ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli articoli 4, 7 e 9
della  legge  16 gennaio  2003,  n. 3  (Disposizioni ordinamentali in
materia  di  pubblica  amministrazione),  promossi  con ricorsi delle
Regioni Abruzzo, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria e Campania,
notificati  il  12,  19,  21,  20  e  21 marzo  2003,  depositati  in
cancelleria il 20, 25, 27 e 29 successivi, iscritti ai numeri 28, 29,
31, 32, 33 e 35 del registro ricorsi 2003.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 settembre  2004 il giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  gli avvocati Sandro Pasquali per la Regione Abruzzo, Lucia
Bora  e  Fabio  Lorenzoni  per la Regione Toscana, Mario Bertolissi e
Luigi  Manzi per la Regione Veneto, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi
per la Regione Emilia-Romagna, Barbara Baroli per la Regione Liguria,
Vincenzo  Cocozza  per  la  Regione Campania e l'avvocato dello Stato
Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con sei distinti ricorsi (iscritti ai numeri 28, 29, 31, 32,
33  e 35 del registro ricorsi del 2003), le Regioni Abruzzo, Toscana,
Veneto, Emilia-Romagna, Liguria e Campania hanno promosso giudizio di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo 7  della legge 16 gennaio
2003,   n. 3  (Disposizioni  ordinamentali  in  materia  di  pubblica
amministrazione)  e  le  sole  Regioni Veneto ed Emilia-Romagna anche
degli  articoli 4  e  9  del  medesimo  testo legislativo. Le Regioni
Abruzzo,  Toscana,  Veneto  ed  Emilia-Romagna  hanno impugnato altre
norme della legge n. 3 del 2003.
    1.1.  -  In  particolare, con ricorso notificato il 12 marzo 2003
(n. 28  del  2003),  la  Regione  Abruzzo  denuncia  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 7 della legge n. 3 del 2003, in riferimento
agli artt. 114 e 117 Cost.
    La  norma  impugnata,  nell'inserire l'art. 34-bis nel d.lgs. del
30 marzo  2001,  n. 165  (Norme  generali sull'ordinamento del lavoro
alle  dipendenze  delle  amministrazioni pubbliche), dispone che: «le
amministrazioni  pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, con esclusione
delle  amministrazioni previste dall'art. 3, comma 1, ivi compreso il
Corpo  nazionale  dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure
di  assunzione  di personale, sono tenute a comunicare ai soggetti di
cui  all'art. 34,  commi 2  e  3,  l'area,  il  livello  e la sede di
destinazione  per  i quali si intende bandire il concorso nonche', se
necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneita' richieste
(comma 1).
    «La  Presidenza  del  Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle
finanze  e  le  strutture regionali e provinciali di cui all'art. 34,
comma 3,  provvedono,  entro  quindici giorni dalla comunicazione, ad
assegnare  il  personale  collocato  in disponibilita' ai sensi degli
artt. 33  e  34, ovvero interessato ai processi di mobilita' previsti
dalle  leggi  e  dai  contratti  collettivi.  Le  predette  strutture
regionali  e  provinciali, accertata l'assenza negli appositi elenchi
di  personale da assegnare alle amministrazioni che intendono bandire
il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio
dei  ministri - Dipartimento della funzione pubblica, le informazioni
inviate  dalle  stesse  amministrazioni.  Entro  quindici  giorni dal
ricevimento della predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio
dei  ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con
il  Ministero  dell'economia  e  delle finanze, provvede ad assegnare
alle  amministrazioni  che intendono bandire il concorso il personale
inserito   nell'elenco   previsto   dall'art. 34,   comma 2,  nonche'
collocato  in  disponibilita'  in  forza  di  specifiche disposizioni
normative» (comma 2).
    «Le  amministrazioni, decorsi due mesi dalla comunicazione di cui
al  comma 1,  possono procedere all'avvio della procedura concorsuale
per  le  posizioni per le quali non sia intervenuta l'assegnazione di
personale ai sensi del comma 2» (comma 4).
    «Le  assunzioni  effettuate  in  violazione del presente articolo
sono nulle di diritto. (...)» (comma 5).
    Ad   avviso   della   ricorrente,   le   disposizioni  impugnate,
nell'individuare  un  percorso propedeutico all'indizione delle prove
concorsuali   per   l'assunzione   ex   novo  di  personale  a  tempo
indeterminato,   fissano   una   vera   e   propria   condizione   di
procedibilita',  indefettibile  ai fini dell'emanazione del bando del
pubblico concorso alla mancanza della quale consegue l'illegittimita'
del  procedimento.  Poiche'  tali  disposizioni vertono nella materia
dell'ordinamento   e  organizzazione  amministrativa  delle  regioni,
rimessa  alla  competenza  legislativa  residuale  regionale ai sensi
dell'art. 117  Cost., esse sono illegittime; ne', ove anche potessero
esser  ascritte  alla  materia  della  tutela e sicurezza del lavoro,
appartenente   all'ambito   della   legislazione   concorrente,  esse
sarebbero  legittime  in  quanto  non  sarebbero  norme di principio,
bensi'  tali  da  costituire  una disciplina dettagliata ed esaustiva
della materia.
    1.1.2.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, il quale chiede che il ricorso sia respinto.
    In particolare, osserva la difesa erariale che la norma censurata
fissa  i  principi  fondamentali in materia di ordinamento del lavoro
alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche  e, integrando un
precedente  testo legislativo, intende assicurare, sul piano unitario
nazionale,   che   anche   gli   organi   regionali   possano   avere
tempestivamente  le informazioni necessarie per il corretto esercizio
delle proprie competenze.
    Inoltre, le norme in questione, muovendosi in materia di politica
generale  dell'occupazione,  formulano  principi che non incidono ne'
sulla  organizzazione amministrativa - intesa come il complesso degli
uffici che compongono l'apparato regionale - ne' sull'ordinamento del
personale  -  inteso  come  il complesso di norme che disciplinano lo
stato  giuridico, compresi gli sviluppi di carriera ed il trattamento
economico.  Rimane,  ancora,  nella discrezionalita' delle Regioni la
scelta  di  bandire  o  meno i concorsi, mentre nell'assegnazione del
personale   e'   data   la  precedenza  alle  strutture  regionali  e
provinciali  e,  solo  in  caso  di  accertata assenza negli appositi
elenchi  di personale idoneo, subentra il Dipartimento della funzione
pubblica.
    1.2.  - Con ricorso notificato il 19 marzo 2003 (n. 29 del 2003),
la   Regione   Toscana   denuncia   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 7  della  legge n. 3 del 2003, limitatamente al comma 1, in
riferimento agli artt. 117 e 119 Cost.
    In   particolare,   la  norma  impugnata  detterebbe  la  propria
disciplina    con    riguardo    alla   materia   dell'organizzazione
amministrativa e dell'ordinamento del personale delle Regioni rimessa
alla    competenza   legislativa   residuale   regionale   ai   sensi
dell'art. 117 Cost. Ne' varrebbe invocare il rispetto degli obiettivi
della  finanza  pubblica  per il raggiungimento dei quali lo Stato si
sarebbe  dovuto limitare a dettare i principi del coordinamento della
finanza pubblica come prevede l'art. 119 Cost. senza fissare puntuali
norme  procedurali  che  di  fatto  escludono  la  possibilita' delle
Regioni   di   valutare  l'adeguatezza  professionale  del  personale
imposto.
    1.2.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale,  articolando  difese  analoghe  a  quelle spiegate
avverso  il  ricorso  n. 28  del  2003,  chiede  che la questione sia
dichiarata infondata.
    1.3.  - Con ricorso notificato il 21 marzo 2003 (n. 31 del 2003),
la  Regione  Veneto  denuncia  l'illegittimita'  costituzionale degli
artt. 4,  7  e  9  della  legge  n. 3  del  2003  in riferimento agli
artt. 114, 117 e 118 Cost.
    Segnatamente,  l'art. 4  cit.,  nell'aggiungere il comma 7-bis al
d.lgs.  n. 165  del  2001,  dispone  che  «le  amministrazioni di cui
all'art. 1, comma 2, con esclusione delle Universita' e degli enti di
ricerca,  nell'ambito delle attivita' di gestione delle risorse umane
e  finanziarie,  predispongono annualmente un piano di formazione del
personale,  compreso  quello  in  posizione di comando o fuori ruolo,
tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle competenze necessarie in
relazione   agli   obiettivi,   nonche'  della  programmazione  delle
assunzioni  e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di
formazione  indica gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie,
nei limiti di quelle, a tale scopo, disponibili, prevedendo l'impiego
delle  risorse  interne,  di quelle statali e comunitarie, nonche' le
metodologie   formative   da   adottare  in  riferimento  ai  diversi
destinatari».    Il   secondo   comma   dispone   inoltre   che   «le
amministrazioni  dello  Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonche'
gli enti pubblici non economici, predispongono entro il 30 gennaio di
ogni  anno  il  piano di formazione del personale e lo trasmettono, a
fini  informativi,  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri -
Dipartimento  della  funzione pubblica e al Ministero dell'economia e
delle  finanze.  Decorso  tale  termine  e, comunque, non oltre il 30
settembre,   ulteriori   interventi  in  materia  di  formazione  del
personale,  dettati  da esigenze sopravvenute o straordinarie, devono
essere  specificatamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei
ministri  -  Dipartimento  della  funzione  pubblica  e  al Ministero
dell'economia   e  delle  finanze.  Il  Dipartimento  della  funzione
pubblica assicura il raccordo con il Dipartimento per l'innovazione e
le  tecnologie  relativamente  agli interventi di formazione connessi
all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione».
    Ritiene  la ricorrente che la disposizione di cui al comma 2 cit.
non  si  applichi  alle  Regioni, ma che, «qualora della dizione enti
pubblici   non   economici   si   volesse   dare   un'interpretazione
estremamente  lata ne deriverebbe una grave violazione dell'autonomia
regionale».
    Analogamente  la  Regione  Veneto  ritiene che l'art. 9, comma 1,
detti alcune regole in tema di utilizzazione degli idonei di concorsi
pubblici,  di  per  se'  non  applicabili  alle  Regioni,  ma  che se
diversamente   si   dovesse   opinare   determinerebbero  un'evidente
violazione del dettato costituzionale.
    Le  disposizioni  menzionate,  in  uno  all'art. 7  cit., dettano
infatti   la   propria   disciplina   con   riguardo   alla   materia
dell'organizzazione  amministrativa  e dell'ordinamento del personale
delle Regioni rimessa alla competenza legislativa residuale regionale
ai  sensi dell'art. 117 Cost. e, in ogni caso, non affermano principi
regolatori  della  materia,  ma  articolano  una  disciplina positiva
dettagliata e rigida.
    1.3.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, il quale sostiene la legittimita' delle disposizioni impugnate
le  quali,  rette  da  esigenze di contenimento della spesa pubblica,
rientrano   nella   competenza  statale  sia  sotto  il  profilo  del
coordinamento  della  finanza  pubblica  che della perequazione delle
risorse   finanziarie.   In  particolare,  l'Avvocatura  dello  Stato
evidenzia la legittimita' della sanzione di nullita' di diritto delle
assunzioni  effettuate in violazione del dettato normativo censurato,
sia   che   si   voglia   richiamare   in   proposito  la  disciplina
dell'ordinamento   civile   che,  ai  sensi  dell'art. 117,  comma 2,
lettera l),  Cost.  rientra  nella  competenza  legislativa esclusiva
dello  Stato, sia che la si voglia ascrivere alla materia concorrente
della  tutela  del  lavoro,  trattandosi  comunque di disposizione di
principio.
    1.4.  - Con ricorso notificato il 21 marzo 2003 (n. 32 del 2003),
la  Regione  Emilia-Romagna  denuncia l'illegittimita' costituzionale
degli  artt. 4,  7  e  9,  comma 1,  della  legge  n. 3  del  2003 in
riferimento all'art. 117, comma terzo, quarto e sesto Cost.
    In  particolare, osserva la ricorrente che l'art. 4, comma 1, nel
disporre che le amministrazioni predispongono annualmente un piano di
formazione   del  personale  secondo  modalita'  dettagliate,  incide
sull'organizzazione  delle  regioni  e  degli  enti  locali  e  della
formazione,  materia  rimessa  alla  competenza legislativa esclusiva
regionale ai sensi dell'art. 117 Cost.
    Del  pari,  l'art. 4, comma 2, nel prevedere che i suddetti piani
formativi  siano  trasmessi da tutti gli enti pubblici entro un certo
termine  alla Presidenza del Consiglio dei ministri e che alla stessa
siano  comunicati  ulteriori  interventi in materia di formazione del
personale  dettati  da  esigenze sopravvenute o straordinarie, cui si
puo' dar corso solo ove entro un mese non intervenga il diniego della
Presidenza   del   Consiglio   dei  ministri,  risulta  lesivo  delle
competenze  regionali  esclusive;  ne'  la  lesione  potrebbe  essere
giustificata   invocando   la   competenza   statale  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica, posto che il potere di diniego,
per  un verso, non e' limitato a ragioni di equilibrio finanziario e,
sotto altro profilo, non legittimerebbe comunque lo Stato ad incidere
sulle singole politiche regionali.
    Con  riferimento  all'art. 7,  la  ricorrente  osserva  che  esso
concerne sia la materia dell'organizzazione delle regioni, degli enti
locali  e  degli  enti  da  essi  dipendenti (riservata alla potesta'
legislativa esclusiva regionale ex art. 117, quarto comma, Cost.) sia
quella  della  tutela  del  lavoro  (materia concorrente), per cui la
norma  statale  avrebbe  dovuto quantomeno limitare il proprio ambito
alla  previsione  di  principi fondamentali, senza porre invece norme
procedurali  dettagliate  escludenti  ogni  potere di selezione delle
Regioni.
    Non   emergono   inoltre   ragioni   giustificative  inerenti  il
coordinamento   della   finanza  pubblica  che  ben  potevano  essere
soddisfatte  mediante  il  richiamo  al  principio  della  necessaria
verifica del personale in disponibilita'.
    Viene inoltre rilevato dalla Regione Emilia-Romagna un profilo di
illegittimita'   della   previsione   censurata   laddove  essa,  con
violazione  dell'affidamento  dei  concorrenti,  sancisce la nullita'
dell'assunzione  effettuata  in  difformita'  dalle  norme  in esame,
involgendo  procedimenti  selettivi  ai  quali si estende la potesta'
legislativa regionale.
    Infine,  l'art. 9,  nel  chiarire  che  con  regolamento  statale
emanato  ai  sensi  dell'art. 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988
sono  stabiliti i criteri con cui gli enti pubblici possono ricoprire
i  posti  disponibili  utilizzando  gli  idonei  delle graduatorie di
pubblici  concorsi  approvate  da  altre amministrazioni del medesimo
comparto, risulterebbe palesemente illegittimo in quanto lesivo della
competenza  legislativa regionale esclusiva in tema di organizzazione
regionale  ovvero in materia (concorrente) di tutela del lavoro. Cio'
a  meno  che  non  si  voglia ritenere che il comma 2 dell'art. 9 (il
quale  dispone  che «le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano  provvedono  alle  finalita'  del  presente  capo secondo  le
rispettive  competenze previste dai relativi statuti e dalle norme di
attuazione»)  porti  ad  applicare  la  norma  censurata ai soli enti
pubblici nazionali.
    1.4.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha articolato difese analoghe a quelle spiegate avverso il
ricorso n. 31 del 2003.
    1.5.  - Con ricorso notificato il 20 marzo 2003 (n. 33 del 2003),
la   Regione   Liguria   denuncia   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 7  della  legge n. 3 del 2003, limitatamente al comma 1, in
riferimento agli articoli 117 e 123 Cost.
    In   particolare,   la  norma  impugnata  detterebbe  la  propria
disciplina    con    riguardo    alla   materia   dell'organizzazione
amministrativa e dell'ordinamento del personale delle Regioni rimessa
invece  alla  competenza  legislativa  esclusiva  regionale  ai sensi
dell'art. 117  Cost.;  cio'  che  e'  suffragato  anche dell'art. 123
Cost.,  secondo  cui  e'  lo  statuto  della  Regione che determina i
principi  fondamentali  di  organizzazione e funzionamento dell'ente,
ponendo   quale   limite   solo  quello  dell'armonizzazione  con  la
Costituzione e non piu' anche con le leggi della Repubblica.
    1.5.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale,  articolando  difese  analoghe  a  quelle spiegate
avverso  il  ricorso  n. 28  del  2003,  chiede  che la questione sia
dichiarata infondata.
    1.6.  - Con ricorso notificato il 21 marzo 2003 (n. 35 del 2003),
la   Regione   Campania   denuncia   l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 7  della  legge n. 3 del 2003, limitatamente al comma 1, in
riferimento agli articoli 114, 117 e 118 Cost.
    In  particolare,  la norma impugnata, sia che si ritenga detti la
propria  disciplina  con  riguardo  alla  materia dell'organizzazione
amministrativa  e  dell'ordinamento  del personale delle Regioni, sia
che  involga  l'organizzazione  del  mercato  del  lavoro,  determina
comunque  una  invasione  della  competenza  legislativa  esclusiva o
concorrente   delle   Regioni,   mediante   l'introduzione  di  norme
procedurali autoesecutive e non di principio.
    Inoltre,  ad  opinione  della  ricorrente,  sarebbe violato anche
l'art. 118  Cost.  laddove  sono  attribuite  funzioni  e  competenze
amministrative   ad   organi  dello  Stato  che,  per  effetto  della
sottrazione   della   potesta'  legislativa  (sia  essa  esclusiva  o
concorrente), non sono loro conservate.
    1.6.1.  -  Si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale,  articolando  difese  analoghe  a  quelle spiegate
avverso  il  ricorso  n. 28  del  2003,  chiede  che la questione sia
dichiarata infondata.
    2.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  le  Regioni Toscana, Veneto,
Emilia-Romagna  e  Campania  hanno  depositato  memoria  con la quale
ribadiscono  le  censure  articolate  nei  ricorsi,  rispettivamente,
numeri 29, 31, 32 e 35 del 2003.
    2.1.  -  L'Avvocatura  generale  dello Stato ha quindi depositato
ulteriori memorie a confutazione dei ricorsi.
    In  particolare,  con  riguardo  ai ricorsi delle Regioni Abruzzo
(n. 28  del 2003), Toscana (n. 29 del 2003), Liguria (n. 33 del 2003)
e  Campania  (n. 35  del  2003)  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
sostiene  che la norma censurata (art. 7 cit.) vale a dare attuazione
a  quella preesistente, costituita dall'art. 34 del d.lgs. n. 165 del
2001,   con  finalita'  di  ricollocazione  del  personale,  dettando
principi  nell'ambito  della  materia  concorrente  della  tutela del
lavoro  e  secondo un meccanismo che consente il ricorso agli elenchi
del personale in disponibilita', formati presso il Dipartimento della
funzione pubblica, solo nel caso in cui non vi sia personale idoneo a
soddisfare   le  esigenze  delle  amministrazioni  interessate  negli
elenchi tenuti dalle strutture regionali e provinciali.
    Con  riguardo al ricorso delle Regioni Veneto (n. 31 del 2003) ed
Emilia-Romagna (n. 32 del 2003) l'Avvocatura deduce che:
        a) il  primo comma dell'art. 7-bis del d.lgs. n. 165 del 2001
(introdotto dall'art. 4 della legge n. 3 del 2003), nel prevedere che
le  amministrazioni pubbliche, comprese le Regioni e gli enti locali,
predispongono un piano di formazione del personale, persegue lo scopo
«di  coordinare  le  diverse  risorse finanziarie, interne, statali e
comunitarie   da   destinare   alla   formazione»,   strumentale   al
coordinamento delle risorse finanziarie;
        b) il  secondo  comma dell'art. 7-bis non e' applicabile alle
Regioni, estranee alla dizione «enti pubblici non economici»;
        c) l'art. 34-bis  del  d.lgs.  n. 165  del  2001  (introdotto
dall'art. 7  della  legge  n. 3  del  2003) concerne la mobilita' del
personale  -  che  non e' ne' materia riservata in via esclusiva allo
Stato  o  ripartita  tra  Stato  e  Regioni, ne' materia «innominata»
spettante  residualmente  alle Regioni - e mira al riassorbimento del
personale in eccedenza, intervenendo nella determinazione dei livelli
essenziali  delle  prestazioni  concernenti  il  diritto  sociale  al
lavoro,  riconosciuto  dalla  Costituzione  e  garantito  su tutto il
territorio nazionale (art. 117, comma secondo, lettera m), Cost.). La
norma   in  esame  concerne,  inoltre,  la  materia  di  legislazione
concorrente  della  tutela del lavoro (art. 117, comma terzo, Cost.),
nell'ambito della quale detta principi fondamentali, funzionali anche
al buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.);
        d) il  primo  comma dell'art. 9 della legge n. 3 del 2003, al
pari  del  secondo  comma  dell'art. 7-bis  citato,  non  concerne le
Regioni, laddove contiene analogo riferimento agli «enti pubblici non
economici»,  in particolare nel raffronto col secondo comma, ove sono
espressamente menzionate le Regioni.

                       Considerato in diritto

    1.  -  I  ricorsi  numeri 28, 29, 31, 32, 33 e 35 del 2003, nella
parte  in  cui  investono tutti la medesima norma (art. 7 della legge
n. 3  del 2003) ovvero norme attinenti a materie contigue (articoli 4
e 9) con argomentazioni largamente coincidenti, devono essere riuniti
e  congiuntamente decisi, mentre saranno decise con separate pronunce
le  questioni  sollevate,  nei  ricorsi  numeri  28,  29,  31  e  32,
relativamente ad altre norme della legge n. 3 del 2003.
    2.  -  Le  censure  mosse  dalle Regioni Veneto ed Emilia-Romagna
avverso  l'art. 4  della  legge  n. 3  del  2003 - il quale introduce
l'art. 7-bis  nel decreto legislativo del 30 marzo 2001 n. 165 (Norme
generali   sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze  delle
amministrazioni  pubbliche)  -  sono infondate. La circostanza che la
parte  piu'  propriamente  precettiva  della norma (secondo comma) si
riferisca,  oltre  che  alle  amministrazioni dello Stato, agli «enti
pubblici non economici» - locuzione nella quale e' escluso si possano
comprendere  le Regioni - rende manifesta l'estraneita' delle Regioni
stesse a quanto da detta norma disposto.
    Identica  conclusione  si  impone  riguardo  all'art. 9  che, nel
disciplinare  la  «utilizzazione  degli idonei di concorsi pubblici»,
dispone  esplicitamente  che  «le  Regioni  e le province autonome di
Trento  e Bolzano provvedono alle finalita' del presente capo secondo
le  rispettive competenze previste dai relativi statuti e dalle norme
di  attuazione»:  sicche'  non  v'e' ragione alcuna per lamentare una
indebita  ingerenza  della legislazione statale in una materia che le
sarebbe inibita.
    3.  -  Le  censure  mosse da tutte le ricorrenti - in riferimento
agli  articoli 117,  118 e 119 Cost. - avverso l'art. 7, introduttivo
dell'art. 34-bis nel d.lgs. n. 165 del 2001, non sono fondate.
    3.1. - La norma denunciata costituisce, infatti, il completamento
di  quanto, in tema di mobilita', dispongono gli articoli 33 e 34 del
d.lgs. n. 165 del 2001 a tenore dei quali:
        a) la riduzione del personale eccedente puo' avvenire secondo
una procedura, che coinvolge le organizzazioni sindacali, rigidamente
disciplinata  sia  attraverso il richiamo della legge 23 luglio 1991,
n. 223,  sia  in  modo  autonomo  dall'art. 33  (commi  1-5) e che si
conclude  -  ove  il  personale in esubero non possa essere impiegato
diversamente   nell'ambito   della  medesima  amministrazione  ovvero
ricollocato  presso  altre  amministrazioni  - con il collocamento in
disponibilita'  (comma  7) per la durata massima di ventiquattro mesi
durante  i  quali esso percepisce un'indennita' pari all'80 per cento
dello stipendio e dell'indennita' integrativa speciale (comma 8);
        b) il  personale  in  disponibilita'  e' iscritto in appositi
elenchi  (art. 34,  comma 1)  tenuti  dal Dipartimento della funzione
pubblica  per  i  dipendenti  lato  sensu  statali  (comma 2) e dalle
strutture  regionali  e  provinciali di cui al d.lgs. n. 469 del 1997
per  gli  altri  dipendenti pubblici (comma 3); entrambe le strutture
previste  dai  commi 2  e  3  hanno  il  compito  di  provvedere alla
riqualificazione  professionale  ed  alla ricollocazione presso altre
amministrazioni, collaborando e coordinandosi tra loro;
        c) decorsi   infruttuosamente  i  ventiquattro  mesi  di  cui
all'art. 33,   comma 8,   «il   rapporto   di   lavoro   si   intende
definitivamente risolto» (comma 4);
        d) nell'ambito  della  programmazione triennale del personale
prevista   dall'art. 39  della  legge  n. 449  del  1997,  «le  nuove
assunzioni   sono   subordinate  alla  verificata  impossibilita'  di
ricollocare  il  personale  in  disponibilita' iscritto nell'apposito
elenco» (comma 6).
    3.2.   -   L'art. 34   del   d.lgs.   n. 165   del  2001  enuncia
esplicitamente  il  principio  per cui il personale in esubero presso
pubbliche  amministrazioni, sia statali che locali, deve poter essere
ricollocato   durante   il   periodo   di   mobilita'   presso  altre
amministrazioni sia per evitare la cessazione definitiva del rapporto
di   lavoro   sia  anche  per  realizzare,  in  termini  globali,  un
contenimento  della  spesa  per  il  personale;  cosi'  come  enuncia
esplicitamente  il  principio  per  cui  «le  nuove  assunzioni  sono
subordinate   alla   verificata   impossibilita'  di  ricollocare  il
personale  in disponibilita' iscritto nell'apposito elenco» (art. 34,
comma 6).
    Cio'   posto,  non  e'  dubbio  che  a  tali  principi  la  norma
(art. 34-bis)  introdotta  dalla  legge n. 3 del 2003 non soltanto si
ispira,  ma  da'  concreta  attuazione  descrivendo  puntualmente  il
procedimento  attraverso  il quale deve realizzarsi la ricollocazione
del personale in mobilita': descrizione puntuale che, in quanto tale,
costituisce  non gia' normativa di dettaglio di spettanza della legge
regionale,  bensi'  disciplina  necessariamente  di  competenza dello
Stato,  in  quanto  solo  lo  Stato  puo'  emanarne una con efficacia
vincolante  per  tutte  le amministrazioni pubbliche, centrali ovvero
locali,  e  far  si'  in  tal  modo  che gli elenchi del personale in
mobilita'  (delle  amministrazioni centrali e locali) non restino tra
loro incomunicabili.
    Va  rilevato,  infatti,  che la legge statale non soltanto non si
ingerisce  affatto  nelle  scelte  delle  amministrazioni regionali e
degli  enti  locali  circa  le  loro  esigenze  di  munirsi  di nuovo
personale  (ne'  quanto  al  numero, ne' quanto alla qualita' di tale
personale),  ma  si limita a prevedere - come gia' faceva, ma in modo
del  tutto  generico,  l'art. 34,  comma 6  - che le nuove assunzioni
possano  avvenire  con  procedure concorsuali solo dopo che sia stata
verificata  concretamente  l'impossibilita'  di  valersi di personale
proveniente  da  altre  amministrazioni  e  destinato,  ove  non  sia
possibile  il suo ricollocamento, al licenziamento: libere essendo le
amministrazioni  pubbliche  locali di specificare in modo dettagliato
il  tipo  di personale del quale intendono valersi (non solo l'area e
il livello, ma anche le funzioni e le specifiche idoneita' richieste)
nonche' la sede di destinazione.
    Peraltro,  la disciplina procedimentale non puo', proprio perche'
mira  a tradurre in realta' principi in precedenza solo genericamente
enunciati,  che  essere  puntuale:  e  cosi' si prevede che, in primo
luogo,  si  attinga  agli  elenchi tenuti dalle strutture regionali e
provinciali  e  solo successivamente a quelli tenuti dal Dipartimento
della  funzione  pubblica,  e  cioe'  si  prevede come prioritario il
ricollocamento   di   personale   locale  presso  le  amministrazioni
pubbliche locali.
    La   circostanza  che  la  norma  fissi  rigidi  termini  per  la
comunicazione,   alle   strutture  detentrici  degli  elenchi,  delle
esigenze  di nuovo personale e fissi, poi, altrettanto rigidi termini
perche' quelle strutture provvedano all'assegnazione del personale in
mobilita'  corrispondente  alle  esigenze  delle  amministrazioni che
intendono   bandire   il   concorso,   non   depone   certamente  per
l'illegittimita'  costituzionale  della norma ma, tutto al contrario,
vale  a  segnare  un  rigoroso  confine  temporale  alla compressione
dell'autonomia  delle Regioni e degli enti locali: tale compressione,
infatti, e' contenuta, proprio attraverso quei rigidi termini, per il
tempo  strettamente  necessario  alla  soddisfazione dell'esigenza di
privilegiare  l'assunzione  del  personale in mobilita' rispetto alla
procedura concorsuale, e quindi e' destinata a venire meno ove, entro
un tempo assai breve, quella esigenza non possa essere soddisfatta.
    3.3.  -  Le  considerazioni fin qui svolte escludono che la norma
censurata  possa  considerarsi  invasiva  della competenza regionale:
essa,  lungi  dal  costituire  ingerenza nella competenza legislativa
residuale  delle  Regioni  ovvero  norma  di  dettaglio in materia di
«tutela  del  lavoro»,  promuove,  nel  settore del pubblico impiego,
condizioni  che  rendono  effettivo  il  diritto  al  lavoro  di  cui
all'art. 4  Cost. e rimuove ostacoli all'esercizio di tale diritto in
qualunque parte del territorio nazionale (art. 120 Cost.).
    3.4.  -  Non meritano accoglimento neanche le censure - svolte in
modo puntuale, in realta', dalla sola Regione Emilia-Romagna - aventi
ad oggetto la previsione della nullita' di diritto quale sanzione per
le   assunzioni   effettuate   in   violazione   di  quanto  previsto
dall'art. 34-bis:   non   soltanto  il  profilo  dedotto  (violazione
dell'affidamento)  non  attiene  ad  una  lamentata  incisione  della
competenza   regionale   e  si  risolve,  piuttosto,  nel  denunciare
(pretesi)  irragionevoli  effetti  prodotti dalla sanzione de qua, ma
deve  anche  osservarsi  che  tutta la disciplina dell'art. 34-bis e'
volta alla tutela di interessi generali a presidio dei quali ben puo'
il  legislatore - come peraltro normalmente fa in materia di lavoro -
prevedere  la nullita' degli atti posti in essere in spregio di norme
imperative.