IL GIUDICE DI PACE

    Sciogliendo  la  riserva nel giudizio iscritto al R.G. n. 3559/03
con  ricorso  proposto  da  Vingiani  Raffaele  contro  il  Comune di
Castellammare di Stabia,

                            O s s e r v a

        Con  ricorso  depositato  il  27  marzo 2003 il sig. Vingiani
Raffaele  proponeva  innanzi  al predetto ufficio del giudice di pace
opposizione   al   verbale  di  accertamento/contestazione  n. 11694,
elevato  il  25 agosto 2003 dai VV.UU. di Castellammare di Stabia con
relativa sanzione amministrativa di Euro 68,25 e fermo amministrativo
del  motoveicolo Honda tg. BP/09658, per violazione dell'art. 171 del
codice della strada.
    A tal fine il Vingiani deduceva: a) La contestazione era avvenuta
con  il  motoveicolo  in  parcheggio;  b)  Nullita'  del  verbale  di
contestazione  per  assenza di indicazione dell'autorita' giudiziaria
competente  per  l'opposizione; c) Inosservanza della legge 27 luglio
2000,  n. 212 statuto dei diritti del contribuente; d) Inesattezza ed
incompletezza  del  verbale,  in  violazione  dell'art. 200  c.d.s. e
dell'art. 383  del Reg.; e) Illegittimita' della sottrazione di punti
dalla patente di guida, f) Impossibilita', allo stato, di frequentare
corsi   di   aggiornamento  per  recuperare  i  punti  sottratti;  g)
Illegittimita' per l'applicazione dell'art. 126-bis al c.d.s circa la
sottrazione  di  punti  sulla  patente,  antecedente  alla entrata in
vigore  della relativa legge, h) Illegittimo fermo amministrativo del
motociclo    di    proprieta'    aliena,    i)    Incostituzionalita'
dell'art. 204-bis del c.d.s. cosi' come modificato ed integrato dalla
legge 1° agosto 2003 n. 214, per contrasto con gli artt. 3, 24 ed 111
della Costituzione, per disparita' di trattamento rispetto al ricorso
alternativo  al  prefetto ed, in subordine la tutela giurisdizionale,
previo  pagamento  di  deposito  cauzionario, peraltro superiore alla
sanzione  stessa, con richiesta di trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale, per manifesta fondatezza della questione.
    Il  ricorrente  ometteva di depositare, unitamente ai ricorso, ai
fini  della  sua  ammissibiita', la somma pari alla meta' del massimo
edittale   prevista   per   la   violazione   contestata,   ai  sensi
dell'art. 204-bis  del  d.lgs.  30 aprile 1992, n. 385 (c.d.s. 9, con
novellato  dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 di conversione del d.l.
27 giugno 2003, n. 151).
    Con  decreto  del  27 agosto 2003 veniva disposta la comparizione
personale  delle parti per l'udienza del 15 dicembre 2003, con ordine
per  il  comune di esibire gli atti atti relativi, nonche' rinvio per
la rinotifica al 12 marzo 2004.
    In  detta  udienza  si  costituiva  il comune di Castellammare di
Stabia,   con   deposito   fascicolo   e   comparsa,   con  la  quale
nell'impugnare estensivamente la domanda, eccepiva l'inammissibilita'
del ricorso. Nel merito eccepiva la piena legittimita' del verbale di
contestazione impugnato.
    Pertanto,  va,  preliminarmente,  affrontata  la  eccezione sulla
inammissibilita' del ricorso in opposizione.
    Il  mancato  deposito  della somma prevista, in conformita' della
circolare   del   13  agosto  2003  del  Ministero  della  giustizia,
relativamente  alla  interpretazione  della  legge,  che  ha indicato
l'effettuazione   di   detto  versamento  nelle  forme  dei  depositi
giudiziari  presso  l'Ente  Poste S.p.a. richiamando il R.D. 10 marzo
1910,  n. 149, in caso contrario, con il conseguente provvedimento di
inammissibilita'   che  il  giudice  dovrebbe  pronunciare  ai  sensi
dell'art. 23 della legge n. 689/1981.
    Questo giudice, a richiesta del ricorrente, rileva qualche dubbio
sulla costituzionalita' del menzionato art. 204-bis in relazione agli
artt. 24, 3 e 111 della Carta costituzionale.
    Infatti,  l'art. 204-bis  del  d.lgs.  30  aprile 1992, n. 385, a
seguito   delle  modifiche  ed  integrazioni  apportate  in  sede  di
conversione  del d.l. 27 giugno 2003 n. 151, con legge 1° agosto 2003
n. 214, recita al capo III che «all'atto del deposito del ricorso, il
ricorrente   deve   versare   presso   la   cancelleria  dell'ufficio
giudiziario,  a  pena  di inammissibilita', una somma pari alla meta'
del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore.
Detta  somma,  in  caso  di accoglimento del ricorso, e restituita al
ricorrente».
    Detto art. 204-bis, inoltre, recita al capo 5 «in caso di rigetto
del  ricorso,  il  giudice,  nella  determinazione dell'importo della
sanzione,  assegna,  con  sentenza,  immediatamente  eseguibile, alla
amministrazione   cui   appartiene  l'organo  accertatore,  la  somma
determinata,  autorizzandone il prelievo dalla citazione prestata dal
ricorrente in caso di sua capienza».
    Al  capo 2, l'art. 204-bis del d.lgs n. 385/1992, come novellato,
dispone  tra  l'altro  che  il  ricorso e' proposto nelle modalita' e
termini di cui all'art. 23 della legge n. 689/1981.
    Il  comma  1 dell'art. 23 della legge n. 689/1981 dispone che «il
giudice, se il ricorso e' proposto oltre i termini previsti dal primo
comma  dell'art. 22  (giorni  60 dalla contestazione), ne dichiara la
inammissibilita'  con  ordinanza  ricorribile  per Cassazione». Se il
ricorso  e'  tempestivamente proposto, il giudice, fissa l'udienza di
comparizione, con decreto in calce».
    Avendo l'art. 204-bis, come novellato, introdotto un nuovo motivo
di   inammissibilita'  del  ricorso,  ne  conseguirebbe  la  relativa
declaratoria di ufficio.
    Una tale interpretazione che, ripetesi, imporrebbe al giudice, ai
sensi  dell'art. 204-bis, novellato in combinato all'art. 23, comma 1
della  legge  n. 689/1981,  di  dichiarare,  sic  et  simpliciter, la
inammissibilita'  del  ricorso  in  opposizione,  che  appare, pero',
lesiva   del   fondamentaie   principio  del  contraddittorio,  quale
insopprimibile  strumento  di  garanzia  e  di attuazione del diritto
costituzionale   di   difesa,   attuato   in  campo  processualistico
dell'art. 101  del  c.p.c.;  Di  tal  che  si  e' imposto di fissare,
comunque e previamente, l'udienza di comparizione delle parti in modo
da  consentire  alle  stesse di contraddire anche su questioni che il
giudice  ritiene,  ex  art. 183, terzo comma e c.p.c., richiamato nel
rito  innanzi al giudice di pace dall'art. 311 c.p.c., «rilevabile di
Ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione».
    Questione  opportuna  e'  quella  di  valutare  se il diritto del
cittadino  di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, sia
adeguatamente  tutelato  dalla vigente disposizione dell'art. 204-bis
dovendo,  l'ordinamento giuridico evitare ostacoli che si frappongono
al  processo che, in sostanza, poi, comportano una lesione di diritto
costituzionalmente garantito dall'art. 24 della Costituzione.
    Il  ricorrente  non  ha  provveduto  al  deposito  della somma in
cauzione  prevista  dalla  legge per cui deriverebbe una pronuncia di
inammissibilita' del ricorso.
    Si   pone,   pertanto,  questo  giudice,  in  condivisione  della
richiesta   del   ricorrente,   la   questione  di  costituzionalita'
dell'art. 204-bis,  capo  3  e  capo  5, come novellato, in relazione
all'art. 24  della  costituzione,  nella  parte  in cui fa obbligo al
ricorrente  di  versare  nella  cancelleria  del  giudice,  a pena di
inammissibilita',  una  somma  pari  alla  meta' del massimo edittale
della   sanzione  inflitta  dall'organo  accertatore,  con  la  coeva
introduzione di uno strumento di compressione del diritto alla tutela
giurisdizionale,  garantita  dalla  Costituzione,  cioe',  la  triste
introduzione  di  atavici  oneri o condizionamenti, specie per i meno
abbienti,  per  il  ricorso  alla  tutela  giurisdizionale dei propri
diritti lesi.
    Si   puo'   rilevare   che,   in   proposito,   la  stessa  Corte
costituzionzie  da  vari decenni, ha eliminato, sia con provvedimenti
legislativi  che  con  pronuncie di legittimita' costituzionale, ogni
onere   od  ostacolo,  sia  fiscale  che  patrimoniale,  che  potesse
condizionare il ricorso alla tutela giurisdizionale (quali ad esempio
l'abrog.  dell'art. 364  c.p.c.,  l'art. 381 e 651 c.p.c., il d.l. 11
marzo 2002 n. 28 convertito con legge 10 maggio 2002 n. 91, il famoso
solve ed repete con sent. 21/61 e via di seguito).
    Rilevato   che  il  versamento  della  somma  cauzionale  di  cui
all'art. 204-bis costituisce un onere che tende al soddisfacimento di
interessi  del  tutto  estranei  alle  finalita'  processuali  e  non
certamente  un  onere imposto allo scopo di assicurare al processo un
svolgimento piu' conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze, che
va  individuata  in  quella di consentire una pronuncia di merito sui
motivi   di   doglianza   che  il  cittadino  muove  al  procedimento
sanzionatorio cosi' come individuato accertatore.
    In  forza, invece, della denunziata norma, il cittadino, a cui il
legislatore,   con   l'introduzione   dell'art. 22-bis   della  legge
n. 689/1981  aveva  consentito di ricorrere ad un giudice (appunto il
giudice  di  pace)  che  sentisse naturale e piu' vicino alle proprie
istanze,   superando  il  formalismo  processuale  che  caratterizza,
invece,  il procedimento innanzi al tribunale, viene, oggi, frapposto
un   grosso   impedimento,  costituito  dal  versamento  della  somma
corrispondente   alla  meta'  del  massimo  edittale  della  sanzione
inflitta,  gravosa  specie,  come innanzi detto, per i meno abbienti,
per cui l'eccezione sollevata appare non manifestamente infondata.
    La  norma censurata si pone in netto contrasto con il primo comma
dell'art. 24  della  costituzione  che riconosce a tutti il diritto e
potere, di agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi
legittimi,  nonche'  al  capoverso  seguente  che  afferma  essere la
difesa,   un   diritto   inviolabile   in  ogni  stato  e  grado  del
procedimento.
    Si  pone,  altresi', in contrasto con l'art. 3 della Costituzione
in  quanto  di fatto limita il diritto di azione in giudizio del meno
abbiente,  generando,  quindi, una discriminazione tra il ricco ed il
povero,  con la conseguenza che a quest'ultimo non sarebbe consentito
ottenere  una  (anche  se  palesemente positiva) pronuncia sul merito
delle sollevate doglianze, atteso che la inammissibilita' del ricorso
per il non eseguito versamento.
    lnfine,  si  pone  in contrasto con l'art. 111 della Costituzione
che  al  comma  secondo  dispone  che  ogni  processo  si  svolga nel
contraddittorio  tra  le  parti, in condizione di parita', davanti al
giudice terzo ed imparziale. Anche la mancata previsione del deposito
della  cauzione  per l'organo accertatore, rappresenta una disparita'
di  trattamento  ed  una  sottrazione  di  responsabilita',  anche in
relazione  ad  ipotesi di accoglimento del ricorso, nel qual caso, il
ricorrente-creditore  subira' anche gli effetti dell'art. 14 del d.l.
31  dicembre  1996  n. 669,  convertito nella legge 28 febbraio 1997,
n. 30, come modificato dall'art. 146 della legge n. 388/2000, in tema
di  esecuzione forzata nei confronti della p.a., prima del decorso di
giorni 120 dalla notificazione del titolo esecutivo.
    Si  aggiunga, inoltre, che il giudice di pace puo' infliggere una
sanzione  non  inferiore  al  minimo edittale previsto e, quindi, una
somma ben minore rispetto a quella pretesa per la cauzione.
    Per  quanto  innanzi,  appare  evidente un contrasto fra la norma
dell'art. 204-bis  del c.d.s., come novellato e gli artt. 24, 3 e 111
della  Costituzione  e,  poiche'  la  decisione  di tale eccezione di
legittimita'  costituzionale  appare rilevante per la definizione del
presente  procedimento  e non appare manifestamente infondata, devesi
sospendere  il  presente  giudizio  ed ordinare la trasmissione degli
atti  alla Corte costituzionale perche' venga sottoposto al suo esame
le  sollevate  questioni, nonche' provedere agli altri adempimenti di
legge.