IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 1251/2004
proposto  da  Nannini  Alessandra,  rappresentata e difesa da Roberto
Miniero  e  Barbara  Calabrese ed elettivamente domiciliata presso il
loro studio, in Bologna, via G. Mazzini n. 2/3;
    Contro  il Ministero di grazia e giustizia e la Commissione esami
di avvocato per la sessione 2003, istituita presso la Corte d'appello
di  Bologna,  costituiti  in giudizio, rappresentati e difesi ex lege
dall'Avvocatura  dello  Stato  e  domiciliata presso i suoi uffici in
Bologna, via Guido Reni n. 4, per l'annullamento:
        del  criterio  deciso  dalla  Commissione esami di avvocato -
sessione  2003  -  nella  riunione  del 21 gennaio 2004 relativo alla
correzione  degli elaborati scritti (non evidenziandone in alcun modo
gli  eventuali errori) e di quello relativo al «giudizio sulle prove»
scritte  (solo  punteggio  numerico  come  espressione  compiuta  dal
giudizio);
        del provvedimento adottato dalla Commissione esami avvocato -
sessione  2003  - di non positiva valutazione degli elaborati scritti
dalla  ricorrente  espresso,  in  adempimento  del  detto  prefissato
criterio, con solo punteggio numerico;
        dei provvedimenti connessi e conseguenti ed in particolare di
quello di non ammissione alle prove orali della dott.ssa Nannini;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'amministrazione
intimata;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  all'udienza del 9 dicembre 2004 gli avvocati presenti come
risulta dal verbale d'udienza;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

  e  d i r i t t o     1. - La ricorrente ha partecipato all'esame di
abilitazione  per  esercizio  della professione legale nella sessione
2003 presso la Corte d'appello di Bologna.
    In data 16, 17 e 18 dicembre 2003 ha sostenuto le prove scritte.
    Le  votazioni  attribuite alla ricorrente sono state le seguenti:
25 con riferimento al parere in materia civile; 24 con riferimento al
parere  in materia penale; 30 con riferimento all'atto giudiziario in
materia civile.
    Non  avendo raggiunto il punteggio complessivo di 90 non e' stata
ammessa alla prova orale.
    Ha,   quindi,  presentato  ricorso  al  Tribunale  amministrativo
regionale,  impugnando  gli  atti  in  epigrafe  indicati deducendone
l'illegittimita'.
    In  particolare ha contestato la mancanza di motivazione del voto
insufficiente  attribuito  dalla  commissione  agli  atti  giudiziari
redatti  in  materia  civile  e  penale  ritenendo  che  cio' ha reso
impossibile   percepire   l'iter  logico  seguito  dalla  commissione
nell'attribuzione  del  punteggio  negativo  di 25 con riferimento al
parere  in  materia  civile e 24 con riferimento al parere in materia
penale.
    Ha,  altresi', rilevato che, stante la genericita' dei criteri di
valutazione  prede  terminati dalla commissione, la mera attribuzione
di  un  voto  non  renderebbe possibile risalire al modo in cui detti
criteri siano stati applicati nel caso concreto.
    In   effetti,   nella   specie   dal  verbale  della  commissione
giudicatrice,  risulta  che  «La commissione a maggioranza, decide di
non  apporre  sugli  elaborati  alcun  segno  di  correzione e di non
evidenziare in alcun modo eventuali errori.
    Per  quanto  concerne  il  giudizio  sulle  prove, la commissione
concorda   altresi'   nel   ritenere   che  lo  stesso  sia  espresso
compiutamente attraverso l'attribuzione di un punteggio numerico e la
graduazione di questo tra il minimo ed il massimo previsto.».
    Si  e'  costituita  in giudizio l'amministrazione intimata che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
    L'istanza  cautelare  e' stata respinta con ordinanza n. 1176 del
15  ottobre  2004 e all'udienza del 9 dicembre 2004 la causa e' stata
trattenuta in decisione.
    2.  -  La  normativa  di  riferimento,  per  quanto  concerne  la
valutazione  delle  prove dell'esame di abilitazione alla professione
di  avvocato, consente alla commissione giudicatrice di attribuire un
mero punteggio per ciascuna prova scritta.
    Infatti,  l'articolo  23, quinto comma, del r.d. 22 gennaio 1934,
n. 37,  come  novellato  dal  d.l.  21 maggio 2003, n. 112, nel testo
integrato  dalla  relativa  legge  di  conversione,  dispone  che «la
commissione   assegna   il   punteggio  a  ciascuno  dei  tre  lavori
raggruppati  ai  sensi  dell'articolo 22, comma 4, dopo la lettura di
tutti e tre, secondo le norme stabilite dall'articolo 17-bis».
    L'articolo 24, primo comma, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, come
novellato  dal d.l. 21 maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla
relativa  legge  di conversione, dispone che «il voto deliberato deve
essere  annotato  immediatamente dal segretario, in tutte lettere, in
calce  al  lavoro.  L'annotazione  e' sottoscritta dal presidente dal
segretario».
    L'articolo  17-bis,  secondo  comma,  del  r.d.  22 gennaio 1934,
n. 37,  come  novellato  dal  d.l.  21 maggio 2003, n. 112, nel testo
integrato  dalla  relativa legge di conversione dispone che «... alla
prova  orale sono ammessi candidati che abbiano conseguito, nelle tre
prove  scritte,  un punteggio complessivo di almeno 90 punti e con un
punteggio non inferiore a 30 punti per almeno due prove».
    3.  - Non vi e' dubbio che il quadro normativo di riferimento non
consente  altra  interpretazione  se  non  quella  che la commissione
giudicatrice  deve  esprimere un semplice voto nel giudicare le prove
scritte dell'esame di abilitazione alla professione avvocato. Tale e'
la   consolidata   prassi   amministrativa  espressa  dalle  relative
circolari  10  luglio 2000, prot. n. 7/29013002/2678/Ue e n. 7/1947/V
del  12  luglio  2001  (quest'ultima  richiamata  nei  verbali  della
commissione  giudicatrice)  della  direzione  generale  degli  affari
civili  e  delle  libere  professioni,  indirizzata  alle commissioni
esaminatrici.   La   stessa   interpretazione  e'  consolidata  nella
giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato la quale addirittura decide
questa tipologia di controversie attraverso la sentenza succintamente
motivata,  emanata ai sensi dell'articolo 9 della legge 205 del 2000,
ritenendo,  pertanto, manifestamente infondata, in applicazione della
speciale   normativa   sopra   richiamata,  ogni  censura  diretta  a
contestare  la  mancata  motivazione  della  commissione esaminatrice
nell'attribuzione di un punteggio (tra le tante Cons. Stato, sez. IV,
n. 6155 del 17 settembre 2004).
    4.  -  Il  collegio,  ritiene  di  dover  rilevare  d'ufficio  la
questione    di    legittimita'    costituzionale   della   normativa
sopraindicata  essendo  la stessa rilevante ai fini della definizione
della  specifica controversia sottoposta al suo esame in cui e' stata
sollevata  proprio  la  censura  di  illegittimita' delle valutazioni
della  commissione giudicatrice espressa attraverso un mero punteggio
di  25  con  riferimento  al  parere  in  materia  civile e di 24 con
riferimento al parere in materia penale.
    5.  -  Quanto  alla non manifesta infondatezza della questione di
legittimita'  costituzionale  va  osservato  che, per quanto concerne
l'espletamento   dell'esame   di  abilitazione  alla  professione  di
avvocato, la recente normativa, ha profondamente innovato proprio per
quanto  concerne  la  valutazione  delle  prove stesse, pur lasciando
immutata  la disciplina per quanto concerne l'attribuzione di un mero
punteggio  nella valutazione delle prove. Infatti, il legislatore con
la  novella  introdotta  dal  d.l.  21 maggio 2003, n. 112, nel testo
integrato  dalla  relativa  legge  di  conversione,  si  e'  mostrato
particolarmente   sensibile  alle  esigenze  di  imparzialita'  e  di
trasparenza  dell'operato  delle  commissioni  giudicatrici. Infatti,
un'apposita   commissione,   istituita   presso  il  Ministero  della
giustizia,  deve  definire criteri per la valutazione degli elaborati
scritti    e   delle   prove   orali   dandone   comunicazione   alle
sottocommissioni, ai sensi dell'articolo 22 del r.d. 22 gennaio 1934,
n. 37,  come  novellato  dal  d.l.  21 maggio 2003, n. 112, nel testo
integrato dalla relativa legge di conversione.
    Qualora  il  numero dei candidati che hanno presentato la domanda
di  ammissione  sia  superiore  a  300  unita'  presso ciascuna Corte
d'appello  sono  nominati  ulteriori  sottocommissioni.  «A  ciascuna
sottocommissione  non  puo'  essere  assegnato un numero di candidati
superiori  a 300» (art. 22, comma ottavo) e ciascuna sottocommissione
ha,  di regola, sei mesi di tempo per la conclusione della procedura,
prorogabili  per  motivi  eccezionali  e  debitamente  accertati.  La
correzione  degli  elaborati  non  avviene da parte della commissione
istituita presso la Corte d'appello dove sono svolte le prove scritte
ma  gli  elaborati  redatti  dai  candidati  vanno trasmessi a quelle
individuate  ai sensi dell'articolo 15, comma quarto e quinto, presso
la quale dovra' essere effettuata la correzione.
    6.  -  In  definitiva,  il  nuovo sistema introdotto e' diretto a
garantire   trasparenza,  imparzialita',  uniformita'  di  giudizi  e
particolare  accuratezza  nella  correzione  degli  elaborati scritti
attribuendo  un numero «contenuto» di candidati, non superiore a 300,
per  ciascuna sottocommissione ed un tempo adeguato per le correzioni
degli elaborati.
    7.  -  Cio'  premesso  il  collegio  ritiene  non  manifestamente
infondata  la  questione di legittimita' costituzionale per i profili
di seguito evidenziati.
    8.  - Violazione degli articoli 3, 97 e 98 della Costituzione per
irrazionalita' ed illogicita' della suddetta normativa.
    La   disciplina   speciale   dell'esame   di   abilitazione  alla
professione legale, nel testo risultante dalla recente riforma di cui
al  d.l.  21  maggio 2003, n. 112, nel testo integrato dalla relativa
legge di conversione, sopra richiamata, prevede, all'articolo 22, che
la  commissione  appositamente  istituita  presso  il Ministero della
giustizia  definisca  i  criteri  per  la valutazione degli elaborati
scritti   specificando   quelli  gia'  puntualmente  indicati,  quali
principi   generali,   direttamente   dal  comma  nono.  Quest'ultima
normativa  prevede  che  la  valutazione  tenga  conto  dei  seguenti
aspetti:    a)    chiarezza,    logicita'   e   rigore   metodologico
nell'esposizione;   b)  dimostrazione  della  concreta  capacita'  di
soluzione  di  specifici  problemi  giuridici; c) dimostrazione della
conoscenza  dei fondamenti teorici ed istituti giuridici trattati; d)
dimostrazione  della  capacita'  di  cogliere  eventuali  profili  di
interdisciplinarieta';   e)   relativamente   all'atto   giudiziario,
dimostrazione   della   padronanza  delle  tecniche  di  persuasione.
L'importanza,  a giudizio del legislatore, della predeterminazione di
criteri  di  valutazione  puntuali  e' accentuata non solo dalla loro
previsione  normativa  ma  anche dall'obbligo, da parte dell'apposita
commissione  istituita  presso il Ministero, di definire criteri piu'
specifici.  Nonostante  tale cura nella predeterminazione dei criteri
di  valutazione  rimane  vigente  la  normativa  che inderogabilmente
prevede l'attribuzione di un semplice punteggio.
    Appare,  invece, illogico ed irrazionale e, quindi, in violazione
dei  principi  di  cui  articoli  3  e  97 della Costituzione, che la
commissione   giudicatrice   non   debba   giustificare  la  concreta
applicazione dei criteri predeterminati nella valutazione del singolo
elaborato   e   cio'   attraverso   una  motivazione  o  quanto  meno
l'indicazione  di  quali  parametri abbia tenuto in particolare conto
nella  concreta  attribuzione  del  punteggio nelle singole prove, al
fine  di  rendere trasparente l'iter logico seguito nella valutazione
effettuata.
    9. - Violazione dell'articolo 3 della Costituzione per disparita'
di trattamento rispetto a procedure valutative identiche nei pubblici
concorsi. L'articolo 9 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, che contiene
la  disciplina  generale  di  ogni  pubblico  concorso,  prevede  che
l'assegnazione  dei  punteggi nelle singole prove sia preceduta dalla
predeterminazione  di  una modalita' di valutazione, che va esternata
in   un'apposita   motivazione.  Ancora  piu'  dettagliatamente,  per
esempio, l'articolo 9, terzo comma, del d.P.R. 27 marzo 2001, n. 220,
dispone  che:  «la  commissione,  alla  prima  riunione, stabilisce i
criteri  e  le  modalita'  di  valutazione, da formulare nei verbali,
delle  prove  concorsuali  ai  fini  della  motivazione  dei punteggi
attribuiti   alle  singole  prove».  Quindi,  sussiste  un  principio
generale in materia concorsuale per cui l'attribuzione dei punteggi o
la  qualificazione  in  termini  di  mera «insufficienza» della prova
costituisce un «giudizio inidoneo a rendere percepibile l'iter logico
seguito dalla commissione con conseguente violazione del principio di
trasparenza  cui  l'intera  attivita' ammnistrativa deve conformarsi,
nonche'  di  quello,  pure  presidiato  sul piano costituzionale, che
vuole   sempre  garantita  la  possibilita'  di  un  sindacato  della
ragionevolezza,   della   corenza  e  della  logicita'  delle  stesse
valutazioni  selettive» (sul punto la giurisprudenza del Consiglio di
Stato,  per  quanto concerne i concorsi pubblici e' consolidata, cfr.
tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, n. 2331 del 30 aprile 2003; Cons.
Stato,  sez.  VI,  n. 4409 del 2004; Cons. Stato, sez. VI, n. 558 del
2004).
    Nel   caso   degli  esami  di  abilitazione  all'esercizio  della
professione   di   avvocato,  invece,  la  speciale  normativa  sopra
richiamata,  esclude  la possibilita' per la commissione giudicatrice
di   motivare   le   proprie   scelte   richiedendosi  esclusivamente
l'attribuzione  di  un  punteggio.  Vi  e',  pertanto,  disparita' di
trattamento  rispetto alla suddetta normativa concorsuale pur essendo
le situazioni del tutto omogenee.
    Infatti,  sia  le  commissioni giudicatrici dei pubblici concorsi
sia  la  commissione  giudicatrice  per  l'esame di abilitazione alla
professione  di  avvocato debbono valutare prove scritte di contenuto
sostanzialmente identico. Entrambe le procedure sono fondamentali per
il  cittadino  per  consentirgli  di  accedere  al  mondo del lavoro,
essendo  indifferente  che  cio'  avvenga  per  svolgere un'attivita'
nell'ambito    del    pubblico   impiego   od   un'attivita'   libero
professionale.  Inoltre,  sotto  questo profilo, va osservato come il
rispetto  dell'articolo  97 della Costituzione, il quale richiede che
la  commissione  giudicatrice renda trasparente l'iter logico seguito
nella  valutazione  effettuata,  e'  fondamentale  non  solo  per gli
esaminandi  ma  anche  per  i  cittadini  e per l'ordinamento. Vi e',
infatti,   un   evidente   interesse   pubblico   che  siano  ammessi
all'esercizio  della  professione  soltanto i capaci ed i meritevoli,
selezionati  attraverso una procedura trasparente, tenuto conto degli
importanti  compiti  che  dovranno  svolgere  non solo in qualita' di
libero  -  professionisti ma quali incaricati di un pubblico servizio
fondamentale   per   la   collettivita'   ed  indispensabile,  stante
l'obbligatorieta'  dell'assistenza legale nel processo, per garantire
l'effettivita' della tutela giurisdizionale ai cittadini.
    10.  -  Violazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione che
assicurano  la  tutela  giurisdizionale dei diritti e degli interessi
legittimi.
    La  giurisprudenza  amministrativa,  al  fine  di  assicurare una
tutela giurisdizionale in conformita' ai canoni costituzionali, si e'
da  tempo consolidata nel senso di ammettere, in sede giudiziaria, un
sindacato  sulla  discrezionalita'  tecnica esercitata dalla pubblica
amministrazione.  Va,  infatti,  distinta  la  pura  discrezionalita'
amministrativa, che rientra nel merito amministrativo ed e' riservata
all'amministrazione    e,    quindi,    non   sindacabile   in   sede
giurisdizionale,  dalla  discrezionalita'  tecnica  che rientra nella
legittimita' dell'azione amministrativa.
    La  valutazione  della  discrezionalita'  tecnica  e',  pertanto,
doverosa  per  il  giudice  amministrativo  ancorche'  limitato ad un
sindacato  di  tipo  «debole»,  che, cioe', non consente alcun potere
sostitutivo  del  giudice  tale da sovrapporre la propria valutazione
tecnico   opinabile   o   il   proprio   modello  logico  all'operato
dell'amministrazione. Nei confronti delle valutazioni, espressione di
discrezionalita'  tecnica,  come  nel  caso  di  quelle operate dalle
commissioni esaminatrici per l'abilitazione all'esame di avvocato, il
giudice   deve  poter  controllare  la  ragionevolezza,  logicita'  e
coerenza  dei  giudizi  espressi  (Cons.  Stato, sez. VI, n. 2199 del
2002).  Tale  sindacato,  limitato agli aspetti estrinseci, formali e
logici  delle valutazioni delle commissioni esaminatrici, puo' essere
effettuato  soltanto nel caso in cui la commissione motivi le proprie
scelte  o  renda  conoscibile  l'iter  logico  seguito  nelle proprie
valutazioni  dando  conto,  nel  caso  concreto della valutazione del
singolo  elaborato, di quali criteri predeterminati ha dato effettiva
applicazione.  Cio'  appare  coerente con i principi dell'ordinamento
comunitario,  espressi dalla Corte di Giustizia C.E., la quale rileva
che le valutazioni tecniche espresse dalle commissioni possono essere
sindacate  sia  al  fine  di  verificare  l'osservanza delle norme di
procedura,  sia  per  quanto  concerne  la  motivazione  delle scelte
effettuate  (sentenza 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia; 17 novembre
1987,  cause riunite 142/84 e 156/84, Bat e Reynolds; 28 maggio 1998,
causa 7/1995, John Deere).
    Anche  sotto  questo  profilo  la  normativa sopra richiamata che
obbliga  le  commissioni giudicatrici ad attribuire un mero punteggio
agli elaborati corretti appare incostituzionale.
    Infatti,  in  presenza  di un mero voto il giudice amministrativo
puo'  soltanto  o ritenerlo insindacabile, in violazione dei principi
di  cui  agli  articoli  24 e 113 della Costituzione, o sostituire un
proprio  punteggio  a  quello  attribuito  dalla commissione ma anche
questa   soluzione  viola  i  principi  costituzionali  di  «riserva»
dell'amministrazione.
    11.  -  Violazione  degli  articoli 97 e 98 della Costituzione, i
quali  richiedono,  per  esigenze  di  imparzialita' e di trasparenza
dell'azione      amministrativa,      che     ogni     determinazione
dell'amministrazione  sia  motivata,  come  recepito  dall'articolo 3
della  legge  241  del  1990  per ogni procedimento amministrativo, o
quantomeno  che  sia  reso  percepibile  l'iter  logico seguito dalla
commissione  e  cio'  nel  rispetto  del principio di trasparenza cui
l'intera  attivita' ammistrativa deve conformarsi, nonche' di quello,
pure  presidiato sul piano costituzionale, che vuole sempre garantita
la possibilita' di un sindacato della ragionevolezza, della corenza e
della logicita' delle stesse valutazioni selettive. Cio' appare tanto
piu'  necessario  nella  particolare procedura concernente l'esame di
abilitazione  alla  professione di avvocato tenuto conto che tutta la
recente   normativa,   sopra   richiamata,   adotta   idonee   misure
organizzative per consentire alle commissioni giudicatrici di operare
con  serenita'  e  nei  termini  adeguati,  prevedendo  che  ciascuna
sottocommissione  non possa vedersi attribuito il compito di valutare
un numero superiore a 300 candidati concludendo le proprie operazioni
nel semestre.
    12.  -  Per  quanto sopra considerato vanno rimessi gli atti alla
Corte   costituzionale   attesa  la  rilevanza  e  la  non  manifesta
infondatezza della questione.