ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio   di   legittimita'   costituzionale  dell'art. 7  del
decreto-legge  29 marzo  2004, n. 80 (Disposizioni urgenti in materia
di  enti locali), recante modifiche al testo degli artt. 58, comma 1,
lettera b),  e  59,  comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267  (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali),
promosso  con  ordinanza del 17 aprile 2004 dalla Corte di cassazione
sui  ricorsi  riuniti  proposti  da  G.  B. contro R. A. P. ed altri,
nonche'  da  G.  T.  contro  G.  B.  ed altri, iscritta al n. 661 del
registro  ordinanze  2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 33, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti di costituzione di G. B., di R. A. P. ed altri e
di  A.  n. ed  altri  nonche' l'atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  30 novembre  2004  il giudice
relatore Francesco Amirante;
    Uditi  gli avvocati Giandomenico Falcon e Marcello Scurria per A.
n. ed  altri,  Fulvio  Cintioli per R. A. P. ed altri, Angelo Falzea,
Andrea  Lo  Castro  e Mario Sanino per G. B. e l'avvocato dello Stato
Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento
all'art. 77,   secondo   comma,   della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 7  del decreto-legge 29 marzo
2004, n. 80 (Disposizioni urgenti in materia di enti locali), recante
modifiche  al  testo  degli  artt. 58,  comma 1,  lettera b),  e  59,
comma 6,  del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali);
        che  al  giudice  a  quo e' stata chiesta la cassazione della
sentenza  dichiarativa della decadenza del ricorrente dalla carica di
sindaco  del  comune  di  Messina,  pronunciata  in conseguenza della
condanna  per  i  delitti di cui agli artt. 81, 314, secondo comma, e
323  del  codice penale (divenuta definitiva successivamente alla sua
proclamazione);
        che   il  remittente  motiva  la  rilevanza  della  questione
osservando  come  la  norma  impugnata  -  soppressiva del delitto di
peculato d'uso dal novero delle cause ostative alla candidatura ed al
mantenimento  della carica eventualmente conseguita (salvo il caso in
cui  la  pena  irrogata  superi  i  sei mesi) - sia applicabile nella
Regione  siciliana  nonche'  nel giudizio in corso dinanzi a lui, non
perche'  retroattiva,  ma in quanto espressione di un nuovo parametro
cui  il  legislatore  ancora  il giudizio di indegnita' rispetto alla
conservazione della carica;
        che  la  non manifesta infondatezza deriverebbe dall'evidente
difetto   del   necessario  requisito  della  sussistenza  del  «caso
straordinario di necessita' ed urgenza», non rilevabile dal preambolo
del  decreto-legge,  riguardante problemi di funzionalita' degli enti
locali  e non gia' la materia elettorale, non suscettibile, peraltro,
di essere regolata attraverso la decretazione d'urgenza, come risulta
dall'art. 15,   comma 2,  lettera b),  della  legge  23 agosto  1988,
n. 400;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
sollecitando  la  restituzione degli atti al giudice remittente, alla
luce della sopravvenuta legge di conversione 28 maggio 2004, n. 140 e
concludendo  per  l'inammissibilita', ovvero per l'infondatezza della
questione,   in   ragione  della  finalita'  dell'impugnato  decreto,
asseritamente  volto  a superare alcune difficolta' interpretative ed
applicative relative all'art. 58 del testo unico citato;
        che  nel  giudizio  davanti a questa Corte si sono costituite
numerose parti del giudizio a quo;
        che  il  ricorrente  ha  sostenuto  l'identita' del contenuto
precettivo  della  norma impugnata rispetto a quello risultante dalla
legge  di conversione, chiedendo la declaratoria d'infondatezza sulla
base  del  carattere d'indispensabilita' posseduto dalla decretazione
di urgenza quando occorra colmare con immediatezza un vuoto normativo
e per la discrezionalita' politica sottesa alla relativa valutazione;
        che   i   controricorrenti   hanno  preliminarmente  eccepito
l'inammissibilita' della questione per l'inapplicabilita' della norma
nel  giudizio  a  quo, in quanto essa riguarderebbe solo chi fosse in
carica  al  momento  della sua entrata in vigore e non chi fosse gia'
decaduto  di  diritto,  come  il  ricorrente,  concludendo quindi per
l'infondatezza della questione.
    Considerato  che,  secondo  la  Corte  di cassazione, l'impugnata
norma  del  decreto-legge n. 80 del 2004, nel sottrarre il delitto di
peculato  d'uso dal novero delle previsioni ostative alla candidatura
di  sindaco e comunque dalle cause di decadenza dalla carica, ove sia
passata   in   giudicato  la  sentenza  di  condanna  successivamente
all'elezione,  difetterebbe  in  modo  evidente  del  requisito della
straordinaria   necessita'  e  urgenza,  con  conseguente  violazione
dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione;
        che,    successivamente   all'emissione   dell'ordinanza   di
rimessione,  il  citato decreto-legge e' stato convertito nella legge
28 maggio 2004, n. 140;
        che  con  tale  legge  sono  state apportate modificazioni al
testo  del  decreto  e sono state altresi' enunciate le ragioni della
emanazione della norma censurata;
        che  e',  pertanto, necessario disporre la restituzione degli
atti  alla  Corte remittente per un nuovo esame della rilevanza della
questione.