ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis,
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), introdotto dall'art. 21, comma 1,
della  legge  30 luglio 2002, n. 189, promossi dal Tribunale di Lecce
con  ordinanza del 27 maggio 2004 e dal Tribunale di Taranto, sezione
distaccata  di  Manduria,  con  ordinanza  del  27 maggio  2004,  nei
procedimenti  penali  a  carico  di  T.  D. e di W. S. A. iscritte al
n. 720  e  al  n. 1000 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica,  n. 38  e  n. 50,  1ª  serie
speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 6 aprile 2005 il giudice
relatore Francesco Amirante.
    Ritenuto  che, nel corso di un procedimento penale a carico di un
cittadino    extracomunitario    imputato    del    reato    di   cui
all'art. 171-ter, lettere a) e c), della legge 22 aprile 1941, n. 633
(Protezione  del  diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo
esercizio),  il  Tribunale di Lecce ha sollevato, in riferimento agli
artt. 1,  2,  3,  27,  35  e  113  Cost.,  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 26,  comma 7-bis,  del  decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero);
        che  la  disposizione  censurata stabilisce, fra l'altro, che
allo  straniero  condannato,  con  provvedimento irrevocabile, per il
reato  in  questione  venga  revocato  il  permesso di soggiorno, con
conseguente espulsione tramite accompagnamento alla frontiera;
        che  il  giudice  a quo, dopo aver affermato che la questione
«e'  rilevante ai fini del giudizio», osserva che la norma in oggetto
introduce una vera e propria pena accessoria per il reato contestato,
di carattere automatico ed indefettibile;
        che,  secondo  il  remittente,  tale  previsione  si  pone in
contrasto con gli invocati parametri, in quanto esclude ogni funzione
sociale  preventiva  e  rieducativa  della  sanzione,  discrimina gli
stranieri  rispetto  ai  cittadini  italiani  nonche'  fra di loro, a
seconda  che  siano  titolari  del  permesso  ovvero  della  carta di
soggiorno, oltre ad escludere qualsiasi tutela giurisdizionale contro
gli atti della pubblica amministrazione;
        che,  nel  corso  di  un  procedimento  penale a carico di un
cittadino  straniero  extracomunitario  imputato  del medesimo reato,
anche  il  Tribunale  di  Taranto, sezione distaccata di Manduria, ha
sollevato   un'analoga   questione  di  legittimita'  costituzionale,
aggiungendo  fra  i  parametri costituzionali di riferimento l'art. 4
Cost;
        che  anche  il  Tribunale  di  Taranto  osserva  che la norma
impugnata  configura  una  particolare ipotesi di pena accessoria, da
applicare automaticamente e senza alcuna valutazione discrezionale da
parte dell'amministrazione;
        che  da  cio'  il  remittente  deduce  che  la  questione  e'
rilevante  per  il  giudizio di propria competenza, anche nel caso in
cui   non   venga   concretamente   applicata  la  suddetta  sanzione
accessoria;
        che,  quanto  alla  non  manifesta infondatezza, il giudice a
quo,  oltre  a  ribadire  le  censure  gia' proposte dal Tribunale di
Lecce, sottolinea la severita' di una simile sanzione non rispondente
ad  alcuna  vera  finalita'  se  non  a  quella  di  allontanare  dal
territorio   dello   Stato   gli   stranieri   resisi,  in  concreto,
responsabili  di  reati non gravi, osservando come, d'altra parte, la
norma  impugnata  non  possa giustificarsi per il fatto che il nostro
ordinamento conosce altre ipotesi di espulsione a titolo di misura di
sicurezza,  in quanto in simili fattispecie la misura dell'espulsione
trova  fondamento  nella gravita' del reato e nella valutazione della
pericolosita', elementi non sussistenti nel caso in questione;
        che  in  entrambi  i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che la questione venga dichiarata
manifestamente  infondata, principalmente perche' l'espulsione di cui
si tratta e' da inquadrare nel sistema attualmente vigente in materia
di   disciplina  degli  stranieri,  il  quale  si  caratterizza,  non
irrazionalmente,   per   una   maggiore   severita'   nei   confronti
dell'immigrazione  clandestina,  con  un'opzione incidente «sul piano
della  opportunita'  delle  scelte  politico-criminali [...] e non su
quello della loro legittimita' costituzionale»;
        che rispetto a simili scelte, la posizione di chi ha commesso
determinati  reati  non  e' paragonabile a quella di chi, ottenuto il
permesso  di  soggiorno,  svolge  una  regolare  attivita' lavorativa
rispettando le leggi dello Stato;
        che,  d'altra parte, questa Corte, con la sentenza n. 353 del
1997  e  con  la successiva ordinanza n. 146 del 2002, ha ribadito la
legittimita'  costituzionale  di  norme che prevedono, in determinate
ipotesi, il c.d. automatismo espulsivo;
        che,  peraltro,  alla  fattispecie  in  esame  e'  del  tutto
estraneo  l'esame  della pericolosita' dell'interessato in quanto non
si tratta di una misura di sicurezza, ma di una pena accessoria.
    Considerato  che il Tribunale di Lecce e il Tribunale di Taranto,
sezione distaccata di Manduria, entrambi in composizione monocratica,
hanno  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 1, 2, 3, 27, 35 e 113
Cost.,  il  primo,  e  in riferimento oltre che ai predetti parametri
anche   all'art. 4  Cost.,  il  secondo,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 26,  comma 7-bis,  del  decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  introdotto  dall'art. 21, comma 1, della legge 30 luglio
2002, n. 189;
        che   tale  disposizione  stabilisce  che  «la  condanna  con
provvedimento  irrevocabile  per  alcuni  dei  reati  previsti  dalle
disposizioni  del  Titolo  III,  Capo III,  Sezione  II,  della legge
22 aprile  1941,  n. 633,  e  successive modificazioni, relativi alla
tutela  del  diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice
penale  comporta  la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo
straniero  e  l'espulsione  del  medesimo  con  accompagnamento  alla
frontiera a mezzo della forza pubblica»;
        che  entrambi  i  remittenti  riferiscono  che davanti a loro
pendono  procedimenti penali a carico di stranieri imputati del reato
previsto  dall'art. 171-ter,  lettere a)  e  c),  della  citata legge
n. 633 del 1941, come modificata dal d.lgs. n. 286 del 1998;
        che le ordinanze prospettano le medesima questione, sicche' i
relativi   giudizi   devono   essere   riuniti  e  decisi  con  unico
provvedimento;
        che  le  ordinanze  di remissione sono inficiate da carenze e
contraddittorieta' di motivazione riguardo alla rilevanza, per quanto
concerne sia l'accertamento dei fatti sia le valutazioni in diritto;
        che,  infatti,  ne'  dall'una,  ne' dall'altra risulta se gli
imputati  siano  stranieri  muniti  di permesso di soggiorno o se non
siano, invece, titolari di carta di soggiorno o clandestini;
        che   entrambi  i  remittenti  affermano  come  indiscutibile
l'inquadramento  della  misura in oggetto tra le pene accessorie, pur
in  assenza  di  giurisprudenza sul punto, senza tener conto, ai fini
della sua qualificazione, della assoggettabilita' ad essa soltanto di
una  categoria  -  cittadini  extracomunitari  muniti  di permesso di
soggiorno - tra la generalita' dei soggetti potenzialmente autori dei
reati che ne comportano l'applicazione;
        che,  mentre  il  Tribunale  di  Lecce si limita ad affermare
apoditticamente  di non poter «definire il processo indipendentemente
dalla   risoluzione   della  questione»,  il  Tribunale  di  Taranto,
contraddittoriamente,   da   un   lato  afferma  la  rilevanza  della
questione,   dall'altro   prospetta   l'ipotesi  di  non  dover  fare
applicazione  della norma censurata e indica il questore quale organo
deputato  a  disporre ed eseguire le misure di revoca del permesso di
soggiorno e di accompagnamento dello straniero alla frontiera;
        che,  pertanto,  la  questione  in  entrambe  le ordinanze di
rimessione non e' sorretta da congrua e corretta motivazione riguardo
alla  sua  rilevanza  nei  giudizi di merito e va, quindi, dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.