ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 26, ultimo
comma,  della  legge  6  giugno 1974,  n. 298  (Istituzione dell'albo
nazionale  degli  autotrasportatori  di  cose  per  conto  di  terzi,
disciplina  degli  autotrasportatori  di  cose  e  istituzione  di un
sistema  di  tariffe  a forcella per i trasporti di merci su strada),
modificato dall'art. 1 del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82 (Misure
urgenti  per  il  settore  dell'autotrasporto  di  cose  per conto di
terzi),  convertito nella legge 27 maggio 1993, n. 162, e dell'art. 3
del  decreto-legge  3 luglio  2001,  n. 256  (Interventi  urgenti nel
settore  dei  trasporti), convertito in legge 20 agosto 2001, n. 334,
promosso  con  ordinanza del 17 dicembre 2003 dal Tribunale di Latina
nel procedimento civile vertente tra Italcalce S.r.l. e Autotrasporti
Anxur  di  Francesca Pio & C. s.n.c., iscritta al n. 253 del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 15, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 17 novembre 2004 il giudice
relatore Romano Vaccarella.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il Tribunale di Latina - adito dalla committente Italcalce
S.r.l.  in  sede  di  opposizione  a  decreto ingiuntivo ottenuto dal
vettore  Autotrasporti  Anxur s.n.c., ricorrente in via monitoria per
conseguire  il  pagamento,  con gli interessi, del corrispettivo pari
alla differenza tra quanto dovuto in applicazione delle c.d. «tariffe
a  forcella»  e  quanto  effettivamente  corrisposto per attivita' di
trasporto   di   cose  effettuata  nel  periodo  dal  1° aprile  1993
al gennaio  2000  -  con  ordinanza  del  17 dicembre  2003,  solleva
d'ufficio  questione  di  legittimita'  costituzionale,  per asserito
contrasto   con   l'art. 3   della  Costituzione,  dell'ultimo  comma
dell'art. 26 della legge 6 giugno 1974, n. 298 (Istituzione dell'albo
nazionale  degli  autotrasportatori  di  cose  per  conto  di  terzi,
disciplina  degli  autotrasportatori  di  cose  e  istituzione  di un
sistema  di  tariffe  a forcella per i trasporti di merci su strada),
come  modificato  dall'art. 1  del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82
(Misure  urgenti  per il settore dell'autotrasporto di cose per conto
di terzi), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1993,
n. 162,  e della norma di interpretazione autentica di cui all'art. 3
del  decreto-legge  3 luglio  2001,  n. 256  (Interventi  urgenti nel
settore  dei  trasporti),  convertito, con modificazioni, dalla legge
20 agosto 2001, n. 334.
    1.1.  -  In  punto  di  fatto,  il giudice a quo riferisce che la
opponente,  Italcalce  S.r.l., aveva lamentato, tra le altre cose, la
insufficienza  della  documentazione  posta  a  base  della pronuncia
monitoria,  nonche'  la  derogabilita',  alla  luce  della sua natura
proibitiva  e non imperativa, del sistema tariffario c.d. a forcella,
regolato   dalla   legge   n. 298  del  1974,  di  per  se'  comunque
confliggente  con  il regolamento CE n. 4058 del 1989; che l'opposta,
Autotrasporti  Anxur  s.n.c.,  aveva  respinto  le deduzioni avverse,
ribadendo,   tra  l'altro,  il  carattere  obbligatorio  del  sistema
tariffario «a forcella», comportante la sostituzione di diritto delle
clausole difformi, nonche' la sua conformita' alla normativa europea,
verificata positivamente sia dalla Corte di giustizia che dalla Corte
costituzionale,  con  sentenza  n. 386  del 1996; che il giudizio era
gia'  stato  sospeso  in  attesa della definizione della questione di
legittimita'  costituzionale,  sollevata  dal Tribunale di Torino con
ordinanza   del   10 novembre   2001   e   poi   decisa  dalla  Corte
costituzionale,  nel  senso  della  manifesta  inammissibilita',  con
ordinanza n. 492 del 2002.
    1.2.  - In ordine alla rilevanza, il rimettente ritiene di sicura
applicazione al caso in esame l'ultimo comma dell'art. 26 della legge
n. 298  del  1974 (modificato dall'art. 1 del decreto-legge n. 82 del
1993,  convertito  dalla legge n. 162 del 1993), il quale dispone che
«ai  fini  del  presente  articolo,  al momento della conclusione del
contratto  di  autotrasporto  di  cose  per conto terzi a cura di chi
effettua  il  trasporto  sono  annotati  nella copia del contratto di
trasporto   da  consegnare  al  committente,  pena  la  nullita'  del
contratto  stesso,  i dati relativi agli estremi dell'attestazione di
iscrizione  all'albo  e  dell'autorizzazione al trasporto di cose per
conto   di  terzi  rilasciati  dai  competenti  comitati  provinciali
dell'Albo  nazionale  degli  autotrasportatori  di  cui alla presente
legge»,    come    interpretato    autenticamente   dall'art. 3   del
decreto-legge  n. 256  del  2001  (convertito  dalla legge n. 334 del
2001)  «nel  senso  che  la  prevista  annotazione  sulla  copia  del
contratto di trasporto dei dati relativi agli estremi dell'iscrizione
all'albo  e  dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto terzi
possedute  dal vettore, nonche' la conseguente nullita' del contratto
privo  di  tali  annotazioni,  non comportano l'obbligatorieta' della
forma  scritta del contratto di trasporto previsto dall'art. 1678 del
codice civile, ma rilevano soltanto nel caso in cui per la stipula di
tale contratto le parti abbiano scelto la forma scritta».
    Infatti,  il  giudice  a  quo riferisce che l'Autotrasporti Anxur
s.n.c., benche' iscritta all'Albo nazionale degli autotrasportatori e
debitamente  autorizzata,  ha  prodotto  in  giudizio la copia in suo
possesso  del  contratto  di trasporto del 24 maggio 1993 priva delle
annotazioni  prescritte  dalla  legge a pena di nullita'; cio' che le
impedirebbe di conseguire giudizialmente le differenze tariffarie per
le  prestazioni effettuate dopo quella data e fermo restando, invece,
per  il  periodo  dal  1° aprile  1993 alla stipula, la validita' del
contratto concluso oralmente.
    Ne',  ad  avviso  del  rimettente,  viene meno la rilevanza della
questione  di  costituzionalita'  in  conseguenza  del  fatto che nel
giudizio  a  quo  e'  stata  prodotta  la  sola copia in possesso del
trasportatore   in   luogo  di  quella,  indicata  dalla  legge,  «da
consegnare  al  committente», tenuto conto che, comunque, incombe sul
trasportatore,  attore  sostanziale  nel  processo monitorio, l'onere
probatorio  circa  la  validita'  del  contratto  posto  a base della
domanda giudiziale.
    1.3.   -   Con   riguardo  alla  non  manifesta  infondatezza  il
rimettente,  ribadita  l'obbligatorieta'  del  sistema  tariffario «a
forcella»,   nonche'  la  sua  conformita'  alla  normativa  europea,
accertata  sia  dalla  Corte di giustizia (sentenze 5 ottobre 1995, C
96/1994  e 1° ottobre 1998, C 38/1997) che dalla Corte costituzionale
(sentenza   n. 386   del  1996),  deduce  la  irragionevolezza  della
disparita' di trattamento realizzata dalle disposizioni impugnate, in
relazione  alla  sanzione della nullita' contrattuale, tra contraenti
che  abbiano  scelto  la  forma  orale  e contraenti che siano invece
ricorsi alla forma scritta senza effettuare le annotazioni di legge.
    In  particolare,  il  contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione
risulterebbe  evidente  laddove  le  norme  censurate  ricollegano la
nullita' del contratto all'adempimento di obblighi meramente formali,
con  la  previsione  di  quello  che  la  stessa Corte costituzionale
(sentenza  n. 26  del  2003)  ha rilevato essere un eccesso del mezzo
rispetto al fine dichiarato della repressione dell'abusivismo, di per
se'  gia' adeguatamente assicurato dalla previsione, proprio ad opera
dell'art. 26  cit., dell'illecito amministrativo dell'affidamento del
trasporto  ad  un  vettore  abusivo;  e  cio'  senza  contare  che il
contratto   cosi'   concluso  sarebbe  gia'  di  per  se'  nullo  per
contrarieta' a norme imperative.
    La  discriminazione  in parola, ad avviso del rimettente, sarebbe
inoltre tanto piu' macroscopica nel giudizio a quo, dove il contratto
risulterebbe  validamente regolare i soli trasporti effettuati tra il
1° aprile  ed  il 23 maggio 1993, nel periodo cioe' in cui esso aveva
rivestito la forma orale.
    2.  - E' intervenuto, con la rappresentanza dell'Avvocatura dello
Stato,  il Presidente del Consiglio dei ministri il quale ha eccepito
l'inammissibilita'  e  comunque  l'infondatezza della questione sulla
considerazione  che  «la limitazione degli effetti della disposizione
ai  soli  contratti  di trasporto stipulati nella forma scritta [...]
sia  del  tutto  conforme  alla ratio ed allo spirito dell'originaria
previsione di legge». Osserva in proposito la difesa erariale che «il
problema  affrontato  non  era,  infatti,  quello di stabilire quando
fosse  stato  stipulato dalle parti un valido contratto di trasporto,
ai  sensi  del  codice civile, quanto piuttosto di valutare quando il
trasporto  per conto terzi, ancorche' stipulato nella forma scritta e
da  un soggetto iscritto all'albo, potesse considerarsi conforme alle
regole dirette a reprimere le esistenti forme di abusivismo».
    3. - In prossimita' della camera di consiglio, la difesa erariale
ha ribadito con una memoria le proprie richieste osservando, in primo
luogo,  che l'ordinanza di rimessione non conterrebbe una sufficiente
motivazione  sulla  rilevanza, tenuto conto che il giudice a quo, una
volta  riconosciuto che il rapporto contrattuale e' validamente sorto
il  1 aprile  1993  in forma orale, avrebbe omesso di dar conto della
valenza   novativa  della  successiva  pattuizione,  intervenuta  per
iscritto  tra  le  parti  il 24 maggio 1993, di modo che non potrebbe
escludersi  che  la  nullita' della fonte scritta risulti ininfluente
nella   regolamentazione  del  rapporto,  ove  retta  dall'originario
contratto verbale.
    Proprio  questo  percorso  argomentativo  offrirebbe  l'ulteriore
spunto,  a  detta  della difesa erariale, per cogliere l'infondatezza
della  questione sotto il profilo che il negozio nullo per difetto di
forma, derivante dalle mancate annotazioni prescritte dalla legge, si
convertirebbe   ai  sensi  dell'art. 1424  cod.  civ.  in  un  valido
contratto  di  trasporto  concluso  in forma orale, soprattutto se la
prestazione richiesta sia stata concretamente effettuata.
    Ad  ogni  buon  conto, soggiunge la difesa erariale che, ove pure
fosse  riscontrabile  la  disparita'  di  trattamento  lamentata  dal
giudice   rimettente,  questa  non  potrebbe  che  essere  l'effetto,
meramente   fattuale,   di   una   scelta   dei   contraenti  cui  e'
incondizionatamente  offerta,  proprio  dalla normativa impugnata, la
possibilita'  di  sottrarsi  al «rischio della nullita» stipulando il
contratto in forma orale.
    Da  ultimo,  osserva l'Avvocatura dello Stato come la circostanza
che il divieto di corrispondere competenze inferiori a quelle fissate
nelle  «tariffe  a  forcella» inerisce alla prestazione «trasporto» e
non  anche  al  contratto  nella  sua  interezza  (cosi'  Cassazione,
6 dicembre   1996,  n. 10894)  «contribuisca  al  realizzarsi  di  un
effettivo    gioco    concorrenziale    nel   settore»,   dirigendosi
essenzialmente  la  sanzione  di  nullita'  a  colpire quei «patti in
deroga»  che  talune  imprese,  comunque  tenute  a  documentare  per
iscritto  il  rapporto,  utilizzano  per l'affidamento di trasporti a
vettori non autorizzati o a prezzi fuori tariffa.

                       Considerato in diritto

    1.   -   Il   Tribunale   di  Latina  dubita  della  legittimita'
costituzionale,   in   riferimento   all'art. 3  della  Costituzione,
dell'art. 26,  ultimo  comma, della legge 6 giugno 1974, n. 298, come
modificato   dall'art. 1  del  decreto-legge  29 marzo  1993,  n. 82,
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1993, n. 162, in
combinato  disposto  con  l'art. 3  del  decreto-legge 3 luglio 2001,
n. 256,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001,
n. 334,  nella  parte in cui dette norme realizzano una irragionevole
disparita'  di trattamento, in relazione alla sanzione della nullita'
del  contratto,  tra  contraenti  che abbiano scelto la forma orale e
contraenti  che,  pur  essendo  regolarmente  iscritti all'albo degli
autotrasportatori  e  debitamente  autorizzati,  abbiano invece fatto
ricorso   alla  forma  scritta  senza  effettuare,  sulla  copia  del
contratto da consegnare al committente, le annotazioni di legge.
    2.  -  Le  eccezioni  di  inammissibilita'  della  questione, per
carente  motivazione  della  sua  rilevanza  nel giudizio a quo, sono
infondate.
    Nell'ordinanza di rimessione il Tribunale di Latina riferisce che
le  parti,  dopo  aver  governato  i  loro  rapporti con un contratto
stipulato  oralmente,  avevano  successivamente  affidato  alla forma
scritta   le   loro   intese   contrattuali:   sicche',   ad   avviso
dell'Avvocatura    dello   Stato,   il   Tribunale   avrebbe   dovuto
esplicitamente  escludere  che  si fosse trattato, nella specie, d'un
unico  rapporto  contrattuale  avente  la  sua  fonte  esclusiva  nel
contratto  orale  («ripetuto»  successivamente  per  iscritto) ovvero
anche   escludere   che  il  contratto  scritto,  viziato,  si  fosse
convertito in un valido contratto concluso oralmente.
    Osserva  la Corte che correttamente il Tribunale rimettente si e'
astenuto  dall'esplorare  la  praticabilita' di entrambe le soluzioni
appena  ricordate,  dal  momento  che  la  norma,  nella parte in cui
prevede che l'adozione della forma scritta impone, a pena di nullita'
del contratto, l'osservanza di certi requisiti formali, e' certamente
- secondo l'interpretazione dominante - di natura imperativa: sicche'
il  ritenere  che il giudice - nonostante il rapporto fosse regolato,
da  un  certo  momento  in  poi,  da  un  contratto scritto privo dei
requisiti  formali  prescritti  a  pena  di  nullita'  -  potesse far
riferimento,  come regolatore del rapporto, al preesistente contratto
orale  ovvero  ad  un  valido contratto in forma libera (nel quale si
sarebbe convertito quello scritto) equivale a privare la norma (della
cui   costituzionalita'   si   dubita)  di  qualsiasi  efficacia:  la
irrilevanza  del  contratto  scritto  -  o  perche' «riproduttivo» di
quello  orale  precedente o perche' convertito in un diverso e valido
contratto  scritto  ma  in forma libera - postula l'abrogazione della
norma sospettata di incostituzionalita'.
    3. - La questione e' fondata.
    3.1.  -  La  norma sospettata di illegittimita' costituzionale e'
frutto di ripetuti interventi legislativi che si sono innestati sulla
disciplina  originaria del 1974 e, in particolare, sull'art. 26 della
legge  6  giugno 1974,  n. 298,  istitutiva dell'albo nazionale degli
autotrasportatori di cose per conto di terzi.
    3.1.1.  -  Il  fine  perseguito  da  tale  legge  - oltre quello,
indiretto,  di  rendere  piu'  sicuri  i  trasporti e la circolazione
stradale  -  era,  trasparentemente, quello di impedire situazioni di
concorrenza  sleale  in  un settore vitale dell'economia nel contempo
evitando   che  la  differente  forza  contrattuale  delle  parti  si
traducesse, nei singoli rapporti, in una «svendita» delle prestazioni
offerte   dagli   autotrasportatori:   di   qui   la  previsione  che
«l'iscrizione  nell'albo  e'  condizione  necessaria  per l'esercizio
dell'autotrasporto di cose per conto di terzi» (art. 1, comma terzo),
la  necessita'  di  «apposita autorizzazione» per ciascun autoveicolo
(art. 41), l'istituzione di un sistema di tariffe obbligatorie c.d. a
forcella (art. 50 segg).
    L'efficacia  di  tale  disciplina  era affidata, oltre che ad una
nutrita  serie  di  norme  che  prevedevano  sanzioni di vario genere
(articoli 21, 27, 47, 48, 58), soprattutto all'art. 26 - a tenore del
quale  «chiunque  esercita  l'attivita'  di  cui all'articolo 1 senza
essere  iscritto nell'albo, ovvero continua ad esercitare l'attivita'
durante  il  periodo  di  sospensione  o  dopo  la  radiazione  o  la
cancellazione  dall'albo,  e' punito a norma dell'art. 348 del codice
penale.  In  caso  di flagranza di reato, si procede al sequestro del
veicolo»  - ed all'art. 46, a norma del quale, «fermo quanto previsto
dall'articolo 26, chiunque disponga l'esecuzione di trasporto di cose
con  autoveicoli  o motoveicoli, senza licenza o senza autorizzazione
oppure  violando  le  condizioni o i limiti stabiliti nella licenza o
nell'autorizzazione,  e' punito con la reclusione da uno a sei mesi o
con la multa da lire 100.000 a lire 300.000».
    Nonostante  l'autotrasportatore  non  iscritto  fosse soggetto al
regime penalistico dell'esercente abusivo di «una professione, per la
quale  e'  richiesta  una  speciale  abilitazione  dello  Stato»,  la
giurisprudenza,   di   merito   e   di   legittimita',   ritenne  che
l'inosservanza  del  precetto  per  cui  «l'iscrizione  nell'albo  e'
condizione  necessaria per l'esercizio dell'autotrasporto di cose per
conto  di  terzi» incidesse sul contratto esclusivamente nel senso di
rendere   inapplicabili   le   (altrimenti  obbligatorie)  tariffe  a
forcella,   potendo   queste   essere   invocate  esclusivamente  dal
trasportatore  iscritto nell'albo nazionale e munito della prescritta
autorizzazione.
    3.1.2.  - Con decreto-legge 27 novembre 1992, n. 463, all'art. 26
fu  aggiunto  un  terzo  comma  che  puniva  con la reclusione fino a
quattro  mesi  o  con  la  multa  da 100.000 a 800.000 lire «chiunque
affida l'effettuazione di un autotrasporto di cose per conto di terzi
a   chi  eserciti  abusivamente  l'attivita'  di  cui  all'art. 1»  e
prevedeva, inoltre, il sequestro e la successiva confisca della merce
trasportata.
    Tale  decreto non fu convertito in legge, e cosi' pure l'identico
decreto-legge 26 gennaio 1993, n. 19.
    3.1.3.  -  Alla scadenza del periodo utile per la conversione del
decreto-legge  n. 19  del  1993, fu emanato il decreto-legge 29 marzo
1993,  n. 82, il cui art. 1 aggiunse al testo originario dell'art. 26
i seguenti, due commi:
    «Chiunque  affida l'effettuazione di un autotrasporto di cose per
conto  di  terzi  a  chi  esercita  abusivamente  l'attivita'  di cui
all'articolo 1  o  ai  soggetti di cui all'articolo 46 della presente
legge,  e'  punito  con  l'ammenda  da  lire  cinquantamila a lire un
milione. Si procede altresi' al sequestro della merce trasportata, di
cui puo' essere disposta la confisca con la sentenza di condanna.
    «Ai   fini   di  cui  al  presente  articolo,  al  momento  della
conclusione  del  contratto  di  autotrasporto  di  cose per conto di
terzi, a cura di chi effettua il trasporto, sono annotati nella copia
del  contratto  di  trasporto  da  consegnare al committente, pena la
nullita'   del   contratto  stesso,  i  dati  relativi  agli  estremi
dell'attestazione  di  iscrizione  all'Albo  e dell'autorizzazione al
trasporto  di  cose  per  conto  di  terzi  rilasciati dai competenti
comitati  provinciali  dell'Albo nazionale degli autotrasportatori di
cui  alla  presente  legge, da cui risulti il possesso dei prescritti
requisiti di legge».
    La  relazione  illustrativa  del  disegno di legge di conversione
(27 maggio 1993, n. 162) - con la quale si facevano salvi gli effetti
prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge
n. 463  del  1992  e  n. 19  del 1993 - esponeva che «l'articolo 1 e'
necessitato  dalla  circostanza che nel settore vi sono numerosissimi
operatori  abusivi,  e  cio'  nonostante  i controlli sull'iscrizione
all'albo   e   sul   sistema   autorizzativo  messi  in  opera  dalle
amministrazioni  deputate allo scopo. Prevedere il coinvolgimento dei
committenti  nelle  responsabilita' connesse a tali trasporti abusivi
e' l'unico deterrente per scongiurare il lamentato fenomeno».
    3.1.4.  - Nell'iter parlamentare del disegno di legge governativo
n. 2935,  comunicato  alla Presidenza del Senato il 10 dicembre 1997,
la   VIII  Commissione  permanente  del  Senato  approvo'  una  norma
(art. 30)  a  tenore  della  quale «l'ultimo comma dell'art. 26 della
legge  6  giugno 1974,  n. 298,  come  modificato dall'articolo 1 del
decreto-legge  29 marzo  1993,  n. 82, convertito, con modificazioni,
dalla  legge  27 maggio  1993, n. 162, si interpreta nel senso che la
prevista  annotazione sulla copia del contratto di trasporto dei dati
relativi  agli estremi dell'iscrizione all'albo e dell'autorizzazione
al  trasporto  di  cose  per  conto  di  terzi possedute dal vettore,
nonche'   la   conseguente  nullita'  del  contratto  privo  di  tali
annotazioni, non comportano l'obbligatorieta' della forma scritta del
contratto  di  trasporto previsto dall'art. 1678 del codice civile ma
rilevano soltanto nel caso in cui per la stipula di tale contratto le
parti abbiano scelto la forma scritta».
    La  Camera dei deputati stralcio', insieme con altre, la norma da
quella   che  sarebbe  divenuta  la  legge  7 dicembre  1999,  n. 472
(Interventi nel settore dei trasporti).
    3.1.5.  -  Il  decreto  legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507 -
attuativo   della   legge-delega   25   giugno 1999,   n. 205,  sulla
depenalizzazione dei reati minori - provvide a:
        a) sostituire  il  primo comma dell'art. 26 prevedendo per il
trasportatore  abusivo,  in  luogo  di  quella  penale,  la  sanzione
amministrativa  del  pagamento di una somma da lire quattro milioni a
lire   ventiquattro   milioni,   aumentata   in   caso   di  recidiva
infraquinquennale;
        b) sopprimere  il  secondo  comma,  relativo al sequestro del
veicolo;
        c) portare  ad  una somma da lire tre milioni a lire diciotto
milioni la sanzione per chi affida l'effettuazione dell'autotrasporto
ad  un  abusivo,  sopprimendo  la  previsione  del  sequestro e della
successiva confisca della merce trasportata;
        d) inserire  un comma (terzo) per cui «alle violazioni di cui
al   primo   comma   consegue   la   sanzione  accessoria  del  fermo
amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi ovvero, in caso
di  reiterazione  delle  violazioni,  la  sanzione  accessoria  della
confisca  amministrativa del veicolo, con l'osservanza delle norme di
cui  al  capo I,  sezione  II,  del titolo VI del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285».
    3.1.6.  -  L'art. 3  del  decreto-legge  3 luglio  2001,  n. 256,
riproduce  esattamente  la  norma  che,  inserita  dal Senato, fu poi
espunta dalla Camera nell'iter di approvazione della legge n. 472 del
1999  (v.  sub  3.1.4.);  norma  recepita  integralmente  dalla legge
(n. 256  del  2001)  di  conversione  e giustificata, nella relazione
illustrativa,  come  «una  necessaria  precisazione,  in linea con lo
spirito  del  legislatore della legge n. 162 del 1993, che aveva come
obiettivo  la  lotta  all'abusivismo  e  che  ha invece fatto sorgere
situazioni  di  non  omogenea  applicazione sul territorio nazionale,
provocando un contenzioso di notevolissima portata».
    E'  il  caso di rilevare che i numerosi interventi critici svolti
in  sede  parlamentare  investivano l'idoneita' dello strumento a tal
fine  individuato  (decreto-legge  di  interpretazione autentica), ma
riconoscevano   tutti   l'esigenza   di  superare  la  giurisprudenza
prevalente  formatasi sull'art. 26, come modificato dal decreto-legge
n. 82 del 1993: sicche' gli emendamenti sostitutivi dell'art. 3 erano
nel  senso  di consentire in futuro la forma orale del contratto e di
prevedere  anche,  per  il  passato,  che la violazione del requisito
formale  dell'annotazione  dei  dati  non  potesse  mai  giustificare
l'azione  di  ripetizione  di indebito oggettivo di cui all'art. 2033
cod.  civ.  e  che  fossero dovuti i compensi pattuiti tra le parti a
condizione che l'autotrasportatore fosse iscritto nell'albo nazionale
e fosse munito della prescritta autorizzazione.
    4.  -  La  lunga e complessa vicenda legislativa appena ricordata
mostra  chiaramente  come il legislatore abbia tentato, attraverso un
progressivo  aggiustamento  degli strumenti utilizzati, di conseguire
il  duplice obiettivo di contrastare il fenomeno dell'abusivismo e di
realizzare,  in  tal  modo,  una  situazione di leale concorrenza nel
settore dei trasporti di merci per conto terzi.
    4.1.  -  Il  ricorso  alla sanzione penale nei confronti del solo
autotrasportatore   abusivo   (e   dell'intermediario   che  «dispone
l'esecuzione del trasporto ... senza licenza o senza autorizzazione»)
si  rivelo'  del  tutto  inefficace,  non  soltanto  perche'  nessuna
sanzione  era  prevista a carico del committente, ma anche perche' il
contratto  concluso  con l'autotrasportatore abusivo veniva - secondo
la   giurisprudenza   pacifica   -  «sanzionato»  esclusivamente  con
l'esclusione  dell'applicabilita' delle tariffe a forcella, e quindi,
ancora  una volta, a carico del solo autotrasportatore e, per giunta,
con vantaggio per il committente.
    In  sostanza, il committente che si valeva dell'autotrasportatore
abusivo  non  soltanto  era  esente  da  qualsiasi  sanzione,  ma era
«premiato»  dalla possibilita' di concordare compensi ben inferiori a
quelli,  altrimenti,  obbligatoriamente previsti dalla legge: sicche'
si   pervenne   al   risultato   di   incoraggiare,  con  il  ricorso
all'abusivismo,  anche  pratiche  di  concorrenza  sleale da parte di
taluni committenti a danno di altri.
    4.2.  -  I  decreti-legge emanati tra la fine del 1992 e l'inizio
del 1993 miravano a porre termine al singolare effetto prodotto dalla
legge   del   1974   ma  utilizzavano,  a  tal  fine,  esclusivamente
l'estensione  al  committente  della  sanzione penale; non a caso del
successivo  decreto-legge  n. 82  del 1993 la relazione al disegno di
legge   di   conversione  sottolineava  esclusivamente  (come  si  e'
ricordato  sub 3.1.3.) il profilo del «coinvolgimento dei committenti
nelle  responsabilita'  connesse a tali rapporti abusivi» nonostante,
contestualmente,  il  legislatore  fosse  altresi'  intervenuto sulla
disciplina del contratto «ai fini di cui al presente articolo».
    Ed  infatti,  la  disciplina «formale» introdotta poneva a carico
del  solo trasportatore l'onere di fornire al committente «i dati ...
da  cui  risulti  il  possesso  dei  prescritti  requisiti  di legge»
(implicitamente  escludendo  che  il committente dovesse in qualsiasi
modo  attivarsi  per  verificare  che  la  controparte fosse iscritta
all'albo)  e  sanzionava con la nullita' del contratto l'inosservanza
non  solo  dell'onere,  ma anche della forma (annotazione nella copia
del   contratto   da   consegnare   al  committente)  prescritta  per
l'osservanza dell'onere stesso.
    Se, infatti, numerosi giudici di merito esclusero che la norma in
questione  comportasse  la  nullita'  del contratto privo della forma
scritta,  attribuendo all'annotazione dei dati in questione la natura
di  mero  adempimento di tipo amministrativo (in quanto certificativi
della  affidabilita'  del  vettore),  la giurisprudenza di gran lunga
prevalente  ritenne  che  la  norma  sanzionasse  con la nullita' sia
l'assenza   della   forma   scritta   sia   quella  delle  prescritte
annotazioni,   con   la   conseguente   sottrazione  del  committente
all'obbligo   di   rispettare  le  tariffe  a  forcella,  pur  quando
l'autotrasportatore era in possesso dei requisiti di legge.
    4.3.  -  La  paradossale  situazione  in tal modo creatasi spiega
perche',  gia'  in  occasione  dell'approvazione del disegno di legge
governativo  poi  sfociato  nella  legge  n. 472  del 1999, il Senato
approvo'  una norma di interpretazione autentica del comma introdotto
dall'art. 1  del  decreto-legge  n. 82  del  1993  che  escludeva  la
nullita'  del  contratto stipulato in forma libera; cosi' come spiega
perche',  reintrodotta  tale  norma  con  il decreto-legge n. 256 del
2001,  in  sede di conversione fu contestato soltanto il ricorso allo
strumento della decretazione d'urgenza (e l'antinomia che in tal modo
si  creava  tra  norma  interpretativa  e  norma interpretata), ma fu
proposto  di  escludere  in  ogni  caso  l'azione  di  ripetizione ex
art. 2033   cod.   civ.   (ammessa   da   alcune  pronunce  in  danno
dell'autotrasportatore)  e  di  consentire,  per  il futuro, la forma
libera per il contratto.
    Peraltro   gia'   in  precedenza  (d.lgs.  n. 507  del  1999)  il
legislatore  aveva  provveduto  a  sostituire alla sanzione penale un
sistema  di  sanzioni  amministrative  che  continuava ad essere piu'
gravoso per l'autotrasportatore che per il committente.
    5.  -  Questa  Corte,  investita  della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge n. 256 del 2001 sotto il
(solo) profilo della efficacia retroattiva di tale norma, ha rilevato
l'infondatezza in fatto della premessa - essere assolutamente univoca
l'interpretazione    consentita   dalla   lettera   e   dalla   ratio
dell'art. 26,  ultimo  comma,  della  legge  n. 298  del  1974  (come
modificato  dall'art. 1  del  decreto-legge  n. 82  del 1993) - dalla
quale  muovevano  i  rimettenti  per  contestare  la legittimita' del
ricorso ad una norma di interpretazione autentica: ed ha rilevato che
non  soltanto una minoritaria ma consistente giurisprudenza di merito
aveva escluso la nullita' del contratto non concluso in forma scritta
(e,  quindi,  senza l'osservanza dei requisiti formali previsti dalla
norma  interpretata)  in  aderenza  ad  una  ratio  per  la quale «la
sanzione  della  nullita'  avrebbe abnormemente colpito il contratto,
anche  se  stipulato  con  vettore iscritto all'albo, per un vizio di
forma  non  correlato ad una reale esigenza di tutela (neanche) della
controparte  contrattuale»,  ma  anche che, in ragione della medesima
ratio,  la giurisprudenza (sia di merito che di legittimita) aveva ex
postea  ritenuto giustificata l'interpretazione autentica fornita dal
legislatore (sentenza n. 26 del 2003).
    Con  la  medesima  sentenza  questa Corte ha escluso che la norma
censurata recasse vulnus di sorta al principio dell'affidamento sulla
certezza  dei  rapporti  giuridici,  essendo  «improponibile  un tale
argomento  a  tutela  di  chi,  pur  avendo concluso il contratto con
vettore  iscritto  all'albo,  pretende  di sottrarsi alle conseguenti
obbligazioni   assumendo   di   aver   fatto   affidamento  (e  cioe'
scientemente) su un difetto di forma del contratto stesso».
    Nel ribadire tali considerazioni con la sentenza n. 341 del 2003,
questa  Corte  ha  dichiarato non fondata la censura che investiva lo
strumento  (non  nuovo  in  questa materia: cfr. 3.1.2. e 3.1.3.) del
decreto-legge  adottato  per  introdurre una norma di interpretazione
autentica  ed  ha  osservato  -  dichiarando  infondata  la questione
sollevata  in riferimento all'art. 41 Cost. - che «la circostanza che
la  mancata  annotazione  dei  dati  relativi all'iscrizione all'albo
consentirebbe, grazie alla nullita' del contratto, la facile elusione
delle  tariffe  obbligatorie deporrebbe, semmai, per l'illegittimita'
costituzionale di quella parte della norma che, attesa la forma orale
del  contratto  stipulato  nel caso di specie, non e' applicabile nel
giudizio a quo».
    6.  -  La questione ora sottoposta all'esame della Corte investe,
in  riferimento  all'art. 3  della  Costituzione,  quella parte della
norma  -  introdotta  dall'art. 1  del decreto-legge n. 82 del 1993 -
che,  in  combinato  disposto  con  quanto  previsto  dall'art. 3 del
decreto-legge  n. 256 del 2001, prescrive, ove gli stipulanti abbiano
scelto  la  forma  scritta  del  contratto,  l'annotazione, a pena di
nullita'  del  contratto  stesso,  dei  dati relativi al possesso dei
requisiti  di  legge  da  parte dell'autotrasportatore sulla copia da
consegnare al committente.
    L'irragionevolezza  della  norma  e'  di  tutta  evidenza  ove si
consideri  non  soltanto che - a seguito del decreto-legge n. 256 del
2001,  ed  anche  a  prescindere dalla sua efficacia retroattiva - e'
privo  di  senso  consentire  alle  parti  di  stipulare oralmente un
contratto che, se stipulato in forma scritta, incorre in una radicale
nullita'   per  l'assenza  (per  giunta,  in  una  copia)  di  certe,
estrinseche  annotazioni,  ma  anche  che  la sanzione della nullita'
prevista  per  l'assenza  di  quelle  estrinseche  annotazioni non e'
correlata  ad alcun apprezzabile fine, ma costituisce «un eccesso del
mezzo  utilizzato  rispetto  al  fine  dichiarato  della  repressione
dell'abusivismo» (sentenza n. 26 del 2003).
    In  altri  termini,  l'intento  - dichiaratamente posto alla base
dell'intervento  legislativo del 1993 - di combattere l'abusivismo, e
con  esso  gravi  distorsioni  della concorrenza in un vitale settore
dell'economia    nazionale   attraverso   il   «coinvolgimento»   del
committente, era vanificato da una disciplina che, di fatto, esentava
sostanzialmente  il  committente  da  responsabilita'  e,  anzi,  gli
consentiva,  anche  quando  contraeva  con  un  autotrasportatore  in
possesso   dei   requisiti   di   legge,   di  sottrarsi  agevolmente
all'applicazione   di  quella  tariffa  a  forcella  che,  viceversa,
costituiva  l'unico  strumento idoneo ad assicurare, contestualmente,
una   adeguata   remunerazione   all'autotrasportatore   e   uniformi
condizioni di mercato.
    La  liberta'  di  forma  contrattuale  introdotta  nel  2001,  in
sintesi, ha soltanto reso ancor piu' evidente l'originaria, manifesta
irragionevolezza  della  norma  del 1993, e la conseguente violazione
dell'art. 3   della   Costituzione:   e'   chiaro,  infatti,  che  il
legislatore ben puo', nella sua discrezionalita', prevedere requisiti
formali   del   contratto   se   reputati  idonei  a  contribuire  al
raggiungimento  del  fine  perseguito,  ma  e' altresi' chiaro che il
limite  della  non  irragionevolezza e' valicato quando viene dettata
una disciplina che non solo non contribuisce a combattere il fenomeno
dell'abusivismo,  ma  favorisce pratiche distorsive della concorrenza
consentendo agevoli elusioni delle tariffe obbligatorie.
    La  sanzione  della  nullita'  e'  certamente  adeguata quando si
tratta  di colpire il contratto concluso con un autotrasportatore non
iscritto  all'albo  e privo della prevista autorizzazione, ma essa e'
priva  di qualsiasi ragionevole presupposto se applicata al contratto
concluso  con  l'autotrasportatore in regola (con la certa esclusione
delle    tariffe    obbligatorie    e    il    dubbio,   addirittura,
sull'applicabilita'  dell'art. 2033 cod. civ.) solo perche' una copia
del contratto e' carente di talune indicazioni.
    L'intrinseca,  manifesta  irragionevolezza  della norma determina
altresi', come ovvia conseguenza, l'irragionevolezza della disparita'
di   trattamento  tra  autotrasportatore  che  stipuli  oralmente  il
contratto  ed  autotrasportatore  che  adotti  la  forma scritta, pur
essendo  entrambi  in possesso dei requisiti abilitanti all'esercizio
di attivita' di autotrasporto di cose per conto di terzi.
    7.  -  Conclusivamente,  deve  essere dichiarata l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 26, ultimo comma, della legge 6 giugno 1974,
n. 298,  come modificato dall'art. 1 del decreto-legge 29 marzo 1993,
n. 82,  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 27 maggio 1993,
n. 162, in combinato disposto con l'art. 3 del decreto-legge 3 luglio
2001,  n. 256,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 20 agosto
2001, n. 334, nella parte in cui prevede la nullita' del contratto di
autotrasporto,  concluso  per iscritto, per cio' solo che nella copia
del  contratto  da consegnare al committente non siano stati annotati
gli   estremi   dell'iscrizione  all'albo  e  dell'autorizzazione  al
trasporto di cose per conto di terzi possedute dal vettore.