IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 13126/03, 700/04 e 3784/04, proposti dalla S.p.A. Ericsson Telecomunicazioni in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti G. Contardi e F. Alesi, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Tuscolana n. 1020; Contro il Comune di Ripi, in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio limitatamente ai ricorsi nn. 13126/2003 e 700/2004, rappresentato e difeso dall'avvocato P. Frattarelli e selettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, via degli Scipioni n. 268/A; per l'annullamento: a) quanto al ricorso n. 13126/2003: del provvedimento n. prot. 7781 del 6 ottobre 2003, notificato il 9 ottobre 2003, con cui il responsabile del settore urbanistica del comune di Ripi invita la ricorrente all'osservanza del regolamento comunale per l'installazione e l'esercizio di impianti di radiotelecomunicazioni, approvato con delibera consiliare n. 25 del 25 giugno 2002, nonche' all'osservanza del piano di localizzazione dei siti per l'installazione di stazioni radio per la rete di telefonia cellulare, approvato con delibera di G.M. 10 luglio 2003, n. 102 ed alla redazione di apposito studio per la Valutazione di impatto ambientale, ovvero all'adeguamento del proprio impianto alle normative e regolamenti comunali vigenti, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, a pena di annullamento degli atti relativi all'installazione della stazione radio base, di cui alla Denuncia di inizio attivita' (D.I.A.), presentata dalla medesima ricorrente il 16 dicembre 2002, nonche' per l'annullamento di tutti gli atti preparatori, preordinati e presupposti, fra cui specificamente le citate delibere di C.C. n. 25/2002 e di G.M. n. 102/2003; b) quanto il ricorso n. 700/2004: dell'ordinanza di demolizione n. prot. 8944 del 10 novembre 2003, notificata il 17 novembre 2003, concernente la stazione radio base per rete radiomobile, denominata «Ripi FR 046 G», installata a Ripi, via Casilina km 95 + 400, nonche' di tutti gli atti preparatori, preordinati e presupposti, fra cui il regolamento comunale, approvato con delibera consiliare n. 25/2002, la delibera di G.M. n. 102/2003 e la delibera consiliare n. 32/2003; c) quanto al ricorso n. 3784/2004: del provvedimento in data 16 giugno 2003, successivamente conosciuto, con cui si invita la ricorrente a rinunciare alla installazione della stazione radio base per telefonia mobile di via Casilina km 92+400 ed a spostare la stazione stessa in un sito diverso, in base alla «mappatura» predisposta dall'Ufficio, nonche' del provvedimento privo di data - anch'esso successivamente conosciuto - di annullamento della forma autorizzativa, conseguente alla Denuncia di inizio attivita' del 16 dicembre 2002 e di tutti gli atti preordinati, preparatori, presupposti e consequenziali, e per la condanna del comune di Ripi al risarcimento del danno; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune intimato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 26 aprile 2004, il Consigliere G. De Michele e uditi, altresi', gli avvocati delle parti, come da verbale di udienza in data odierna; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o La vicenda sottoposta all'esame del Collegio concerne l'installazione di una stazione radio base per rete radiomobile, installazione effettuata dalla S.p.A. Ericsson Telecomunicazioni nel comune di Ripi, via Casilina km 95+400, a seguito di una Denuncia di inizio attivita' (D.I.A.), presentata il 16 dicembre 2002 a norma del d.lgs. 4 settembre 2002, n. 198. Successivamente - ritenendo formato il silenzio assenso in data 16 marzo 2003 - la medesima societa' Ericsson iniziava il 10 giugno 2003 e completava il 30 giugno 2003 i lavori di cui trattasi, dandone apposita comunicazione, rispettivamente, lo stesso giorno 10 giugno 2003 ed il 16 ottobre 2003. Gia' in data 9 ottobre 2003, tuttavia, era stato notificato a detta societa' il provvedimento n. prot. 7781 del 6 ottobre 2003 (oggetto del ricorso n. 13126/2003, notificato, il 10 dicembre 2003), con il quale il responsabile del settore urbanistica del comune di Ripi invitava all'osservanza del regolamento comunale per l'installazione e l'esercizio di impianti di radiotelecomunicazioni, approvato con delibera consiliare n. 25 del 25 giugno 2002, nonche' all'osservanza del piano di localizzazione dei siti per l'installazione di stazioni radio per la rete di telefonia cellulare, approvato con delibera di G.M. 10 luglio 2003, n. 102 ed alla redazione di apposito studio per la Valutazione ddi impatto ambientale, ovvero all'adeguamento dell'impianto alle normative e regolamenti comunali vigenti, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, a pena di annullamento degli atti relativi all'installazione della stazione radio base di cui trattasi. Come rilevato in corso di causa, peraltro, il provvedimento sopra ricordato era stato preceduto da un ordine di sospensione dei lavori (n. prot. 4097 in data 11 giugno 2003) e dall'annullamento della «forma autorizzativa», conseguente alla D.I.A. (atto n. prot. 4765 del 30 giugno 2003): provvedimenti, entrambi, non tempestivamente comunicati e conosciuti solo in via successiva dall'attuale ricorrente, che avverso gli stessi ha proposto impugnativa, notificata il 31 marzo 2004 (ricorso n. 3784). In precedenza, ovvero il 17 novembre 2003, era stato poi notificato l'ordine di demolizione dell'impianto (atto n. prot. 8944 del 10 novembre 2003, oggetto del ricorso n. 700/04, notificato il 16 gennaio 2004). Avverso gli atti sopra indicati, nelle impugnative vengono prospettati i seguenti motivi di gravame: A) con ricorso 13126/2003 (riferito al provvedimento n. 7781 del 6 ottobre 2003 ed agli atti presupposti specificati in epigrafe: 1) violazione o falsa interpretazione dell'art. 6, comma 1 del d.lgs. 4 settembre 2202, n. 198, dell'art. 87 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 e dell'art. 4 del d.l. 14 novembre 2003, n. 315, per avvenuta formazione del silenzio assenso, in ordine alla D.I.A. presentata dalla ricorrente, ovvero comunque, per prosecuzione ex lege della procedura avviata, dopo la dichiarata incostituzionalita' del citato d.lgs. n. 198/2002; 2) violazione dell'art. 97 della Costituzione ed eccesso di potere per sviamento e carenza di istruttoria, non essendo stata adeguatamente valutata - sotto il profilo tecnico - l'idoneita' dei siti prescelti, per l'installazione degli impianti di cui trattasi; 3) violazione dell'art. 41 della Costituzione, essendo stata ostacolata la liberta' di iniziativa economica della ricorrente; 4) violazione degli articoli 3, 4 e 5 del d.lgs. n. 198/2002 e dell'art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 1001, n. 36, in quanto le stazioni radio base sarebbero compatibili «con qualsiasi destinazione urbanistica e ... realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento», senza alcuna necessita' di valutazione dell'impatto ambientale; 5) gravi motivi ed irreparabili danni, in quanto si impedirebbe l'operativita' del sistema di telefonia mobile, entro i termini stabiliti in concessione, in tutto il territorio comunale. B) con ricorso n. 700/2004 (riferito all'ingiunzione di demolizione n. 8944 del 10 novembre 2003, ed ai relativi atti presupposti): 1) violazione dell'art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, dell'art. 4 del d.l. n. 359/2003, nonche' degli articoli 3, comma 1, lettera e) 4 e 31 del d.lgs. n. 380/2001; eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti, in quanto il permesso di costruire, previsto dal t.u. per l'edilizia, sarebbe sostituito dalla procedura autorizzativa, introdotta dal codice delle comunicazioni elettroniche; 2) violazione dell'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 198/2002, essendo state sanzionate opere, gia' tacitamente assentite dall'Amministrazione; 3) violazione dell'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 198/2002, della legge n. 349/1986, del d.P.C.m. in data 27 dicembre 1988, della legge n. 146/1994, dell'art. 2-bis della legge n. 189/1997, del d.P.R. n. 348/1999 e dell'art. 2-bis del D.L. n. 115/1997, convertito, in legge n. 189/1997, non essendo prevista dalla normativa vigente, per gli impianti di cui trattasi, la valutazione di impatto ambientale; 4) violazione del d.lgs. n. 198/2002 e dell'art. 97 della Costituzione, dovendo ritenersi applicabili le disposizioni procedurali, di cui al d.lgs. n. 198/2002, anche in carenza del provvedimento di localizzazione delle infrastrutture strategiche; 5) eccesso di potere per sviamento e carenza di pubblico interesse, essendo stato manifestato un preciso intento di impedire la realizzazione dell'impianto di cui trattasi; 6) violazione degli articoli 41 e 97 della Costituzione, nonche' dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 198/2002, dell'art. 7 del T.U. sugli Enti locali e dell'art. 4 del d.l. n. 245/2002, convertito, in legge n. 286/2002; eccesso e sviamento di potere, in quanto le stazioni radio base sarebbero compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento, con conseguente impossibilita' per i comuni di individuare aree determinate, vincolanti per i gestori, per la localizzazione degli impianti in questione, essendo l'art. 8 della legge n. 36/2001 abrogato dal successivo art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 198/2002; in ogni caso, poi, dovrebbero essere salvaguardati la funzionalita' e l'economicita' degli impianti stessi; 7) eccesso di potere per carenza di pubblico interesse, illogicita' manifesta e sviamento, in quanto sarebbe stato perseguito l'unico intento di «non rilasciare i provvedimenti richiesti»; 8) incompetenza, violazione dell'art. 4, comma 1, legge n. 36/2001, dell'art. 102, comma 1, del d.P.R. n. 616/1977, dell'art. 4 della legge n. 833/1978, dell'art. 1, comma 4, della legge n. 59/1997, dell'art. 83 del d.lgs. n. 112/1998, dell'art. 1, comma 15, della legge n. 249/1997 e dell'art. 4 del d.m. del Ministero dell'ambiente n. 381/1998, nonche' eccesso di potere, essendo competenza esclusiva dello stato la tutela della salute dei cittadini, senza alcuna potesta' derogatoria degli enti locali; 9) violazione del decreto interministeriale n. 381/1998 e della legge n. 249/1997, avendo il comune di Ripi ridotto i valori di esposizione del 50% nelle zone piu' sensibili, «ove dimorano quotidianamente e continuamente per piu' di quattro ore persone anziane, deboli o minori», senza considerare che «ogni limitazione basata sulla distanza dal sito e slegata dalle effettive caratteristiche tecniche dell'impianto e' intrinsecamente insufficiente a garantire il rispetto dei limiti di esposizione»; 10) eccesso e sviamento di potere, illogicita' manifesta, errore nei motivi e nei presupposti, genericita', essendo vietata su tutto il territorio comunale solo l'ubicazione degli impianti idonei per la Wind Tlc. S.p.A, con l'intento di danneggiare i gestori di telefonia mobile che si avvalgano, per gli impianti ancora da installare, della societa' ricorrente; 11) eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti; contraddittorieta' e carenza di istruttoria, non essendo stato condotto dal comune alcun accertamento tecnico-scientifico, circa la correlazione tra la presenza di apparecchiature elettromagnetiche e l'insorgenza di determinate patologie; 12) violazione degli articoli 3, 7, 8 e 10 della legge n. 241/1990; difetto di motivazione, contraddittorieta' e difetto di istruttoria, non essendo stata resa possibile all'interessata la partecipazione al procedimento; 13) eccesso e sviamento di potere, errore nei motivi e nei presupposti; illogicita' manifesta, essendo consentite nel territorio comunale emissioni inquinanti molto piu' rischiose per la salute pubblica delle installazioni per la telefonia mobile; 14) e 15) ancora eccesso e sviamento di potere, dovendosi ritenere indice di disparita' di trattamento che gli altri gestori possano continuare a far funzionare i propri impianti e non essendo mai stato evidenziato alcun nesso fra le emissioni di cui trattasi e l'insorgenza di patologie, mentre molti studi attesterebbero - al contrario - la innocuita' delle medesime; 16) violazione dell'art. 4 della legge n. 493/1993, come modificato dall'art. 2, comma 60, della legge n. 662/1996, nonche' del d.lgs. n. 198/2002 e del d.lgs. n. 259/2002, essendo le reti di telecomunicazione assimilate alle opere di urbanizzazione primaria, che non necessiterebbero di conformita' urbanistica e corrisponderebbero ad attivita' di preminente interesse generale; le opere in questione, peraltro, in quanto meri volumi tecnici, marginali rispetto alla consistenza degli edifici, su cui vengano ad essere installati, sarebbero realizzabili previa D.I.A. e non risulterebbero soggette «allo specifico regime della concessione edilizia»; 17) violazione dell'art. 31, lettera b) della legge n. 457/1978, del d.lgs. n. 198/2002 e del d.lgs. n. 259/2003, in quanto le opere in questione per la propria minima consistenza ed impatto sul territorio - non potrebbero che essere soggette a mera autorizzazione, come previsto dal recente d.lgs, n. 259/2003; 18) gravi motivi ed irreparabili danni, con riferimento alla proposta azione risarcitoria. C) con ricorso n. 3784/2004 (riferito all'ordine di sospensione dei lavori n. 4097 in data 11 giugno 2003 ed all'annullamento dell'autorizzazione tacita n. prot. 4765 del 30 giugno 2003): 1) eccesso di potere per genericita', errore nei motivi e nei presupposti, illogicita' manifesta, contraddittorieta' e carenza di pubblico interesse, nonche' eccesso di potere, in quanto verrebbe annullata «la forma autorizzativa assunta con la comunicazione di inizio dei lavori», mentre non verrebbe revocata affatto «l'autorizzazione edilizia sulla quale si era formato il 16 marzo 2003 il silenzio assenso, in relazione alla richiesta di autorizzazione presentata il 16 dicembre 2002»; detto silenzio assenso, peraltro, sarebbe diventato ormai inoppugnabile, anche perche' conforme al d.lgs. n. 259/2003, cui deve farsi riferimento dopo l'intervenuta declaratoria di incostituzionalita' del d.lgs. n. 198/2002, a norma dell'art. 4 del d.l. 14 novembre 2003, n. 315, convertito, in legge 16 gennaio 2004, n. 5; 2) violazione del d.lgs. n. 198/2002, in quanto la declaratoria di incostituzionalita' non travolgerebbe atti divenuti ormai inoppugnabili; 3) violazione di legge sotto i medesimi profili, prospettati nel terzo motivo di gravame del ricorso n. 700/2004; 4) eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti, come conseguenza dei profili di illegittimita', di cui al motivo precedente; 5) ancora eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti, nonche' illogicita' manifesta e sviamento di potere, in quanto verrebbe indicato - per la nuova collocazione dell'impianto - un sito inidoneo, non raggiungibile dal segnale delle altre stazioni radio base, della tipologia che interessa la ricorrente; 6) violazione di legge, sotto i medesimi profili gia' prospettati nell'ottavo motivo di gravame del ricorso n. 700/2004, nonche' per violazione degli articoli 3 e 4 del d.P.C.M. in data 8 luglio 2003; 7) ancora violazione di legge, sotto i medesimi profili, prospettati nel nono motivo di gravame del ricorso n. 700/2004; 8) eccesso di potere, sotto i medesimi profili prospettati nel decimo motivo di gravame del ricorso n. 700/2004; 9) ancora eccesso di potere, sotto i medesimi profili prospettati nell'undicesimo motivo di gravame del ricorso n. 700/2004; 10) violazione di legge ed eccesso di potere, sotto i medesimi profili prospettati nel dodicesimo motivo di gravame del ricorso n. 700/2004; 11) eccesso e sviamento di potere, nonche' carenza di pubblico interesse, in quanto in base sia alla normativa vigente, sia ai piu' recenti studi pubblicati nel settore, sia secondo le ultime raccomandazioni dell'Unione europea in materia di esposizione ai campi elettromagnetici, non sussisterebbe alcun rischio per la salute dei cittadini di Ripi, per effetto della collocazione dell'impianto di cui trattasi; 12) gravi motivi ed irreparabili danni, addotti a sostegno della proposta azione risarcitoria. Il comune di Ripi, costituitosi in giudizio limitatamente ai ricorsi nn. 13126/2003 e 700/2004, chiede gli stessi siano dichiarati inammissibili o infondati, in base alle controdeduzioni di seguito sintetizzate: omessa tempestiva impugnazione del provvedimento n. prot. 4765 del 30 giugno 2003, con cui veniva annullata l'autorizzazione tacita, quale autonomo presupposto degli altri atti impugnati; necessita' di considerare le antenne ricetrasmittenti, per l'erogazione del servizio pubblico di telefonia radiomobile e di servizi similari, quale opera che puo' essere autorizzata solo nel rispetto di prevalenti esigenze di tutela dell'ambiente, del paesaggio e della salute pubblica; applicabilita', per quanto sopra, della legge 1° luglio 1997, n. 189, che all'art. 2-bis prevede che l'installazione di infrastrutture, generatrici di campi elettromagnetici, sia sottoposta ad «opportune procedure di valutazione di impatto ambientale»; necessita' di preventiva approvazione di un piano delle aree comunali, che raccolga l'elenco dei siti potenzialmente idonei ad ospitare impianti di telefonia cellulare; avvenuta estinzione del procedimento di cui trattasi alla fine del mese di giugno 2003, con conseguente inapplicabilita' del d.l. n. 315 del 14 novembre 2003 (convertito in legge 16 gennaio 2004, n. 5), che nell'art. 4 assoggetta alla disciplina del d.lgs. n. 259/2003 i procedimenti di rilascio di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche, iniziati (come nel caso di specie) ai sensi del d.lgs. n. 198/2002, ma ancora in corso alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale 1° ottobre 2003, n. 303, dichiarativa dell'incostituzionalita' del medesimo d.lgs. n. 198; quadro normativo ancora «in itinere», in attesa delle pronunce gia' richieste alla medesima Corte, in ordine alla costituzionalita' del Codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con d.lgs. n. 259/2003; potesta' del comune - ex art. 8 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 - di organizzare il sistema di teleradiocomunicazioni su base locale, attraverso l'adozione di prescrizioni regolamentari, finalizzate a minimizzare il rischio di esposizione della popolazione all'inquinamento elettromagnetico; mancata partecipazione della ricorrente alla conferenza di servizi svoltasi il 4 agosto 2003, nonostante formale invito del 16 luglio 2003, ritualmente notificato, con conseguente rinuncia dell'interessata a fornire il proprio apporto partecipativo al procedimento; riconosciuta possibilita' di spostare l'impianto di cui si discute in un sito limitrofo, idoneo a soddisfare ogni esigenza di natura tecnica; opportunita' di sospendere il giudizio di merito ex art. 295 c.p.c., in attesa della pronuncia della Suprema Corte sulla costituzionalita' del d.lgs. n. 259/2003, sulla base delle questioni gia' sollevate, in quanto la legittimita' degli atti impugnati si fonderebbe «in via esclusiva sulla normativa predetta: ove se ne dichiarasse l'incostituzionalita', l'intera procedura autorizzatoria, in virtu' della quale la stazione radio e' stata realizzata ne risulterebbe travolta». D i r i t t o Il Collegio ritiene opportuno disporre, in via preliminare, la riunione dei ricorsi nn. 13126/2003, 700/2004 e 3784/2004, specificati in epigrafe, in quanto legati da connessione sia soggettiva che oggettiva ed inerenti questioni consequenziali. Nel merito, la questione sottoposta all'esame del Collegio postula in via prioritaria una eccezione di incostituzionalita', riferita agli articoli 87 e 88 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche); la valutazione da effettuare, circa la rilevanza e la non manifesta infondatezza di tale eccezione - in rapporto alla complessa vicenda, riportata nella parte in fatto della presente ordinanza - presuppone una sommaria disamina delle argomentazioni difensive prospettate, nonche' alcuni chiarimenti preliminari sul quadro normativo di riferimento. Sotto il primo profilo, il «tema sostanziale» del contendere finisce per ridursi, come piu' avanti meglio specificato, all'applicabilita' o meno del predetto Codice delle comunicazioni elettroniche, in forma assorbente e sostitutiva della disciplina dettata - per gli impianti di telecomunicazione - dal Testo unico dell'edilizia, approvato con d.P.R. n. 380/2001: deve essere chiarito, infatti, se in mancanza di un provvedimento abilitativo esplicito sia ammissibile, nella fattispecie, la configurazione di un tacito assenso, anziche' di un tacito diniego, quest'ultimo autonomamente impugnabile, al pari della misura sanzionatoria oggetto del ricorso n. 700/04. Sotto il secondo profilo, l'intera materia deve essere rapportata a due recenti pronunce della Corte costituzionale: in una - n. 307 del 7 ottobre 2003 --- vengono ribaditi i parametri del riparto di competenze, operanti nella disciplina del settore; nell'altra - n. 303 in data 1° ottobre 2003 - si dichiara l'incostituzionalita', per eccesso di delega in rapporto alla legge n. 443/2002, del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198, che nell'art. 3, comma 2, sanciva la compatibilita' «con qualsiasi destinazione urbanistica» e la realizzabilita' «in ogni parte del territorio comunale» delle infrastrutture in questione, «anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento», con eccezione prevista solo per alcuni manufatti di particolare consistenza, quali torri e tralicci, relativi alle reti di televisione digitale terrestre. Nelle motivazioni della citata sentenza n. 303/2003 si richiama specificamente proprio l'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 198, che - nel consentire l'insediamento generalizzato sul territorio degli impianti di cui si discute - sarebbe stato lesivo della potesta' pianificatoria della Regione: una potesta' da esercitarsi anche a livello di legislazione concorrente, in base al nuovo art. 117, comma 3, della Costituzione, che tra le materie oggetto di tale attribuzione cita il «governo del territorio», la «tutela della salute» l'«ordinamento della comunicazione». Si deve quindi rilevare, in primo luogo, che la disciplina degli impianti di telecomunicazione e radiotelevisivi coinvolge profili sia di tutela dell'ambiente che di governo del territorio, in quanto impone standards di protezione dalle onde elettromagnetiche - uniformi su tutto il territorio nazionale - a garanzia del diritto alla salute, ma anche modalita' di localizzazione degli impianti stessi, tali da consentire il rispetto sia dei parametri urbanistici che di corrette regole di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, nonche' di ottimale diffusione delle reti di comunicazione, secondo un ben preciso riparto di competenze. Come ribadito dalla predetta Corte nella sentenza n. 307/2003 - in armonia peraltro con l'indirizzo giurisprudenziale, gia' formatosi sulla legge quadro n. 36/2001 - la determinazione degli standards di protezione dall'inquinamento elettromagnetico e' competenza dello Stato (sotto il profilo di valori-soglia, non derogabili dalle Regioni), mentre e' materia di legislazione concorrente (ovvero, rientrante anche nella potesta' legislativa regionale, ma nel rispetto di principi fondamentali, fissati da leggi dello Stato) il trasporto dell'energia e l'ordinamento della comunicazione; e' infine rimessa alle Regioni e agli enti territoriali minori la localizzazione degli impianti, come questione attinente alla disciplina d'uso del territorio, purche' la pianificazione, a quest'ultimo riguardo dettata; non sia tale «da impedire o da ostacolare ingiustificatamente l'insediamento degli impianti stessi». L'interprete e' quindi chiamato ad affrontare problematiche, che attengono sia allo sviluppo del territorio, sia a fattori di inquinamento ambientale, questi ultimi solo in parte superabili attraverso il verificato rispetto dei parametri, fissati dallo Stato come «limiti di esposizione» ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, mentre sul piano dell'edificazione - gli impianti tecnologici di cui trattasi trovano parametri di riferimento anche nelle norme urbanistico-edilizie, come recepite nel d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Queste ultime prevedono una disciplina differenziata, in caso di rapporto di strumentalita' necessaria degli impianti rispetto a edifici preesistenti (situazione rapportabile a caldaie, condizionatori, pannelli solari e simili), ovvero di autonomia funzionale dei medesimi quali nuove costruzioni (come nel caso, appunto, di tralicci ed impianti, destinati ad essere parte di una rete di infrastrutture). Solo per i primi, fra gli impianti sopra indicati, risulta applicabile - in base al citato T.U. - la disciplina dettata per gli interventi edilizi ritenuti minori, soggetti a mera denuncia di inizio attivita' (cosiddetta D.I.A.) a norma dell'art. 4 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, come modificato dall'art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ed integrato dall'art. 1, comma 6, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, fino all'entrata in vigore - il 30 giugno 2003 - del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - testo unico delle disposizioni legislative in materia edilizia - che raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel d.lgs. n. 378/2001 e nel d.P.R. n. 379/2001. Per gli impianti come quelli di cui si discute (stazione radio base per telefonia cellulare), il citato d.lgs. n. 378/2001 prescrive - nel combinato disposto degli articoli 10 e 3, comma 1, lettere e.2, e.3 ed e.4. - il permesso di costruire, introdotto dalla medesima normativa come nuova qualificazione formale della concessione edilizia. In relazione alle norme in questione, tuttavia, si deve tenere conto oggi delle sopravvenute procedure autorizzatorie, previste per le infrastrutture di cui trattasi dagli articoli 86, 87 e 88 del codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259: una disciplina, quest'ultima, che affronta i molteplici profili di interesse pubblico coinvolti e prevede al riguardo lo svolgimento di apposite conferenze di servizi, circoscrivendo una peculiare fattispecie, soggetta a denuncia di inizio attivita' («installazione di impianti, con tecnologia UMTS o altre, con potenza in singola antenna uguale o inferiore ai 20 watt»), mentre per le altre installazioni prevede il rilascio - in forma espressa o tacita - di un titolo abilitativo, qualificato come autorizzazione. In rapporto al quadro normativo sopra sintetizzato, la dichiarata incostituzionalita' del d.lgs. n. 198/2002, fa cadere le argomentazioni difensive, che nei tre ricorsi in esame vengono rapportate all'ampia liberalizzazione - sotto il profilo urbanistico/edilizio - degli insediamenti di cui all'art. 3, comma 2 del citato d.lgs., mentre deve riconoscersi la competenza pianificatoria aggiuntiva del comune, a norma dell'art. 8, comma 6, della legge quadro n. 36/2001, che affida appunto agli enti locali minori criteri di localizzazione ottimale degli impianti di cui trattasi, con finalita' di massima restrizione dell'inquinamento elettromagnetico, ma anche di «corretto insediamento urbanistico e territoriale» degli impianti stessi. Non possono, quindi, risultare conformi ad un quadro normativo, da cui venga espunto il citato d.lgs. n. 198/2002, anche le prospettazioni difensive finalizzate a negare la potesta' di localizzazione del comune, o a contestarne il contenuto (con argomentazioni, a quest'ultimo riguardo, generiche, o che avrebbero potuto essere utilmente rappresentate - per un compiuto apprezzamento tecnico - nella conferenza di servizi in data 4 agosto 2003, a cui la ricorrente non ha ritenuto di partecipare, benche' invitata dal 16 luglio 2003). Quando il comune resistente, d'altra parte, rivendica la sfera di tutela rimessa alla propria regolamentazione, non puo' che richiamarsi agli obiettivi enunciati nell'art. 1 della piu' volte citata legge n. 36/2001, obiettivi che partono dalla salvaguardia dell'integrita' fisica e si' raccordano con le esigenze connesse alla pianificazione urbanistica, ques'ultima affidata - a livello di P.R.G. - alla predisposizione di un atto complesso, emanato dai comuni con l'approvazione della Regione; ad entrambi i profili si riallaccia, poi, l'ulteriore regolamentazione di cui al piu' volte citato art. 8, legge n. 36/2001, rapportata, in via evolutiva, alla promozione della ricerca, per la valutazione degli effetti a lungo termine dell'inquinamento stesso, ma anche alle esigenze di tutela dell'ambiente e del paesaggio, da preservare con modalita' che tengano conto delle innovazioni tecnologiche, in grado di ridurre l'impatto delle strutture di cui trattasi sui valori tutelati. Nella predetta dimensione evolutiva, il successivo articolo 3 della medesima legge n. 36/2001 richiama non solo i gia' ricordati limiti insuperabili di esposizione (imposti dallo Stato e definiti come valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico), ma anche i «valori di attenzione» e gli «obiettivi di qualita» i primi intesi come valori di campo da non superare, a titolo di cautela rispetto ai possibili effetti a lungo termine (in ambienti abitativi, scolastici o comunque adibiti a permanenze prolungate); i secondi individuati sia come ulteriori misure e prescrizioni, ai fini della progressiva riduzione dell'esposizione, sia come criteri localizzativi ottimali, sulla base delle tecnologie disponibili. E' dunque ammesso che i comuni adottino misure programmatorie integrative per la localizzazione degli impianti di cui si discute, in modo tale da minimizzare l'esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici, ma anche in un'ottica di ottimale disciplina d'uso del territorio (cfr. Cons. St., sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3095; 20 dicembre 2002, n. 7274; 26 agosto 2003, n. 4841). Nella situazione in esame, risulta effettuata l'installazione di una stazione radio base per telefonia mobile, sulla base del piu' volte citato d.lgs. n. 198/2002, con avvenuto decorso dei termini, al di la' dei quali detta normativa consentiva di avviare e concludere i lavori, come nella situazione in esame avvenuto. Il comune, tuttavia, ha esercitato la propria potesta' di autotutela, annullando - prima della citata sentenza della Corte costituzionale n. 303/2003 - la «forma autorizzativa», cui le opere in questione sarebbero state riconducibili, ma proseguendo comunque l'iter della procedura in questione, sulla base delle disposizioni normative ritenute applicabili (disposizioni regolamentari dettate dal comune stesso per una migliore localizzazione dell'impianto, nonche' art. 2-bis della legge 1° luglio 1997, n. 189, circa la necessita' di acquisire apposita valutazione di impatto ambientale e T.U. dell'edilizia, prescrittivo del permesso di costruire). In tale situazione, il Collegio ritiene superate le censure, basate sulla prospettata sussistenza di una situazione gia' consolidata per intervenuto silenzio assenso, alla data (1° ottobre 2003) della declaratoria di incostituzionalita' del piu' volte ricordato d.lgs. n. 198/2002. Non puo' dirsi infatti, come vorrebbe l'attuale parte ricorrente, che il mero decorso dei termini - al di la' dei quali si ammette l'esecuzione delle opere, dopo una Denuncia di inizio attivita' o un'istanza di autorizzazione non evasa entro il termine, cui la legge ricolleghi formazione del silenzio assenso - determini quell'esaurimento del rapporto, che si oppone alla retroattivita' degli effetti delle sentenze dichiarative di illegittimita' costituzionale (cfr., per il principio, Cons. St., sez. VI. 14 novembre 1992, n. 898; Tribunale amministrativo regionale Lazio, Roma, sez. I, 19 luglio 1989, n. 1049; Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Palermo, 12 febbraio 1993, n. 77 e 12 gennaio 1989, n. 5; Tribunale amministrativo regionale Campania, Salerno, 29 marzo 1990, n. 127). Quanto sopra, in base ai principi pacificamente riconosciuti in materia di potesta' di autotutela, non soggetta a termini decadenziali in ordine a vizi genetici degli atti amministrativi, nonche' in presenza, come nel caso di specie, di precise manifestazioni di volonta' dell'Amministrazione stessa, preclusive della consolidazione del rapporto di cui trattasi (ordine di sospensione lavori in data 11 giugno 2003 e annullamento della «forma autorizzativa» tacita, riconducibile alla relativa istanza, in data 30 giugno 2003; quanto sopra, indipendentemente dalla tempestiva - in effetti non documentata - notifica dei provvedimenti in questione, la cui impugnazione con ricorso n. 3784/2004 non puo', quindi, essere ritenuta tardiva, come eccepito dal Comune resistente). Ugualmente infondate, tuttavia, risultano le ulteriori controdeduzioni comunali, riferite ad inapplicabilita' - per intervenuta conclusione del procedimento - del D.L. n. 315 del 14 novembre 2003, convertito, in legge 16 gennaio 2004, n. 5, nella parte in cui (art. 4) assoggetta alla disciplina del d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) le procedure di rilascio di autorizzazioni alla installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche, iniziate ai sensi del d.lgs. n. 198/2002 e non ancora concluse (come risulterebbe, nel caso di specie, a seguito dell'atto di autotutela del 30 giugno 2003) alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale 1° ottobre 2003, n. 303. La medesima Amministrazione, infatti, ancora in data 6 ottobre 2003 emetteva il provvedimento n. 7781 del 6 ottobre 2003, oggetto del ricorso n. 13126/2003, con cui il responsabile del settore urbanistica del Comune di Ripi invitava la ricorrente all'osservanza del regolamento comunale per l'installazione e l'esercizio di impianti di radiotelecomunicazioni, approvato con delibera consiliare n. 25 del 25 giugno 2002, nonche' all'osservanza del piano di localizzazione dei siti per l'installazione di stazioni radio per la rete di telefonia cellulare, approvato con delibera di G.M. 10 luglio 2003, n. 102 ed alla redazione di apposito studio per la Valutazione di impatto ambientale ex art. 2-bis legge n. 189/1997 (norma, quest'ultima, abrogata ex art. 12, comma 4, d.lgs. 198/2002 cit., con decorrenza 14 settembre 2002), ovvero all'adeguamento del proprio impianto alle normative e regolamenti comunali vigenti, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, a pena di annullamento degli atti relativi all'installazione della stazione radio base, di cui alla originaria Denuncia di inizio attivita' (D.I.A.). I presupposti normativi recepiti dall'Amministrazione, in effetti, potevano apparire contraddetti, nei punti gia' in precedenza indicati, dal d.lgs. n. 198/2002, ancora in vigore alla data di emanazione dei primi atti impugnati, ma gia' fondatamente sottoposto al vaglio della Suprema Corte e dichiarato incostituzionale prima che il procedimento di cui trattasi fosse concluso. Nell'ottica sopra indicata, pertanto, dopo la dichiarata incostituzionalita' del d.lgs. n. 198/2002 non poteva non trovare applicazione l'art. 4 del D.L. 14 novembre 2003, n. 315, convertito in legge 16 gennaio 2004, n. 5, che espressamente sottopone la procedura stessa - ove, come nella fattispecie, iniziata ai sensi del d.lgs. n. 198/2002 ed in corso alla data di pubblicazione della gia' citata sentenza della Corte costituzionale n. 303/2003 - allo ius superveniens contenuto nel Codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con d.lgs. n. 259/2003. La normativa in questione, a sua volta, negli articoli 87 e 88 disciplina puntualmente la procedura autorizzativa di cui trattasi, con modalita' procedurali che appaiono in larga parte reiterative delle disposizioni, contenute negli articoli 5 e 6 del ricordato d.lgs. n. 198/2002, peraltro non ancora dichiarato incostituzionale alla data di emanazione del predetto Codice; tali modalita' in particolare, proponendosi il raccordo fra tutte le Amministrazioni interessate tramite conferenza di servizi, dovrebbero ritenersi esaustive - anche in conformita' agli intenti di semplificazione attuativi della delega - per la regolare installazione degli impianti in questione, con conseguente assorbimento della sub-procedura di valutazione di impatto ambientale, di cui all'abrogato art. 2-bis della legge 1° luglio 1997, n. 189 (circa la non riviviscenza di norme, abrogate da una legge dichiarata incostituzionale - quanto meno quando, come nella situazione in esame, l'invalidita' della norma non sia direttamente riferibile all'abrogazione stessa cfr. Cass. Civ., sez. I, 14 novembre 1989, n. 4854 e 30 maggio 1989, n. 2647). Non puo' ritenersi assorbita, invece, la problematica inerente il permesso di costruire, pure ritenuto necessario dal comune resistente (cfr., in particolare, l'impugnata delibera n. 8944/2003) e previsto per tutte le installazioni in questione dal piu' volte citato T.U. dell'edilizia, con inutile decorso di un dato termine equiparato a silenzio rifiuto, come tale suscettibile di impugnazione; a tale permesso il Codice delle comunicazioni ettroniche contrappone istanza di autorizzazione o denuncia di inizio attivita', in entrambi i casi con possibilita' di effettuare l'intervento, in caso di mancata risposta espressa dell'Amministrazione entro un certo termine. In considerazione delle finalita' della delega, in effetti, nonche' in base alla formulazione del testo normativo in esame (che non esclude profili di disciplina urbanistica, in quanto circoscrive una fattispecie di D.I.A.) appare ragionevole ritenere che alla nuova procedura, da ultimo indicata, non possa sommarsi il titolo abilitativo, di cui ai citati articoli 10 e 3 del d.lgs. n. 378/2001 ed in tal senso si e' orientata la giurisprudenza, che ravvisa una disciplina esaustiva, per gli interventi di cui trattasi, nei citati articoli 87 e 88 del d.lgs. n. 259/2003. Non risulta intervenuta, tuttavia, quella espressa abrogazione di tutte le norme incompatibili che l'art. 41, comma 2, lettera d) della legge delega n. 166/2002 impone formalmente. Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l'eccezione di incostituzionalita', riferita ai citati articoli 87 e 88 del d.lgs. n. 259/2003 sia rilevante e non manifestamente infondata, in rapporto agli articoli 3, 76, 97 e 117 della Costituzione. La prima questione che si pone e', nei termini gia' accennati, quella della corretta e razionale attuazione della delega, contenuta nell'art. 41 della legge 1° agosto 2002, n. 166, in conformita' alle intenzioni del legislatore nonche' alle esigenze del settore, sottoposto a regolamentazione. Quanto sopra, con riferimento alla gia' ricordata, duplice valenza delle installazioni in questione: come infrastrutture edilizie, considerate opere di urbanizzazione primaria e soggette a permesso di costruire, in base al T.U. dell'edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e come parti di una rete di servizi di comunicazione elettronica, oggetto di una complessa disciplina per consentire sia l'efficienza del servizio stesso, considerato di rilevante interesse pubblico, sia la tutela della salute dei cittadini, in relazione agli effetti - non ancora del tutto noti - dell'emissione di onde elettromagnetiche. Per quanto riguarda il profilo urbanistico-edilizio, il Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. n. 259/2003) sembra introdurre rilevanti deroghe alla disciplina - sia previgente che successiva alla dichiarata incostituzionalita' del d.lgs. n. 198/2002 - degli impianti di cui trattasi, ad avviso del Collegio senza adeguato supporto nella ricordata legge delega e senza opportuno coordinamento, ne' deroga espressa, rispetto al Testo unico (d.lgs. n. 380/2001), predisposto con specifico riferimento a detta disciplina urbanistica. Un fondamentale contenuto del citato T.U. dell'edilizia, infatti, e' quello della individuazione di due soli titoli abilitativi per l'edificazione: permesso di costruire e D.I.A., quest'ultima configurata come mera denuncia legittimante, per interventi edilizi minori puntualmente identificati. Eliminato dall'ordinamento dovrebbe risultare il binomio concessione/autorizzazione edilizia, concettualmente improprio in rapporto alla natura comunque autorizzatoria del titolo abilitativo in questione (da intendere come mera rimozione di un limite all'esercizio di un diritto e non secondo lo schema concessorio - come conferimento del diritto stesso); quanto sopra, dopo la nota sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 25 gennaio 1980 che ha ricondotto lo ius aedificandi tra le facolta', insite nel diritto di proprieta'. L'introduzione del termine «permesso di costruire» dovrebbe, dunque, considerarsi ormai corrispondente ad un principio fondamentale della legislazione statale, in quanto sottolinea la non rintracciabilita' di alcun fenomeno concessorio nel rilascio di un titolo abilitativo per costruire, nei limiti riconosciuti dalla Costituzione e dalla legge. Ugualmente fondamentale appare la configurazione del silenzio dell'Amministrazione come silenzio rifiuto, immediatamente impugnabile davanti al giudice amministrativo (art. 21, comma 9, d.lgs. n. 380 cit.), con ulteriore possibilita' di attivare gli interventi sostitutivi della Regione (art, 21, u.c., d.lgs. cit.): si accordano al cittadino, infatti, rimedi piu' rapidi ed efficaci in caso di ostacolato, legittimo esercizio dello ius aedificandi in termini congrui, ma si richiede che l'interesse pubblico per un corretto sviluppo edificatorio dei suoli sia tutelato attraverso un atto di verifica, il cui esito deve trovare formalizzazione esplicita, circa la regolarita' dell'intervento progettato; solo per gli interventi edilizi ritenuti minori, in quanto per lo piu' modificativi di trasformazioni gia' intervenute nell'assetto dei luoghi, si ammette una sorta di autocertificazione di legittimita' (cosiddetta D.I.A.), che consente l'edificazione con schemi comparabili a quelli del silenzio assenso. In base al gia' citato combinato disposto degli articoli 1 e 10 del d.lgs. 6 giugno 2001, n. 378, «l'installazione di torri e tralicci per impianti radioricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione» viene espressamente catalogata come intervento di nuova costruzione, da cui discende una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio, richiedente permesso di costruire. Negli articoli 87 e 88 del d.lgs. n. 259/2003 - parzialmente reiterativo dell'art. 3 d.lgs. n. 198/2002 - viene invece riproposta la nozione di autorizzazione, in precedenza riservata agli interventi edilizi minori (manutentivi, di risanamento conservativo o a carattere pertinenziale), successivamente assoggettati a D.I.A., con mantenimento dell'istituto del silenzio assenso, pure mutuato dal d.lgs. n. 198/2002. La nuova normativa, in effetti, non contiene anche la generalizzata facolta' di localizzare le opere di cui trattasi «in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento», ma - al di la' del «nomen iuris», (che anche nel permesso di costruire, come gia' ricordato, sottintende un fatto autorizzativo e non concessorio) - costruisce con diversa struttura e diverse garanzie la disciplina del titolo abilitativo, richiesto per gli impianti di telecomunicazione, rispetto a quanto previsto per ogni altra modalita' di trasformazione del territorio. Quanto sopra mentre la delega, contenuta nell'art. 41 della legge 1° agosto 2002, n. 166 non affida al legislatore delegato una revisione della disciplina urbanistico-edilizia (gia' operata con il relativo Testo unico) e - la' dove dovesse ritenersi permissiva di revisione dello schema autorizzatorio, relativo al permesso di costruire (nell'ottica di «previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti», nonche' di «regolazione uniforme dei ...procedimenti ...relativi al rilascio di autorizzazioni per la installazione delle infrastrutture di reti mobili», di cui al medesimo art. 41, comma 2, lettera a), nn. 3 e 4) - impone comunque l'abrogazione espressa (nella fattispecie non effettuata) delle disposizioni incompatibili. Quando sopra, senza considerare che la competenza a ridurre o ampliare l'ambito degli interventi edilizi ritenuti minori, effettuabili previa mera Denuncia di inizio attivita', non puo' che essere attribuita alla Regione, in base al ruolo alla medesima riconosciuto in tema di governo del territorio, secondo l'art. 117 della Costituzione ed i principi recepiti nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; non diversamente, del resto, dispone l'art. 1, comma 12, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, con riferimento alle opere soggette a D.I.A. Non sembra senza rilievo, inoltre, il differente regime sanzionatorio che - in tema di reati di abusivismo edilizio - l'art. 44 del piu' volte citato T.U. dell'edilizia ricollega ad opere eseguite senza permesso di costruire: sanzioni che dovrebbero riferirsi anche agli impianti ricetrasmittenti posizionati senza il titolo in questione, in base al medesimo T.U. e che non sarebbero, invece, applicabili ove si considerino i medesimi impianti anche tacitamente assentiti, previa istanza di autorizzazione o D.I.A., ovvero soggetti a sanzioni minori, in base al Codice delle comunicazioni elettroniche, con conseguente incidenza di quest'ultimo anche in materia penale, al di la' dei limiti della delega, che restringe l'intervento in tale materia all'ipotesi, di cui all'art. 41, comma 2, lettera c) della legge n. 166/2002, con riferimento alle fattispecie disciplinate dall'art. 195 del d.lgs. 29 marzo 1973, n. 156. Ove peraltro, per superare le argomentazioni sopra esposte, si volesse ritenere ancora necessario il permesso di costruire, ugualmente i menzionati articoli 87 e 88 del Codice delle comunicazioni elettroniche risulterebbero non conformi alla delega, prescrivendo quest'ultima la formazione di una disciplina «uniforme», per il rilascio delle autorizzazioni, relative alle installazioni in questione, con coinvolgimento di tutte le Amministrazioni interessate, affinche' possano confluire in un unico, piu' agile procedimento tutti gli interessi pubblici tutelati, da quelli ambientali in senso lato a quelli strettamente urbanistici. Anche a quest'ultimo riguardo alcune ulteriori considerazioni possono formularsi, infine, con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione. Quanto sopra, in considerazione del recente indirizzo, che individua maggiori spazi di sindacabilita' della norma sul piano della conformita' ai precetti costituzionali, con riferimento non solo a vere e proprie forme di contraddittorieta' logica, ma anche alla discrasia fra mezzi e fini perseguiti. Detta sindacabilita', dunque, si evolve dalla individuazione di fattispecie di incostituzionalita', tradizionalmente ravvisate nella violazione del principio di razionalita' desunto dall'art. 3, primo comma, della Costituzione, verso il riconoscimento di un piu' penetrante riscontro della Suprema Corte in rapporto al principio ragionevolezza: un principio, quello appena indicato, che e' riconducibile agli articoli 3 e 97 della Costituzione stessa, dovendo coniugarsi in base al combinato disposto di tali articoli imparzialita' e non arbitrarieta' della disciplina adottata. La «ratio legis», assunta come parametro di riscontro della norma, apre indubbiamente nuove prospettive di verifica della regolarita' della produzione normativa, su una linea che induce a configurare un vero e proprio vizio di eccesso di potere legislativo, rapportato a quei parametri di corretto esercizio del potere che - pur trovando piu' ampia applicazione nell'ambito dell'attivita' amministrativa - risultano in qualche misura estensibili alla produzione normativa di rango primario (la' dove, appunto, sia possibile individuare uno sviamento dal fine perseguito, inteso come limite costituzionale della discrezionalita' del legislatore sotto il profilo funzionale). I parametri di costituzionalita' sopra indicati trovano, indubbiamente, ampi margini di applicazione in rapporto al settore - in continua espansione - della normativa delegata, attraverso cui il Governo e' chiamato a dare concreta applicazione a determinate linee-guida, dettate dal Parlamento, di modo che il rispetto della ratio della legge delega implica un immediato concreto riscontro dell'indicato criterio di ragionevolezza. Tenuto conto delle argomentazioni esposte, appare difficile negare che la normativa, attualmente sottoposta all'esame del Collegio, non sia satisfattiva delle finalita' indicate nella legge delega, con specifico riferimento allo snellimento procedurale, ma anche alla certezza ed alla trasparenza degli adempimenti, richiesti per la realizzazione di impianti di telecomunicazione. Gli operatori del settore, infatti, sono stati lasciati nell'incertezza, circa i titoli abilitativi richiesti, nonche' sulla effettiva estensione della potesta' di controllo dell'ente locale, per la collocazione sul proprio territorio di opere di rilevante interesse pubblico, ma anche di sicuro impatto ambientale, come le reti ricetrasmittenti, in rapporto alle quali, peraltro, la disciplina delle emissioni sembra avere, in qualche modo, oscurato i pur delicati profili di trasformazione d'uso del territorio in senso puramente urbanistico. In tale situazione, e' sempre piu' frequente che, come nel caso di specie, sorga un contrasto fra detti operatori e l'Amministrazione, poiche' i primi installano gli impianti di cui si discute, considerandoli tacitamente assentiti (come consente di ritenere il Codice delle comunicazioni elettroniche), mentre la seconda emette misure sanzionatorie, ritenendo i medesimi impianti oggetto di tacito diniego (come vorrebbe il Testo unico dell'edilizia, che pero' dovrebbe ritenersi superato dalla nuova normativa). Ad avviso del Collegio, la complessita' della disciplina di riferimento rende piu' che giustificato il previsto rilascio del permesso di costruire, con i conseguenti, gia' illustrati dubbi di costituzionalita' circa la disciplina, dettata negli articoli 87 e 88 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, nella parte in cui equipara gli impianti di telecomunicazione ad interventi edilizi minori, anche tacitamente assentibili, ovvero oggetto di autocertificazione di legittimita'; per tale ragione il Collegio ritiene di dover attendere - per la soluzione della controversia in esame - il giudizio della Suprema Corte, cui vengono rimesse le descritte questioni di costituzionalita', in ordine ai citati articoli 87 e 88 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, con riferimento agli articoli 3, 76, 97 e 117 della Costituzione.