo  quanto  evidenziato  nel ricorso introduttivo,
nessuna  intesa sarebbe ancora intervenuta sulla individuazione delle
infrastrutture  di  interesse strategico, con conseguente inefficacia
della  relativa  deliberazione  del CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121
(pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale n. 68, supplemento ordinario,
del 21 marzo 2002);
        che  dunque,  nel  caso  di  specie, l'atto impugnato avrebbe
approvato  un  «progetto  preliminare  di  un'opera  attuativa  di un
programma ancora inefficace»;
        che,  quanto  alla  seconda  doglianza,  la  tardivita' della
convocazione  deriverebbe dalla circostanza secondo la quale, fissata
per  la  data  del  1° agosto  2003  la  riunione  del  CIPE, solo il
precedente  31 luglio  sarebbe  stata  spedita  al  Presidente  della
Regione  Emilia-Romagna  una  nota,  riportante la medesima data, con
l'invito  a  partecipare  alla  menzionata  riunione,  in  violazione
dell'art. 1,  comma 2,  lettera c),  della  legge n. 443 del 2001, la
quale  prescriverebbe l'integrazione del CIPE da parte dei Presidenti
delle  Regioni  e  delle  Province  autonome interessate in occasione
della approvazione del progetto preliminare e definitivo delle opere,
nonche' del principio di leale collaborazione;
        che   la   possibilita',   prevista  nella  sopra  menzionata
convocazione,  della  partecipazione  di  un  componente della Giunta
regionale,  in  sostituzione  del  Presidente e su delega apposita da
parte  di  quest'ultimo,  sarebbe  comunque illegittima in quanto non
contemplata  dall'art. 1  della legge n. 443 del 2001 ed in esplicito
contrasto con l'art. 1, comma 5, del regolamento interno del CIPE;
        che,   in   relazione  al  terzo  profilo  di  doglianza,  la
ricorrente  evidenzia  come  la Giunta regionale, con delibera n. 848
del  14 maggio  2003,  avesse  manifestato  «l'impossibilita'  per la
Regione Emilia-Romagna di esprimere una valutazione positiva ai sensi
dell'art. 3  del decreto legislativo n. 190/2002», precisando inoltre
la  propria  disponibilita'  a  «considerare ogni proposta tecnica di
soluzione adeguata»;
        che  sarebbe  mancata  del tutto - in seguito a tale presa di
posizione  da  parte  della  Regione  - una nuova fase interlocutoria
formale,  o  comunque  l'attivazione  della  specifica  procedura  di
composizione  del  dissenso contemplata dall'art. 3 del d.lgs. n. 190
del 2002;
        che  tale  procedura  avrebbe dovuto essere, nella vicenda in
questione,  obbligatoriamente seguita, «non trattandosi ovviamente di
infrastrutture di carattere internazionale o interregionale»;
        che,  viceversa, la delibera oggetto del presente giudizio si
limiterebbe  a  dare atto del dissenso regionale (pur fraintendendone
il  senso,  secondo la ricorrente), senza tuttavia trarne le doverose
conseguenze, e dunque approvando il progetto il questione;
        che,   in   base  alle  argomentazioni  esposte,  la  Regione
Emilia-Romagna  chiede che venga dichiarato che non spetta allo Stato
e  per  esso  al  CIPE,  di  approvare, in assenza dell'intesa con la
Regione stessa sul Programma delle infrastrutture pubbliche e private
e  degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse
nazionale  da  realizzare  nel  territorio della Regione e nonostante
l'espresso motivato dissenso di quest'ultima, il progetto preliminare
della  linea  1  della  metropolitana  ad  automazione  integrale  di
Bologna, con conseguente annullamento della delibera CIPE impugnata;
        che,  in  data  9 aprile  2004,  la Regione Emilia-Romagna ha
depositato  una istanza di sospensione cautelare dell'atto impugnato,
adducendo  quale  danno grave e irreparabile l'ormai «imminente avvio
delle  procedure  di  finanziamento  e di gara da parte del comune di
Bologna»;
        che,  secondo  la ricorrente, la necessita' del provvedimento
sospensivo  deriverebbe dalla circostanza secondo la quale, ove fosse
portato  ad  esecuzione il provvedimento impugnato, «mancherebbero le
condizioni  per portare a termine le procedure per il superamento del
dissenso  regionale  sul  progetto, in tempo utile per l'utilizzo dei
finanziamenti  disponibili per l'opera», e la Regione si troverebbe a
dover far valere le proprie ragioni «attraverso un contenzioso con il
comune  davanti  ai  giudici  amministrativi, la cui stessa lunghezza
metterebbe   a   repentaglio  il  finanziamento  e  la  realizzazione
dell'opera con le caratteristiche ritenute essenziali dalla Regione»;
        che   l'«Intesa  generale  quadro»  tra  il  Ministero  delle
infrastrutture   e   dei   trasporti  e  la  Regione  Emilia-Romagna,
intervenuta  il successivo 19 dicembre 2003, non priverebbe di pregio
le  censure  regionali,  dal  momento che in tale atto, con specifico
riferimento  alla metropolitana di Bologna, si prevede esplicitamente
di  «cooperare,  con  il coinvolgimento del comune di Bologna e degli
altri  Enti  locali  interessati, per individuare ogni soluzione che,
ferme  restando  le dotazioni finanziarie specifiche approvate con la
delibera  CIPE  del 1° agosto, consenta di superare le divergenze che
si sono create per la realizzazione di questa infrastruttura»;
        che,  in seguito a tale intesa, si sarebbe dovuto «riprendere
la via della collaborazione e della trattativa»;
        che, invece, nulla di tutto cio' sarebbe stato compiuto;
        che  la  ricorrente  afferma  di  aver  richiesto  allo Stato
l'attivazione  della  procedura per il superamento del dissenso e che
la  delibera  CIPE n. 67 del 2003 fosse considerata sospesa nella sua
efficacia;
        che,   invece,   la   Commissione  interministeriale  per  le
metropolitane   di   cui   alla   legge   29 dicembre  1969,  n. 1042
(Disposizioni concernenti la costruzione e l'esercizio delle ferrovie
metropolitane),  avrebbe  espresso  parere favorevole in relazione al
progetto concernente la metropolitana di Bologna;
        che,   secondo  la  ricorrente,  tale  quadro  evidenzierebbe
l'assoluta urgenza dell'intervento sospensivo della Corte, al fine di
evitare che le procedure proseguano ulteriormente nel solco nel quale
sono state avviate;
        che  si e' costituito, con atto depositato il 7 gennaio 2004,
il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che il ricorso della
Regione  sia  considerato  inammissibile  o,  comunque, infondato nel
merito;
        che,   quanto   alla   inammissibilita'   del  ricorso,  essa
deriverebbe  innanzi  tutto  dalla  sua  tardivita', conseguente alla
circostanza  secondo  la  quale  «avendo  la Regione partecipato alla
delibera  CIPE  attraverso  il  proprio Assessore», il termine per la
proposizione  del  conflitto dipenderebbe dalla data della delibera e
non dalla pubblicazione di quest'ultima nella Gazzetta Ufficiale;
        che  ulteriore  ragione di inammissibilita' consisterebbe nel
fatto  che  successivamente  alla suddetta delibera e' intervenuta la
formale  intesa tra lo Stato e la Regione ricorrente, sottoscritta il
19 dicembre 2003, «determinandosi percio' la sostanziale acquiescenza
al provvedimento CIPE impugnato»;
        che,  quanto al merito, la doglianza regionale concernente il
«ridotto   preavviso»   della   riunione  del  CIPE  non  assumerebbe
«particolare  rilevanza» poiche' la Regione avrebbe avuto comunque la
possibilita' di parteciparvi, «come in effetti si e' verificato»;
        che,  in  relazione  al  mancato  consenso  della Regione, la
difesa  erariale  ritiene  puntualmente  rispettato il disposto della
legge n. 443 del 2001 e del d.lgs. n. 190 del 2002, in quanto il CIPE
avrebbe  «stralciato  dal  progetto  tutte  le parti dell'opera sulle
quali  era  stato manifestato dalla Regione un dissenso riguardo alla
localizzazione»,  mentre gli «ulteriori motivi di dissenso» sarebbero
stati   «superati»   dalla  proposta  avanzata  dal  Ministero  delle
infrastrutture e dei trasporti, sulla quale «non e' stato formalmente
rilevato un dissenso regionale»;
        che,  in data 27 maggio 2004, il Presidente del Consiglio dei
ministri,  tramite  l'Avvocatura  generale dello Stato, ha presentato
una    memoria   con   la   quale   chiede   che   venga   dichiarata
l'inammissibilita',   e   comunque   l'infondatezza,   della  istanza
cautelare presentata dalla Regione Emilia-Romagna;
        che,  quanto  al  profilo dell'inammissibilita', l'Avvocatura
evidenzia  come  la  Regione  paventi la «messa in opera di ulteriore
attivita» da parte del comune di Bologna, e non da parte dello Stato,
cioe' da parte di un soggetto giuridico che non e' parte del giudizio
di merito «e mai potrebbe esserlo»;
        che,   in   relazione  alla  sussistenza  del  requisito  del
periculum in mora, nella memoria si sostiene che la deliberazione del
CIPE,  riguardando l'approvazione del progetto preliminare dell'opera
come condizione per l'attivazione del contributo finanziario a carico
dell'erario statale, non comporterebbe ex se alcun danno;
        che,  viceversa,  qualora fosse inibito al comune di porre in
essere   le   ulteriori   attivita'   di   propria   competenza,   si
verificherebbe la «perdita del finanziamento a carico dell'erario».
    Considerato    che,   preliminarmente,   deve   essere   respinta
l'eccezione di inammissibilita' relativa alla tardivita' del ricorso,
in quanto quest'ultimo e' stato proposto nei previsti sessanta giorni
dalla  data  di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della delibera
impugnata e che, come gia' questa Corte ha avuto modo di evidenziare,
la  avvenuta  conoscenza dell'atto impugnato «viene in considerazione
soltanto  in linea sussidiaria, quando manchino la pubblicazione o la
notificazione, che la legge assume, agli effetti che qui interessano,
come  equipollenti»  (sentenza n. 132 del 1976), cosicche' il termine
per la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzione avverso
un  atto del quale sia prescritta la pubblicazione come condizione di
efficacia,  deve  in  ogni caso essere individuato avendo riferimento
alla data della medesima;
        che,  parimenti,  non merita di essere accolta l'eccezione di
inammissibilita'   concernente   la   presunta   acquiescenza   della
ricorrente  nei confronti dell'atto impugnato, dal momento che questa
Corte   «ha   costantemente  escluso  l'applicabilita'  dell'istituto
dell'acquiescenza  ai giudizi per conflitto di attribuzione tra enti,
trattandosi  di  istituto  incompatibile con l'indisponibilita' delle
competenze  di  cui  si  controverte  nei medesimi giudizi» (sentenza
n. 95 del 2003);
        che, quanto alla eccepita inammissibilita' della richiesta di
sospensiva,  derivante  dalla  circostanza  secondo la quale il danno
lamentato dalla ricorrente deriverebbe da atti del comune di Bologna,
soggetto  non  partecipante  al  presente  giudizio  per conflitto di
attribuzione,  si  osserva  che la Regione Emilia-Romagna si duole di
effetti  pregiudizievoli  che,  nella prospettazione di quest'ultima,
conseguirebbero  solo in via di fatto dall'attivita' di detto comune,
ma  che  dipendono  viceversa,  in punto di diritto, dalla esecuzione
dell'atto impugnato;
        che,  conseguentemente,  anche  tale  eccezione  deve  essere
disattesa;
        che  tuttavia, anche alla luce della gia' avvenuta fissazione
della  trattazione  del merito del ricorso per l'udienza pubblica del
giorno 6 luglio  2004,  non si vede quale irreparabile pregiudizio in
capo alla ricorrente possa derivare dal provvedimento impugnato in un
cosi' breve lasso di tempo;
        che  fa  quindi  difetto  il  requisito delle «gravi ragioni»
richiesto  dall'articolo 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, poiche'
l'atto  impugnato  non  e'  idoneo  a  produrre irreversibili effetti
pregiudizievoli;
        che  pertanto, in assenza del periculum in mora, l'istanza di
sospensione   proposta   dalla  Regione  Emilia-Romagna  deve  essere
respinta.