IL TRIBUNALE Vista la questione di legittimita' costituzionale avanzata dal p.m. con riferimento all'art. 1, comma 1, della legge 2 marzo 2004 n. 61 che modifica 1'art. 100 comma 2 e 3 decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957 n. 361, sia nella parte in cui esso recita «Chiunque commette uno dei reati previsti dai capi III e IV del Titolo VII del Libro secondo del codice penale aventi ad oggetto l'autenticazione delle sottoscrizioni di liste di elettori o di candidati ..... e' punito con la pena dell'ammenda da 500 euro a 2000 euro», sia nella parte in cui esso recita «ovvero forma falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati, e' punito con la pena dell'ammenda da 500 euro a 2000 euro»; Ritenuta la ammissibilita' della questione stessa: difensori degli imputati ne hanno sostenuto la inammissibilita' in quanto, venendo richiesta una declaratoria di incostituzionalita' sostanzialmente in malam partem si intenderebbe provocare dalla Corte costituzionale una pronuncia additiva perche' diretta a ripristinare una norma di fatto abrogata, ovvero si intenderebbe incidere sulle scelte di politica criminale, in merito alla individuazione delle condotte da dichiarare penalmente rilevanti e delle sanzioni da adottare per ciascuna di esse, che la Corte ha sempre, correttamente, ritenuto appartenere in via esclusiva al legislatore ordinario, con il solo limite del rispetto del criterio della ragionevolezza. Questa opinione non appare condivisibile: nel presente caso la questione di legittimita' riguarda una norma creata con una tecnica legislativa molto particolare, in quanto il legislatore ha mantenuto di fatto, all'art. 100 comma 2 decreto del Presidente della Repubblica 361/1957, l'originaria previsione sanzionatoria delle falsita' documentali commesse nel corso di operazioni elettorali, ed ha semplicemente introdotto al comma terzo di detto articolo una norma speciale che prevede una diversa e piu' lieve sanzione per alcune delle falsita' che sono punite dall'art. 100 comma 2 decreto del Presidente della Repubblica cit. quale «norma generale» (con la particolarita' che trattasi, quindi, di una norma che e' speciale rispetto ad una norma gia' ritenuta speciale, quale e' l'art. 100 comma 2 decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957 rispetto alle norme generali in materia di falso documentale e personale stabilite dal codice penale). L'eventuale pronuncia di incostituzionalita', quindi, si limiterebbe a riconoscere la illegittimita' della norma speciale eliminando il diverso trattamento per le particolari condotte di falso descritte all'art. 100 comma 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957 come modificato dall'art. 1 l. n. 61/2004 e cioe' eliminando la norma speciale, senza aggiungere alcuna norma ne ripristinare norme abrogate: le condotte ora previste dall'art. 100 comma 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957 rimarrebbero infatti punite dalle norme «generali» costituite dall'art. 100 comma 2 decreto del Presidente della Repubblica cit. e dal codice penale, senza necessita' di alcuna «aggiunta». La presente questione non contrasta, poi, con l'indirizzo giurisprudenziale che riconosce al legislatore penale la piu' ampia liberta' di scelta in materia di politica criminale, avendo lo stesso ritenuto di rilevare solo una manifesta irragionevolezza della norma impugnata, e dovendosi sicuramente ribadire che anche il legislatore ordinario incontra un limite nella sua liberta' di scelta, quello di rispettare i principi costituzionali, tra cui vi e' quello stabilito dall'art. 3 Cost., la cui osservanza e' appunto tutelata dalla Corte costituzionale attraverso lo strumento della valutazione di legittimita' costituzionale delle singole norme portate alla sua attenzione. Ritenuta la rilevanza della questione stessa: nel presente procedimento agli imputati Balocchi Pier Vincenzo, Gherardini Valter, Papi Paolo e Vennarini Franca e' contestato, per i primi due al capo A) e per gli altri al capo D), il reato di cui agli artt. 81 cpv., 110, 479 c.p. per avere attestato falsamente l'avvenuta sottoscrizione in presenza del pubblico ufficiale, da parte dei sottoscrittori, di numerosi elenchi di elettori per la presentazione dei candidati di un partito alle elezioni della Camera dei deputati, elenchi poi depositati presso l'Ufficio centrale circoscrizionale; agli imputati Balocchi Pier Vincenzo, Gherardini Valter e Cannella Armando Filippo e' invece contestato, per i primi due al capo B)e per terzo al capo G), il reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p., 110 c.p., 100 c.p.v. d.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 per avere apponendo false firme di sottoscrittori, formato falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori di candidati alla Camera dei deputati; entrambe le ipotesi di reato sopra indicate sono state modificate dall'art. 1, comma 1, legge 2 marzo 2004 n. 61, che introducendo la norma «speciale» di cui all'art. 100, comma 3, d.P.R. n. 361/1957 ha stabilito che per tali condotte la sanzione da applicare non e' quella della reclusione da uno a sei anni, come disposto dal codice penale e dall'originaria formulazione dell'art. 100 cpv. d.P.R. n. 361/1957, ma quella dell'ammenda da 500 a 2000 euro; la norma oggetto dell'incidente di costituzionalita' e' effettivamente applicabile nel presente procedimento, prevedendo la specifica condotta contestata agli indicati imputati, cioe' la falsificazione nell'autenticazione di sottoscrizioni di liste di elettori e la formazione di false liste di elettori, ed e' sicuramente prevalente sulle norme preesistenti, ai sensi dell'art. 2 comma 3 c.p., in quanto piu' favorevole agli imputati; l'applicazione della modifica introdotta dall'art. 1, comma 1, legge n. 61/2004 ha una profonda rilevanza nel presente procedimento in quanto, modificando la natura del reato e della sua pena, incide sul termine di prescrizione dello stesso, con la conseguenza che tutti i reati sopra indicati dovrebbero essere dichiarati prescritti perche' commessi sino al 4 aprile 2001, risultando cosi' decorso interamente il termine biennale stabilito dall'art. 157 comma 1 n. 6 c.p., compreso il suo massimo prolungamento ex art. 160 u.c. c.p.; Ritenuta la non manifesta infondatezza della questione stessa: La modifica apportata dall'art. 1 comma 1 legge n. 61/2004, nella parte fatta specificamente oggetto di rilevo, comporta che: 1) mentre per tutte le condotte di falsa formazione o alterazione di qualunque atto attinente le operazioni elettori per l'elezione alla Camera dei deputati, previsto dal d.P.R. n. 361/1957, l'autore e' punito, nell'ipotesi-base, con la pena della reclusione da uno a sei anni, per identica condotta tenuta con riferimento alle liste di elettori o di candidati esso e' punito con la sola pena dell'ammenda; 2) mentre e' punito con la reclusione da uno a sei anni chi «sostituisce, sopprime o distrugge» qualunque atto attinente le operazioni elettorali, comprese le liste di elettori o di candidati chi forma falsamente tali liste e' punito con la sola ammenda; 3) mentre chi forma falsamente le liste di elettori o di candidati e' punito con la pena dell'ammenda, chi «fa scientemente uso degli atti falsificati, alterati o sostituiti», comprese le liste di elettori o di candidati e' punito con la reclusione da uno a sei anni; 4) mentre il pubblico ufficiale che nell'esercizio delle sue funzioni forma un atto falso o attesta falsamente fatti di cui l'atto deve provare la verita' (compresa qualunque autenticazione di sottoscrizione) e' punito, ai sensi degli artt. 476 e 479 c.p, con la reclusione da uno a sei anni, il pubblico ufficiale che tiene identica condotta, cioe' forma un atto falso o autentica falsamente una sottoscrizione, ma con riferimento ad una lista di elettori o di candidati e' punito con la sola ammenda; appare rilevabile una incongruita' e irragionevolezza in detti trattamenti sanzionatori, in quanto condotte identiche o di pari gravita' vengono punite con pene notevolmente diverse, pur in presenza di un identico disvalore del fatto, con scelta legislativa che appare in contrasto con l'art. 3 Cost. come interpretato dalla Corte costituzionale stessa: 1) in primo luogo appare irragionevole che sia punita in modo notevolmente meno grave una condotta gravemente lesiva dei diritti elettorali di ogni cittadino e della stessa liberta' e regolarita' dell'esercizio del voto elettorale, solo a seconda della tipologia dell'atto che viene formato falsamente. Sia la lista di elettori, necessaria per la presentazione dei candidati e del partito che intendono partecipare alla competizione elettorale, sia altri atti, ad esempio i certificati o le schede elettorali, sono fondamentali per il corretto svolgimento delle operazioni di voto: e' infatti evidente che se l'utilizzo, ad esempio, di una scheda elettorale falsa o alterata limita il diritto di voto dell'elettore e altera la sua scelta, anche la presenza nella competizione di un partito o di un candidato che avrebbe dovuto essere escluso, e che partecipa solo a seguito di una condotta di reato (avendo depositato liste di elettori-presentatori formate falsamente), altera gravemente l'esito del voto, concentrando su tale soggetto le preferenze dei votanti che sarebbero state probabilmente indirizzate verso gli altri partiti ammessi in base a liste regolarmente formate, e poi facendo includere illegittimamente anche tale soggetto nella ripartizione dei seggi. La formazione di false liste di elettori o di candidati, quindi, incide sulla regolarita' delle operazioni di voto quanto, e forse piu', della falsificazione di altri atti (ad esempio di un singolo certificato elettorale) perche', come contestato nel presente caso, consente che partecipi alla competizione un partito o un candidato che non e' stato presentato dal numero minimo di elettori prescritto dalla legge, cosi' alterando l'esito dell'intera votazione, non piu' rispettoso della effettiva volonta' del corpo elettorale manifestato nel rispetto della legge: appare dunque irragionevole che tale comportamento sia sanzionato con il tipo di pena meno grave previsto dall'ordinamento, cioe' la sola pena pecuniaria dell'ammenda, soprattutto quando condotte estinsecantisi sempre in falsificazioni, ad esempio la falsificazione di una singola scheda o di un singolo certificato elettorale, che comportano la errata manifestazione di un singolo voto e quindi arrecano un danno minore sullo svolgimento delle operazioni elettorali nel loro complesso, sono punite molto gravemente, appunto con la reclusione da uno a sei anni; 2) appare poi irragionevole che sia punito con la lievissima sanzione dell'ammenda chi forma falsamente le liste di elettori o di candidati, e continui ad essere punito con la reclusione da uno a sei anni chi «sostituisce, sopprime o distrugge» qualunque atto attinente le operazioni elettorali, comprese dette liste: l'art. l comma1 legge n. 61/2004 appare chiaro circa la volonta' di prevedere la sanzione dell'ammenda solo per chi falsifica le liste di elettori o di candidati e non per chi le sopprime, stante la inequivocabile dizione della norma, ma non appare comprensibile la ragione di un trattamento cosi' diverso per condotte che hanno, apparentemente, una identica gravita'. La presentazione di liste false o la soppressione e distruzione di liste vere producono (o possono produrre) lo stesso effetto, quello di alterare le operazioni di voto incidendo sulla partecipazione di partiti o candidati alla competizione elettorale, potendo questi essere illegittimamente ammessi a parteciparvi sulla base di false liste di elettori, ovvero esserne illegittimamente esclusi a causa della illecita distruzione di liste regolarmente formate e depositate; appare in particolare evidente che l'intenzione del legislatore, nel punire queste due condotte, e' appunto quella di tutelare il diritto elettorale passivo, oltre che quello attivo. Se dunque queste due condotte sono speculari, avendo identica potenzialita' dannosa, e' irragionevole un trattamento cosi' (immotivatamente) difforme; 3) e' altrettanto irragionevole il trattamento sanzionatorio difforme tra chi forma falsamente le liste di elettori o di candidati e chi «fa scientemente uso degli atti falsificati, alterati o sostituiti»: anche in questo caso la dizione della norma contestata e' inequivoca nel prevedere la pena dell'ammenda solo per chi autentica le sottoscrizioni di liste di elettori o di candidati o chi «forma falsamente» tali liste, e nel non estendere identica sanzione a chi tiene altre condotte relative a dette liste, ad esempio perche' le sopprime o perche' ne fa uso, senza essere concorso nella falsificazione, con l'effetto di punire con la pena della reclusione da uno a sei anni chi fa dolosamente uso di una lista falsificata senza avere concorso nella sua falsificazione, e con la pena della sola ammenda chi la falsifica ovvero concorre nella sua falsificazione facendone poi uso. Anche in questo caso e' evidente che la gravita' della condotta e' identica, con riferimento all'interesse tutelato dalla norma penale, e che caso mai dovrebbe ritenersi piu' grave la condotta di chi compie materialmente la falsificazione ovvero concorre nella sua realizzazione, rispetto a chi si limita a depositare la falsa lista predisposta da altri; appare dunque evidente la irragionevolezza di un trattamento sanzionatorio cosi' difforme, e che oltre tutto non riconosce una maggiore gravita' della condotta di chi compie materialmente la falsificazione. 4) la norma contestata appare poi trattare in modo irragionevolmente diverso anche condotte sostanzialmente identiche, nella parte in cui sanziona con la sola pena dell'ammenda la commissione di «uno dei reati previsti dai capi III e IV del Titolo VII del Libro secondo del codice penale aventi ad oggetto l'autenticazione delle sottoscrizioni di liste di elettori o di candidati»: in questo caso il pubblico ufficiale, che e' punito con la pena della reclusione da uno a sei anni quando falsamente autentica una qualunque sottoscrizione, e' punito con la sola ammenda se la sottoscrizione autenticata e' apposta su una lista di elettori o di candidati, ovvero l'elettore che attesta falsamente la propria identita' e' punito con la sola ammenda se lo fa nel sottoscrivere una lista di elettori, e con la reclusione prevista dagli artt. 494 o 495 c.p. se invece lo fa, ad esempio, per farsi consegnare un certificato elettorale. La giurisprudenza ormai costante qualifica il reato di cui all'art. 100 d.P.R. n. 361/1957 come una norma speciale rispetto alle norme generali previste dal codice penale in materia di falso documentale, ed appare singolare che la norma speciale punisca come contravvenzione di minima gravita' una condotta che, in via ordinaria, e' considerata un delitto piuttosto grave. Tale diversita' di trattamento sanzionatorio, poi, appare ingiustificata in relazione alla condotta concretamente prevista come reato: il comportamento criminoso del pubblico ufficiale e' assolutamente identico, trattandosi sempre di una falsa autenticazione di sottoscrizione, e quello che determina la applicazione di diversa sanzione e' solo il documento su cui la sottoscrizione e' apposta; anche sotto questo profilo e' singolare e irragionevole che venga punito piu' gravemente un comportamento che puo' avere una scarsa rilevanza pubblica (ad esempio la falsa autenticazione di firma su un contratto privato, che produce effetti solo tra le parti, o su una domanda di partecipazione ad un concorso, che puo' non avere alcuna effettiva rilevanza esterna), rispetto ad un comportamento, quale la falsa autenticazione di sottoscrizioni apposte su una lista di elettori o di candidati, che consentendo la irregolare partecipazione di un candidato o di un partito alla competizione elettorale ha una rilevanza pubblica enorme, in quanto incide sul godimento di uno dei diritti fondamentali del cittadino, quello elettorale attivo e passivo, essenza stessa della vita democratica; 5) con riferimento a questa norma si puo' poi rilevare anche un possibile contrasto con il principio di chiarezza e tassativita' della norma penale, dal momento che la nuova formulazione dell'art. 100 comma 3 d.P.R. n. 361/1957 ricomprende, nella generica dizione «Chiunque commette uno dei reati previsti dai capi III e IV del Titolo VII del Libro secondo del codice penale», una ampia serie di condotte affatto diverse, che non sono sufficientemente individuabili attraverso il semplice rinvio a due interi capi del codice penale. Inoltre, appare irragionevole la previsione di una identica sanzione, quella dell'ammenda, per condotte molto diverse tra loro, quali quelle comprese nei due capi citati: risulta infatti punita con la stessa (lieve) sanzione chi, ad esempio, attesta falsamente al pubblico ufficiale la propria identita' per firmare una lista di elettori o di candidati, violando l'art. 495, e il pubblico ufficiale che invece, abusando dei suoi poteri, attesta il falso nella autenticazione ditale sottoscrizione. E' evidente la irragionevolezza di un trattamento sanzionatorio identico per tipi di reato cosi' diversi che, nella loro forma ordinaria, prevista dal codice penale, risultano puniti in modo notevolmente difforme, perche' esso non rispetta la valutazione di gravita' del singolo fatto che il legislatore ha gia' operato nel codice penale, e stabilisce una sanzione del tutto sganciata da tale valutazione di effettiva gravita' della condotta punita, che pure rispecchia la volonta' del medesimo legislatore. 6) la previsione della sanzione della sola ammenda da 500 a 2000 euro nella formazione di false liste di elettori o di candidati, o nella autenticazione delle sottoscrizioni sulle stesse, e' infine irragionevole perche' irragionevolmente simile alla sanzione prevista per altre condotte notevolmente diverse ed assai meno gravi: a seguito di ulteriore modifica introdotta dall'art. 1, comma 1, legge n. 61/2004, ad esempio, l'art. 106 del d.P.R. n. 361/1957 punisce con l'ammenda da 200 a 1000 euro chi sottoscrive pii di una dichiarazione di presentazione di candidatura. Risulta quindi punita in modo solo di poco piu' lieve la condotta di chi, in occasione della medesima competizione elettorale, non commette alcun falso ma semplicemente firma piu' liste di elettori o di candidati, incidendo in modo limitato sulla regolarita' della lista stessa e della presentazione del candidato, rispetto a chi commette falsita' sino a comporre delle liste di elettori o di candidati con sottoscrizioni del tutto false e inesistenti. Ritenuto pertanto che la norma denunciata, l'art. 100 comma 2 e 3, d.P.R. n. 361/1957 come modificato dall'art. 1 comma 1, legge 2 marzo 2004 n. 61 nella parte in cui recita (al terzo comma) «Chiunque commette uno dei reati previsti dai capi III e IV del Titolo VII del Libro secondo del codice penale aventi ad oggetto l'autenticazione delle sottoscrizioni di liste di elettori o di candidati ... e' punito con la pena dell'ammenda da 500 euro a 2000 euro» e nella parte in cui recita «ovvero forma falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati, e' punito con la pena dell'ammenda da 500 euro a 2000 euro», violi il principio costituzionale di ragionevolezza e di uguaglianza di cui all'art. 3 della Carta costituzionale e possa violare, limitatamente al richiamo ai capi III e IV del Titolo VII del libro secondo del codice penale, anche il principio di tassativita' della norma penale di cui all'art. 25 Cost.;