IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sui ricorsi nn. 13126/03,
700/04 e 3784/04, proposti dalla S.p.A. Ericsson Telecomunicazioni in
persona  del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli
avv.ti  G.  Contardi  e F. Alesi, elettivamente domiciliata presso lo
studio di quest'ultimo in Roma, via Tuscolana n. 1020;
    Contro  il  Comune  di  Ripi, in persona del Sindaco pro tempore,
costituitosi  in  giudizio  limitatamente ai ricorsi nn. 13126/2003 e
700/2004,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocato  P.  Frattarelli e
selettivamente  domiciliato  presso  lo  stesso  in  Roma,  via degli
Scipioni n. 268/A; per l'annullamento:
        a)   quanto   al  ricorso  n. 13126/2003:  del  provvedimento
n. prot.  7781  del 6 ottobre 2003, notificato il 9 ottobre 2003, con
cui il responsabile del settore urbanistica del comune di Ripi invita
la   ricorrente   all'osservanza   del   regolamento   comunale   per
l'installazione  e l'esercizio di impianti di radiotelecomunicazioni,
approvato  con  delibera consiliare n. 25 del 25 giugno 2002, nonche'
all'osservanza   del   piano   di   localizzazione   dei   siti   per
l'installazione di stazioni radio per la rete di telefonia cellulare,
approvato  con  delibera  di  G.M.  10 luglio  2003,  n. 102  ed alla
redazione   di   apposito   studio  per  la  Valutazione  di  impatto
ambientale,   ovvero   all'adeguamento   del  proprio  impianto  alle
normative  e  regolamenti comunali vigenti, entro trenta giorni dalla
notifica  del  provvedimento,  a  pena  di  annullamento  degli  atti
relativi  all'installazione  della  stazione  radio base, di cui alla
Denuncia  di  inizio  attivita'  (D.I.A.),  presentata dalla medesima
ricorrente  il  16 dicembre 2002, nonche' per l'annullamento di tutti
gli   atti   preparatori,   preordinati   e   presupposti,   fra  cui
specificamente  le  citate  delibere  di  C.C.  n. 25/2002  e di G.M.
n. 102/2003;
        b)   quanto   il   ricorso   n. 700/2004:  dell'ordinanza  di
demolizione  n. prot.  8944  del  10  novembre 2003, notificata il 17
novembre   2003,   concernente   la  stazione  radio  base  per  rete
radiomobile,  denominata  «Ripi  FR  046 G»,  installata  a Ripi, via
Casilina  km  95  +  400,  nonche'  di  tutti  gli  atti preparatori,
preordinati e presupposti, fra cui il regolamento comunale, approvato
con delibera consiliare n. 25/2002, la delibera di G.M. n. 102/2003 e
la delibera consiliare n. 32/2003;
        c)  quanto al ricorso n. 3784/2004: del provvedimento in data
16  giugno  2003,  successivamente  conosciuto,  con cui si invita la
ricorrente  a rinunciare alla installazione della stazione radio base
per  telefonia  mobile  di  via  Casilina  km 92+400 ed a spostare la
stazione  stessa  in  un  sito  diverso,  in  base  alla  «mappatura»
predisposta  dall'Ufficio,  nonche' del provvedimento privo di data -
anch'esso  successivamente  conosciuto  - di annullamento della forma
autorizzativa,  conseguente  alla Denuncia di inizio attivita' del 16
dicembre   2002   e  di  tutti  gli  atti  preordinati,  preparatori,
presupposti e consequenziali,
e per la condanna del comune di Ripi al risarcimento del danno;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore,   alla   pubblica   udienza  del  26  aprile  2004,  il
Consigliere  G.  De  Michele  e  uditi,  altresi', gli avvocati delle
parti, come da verbale di udienza in data odierna;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    La   vicenda   sottoposta   all'esame   del   Collegio   concerne
l'installazione  di  una  stazione  radio  base per rete radiomobile,
installazione  effettuata dalla S.p.A. Ericsson Telecomunicazioni nel
comune  di Ripi, via Casilina km 95+400, a seguito di una Denuncia di
inizio attivita' (D.I.A.), presentata il 16 dicembre 2002 a norma del
d.lgs. 4 settembre 2002, n. 198.
    Successivamente  -  ritenendo formato il silenzio assenso in data
16  marzo  2003 - la medesima societa' Ericsson iniziava il 10 giugno
2003 e completava il 30 giugno 2003 i lavori di cui trattasi, dandone
apposita  comunicazione,  rispettivamente, lo stesso giorno 10 giugno
2003 ed il 16 ottobre 2003.
    Gia'  in  data  9  ottobre 2003, tuttavia, era stato notificato a
detta  societa'  il  provvedimento  n. prot.  7781 del 6 ottobre 2003
(oggetto del ricorso n. 13126/2003, notificato, il 10 dicembre 2003),
con  il  quale  il responsabile del settore urbanistica del comune di
Ripi   invitava   all'osservanza   del   regolamento   comunale   per
l'installazione  e l'esercizio di impianti di radiotelecomunicazioni,
approvato  con  delibera consiliare n. 25 del 25 giugno 2002, nonche'
all'osservanza   del   piano   di   localizzazione   dei   siti   per
l'installazione di stazioni radio per la rete di telefonia cellulare,
approvato  con  delibera  di  G.M.  10  luglio  2003,  n. 102 ed alla
redazione   di   apposito  studio  per  la  Valutazione  ddi  impatto
ambientale,  ovvero  all'adeguamento  dell'impianto  alle normative e
regolamenti  comunali vigenti, entro trenta giorni dalla notifica del
provvedimento,   a   pena   di   annullamento   degli  atti  relativi
all'installazione della stazione radio base di cui trattasi.
    Come rilevato in corso di causa, peraltro, il provvedimento sopra
ricordato  era stato preceduto da un ordine di sospensione dei lavori
(n. prot.  4097  in  data  11  giugno 2003) e dall'annullamento della
«forma  autorizzativa»,  conseguente  alla D.I.A. (atto n. prot. 4765
del  30  giugno  2003):  provvedimenti, entrambi, non tempestivamente
comunicati   e   conosciuti   solo  in  via  successiva  dall'attuale
ricorrente,   che   avverso   gli  stessi  ha  proposto  impugnativa,
notificata il 31 marzo 2004 (ricorso n. 3784).
    In  precedenza,  ovvero  il  17  novembre  2003,  era  stato  poi
notificato  l'ordine di demolizione dell'impianto (atto n. prot. 8944
del 10 novembre 2003, oggetto del ricorso n. 700/04, notificato il 16
gennaio 2004).
    Avverso  gli  atti  sopra  indicati,  nelle  impugnative  vengono
prospettati i seguenti motivi di gravame:
    A)  con ricorso 13126/2003 (riferito al provvedimento n. 7781 del
6 ottobre 2003 ed agli atti presupposti specificati in epigrafe:
        1)  violazione  o  falsa interpretazione dell'art. 6, comma 1
del  d.lgs.  4  settembre  2202,  n. 198,  dell'art. 87 del d.lgs. 1°
agosto  2003, n. 259 e dell'art. 4 del d.l. 14 novembre 2003, n. 315,
per  avvenuta  formazione del silenzio assenso, in ordine alla D.I.A.
presentata  dalla  ricorrente,  ovvero  comunque, per prosecuzione ex
lege  della procedura avviata, dopo la dichiarata incostituzionalita'
del citato d.lgs. n. 198/2002;
        2)  violazione  dell'art. 97 della Costituzione ed eccesso di
potere  per  sviamento  e  carenza  di istruttoria, non essendo stata
adeguatamente  valutata  - sotto il profilo tecnico - l'idoneita' dei
siti prescelti, per l'installazione degli impianti di cui trattasi;
        3)  violazione dell'art. 41 della Costituzione, essendo stata
ostacolata la liberta' di iniziativa economica della ricorrente;
        4)  violazione degli articoli 3, 4 e 5 del d.lgs. n. 198/2002
e  dell'art. 8,  comma  6,  della  legge  22 febbraio 1001, n. 36, in
quanto  le  stazioni  radio base sarebbero compatibili «con qualsiasi
destinazione  urbanistica  e  ...  realizzabili  in  ogni  parte  del
territorio  comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad
ogni  altra  disposizione  di  legge  o di regolamento», senza alcuna
necessita' di valutazione dell'impatto ambientale;
        5)   gravi   motivi  ed  irreparabili  danni,  in  quanto  si
impedirebbe  l'operativita'  del sistema di telefonia mobile, entro i
termini stabiliti in concessione, in tutto il territorio comunale.
    B)   con   ricorso   n. 700/2004   (riferito  all'ingiunzione  di
demolizione  n. 8944  del  10  novembre  2003,  ed  ai  relativi atti
presupposti):
        1)    violazione   dell'art. 87   del   d.lgs.   n. 259/2003,
dell'art. 4  del d.l. n. 359/2003, nonche' degli articoli 3, comma 1,
lettera  e)  4  e  31  del  d.lgs. n. 380/2001; eccesso di potere per
errore  nei  motivi  e  nei  presupposti,  in  quanto  il permesso di
costruire, previsto dal t.u. per l'edilizia, sarebbe sostituito dalla
procedura  autorizzativa,  introdotta  dal codice delle comunicazioni
elettroniche;
        2)  violazione  dell'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 198/2002,
essendo   state   sanzionate   opere,   gia'   tacitamente  assentite
dall'Amministrazione;
        3)  violazione dell'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 198/2002,
della legge n. 349/1986, del d.P.C.m. in data 27 dicembre 1988, della
legge  n. 146/1994,  dell'art. 2-bis  della  legge  n. 189/1997,  del
d.P.R.   n. 348/1999   e   dell'art. 2-bis   del   D.L.  n. 115/1997,
convertito,   in   legge  n. 189/1997,  non  essendo  prevista  dalla
normativa  vigente,  per gli impianti di cui trattasi, la valutazione
di impatto ambientale;
        4)  violazione  del  d.lgs.  n. 198/2002 e dell'art. 97 della
Costituzione,   dovendo   ritenersi   applicabili   le   disposizioni
procedurali,  di  cui  al  d.lgs.  n. 198/2002,  anche in carenza del
provvedimento di localizzazione delle infrastrutture strategiche;
        5)  eccesso  di  potere  per  sviamento e carenza di pubblico
interesse,  essendo  stato manifestato un preciso intento di impedire
la realizzazione dell'impianto di cui trattasi;
        6)  violazione  degli  articoli  41  e 97 della Costituzione,
nonche' dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 198/2002, dell'art. 7 del
T.U.   sugli   Enti   locali  e  dell'art. 4  del  d.l.  n. 245/2002,
convertito,  in  legge n. 286/2002; eccesso e sviamento di potere, in
quanto  le  stazioni  radio  base sarebbero compatibili con qualsiasi
destinazione  urbanistica e realizzabili in ogni parte del territorio
comunale,  anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra
disposizione   di   legge   o   di   regolamento,   con   conseguente
impossibilita'   per   i  comuni  di  individuare  aree  determinate,
vincolanti  per  i  gestori,  per la localizzazione degli impianti in
questione,  essendo  l'art. 8  della  legge  n. 36/2001  abrogato dal
successivo  art. 3,  comma  2,  del d.lgs. n. 198/2002; in ogni caso,
poi,    dovrebbero    essere   salvaguardati   la   funzionalita'   e
l'economicita' degli impianti stessi;
        7)  eccesso  di  potere  per  carenza  di pubblico interesse,
illogicita' manifesta e sviamento, in quanto sarebbe stato perseguito
l'unico intento di «non rilasciare i provvedimenti richiesti»;
        8)  incompetenza,  violazione  dell'art. 4,  comma  1,  legge
n. 36/2001,   dell'art. 102,   comma   1,   del  d.P.R.  n. 616/1977,
dell'art. 4  della  legge  n. 833/1978,  dell'art. 1,  comma 4, della
legge  n. 59/1997,  dell'art. 83 del d.lgs. n. 112/1998, dell'art. 1,
comma  15,  della  legge  n. 249/1997  e  dell'art. 4  del  d.m.  del
Ministero  dell'ambiente  n. 381/1998,  nonche'  eccesso  di  potere,
essendo  competenza  esclusiva dello stato la tutela della salute dei
cittadini, senza alcuna potesta' derogatoria degli enti locali;
        9)  violazione  del  decreto  interministeriale n. 381/1998 e
della legge n. 249/1997, avendo il comune di Ripi ridotto i valori di
esposizione   del  50%  nelle  zone  piu'  sensibili,  «ove  dimorano
quotidianamente  e  continuamente  per  piu'  di  quattro ore persone
anziane,  deboli  o  minori», senza considerare che «ogni limitazione
basata   sulla   distanza   dal   sito   e  slegata  dalle  effettive
caratteristiche    tecniche    dell'impianto    e'    intrinsecamente
insufficiente a garantire il rispetto dei limiti di esposizione»;
        10)  eccesso  e  sviamento  di potere, illogicita' manifesta,
errore  nei motivi e nei presupposti, genericita', essendo vietata su
tutto  il territorio comunale solo l'ubicazione degli impianti idonei
per  la  Wind  Tlc.  S.p.A, con l'intento di danneggiare i gestori di
telefonia  mobile  che  si  avvalgano,  per  gli  impianti  ancora da
installare, della societa' ricorrente;
        11)   eccesso   di   potere  per  errore  nei  motivi  e  nei
presupposti; contraddittorieta' e carenza di istruttoria, non essendo
stato  condotto  dal  comune  alcun accertamento tecnico-scientifico,
circa   la   correlazione   tra   la   presenza   di  apparecchiature
elettromagnetiche e l'insorgenza di determinate patologie;
        12)  violazione  degli  articoli  3,  7,  8  e 10 della legge
n. 241/1990;  difetto di motivazione, contraddittorieta' e difetto di
istruttoria,  non  essendo  stata  resa  possibile all'interessata la
partecipazione al procedimento;
        13)  eccesso  e  sviamento di potere, errore nei motivi e nei
presupposti; illogicita' manifesta, essendo consentite nel territorio
comunale  emissioni  inquinanti  molto  piu'  rischiose per la salute
pubblica delle installazioni per la telefonia mobile;
        14)  e  15)  ancora  eccesso e sviamento di potere, dovendosi
ritenere  indice  di  disparita' di trattamento che gli altri gestori
possano  continuare  a far funzionare i propri impianti e non essendo
mai  stato evidenziato alcun nesso fra le emissioni di cui trattasi e
l'insorgenza  di  patologie,  mentre  molti studi attesterebbero - al
contrario - la innocuita' delle medesime;
        16)  violazione  dell'art. 4  della  legge  n. 493/1993, come
modificato  dall'art. 2,  comma  60, della legge n. 662/1996, nonche'
del  d.lgs.  n. 198/2002 e del d.lgs. n. 259/2002, essendo le reti di
telecomunicazione  assimilate  alle opere di urbanizzazione primaria,
che    non    necessiterebbero    di    conformita'   urbanistica   e
corrisponderebbero  ad attivita' di preminente interesse generale; le
opere   in  questione,  peraltro,  in  quanto  meri  volumi  tecnici,
marginali  rispetto alla consistenza degli edifici, su cui vengano ad
essere   installati,  sarebbero  realizzabili  previa  D.I.A.  e  non
risulterebbero  soggette  «allo  specifico  regime  della concessione
edilizia»;
        17)   violazione   dell'art. 31,   lettera   b)  della  legge
n. 457/1978,  del  d.lgs.  n. 198/2002  e  del d.lgs. n. 259/2003, in
quanto  le  opere  in  questione per la propria minima consistenza ed
impatto  sul  territorio  - non potrebbero che essere soggette a mera
autorizzazione, come previsto dal recente d.lgs, n. 259/2003;
        18)  gravi motivi ed irreparabili danni, con riferimento alla
proposta azione risarcitoria.
    C)  con  ricorso n. 3784/2004 (riferito all'ordine di sospensione
dei  lavori  n. 4097  in  data  11  giugno  2003  ed all'annullamento
dell'autorizzazione tacita n. prot. 4765 del 30 giugno 2003):
        1) eccesso di potere per genericita', errore nei motivi e nei
presupposti,  illogicita'  manifesta, contraddittorieta' e carenza di
pubblico  interesse,  nonche'  eccesso  di potere, in quanto verrebbe
annullata  «la  forma  autorizzativa  assunta con la comunicazione di
inizio   dei   lavori»,   mentre   non   verrebbe   revocata  affatto
«l'autorizzazione  edilizia  sulla  quale  si era formato il 16 marzo
2003   il   silenzio   assenso,   in   relazione  alla  richiesta  di
autorizzazione  presentata  il  16  dicembre  2002»;  detto  silenzio
assenso,  peraltro,  sarebbe  diventato  ormai  inoppugnabile,  anche
perche'  conforme  al  d.lgs. n. 259/2003, cui deve farsi riferimento
dopo  l'intervenuta  declaratoria  di  incostituzionalita' del d.lgs.
n. 198/2002,  a  norma dell'art. 4 del d.l. 14 novembre 2003, n. 315,
convertito, in legge 16 gennaio 2004, n. 5;
        2)   violazione   del   d.lgs.   n. 198/2002,  in  quanto  la
declaratoria  di  incostituzionalita' non travolgerebbe atti divenuti
ormai inoppugnabili;
        3)  violazione di legge sotto i medesimi profili, prospettati
nel terzo motivo di gravame del ricorso n. 700/2004;
        4) eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti,
come  conseguenza  dei  profili  di  illegittimita', di cui al motivo
precedente;
        5)  ancora  eccesso  di  potere  per  errore nei motivi e nei
presupposti,  nonche' illogicita' manifesta e sviamento di potere, in
quanto  verrebbe indicato - per la nuova collocazione dell'impianto -
un  sito inidoneo, non raggiungibile dal segnale delle altre stazioni
radio base, della tipologia che interessa la ricorrente;
        6)  violazione  di  legge,  sotto  i  medesimi  profili  gia'
prospettati  nell'ottavo  motivo  di gravame del ricorso n. 700/2004,
nonche'  per  violazione  degli articoli 3 e 4 del d.P.C.M. in data 8
luglio 2003;
        7)  ancora  violazione  di  legge,  sotto i medesimi profili,
prospettati nel nono motivo di gravame del ricorso n. 700/2004;
        8)  eccesso  di  potere, sotto i medesimi profili prospettati
nel decimo motivo di gravame del ricorso n. 700/2004;
        9)  ancora  eccesso  di  potere,  sotto  i  medesimi  profili
prospettati   nell'undicesimo   motivo   di   gravame   del   ricorso
n. 700/2004;
        10)  violazione  di  legge  ed  eccesso  di  potere,  sotto i
medesimi  profili  prospettati  nel  dodicesimo motivo di gravame del
ricorso n. 700/2004;
        11)  eccesso  e  sviamento  di  potere,  nonche'  carenza  di
pubblico interesse, in quanto in base sia alla normativa vigente, sia
ai  piu'  recenti studi pubblicati nel settore, sia secondo le ultime
raccomandazioni  dell'Unione  europea  in  materia  di esposizione ai
campi elettromagnetici, non sussisterebbe alcun rischio per la salute
dei  cittadini  di Ripi, per effetto della collocazione dell'impianto
di cui trattasi;
        12)  gravi  motivi  ed irreparabili danni, addotti a sostegno
della proposta azione risarcitoria.
    Il  comune  di  Ripi,  costituitosi  in giudizio limitatamente ai
ricorsi nn. 13126/2003 e 700/2004, chiede gli stessi siano dichiarati
inammissibili  o  infondati,  in base alle controdeduzioni di seguito
sintetizzate:
        omessa  tempestiva  impugnazione  del  provvedimento n. prot.
4765  del  30  giugno 2003, con cui veniva annullata l'autorizzazione
tacita, quale autonomo presupposto degli altri atti impugnati;
        necessita'  di  considerare  le antenne ricetrasmittenti, per
l'erogazione  del  servizio  pubblico  di  telefonia radiomobile e di
servizi  similari,  quale  opera che puo' essere autorizzata solo nel
rispetto   di   prevalenti  esigenze  di  tutela  dell'ambiente,  del
paesaggio e della salute pubblica;
        applicabilita', per quanto sopra, della legge 1° luglio 1997,
n. 189,   che   all'art. 2-bis   prevede   che   l'installazione   di
infrastrutture, generatrici di campi elettromagnetici, sia sottoposta
ad «opportune procedure di valutazione di impatto ambientale»;
        necessita'  di preventiva approvazione di un piano delle aree
comunali,  che  raccolga  l'elenco  dei siti potenzialmente idonei ad
ospitare impianti di telefonia cellulare;
        avvenuta  estinzione  del  procedimento  di cui trattasi alla
fine  del  mese  di giugno 2003, con conseguente inapplicabilita' del
d.l.  n. 315  del  14  novembre  2003 (convertito in legge 16 gennaio
2004,  n. 5),  che  nell'art. 4 assoggetta alla disciplina del d.lgs.
n. 259/2003   i  procedimenti  di  rilascio  di  autorizzazione  alla
installazione   di   infrastrutture  di  comunicazioni  elettroniche,
iniziati  (come  nel caso di specie) ai sensi del d.lgs. n. 198/2002,
ma  ancora  in  corso alla data di pubblicazione della sentenza della
Corte   costituzionale   1°   ottobre   2003,   n. 303,  dichiarativa
dell'incostituzionalita' del medesimo d.lgs. n. 198;
        quadro   normativo  ancora  «in  itinere»,  in  attesa  delle
pronunce   gia'   richieste  alla  medesima  Corte,  in  ordine  alla
costituzionalita'   del   Codice  delle  comunicazioni  elettroniche,
approvato con d.lgs. n. 259/2003;
        potesta' del comune - ex art. 8 della legge 22 febbraio 2001,
n. 36  -  di organizzare il sistema di teleradiocomunicazioni su base
locale,   attraverso   l'adozione   di   prescrizioni  regolamentari,
finalizzate a minimizzare il rischio di esposizione della popolazione
all'inquinamento elettromagnetico;
        mancata  partecipazione  della  ricorrente alla conferenza di
servizi  svoltasi  il 4 agosto 2003, nonostante formale invito del 16
luglio   2003,   ritualmente  notificato,  con  conseguente  rinuncia
dell'interessata  a  fornire  il  proprio  apporto  partecipativo  al
procedimento;
        riconosciuta  possibilita'  di  spostare l'impianto di cui si
discute  in  un  sito limitrofo, idoneo a soddisfare ogni esigenza di
natura tecnica;
        opportunita'  di sospendere il giudizio di merito ex art. 295
c.p.c.,   in   attesa  della  pronuncia  della  Suprema  Corte  sulla
costituzionalita'  del d.lgs. n. 259/2003, sulla base delle questioni
gia'  sollevate,  in  quanto  la legittimita' degli atti impugnati si
fonderebbe  «in  via  esclusiva  sulla  normativa predetta: ove se ne
dichiarasse l'incostituzionalita', l'intera procedura autorizzatoria,
in  virtu'  della  quale  la  stazione  radio  e' stata realizzata ne
risulterebbe travolta».

                            D i r i t t o

    Il  Collegio  ritiene  opportuno disporre, in via preliminare, la
riunione   dei   ricorsi   nn. 13126/2003,   700/2004   e  3784/2004,
specificati   in  epigrafe,  in  quanto  legati  da  connessione  sia
soggettiva che oggettiva ed inerenti questioni consequenziali.
    Nel  merito,  la  questione  sottoposta  all'esame  del  Collegio
postula  in  via  prioritaria  una  eccezione di incostituzionalita',
riferita  agli  articoli  87  e  88 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259
(Codice   delle   comunicazioni   elettroniche);  la  valutazione  da
effettuare,  circa  la  rilevanza  e la non manifesta infondatezza di
tale  eccezione - in rapporto alla complessa vicenda, riportata nella
parte  in  fatto  della  presente ordinanza - presuppone una sommaria
disamina  delle  argomentazioni difensive prospettate, nonche' alcuni
chiarimenti preliminari sul quadro normativo di riferimento.
    Sotto  il  primo  profilo,  il  «tema sostanziale» del contendere
finisce   per   ridursi,   come   piu'   avanti  meglio  specificato,
all'applicabilita'  o  meno  del  predetto Codice delle comunicazioni
elettroniche,  in  forma  assorbente  e  sostitutiva della disciplina
dettata  -  per  gli  impianti di telecomunicazione - dal Testo unico
dell'edilizia,   approvato   con   d.P.R.  n. 380/2001:  deve  essere
chiarito,  infatti,  se  in  mancanza di un provvedimento abilitativo
esplicito sia ammissibile, nella fattispecie, la configurazione di un
tacito   assenso,   anziche'   di  un  tacito  diniego,  quest'ultimo
autonomamente impugnabile, al pari della misura sanzionatoria oggetto
del ricorso n. 700/04.
    Sotto il secondo profilo, l'intera materia deve essere rapportata
a  due  recenti  pronunce della Corte costituzionale: in una - n. 307
del  7  ottobre  2003 --- vengono ribaditi i parametri del riparto di
competenze,  operanti  nella  disciplina  del  settore;  nell'altra -
n. 303  in  data 1° ottobre 2003 - si dichiara l'incostituzionalita',
per eccesso di delega in rapporto alla legge n. 443/2002, del decreto
legislativo  4  settembre  2002,  n. 198,  che  nell'art. 3, comma 2,
sanciva  la compatibilita' «con qualsiasi destinazione urbanistica» e
la  realizzabilita'  «in  ogni  parte  del territorio comunale» delle
infrastrutture   in   questione,  «anche  in  deroga  agli  strumenti
urbanistici  e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento»,
con  eccezione  prevista  solo  per  alcuni  manufatti di particolare
consistenza,   quali   torri   e  tralicci,  relativi  alle  reti  di
televisione digitale terrestre.
    Nelle  motivazioni  della citata sentenza n. 303/2003 si richiama
specificamente  proprio  l'art. 3,  comma 2, del d.lgs. n. 198, che -
nel  consentire  l'insediamento  generalizzato  sul  territorio degli
impianti  di  cui  si  discute  - sarebbe stato lesivo della potesta'
pianificatoria  della  Regione:  una  potesta' da esercitarsi anche a
livello di legislazione concorrente, in base al nuovo art. 117, comma
3,   della   Costituzione,   che  tra  le  materie  oggetto  di  tale
attribuzione  cita  il  «governo  del  territorio»,  la «tutela della
salute» l'«ordinamento della comunicazione».
    Si  deve quindi rilevare, in primo luogo, che la disciplina degli
impianti di telecomunicazione e radiotelevisivi coinvolge profili sia
di  tutela  dell'ambiente  che  di  governo del territorio, in quanto
impone   standards  di  protezione  dalle  onde  elettromagnetiche  -
uniformi  su  tutto  il territorio nazionale - a garanzia del diritto
alla  salute,  ma  anche  modalita'  di localizzazione degli impianti
stessi,  tali da consentire il rispetto sia dei parametri urbanistici
che  di  corrette  regole  di  produzione,  trasporto e distribuzione
nazionale  dell'energia, nonche' di ottimale diffusione delle reti di
comunicazione, secondo un ben preciso riparto di competenze.
    Come  ribadito  dalla predetta Corte nella sentenza n. 307/2003 -
in armonia peraltro con l'indirizzo giurisprudenziale, gia' formatosi
sulla  legge quadro n. 36/2001 - la determinazione degli standards di
protezione  dall'inquinamento  elettromagnetico  e'  competenza dello
Stato  (sotto  il  profilo  di  valori-soglia,  non  derogabili dalle
Regioni),  mentre  e'  materia  di  legislazione concorrente (ovvero,
rientrante   anche  nella  potesta'  legislativa  regionale,  ma  nel
rispetto  di  principi fondamentali, fissati da leggi dello Stato) il
trasporto dell'energia e l'ordinamento della comunicazione; e' infine
rimessa   alle   Regioni   e   agli   enti   territoriali  minori  la
localizzazione   degli   impianti,   come  questione  attinente  alla
disciplina   d'uso  del  territorio,  purche'  la  pianificazione,  a
quest'ultimo  riguardo  dettata;  non  sia  tale  «da  impedire  o da
ostacolare ingiustificatamente l'insediamento degli impianti stessi».
    L'interprete  e' quindi chiamato ad affrontare problematiche, che
attengono  sia  allo  sviluppo  del  territorio,  sia  a  fattori  di
inquinamento  ambientale,  questi  ultimi  solo  in  parte superabili
attraverso  il verificato rispetto dei parametri, fissati dallo Stato
come  «limiti  di  esposizione»  ai  campi  elettrici,  magnetici  ed
elettromagnetici,  mentre  sul piano dell'edificazione - gli impianti
tecnologici  di  cui  trattasi trovano parametri di riferimento anche
nelle  norme  urbanistico-edilizie, come recepite nel d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380.
    Queste  ultime prevedono una disciplina differenziata, in caso di
rapporto  di  strumentalita'  necessaria  degli  impianti  rispetto a
edifici    preesistenti    (situazione    rapportabile   a   caldaie,
condizionatori,  pannelli  solari  e  simili),  ovvero  di  autonomia
funzionale  dei  medesimi  quali  nuove  costruzioni  (come nel caso,
appunto,  di  tralicci  ed impianti, destinati ad essere parte di una
rete di infrastrutture).
    Solo  per  i  primi,  fra  gli  impianti  sopra indicati, risulta
applicabile  - in base al citato T.U. - la disciplina dettata per gli
interventi  edilizi  ritenuti  minori,  soggetti  a  mera denuncia di
inizio  attivita'  (cosiddetta D.I.A.) a norma dell'art. 4 del D.L. 5
ottobre  1993,  n. 398,  convertito,  con modificazioni dalla legge 4
dicembre  1993,  n. 493, come modificato dall'art. 2, comma 60, della
legge  23  dicembre  1996,  n. 662 ed integrato dall'art. 1, comma 6,
della legge 21 dicembre 2001, n. 443, fino all'entrata in vigore - il
30 giugno 2003 - del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - testo unico delle
disposizioni  legislative  in  materia  edilizia  -  che raccoglie le
disposizioni   legislative   e  regolamentari  contenute  nel  d.lgs.
n. 378/2001 e nel d.P.R. n. 379/2001. Per gli impianti come quelli di
cui  si  discute  (stazione  radio  base per telefonia cellulare), il
citato  d.lgs.  n. 378/2001  prescrive - nel combinato disposto degli
articoli  10  e 3, comma 1, lettere e.2, e.3 ed e.4. - il permesso di
costruire,   introdotto   dalla   medesima   normativa   come   nuova
qualificazione formale della concessione edilizia.
    In  relazione  alle  norme in questione, tuttavia, si deve tenere
conto  oggi delle sopravvenute procedure autorizzatorie, previste per
le  infrastrutture  di  cui  trattasi  dagli articoli 86, 87 e 88 del
codice  delle  comunicazioni  elettroniche,  approvato  con d.lgs. 1°
agosto  2003,  n. 259:  una  disciplina, quest'ultima, che affronta i
molteplici  profili  di  interesse  pubblico  coinvolti  e prevede al
riguardo   lo   svolgimento   di   apposite  conferenze  di  servizi,
circoscrivendo  una  peculiare  fattispecie,  soggetta  a denuncia di
inizio  attivita'  («installazione di impianti, con tecnologia UMTS o
altre,  con  potenza  in  singola  antenna  uguale  o inferiore ai 20
watt»),  mentre  per  le altre installazioni prevede il rilascio - in
forma  espressa o tacita - di un titolo abilitativo, qualificato come
autorizzazione.
    In rapporto al quadro normativo sopra sintetizzato, la dichiarata
incostituzionalita'    del   d.lgs.   n. 198/2002,   fa   cadere   le
argomentazioni  difensive,  che  nei  tre  ricorsi  in  esame vengono
rapportate    all'ampia   liberalizzazione   -   sotto   il   profilo
urbanistico/edilizio  - degli insediamenti di cui all'art. 3, comma 2
del   citato   d.lgs.,   mentre   deve   riconoscersi  la  competenza
pianificatoria  aggiuntiva  del comune, a norma dell'art. 8, comma 6,
della  legge  quadro  n. 36/2001, che affida appunto agli enti locali
minori  criteri  di  localizzazione  ottimale  degli  impianti di cui
trattasi,  con  finalita'  di  massima  restrizione dell'inquinamento
elettromagnetico,  ma  anche  di «corretto insediamento urbanistico e
territoriale» degli impianti stessi.
    Non  possono,  quindi, risultare conformi ad un quadro normativo,
da   cui  venga  espunto  il  citato  d.lgs.  n. 198/2002,  anche  le
prospettazioni   difensive   finalizzate  a  negare  la  potesta'  di
localizzazione   del  comune,  o  a  contestarne  il  contenuto  (con
argomentazioni,  a  quest'ultimo riguardo, generiche, o che avrebbero
potuto essere utilmente rappresentate - per un compiuto apprezzamento
tecnico - nella conferenza di servizi in data 4 agosto 2003, a cui la
ricorrente  non  ha  ritenuto di partecipare, benche' invitata dal 16
luglio 2003).
    Quando il comune resistente, d'altra parte, rivendica la sfera di
tutela   rimessa   alla   propria   regolamentazione,  non  puo'  che
richiamarsi  agli  obiettivi  enunciati  nell'art. 1 della piu' volte
citata  legge  n. 36/2001,  obiettivi  che partono dalla salvaguardia
dell'integrita' fisica e si' raccordano con le esigenze connesse alla
pianificazione  urbanistica,  ques'ultima  affidata  -  a  livello di
P.R.G.  -  alla  predisposizione  di  un  atto complesso, emanato dai
comuni  con  l'approvazione  della  Regione; ad entrambi i profili si
riallaccia,  poi,  l'ulteriore  regolamentazione di cui al piu' volte
citato  art. 8,  legge n. 36/2001, rapportata, in via evolutiva, alla
promozione  della  ricerca,  per la valutazione degli effetti a lungo
termine  dell'inquinamento  stesso,  ma anche alle esigenze di tutela
dell'ambiente  e  del  paesaggio,  da  preservare  con  modalita' che
tengano  conto  delle  innovazioni  tecnologiche, in grado di ridurre
l'impatto delle strutture di cui trattasi sui valori tutelati.
    Nella  predetta  dimensione  evolutiva,  il successivo articolo 3
della  medesima  legge  n. 36/2001 richiama non solo i gia' ricordati
limiti  insuperabili  di  esposizione (imposti dallo Stato e definiti
come  valori  di  campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico), ma
anche  i  «valori di attenzione» e gli «obiettivi di qualita» i primi
intesi  come  valori  di  campo  da non superare, a titolo di cautela
rispetto ai possibili effetti a lungo termine (in ambienti abitativi,
scolastici  o  comunque  adibiti  a permanenze prolungate); i secondi
individuati  sia  come ulteriori misure e prescrizioni, ai fini della
progressiva    riduzione    dell'esposizione,    sia   come   criteri
localizzativi ottimali, sulla base delle tecnologie disponibili.
    E'  dunque  ammesso  che  i comuni adottino misure programmatorie
integrative  per  la localizzazione degli impianti di cui si discute,
in  modo tale da minimizzare l'esposizione dei cittadini residenti ai
campi  elettromagnetici, ma anche in un'ottica di ottimale disciplina
d'uso  del  territorio  (cfr.  Cons.  St.,  sez.  VI,  3 giugno 2002,
n. 3095; 20 dicembre 2002, n. 7274; 26 agosto 2003, n. 4841).
    Nella  situazione in esame, risulta effettuata l'installazione di
una  stazione  radio  base  per telefonia mobile, sulla base del piu'
volte citato d.lgs. n. 198/2002, con avvenuto decorso dei termini, al
di la' dei quali detta normativa consentiva di avviare e concludere i
lavori, come nella situazione in esame avvenuto.
    Il  comune,  tuttavia,  ha  esercitato  la  propria  potesta'  di
autotutela,  annullando  -  prima  della  citata sentenza della Corte
costituzionale  n. 303/2003  - la «forma autorizzativa», cui le opere
in  questione  sarebbero state riconducibili, ma proseguendo comunque
l'iter  della  procedura  in questione, sulla base delle disposizioni
normative  ritenute  applicabili  (disposizioni regolamentari dettate
dal  comune  stesso  per  una  migliore localizzazione dell'impianto,
nonche'  art. 2-bis  della  legge  1° luglio  1997,  n. 189, circa la
necessita'  di acquisire apposita valutazione di impatto ambientale e
T.U. dell'edilizia, prescrittivo del permesso di costruire).
    In  tale  situazione,  il  Collegio  ritiene superate le censure,
basate   sulla   prospettata   sussistenza  di  una  situazione  gia'
consolidata  per  intervenuto silenzio assenso, alla data (1° ottobre
2003)  della  declaratoria  di  incostituzionalita'  del  piu'  volte
ricordato d.lgs. n. 198/2002.
    Non puo' dirsi infatti, come vorrebbe l'attuale parte ricorrente,
che  il  mero  decorso  dei  termini - al di la' dei quali si ammette
l'esecuzione  delle  opere,  dopo  una Denuncia di inizio attivita' o
un'istanza di autorizzazione non evasa entro il termine, cui la legge
ricolleghi    formazione    del    silenzio   assenso   -   determini
quell'esaurimento  del  rapporto,  che  si oppone alla retroattivita'
degli   effetti   delle   sentenze   dichiarative  di  illegittimita'
costituzionale   (cfr.,   per  il  principio,  Cons.  St.,  sez.  VI.
14 novembre  1992,  n. 898; Tribunale amministrativo regionale Lazio,
Roma,  sez.  I,  19 luglio  1989,  n. 1049;  Tribunale amministrativo
regionale  Sicilia,  Palermo,  12 febbraio  1993,  n. 77 e 12 gennaio
1989,  n. 5;  Tribunale  amministrativo  regionale Campania, Salerno,
29 marzo 1990, n. 127).
    Quanto  sopra,  in base ai principi pacificamente riconosciuti in
materia   di   potesta'   di   autotutela,  non  soggetta  a  termini
decadenziali  in  ordine  a  vizi genetici degli atti amministrativi,
nonche'   in   presenza,   come   nel  caso  di  specie,  di  precise
manifestazioni  di  volonta'  dell'Amministrazione stessa, preclusive
della   consolidazione  del  rapporto  di  cui  trattasi  (ordine  di
sospensione lavori in data 11 giugno 2003 e annullamento della «forma
autorizzativa»  tacita,  riconducibile alla relativa istanza, in data
30 giugno 2003; quanto sopra, indipendentemente dalla tempestiva - in
effetti non documentata - notifica dei provvedimenti in questione, la
cui  impugnazione  con  ricorso n. 3784/2004 non puo', quindi, essere
ritenuta tardiva, come eccepito dal Comune resistente).
    Ugualmente    infondate,   tuttavia,   risultano   le   ulteriori
controdeduzioni   comunali,   riferite   ad  inapplicabilita'  -  per
intervenuta  conclusione  del  procedimento  -  del  D.L.  n. 315 del
14 novembre  2003,  convertito, in legge 16 gennaio 2004, n. 5, nella
parte   in   cui  (art. 4)  assoggetta  alla  disciplina  del  d.lgs.
n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) le procedure di
rilascio  di  autorizzazioni  alla installazione di infrastrutture di
comunicazioni  elettroniche, iniziate ai sensi del d.lgs. n. 198/2002
e  non  ancora  concluse  (come  risulterebbe,  nel caso di specie, a
seguito  dell'atto  di  autotutela  del  30 giugno 2003) alla data di
pubblicazione  della  sentenza  della Corte costituzionale 1° ottobre
2003, n. 303.
    La  medesima  Amministrazione,  infatti, ancora in data 6 ottobre
2003  emetteva  il  provvedimento n. 7781 del 6 ottobre 2003, oggetto
del  ricorso  n. 13126/2003,  con  cui  il  responsabile  del settore
urbanistica  del Comune di Ripi invitava la ricorrente all'osservanza
del   regolamento  comunale  per  l'installazione  e  l'esercizio  di
impianti di radiotelecomunicazioni, approvato con delibera consiliare
n. 25  del  25 giugno  2002,  nonche'  all'osservanza  del  piano  di
localizzazione  dei siti per l'installazione di stazioni radio per la
rete di telefonia cellulare, approvato con delibera di G.M. 10 luglio
2003,  n. 102 ed alla redazione di apposito studio per la Valutazione
di   impatto  ambientale  ex  art. 2-bis  legge  n. 189/1997  (norma,
quest'ultima, abrogata ex art. 12, comma 4, d.lgs. 198/2002 cit., con
decorrenza  14 settembre  2002),  ovvero  all'adeguamento del proprio
impianto  alle normative e regolamenti comunali vigenti, entro trenta
giorni dalla notifica del provvedimento, a pena di annullamento degli
atti  relativi  all'installazione  della  stazione radio base, di cui
alla originaria Denuncia di inizio attivita' (D.I.A.).
    I   presupposti   normativi   recepiti  dall'Amministrazione,  in
effetti, potevano apparire contraddetti, nei punti gia' in precedenza
indicati,  dal  d.lgs.  n. 198/2002,  ancora  in  vigore alla data di
emanazione  dei primi atti impugnati, ma gia' fondatamente sottoposto
al vaglio della Suprema Corte e dichiarato incostituzionale prima che
il procedimento di cui trattasi fosse concluso.
    Nell'ottica   sopra   indicata,   pertanto,  dopo  la  dichiarata
incostituzionalita'  del  d.lgs.  n. 198/2002  non poteva non trovare
applicazione  l'art. 4  del D.L. 14 novembre 2003, n. 315, convertito
in  legge  16 gennaio  2004,  n. 5,  che  espressamente  sottopone la
procedura stessa - ove, come nella fattispecie, iniziata ai sensi del
d.lgs.  n. 198/2002 ed in corso alla data di pubblicazione della gia'
citata  sentenza  della  Corte  costituzionale n. 303/2003 - allo ius
superveniens  contenuto  nel Codice delle comunicazioni elettroniche,
approvato con d.lgs. n. 259/2003.
    La  normativa  in  questione, a sua volta, negli articoli 87 e 88
disciplina  puntualmente  la procedura autorizzativa di cui trattasi,
con  modalita'  procedurali  che  appaiono in larga parte reiterative
delle  disposizioni,  contenute  negli  articoli  5 e 6 del ricordato
d.lgs.  n. 198/2002,  peraltro non ancora dichiarato incostituzionale
alla  data  di  emanazione  del  predetto  Codice;  tali modalita' in
particolare,  proponendosi  il  raccordo fra tutte le Amministrazioni
interessate  tramite  conferenza  di  servizi,  dovrebbero  ritenersi
esaustive  -  anche  in  conformita'  agli intenti di semplificazione
attuativi della delega - per la regolare installazione degli impianti
in  questione,  con  conseguente  assorbimento della sub-procedura di
valutazione  di  impatto  ambientale,  di cui all'abrogato art. 2-bis
della  legge  1° luglio  1997,  n. 189  (circa la non riviviscenza di
norme,  abrogate  da  una  legge dichiarata incostituzionale - quanto
meno  quando,  come  nella  situazione  in esame, l'invalidita' della
norma  non  sia  direttamente  riferibile all'abrogazione stessa cfr.
Cass.  Civ.,  sez.  I,  14 novembre  1989,  n. 4854 e 30 maggio 1989,
n. 2647).
    Non puo' ritenersi assorbita, invece, la problematica inerente il
permesso di costruire, pure ritenuto necessario dal comune resistente
(cfr.,  in particolare, l'impugnata delibera n. 8944/2003) e previsto
per  tutte  le  installazioni in questione dal piu' volte citato T.U.
dell'edilizia,  con  inutile  decorso di un dato termine equiparato a
silenzio  rifiuto,  come  tale  suscettibile  di impugnazione; a tale
permesso il Codice delle comunicazioni ettroniche contrappone istanza
di  autorizzazione o denuncia di inizio attivita', in entrambi i casi
con  possibilita'  di  effettuare  l'intervento,  in  caso di mancata
risposta  espressa  dell'Amministrazione  entro  un certo termine. In
considerazione  delle  finalita' della delega, in effetti, nonche' in
base  alla formulazione del testo normativo in esame (che non esclude
profili   di   disciplina  urbanistica,  in  quanto  circoscrive  una
fattispecie  di  D.I.A.)  appare  ragionevole ritenere che alla nuova
procedura,   da   ultimo  indicata,  non  possa  sommarsi  il  titolo
abilitativo,  di cui ai citati articoli 10 e 3 del d.lgs. n. 378/2001
ed  in  tal  senso si e' orientata la giurisprudenza, che ravvisa una
disciplina  esaustiva, per gli interventi di cui trattasi, nei citati
articoli 87 e 88 del d.lgs. n. 259/2003.
    Non risulta intervenuta, tuttavia, quella espressa abrogazione di
tutte le norme incompatibili che l'art. 41, comma 2, lettera d) della
legge delega n. 166/2002 impone formalmente.
    Premesso  quanto  sopra,  il  Collegio ritiene che l'eccezione di
incostituzionalita',  riferita  ai citati articoli 87 e 88 del d.lgs.
n. 259/2003 sia rilevante e non manifestamente infondata, in rapporto
agli articoli 3, 76, 97 e 117 della Costituzione.
    La  prima  questione  che si pone e', nei termini gia' accennati,
quella  della corretta e razionale attuazione della delega, contenuta
nell'art. 41  della legge 1° agosto 2002, n. 166, in conformita' alle
intenzioni   del  legislatore  nonche'  alle  esigenze  del  settore,
sottoposto a regolamentazione.
    Quanto  sopra,  con  riferimento  alla  gia'  ricordata,  duplice
valenza   delle   installazioni  in  questione:  come  infrastrutture
edilizie,  considerate  opere di urbanizzazione primaria e soggette a
permesso  di  costruire, in base al T.U. dell'edilizia, approvato con
d.P.R.  6 giugno  2001, n. 380 e come parti di una rete di servizi di
comunicazione  elettronica,  oggetto  di una complessa disciplina per
consentire  sia  l'efficienza  del  servizio  stesso,  considerato di
rilevante   interesse  pubblico,  sia  la  tutela  della  salute  dei
cittadini,  in  relazione  agli effetti - non ancora del tutto noti -
dell'emissione di onde elettromagnetiche.
    Per  quanto  riguarda  il profilo urbanistico-edilizio, il Codice
delle   comunicazioni   elettroniche   (d.lgs.   n. 259/2003)  sembra
introdurre  rilevanti  deroghe  alla  disciplina - sia previgente che
successiva alla dichiarata incostituzionalita' del d.lgs. n. 198/2002
-  degli  impianti  di  cui  trattasi,  ad  avviso del Collegio senza
adeguato  supporto  nella  ricordata  legge  delega e senza opportuno
coordinamento,  ne'  deroga espressa, rispetto al Testo unico (d.lgs.
n. 380/2001),   predisposto   con   specifico   riferimento  a  detta
disciplina urbanistica.
    Un fondamentale contenuto del citato T.U. dell'edilizia, infatti,
e'  quello  della  individuazione  di due soli titoli abilitativi per
l'edificazione:   permesso   di   costruire  e  D.I.A.,  quest'ultima
configurata  come  mera denuncia legittimante, per interventi edilizi
minori puntualmente identificati.
    Eliminato   dall'ordinamento   dovrebbe   risultare   il  binomio
concessione/autorizzazione  edilizia,  concettualmente  improprio  in
rapporto  alla  natura comunque autorizzatoria del titolo abilitativo
in   questione  (da  intendere  come  mera  rimozione  di  un  limite
all'esercizio  di  un  diritto  e non secondo lo schema concessorio -
come  conferimento  del  diritto  stesso); quanto sopra, dopo la nota
sentenza  della  Corte costituzionale n. 5 del 25 gennaio 1980 che ha
ricondotto  lo ius aedificandi tra le facolta', insite nel diritto di
proprieta'.
    L'introduzione  del  termine  «permesso  di  costruire» dovrebbe,
dunque,   considerarsi   ormai   corrispondente   ad   un   principio
fondamentale  della legislazione statale, in quanto sottolinea la non
rintracciabilita'  di  alcun  fenomeno concessorio nel rilascio di un
titolo  abilitativo  per  costruire,  nei  limiti  riconosciuti dalla
Costituzione e dalla legge.
    Ugualmente  fondamentale  appare  la  configurazione del silenzio
dell'Amministrazione    come    silenzio    rifiuto,   immediatamente
impugnabile  davanti  al  giudice  amministrativo  (art. 21, comma 9,
d.lgs.  n. 380  cit.),  con  ulteriore  possibilita'  di attivare gli
interventi sostitutivi della Regione (art, 21, u.c., d.lgs. cit.): si
accordano  al  cittadino,  infatti, rimedi piu' rapidi ed efficaci in
caso  di  ostacolato,  legittimo  esercizio  dello ius aedificandi in
termini  congrui,  ma  si  richiede  che  l'interesse pubblico per un
corretto  sviluppo  edificatorio dei suoli sia tutelato attraverso un
atto   di   verifica,  il  cui  esito  deve  trovare  formalizzazione
esplicita,  circa la regolarita' dell'intervento progettato; solo per
gli  interventi  edilizi  ritenuti  minori,  in  quanto  per  lo piu'
modificativi  di  trasformazioni  gia'  intervenute  nell'assetto dei
luoghi,  si  ammette  una sorta di autocertificazione di legittimita'
(cosiddetta   D.I.A.),   che   consente   l'edificazione  con  schemi
comparabili a quelli del silenzio assenso.
    In  base  al gia' citato combinato disposto degli articoli 1 e 10
del  d.lgs.  6 giugno  2001,  n. 378,  «l'installazione  di  torri  e
tralicci  per  impianti  radioricetrasmittenti  e di ripetitori per i
servizi  di  telecomunicazione»  viene  espressamente catalogata come
intervento  di  nuova costruzione, da cui discende una trasformazione
edilizia  ed  urbanistica  del  territorio,  richiedente  permesso di
costruire.
    Negli  articoli  87  e  88  del d.lgs. n. 259/2003 - parzialmente
reiterativo  dell'art. 3 d.lgs. n. 198/2002 - viene invece riproposta
la nozione di autorizzazione, in precedenza riservata agli interventi
edilizi   minori   (manutentivi,  di  risanamento  conservativo  o  a
carattere  pertinenziale), successivamente assoggettati a D.I.A., con
mantenimento  dell'istituto  del  silenzio  assenso, pure mutuato dal
d.lgs. n. 198/2002.
    La   nuova   normativa,   in   effetti,  non  contiene  anche  la
generalizzata  facolta'  di  localizzare le opere di cui trattasi «in
ogni  parte  del  territorio comunale, anche in deroga agli strumenti
urbanistici  e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento»,
ma  -  al  di  la'  del  «nomen  iuris»,  (che  anche nel permesso di
costruire,  come gia' ricordato, sottintende un fatto autorizzativo e
non  concessorio)  -  costruisce  con  diversa  struttura  e  diverse
garanzie  la  disciplina  del  titolo  abilitativo, richiesto per gli
impianti  di  telecomunicazione,  rispetto a quanto previsto per ogni
altra modalita' di trasformazione del territorio.
    Quanto sopra mentre la delega, contenuta nell'art. 41 della legge
1° agosto  2002,  n. 166  non  affida  al  legislatore  delegato  una
revisione  della disciplina urbanistico-edilizia (gia' operata con il
relativo  Testo  unico)  e - la' dove dovesse ritenersi permissiva di
revisione  dello  schema  autorizzatorio,  relativo  al  permesso  di
costruire  (nell'ottica  di  «previsione di procedure tempestive, non
discriminatorie  e trasparenti», nonche' di «regolazione uniforme dei
...procedimenti  ...relativi  al  rilascio  di  autorizzazioni per la
installazione  delle  infrastrutture  di  reti  mobili»,  di  cui  al
medesimo  art. 41,  comma 2, lettera a), nn. 3 e 4) - impone comunque
l'abrogazione  espressa  (nella  fattispecie  non  effettuata)  delle
disposizioni incompatibili.
    Quando  sopra,  senza  considerare  che la competenza a ridurre o
ampliare   l'ambito   degli   interventi   edilizi  ritenuti  minori,
effettuabili  previa  mera Denuncia di inizio attivita', non puo' che
essere  attribuita  alla  Regione,  in  base  al  ruolo alla medesima
riconosciuto  in  tema  di governo del territorio, secondo l'art. 117
della  Costituzione ed i principi recepiti nella legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3; non diversamente, del resto, dispone l'art. 1,
comma  12, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, con riferimento alle
opere soggette a D.I.A.
    Non   sembra   senza   rilievo,  inoltre,  il  differente  regime
sanzionatorio  che  -  in  tema  di  reati  di  abusivismo edilizio -
l'art. 44 del piu' volte citato T.U. dell'edilizia ricollega ad opere
eseguite   senza  permesso  di  costruire:  sanzioni  che  dovrebbero
riferirsi  anche  agli impianti ricetrasmittenti posizionati senza il
titolo  in  questione,  in base al medesimo T.U. e che non sarebbero,
invece,  applicabili  ove  si  considerino  i medesimi impianti anche
tacitamente  assentiti,  previa  istanza  di autorizzazione o D.I.A.,
ovvero   soggetti   a  sanzioni  minori,  in  base  al  Codice  delle
comunicazioni elettroniche, con conseguente incidenza di quest'ultimo
anche  in  materia  penale,  al  di  la' dei limiti della delega, che
restringe   l'intervento   in   tale   materia  all'ipotesi,  di  cui
all'art. 41,  comma  2,  lettera  c)  della  legge  n. 166/2002,  con
riferimento  alle  fattispecie  disciplinate dall'art. 195 del d.lgs.
29 marzo 1973, n. 156.
    Ove  peraltro,  per  superare le argomentazioni sopra esposte, si
volesse   ritenere   ancora  necessario  il  permesso  di  costruire,
ugualmente   i   menzionati   articoli  87  e  88  del  Codice  delle
comunicazioni  elettroniche  risulterebbero non conformi alla delega,
prescrivendo quest'ultima la formazione di una disciplina «uniforme»,
per  il rilascio delle autorizzazioni, relative alle installazioni in
questione,   con   coinvolgimento   di   tutte   le   Amministrazioni
interessate,  affinche'  possano  confluire  in  un unico, piu' agile
procedimento   tutti  gli  interessi  pubblici  tutelati,  da  quelli
ambientali in senso lato a quelli strettamente urbanistici.
    Anche  a  quest'ultimo  riguardo  alcune ulteriori considerazioni
possono  formularsi,  infine,  con  riferimento  agli articoli 3 e 97
della Costituzione.
    Quanto  sopra,  in  considerazione  del  recente  indirizzo,  che
individua  maggiori  spazi  di  sindacabilita'  della norma sul piano
della  conformita'  ai  precetti  costituzionali, con riferimento non
solo  a  vere  e proprie forme di contraddittorieta' logica, ma anche
alla  discrasia  fra  mezzi  e fini perseguiti. Detta sindacabilita',
dunque,   si   evolve   dalla   individuazione   di   fattispecie  di
incostituzionalita',  tradizionalmente ravvisate nella violazione del
principio  di  razionalita'  desunto  dall'art. 3, primo comma, della
Costituzione, verso il riconoscimento di un piu' penetrante riscontro
della  Suprema  Corte  in  rapporto  al  principio ragionevolezza: un
principio, quello appena indicato, che e' riconducibile agli articoli
3  e  97  della  Costituzione  stessa,  dovendo coniugarsi in base al
combinato disposto di tali articoli imparzialita' e non arbitrarieta'
della disciplina adottata.
    La  «ratio  legis»,  assunta  come  parametro  di riscontro della
norma,   apre  indubbiamente  nuove  prospettive  di  verifica  della
regolarita'  della  produzione  normativa,  su una linea che induce a
configurare un vero e proprio vizio di eccesso di potere legislativo,
rapportato  a  quei  parametri di corretto esercizio del potere che -
pur  trovando  piu'  ampia  applicazione  nell'ambito  dell'attivita'
amministrativa   -  risultano  in  qualche  misura  estensibili  alla
produzione  normativa  di  rango  primario  (la'  dove,  appunto, sia
possibile  individuare uno sviamento dal fine perseguito, inteso come
limite costituzionale della discrezionalita' del legislatore sotto il
profilo  funzionale). I parametri di costituzionalita' sopra indicati
trovano,  indubbiamente,  ampi margini di applicazione in rapporto al
settore   -  in  continua  espansione  -  della  normativa  delegata,
attraverso  cui il Governo e' chiamato a dare concreta applicazione a
determinate  linee-guida,  dettate  dal  Parlamento,  di  modo che il
rispetto della ratio della legge delega implica un immediato concreto
riscontro dell'indicato criterio di ragionevolezza.
    Tenuto  conto  delle  argomentazioni  esposte,  appare  difficile
negare   che  la  normativa,  attualmente  sottoposta  all'esame  del
Collegio,  non  sia satisfattiva delle finalita' indicate nella legge
delega,  con  specifico  riferimento allo snellimento procedurale, ma
anche  alla certezza ed alla trasparenza degli adempimenti, richiesti
per  la realizzazione di impianti di telecomunicazione. Gli operatori
del  settore,  infatti,  sono stati lasciati nell'incertezza, circa i
titoli  abilitativi  richiesti,  nonche'  sulla  effettiva estensione
della potesta' di controllo dell'ente locale, per la collocazione sul
proprio territorio di opere di rilevante interesse pubblico, ma anche
di  sicuro  impatto  ambientale,  come  le  reti ricetrasmittenti, in
rapporto  alle  quali, peraltro, la disciplina delle emissioni sembra
avere,   in   qualche  modo,  oscurato  i  pur  delicati  profili  di
trasformazione d'uso del territorio in senso puramente urbanistico.
      In tale situazione, e' sempre piu' frequente che, come nel caso
di    specie,    sorga   un   contrasto   fra   detti   operatori   e
l'Amministrazione,  poiche' i primi installano gli impianti di cui si
discute,  considerandoli  tacitamente  assentiti  (come  consente  di
ritenere  il  Codice  delle  comunicazioni  elettroniche),  mentre la
seconda  emette  misure  sanzionatorie, ritenendo i medesimi impianti
oggetto   di   tacito   diniego   (come   vorrebbe   il  Testo  unico
dell'edilizia,  che  pero'  dovrebbe  ritenersi  superato dalla nuova
normativa).
    Ad  avviso  del  Collegio,  la  complessita'  della disciplina di
riferimento  rende  piu'  che  giustificato  il previsto rilascio del
permesso  di  costruire,  con i conseguenti, gia' illustrati dubbi di
costituzionalita' circa la disciplina, dettata negli articoli 87 e 88
del  d.lgs.  1° agosto  2003, n. 259, nella parte in cui equipara gli
impianti  di  telecomunicazione  ad  interventi edilizi minori, anche
tacitamente  assentibili,  ovvero  oggetto  di  autocertificazione di
legittimita'; per tale ragione il Collegio ritiene di dover attendere
-  per  la  soluzione della controversia in esame - il giudizio della
Suprema   Corte,  cui  vengono  rimesse  le  descritte  questioni  di
costituzionalita',  in  ordine  ai citati articoli 87 e 88 del d.lgs.
1° agosto 2003, n. 259, con riferimento agli articoli 3, 76, 97 e 117
della Costituzione.