IL TRIBUNALE

    In  relazione  alla  causa  iscritta  al  n. 4851/2001  del ruolo
generale previdenza, vertente tra Del Sorbo Francesca, in qualita' di
titolare  dell'omonima  ditta,  residente  in  S.  Maria  La  Carita'
(Napoli)   alla  via  Sassola  n. 38,  elettivamente  domiciliata  in
Gragnano  (Napoli)  alla  via  S.  Sebastiano  n. 1, presso lo studio
dell'avv. Ferdinando   Grammegna   che   la  rappresenta  e  difende,
opponente,  e  Societa'  di  Cartolarizzazione  dei  Crediti I.N.P.S.
(S.C.C.I.), in persona del legale rappresentante pro tempore con sede
in  Roma  alla Via Gianbattista Vico n. 9, rappresenta e difesa dagli
avv. Paolo Paolucci e Vincenzo Di Maio, nonche' l'I.N.P.S. in persona
del  presidente  legale  rappresentante  pro tempore, rappresentato e
difeso   dagli  avv.  Paolo  Paolucci  eVincenzo  Di  Maio,  con  cui
elettivamente  domicilia in Castellammare di Stabia, alla via Raiola'
n. 56,  presso  la sede I.N.P.S., opposti, nonche' Concessionario del
Servizio  nazionale  di  riscossione  per  la  Provincia  di Napoli -
Commissario  Governativo  Banco di Napoli S.p.A. - in persona del suo
legale  rappresentante  pro tempore, dom. to per la carica in Napoli,
alla via Nazario Sauro n. 17, convenuto contumace;

                            O s s e r v a

    Nell'ambito    del   presente   giudizio,   avente   ad   oggetto
l'opposizione   a   cartella   di   pagamento   concernente   crediti
previdenziali,  il procuratore della parte opponente ha sollevato una
serie   di   eccezioni   preliminari   relative   alla   legittimita'
costituzionale   di   alcune   norme   relative  al  procedimento  di
riscossione   coattiva  dei  crediti  degli  enti  previdenziali;  in
particolare,  il  predetto  procuratore  ha  dedotto l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 24,  quinto  comma, del d.lgs. n. 46 del 26
febbraio 1999.
    Tra  le  varie  questioni  prospettate  dal difensore della parte
opponente,  ad  avviso dello scrivente, una in particolare appare non
manifestamente infondata e meritevole di un intervento chiarificatore
da parte della Corte costituzionale.
    Lo  scrivente  intende  riferirsi  alla possibilita' che l'intero
art. 24 del d.lgs. succitato sia in contrasto con l'art. 111, secondo
comma,   della   Costituzione,   cosi'  come  novellato  dalla  legge
costituzionale  23  novembre  1999, n. 2, norma che prevede che «Ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parita', davanti a un giudice terzo e imparziale».
    Si  osserva, infatti, che l'art. 24, d.lgs. n. 46 del 26 febbraio
1999  attribuisce  agli  enti previdenziali, tra cui e' da annoverare
l'I.N.P.S.,  parte  del  presente giudizio, il potere di riscuotere i
propri  crediti  attraverso un titolo (il ruolo, da cui scaturisce la
successiva  cartella  di  pagamento) che si forma prima e al di fuori
del  giudizio,  e  in  forza  del quale l'Istituto puo' conseguire il
soddisfacimento  della  pretesa a prescindere da una verifica in sede
giurisdizionaie  della  sua fondatezza, ed anzi anche quando essa sta
sia stata contestata.
    La  possibilita'  riconosciuta al debitore del gia' citato quinto
comma  dell'art. 24,  di  «proporre opposizione al giudice del lavoro
entro  il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di
pagamento»  impedisce  che  la  disposizione di legge in parola possa
essere  in  contrasto  con  l'art. 24  Cost.,  ma  e'  anche vero che
probabilmente  le  posizioni da cui le parti iniziano il giudizio che
si  va  a  instaurare non sono di assoluta parita', cosi' come invece
richiederebbe il novellato art. 111 Cost.
    Detto  giudizio, infatti, inizia con un soggetto (con riferimento
al  caso  di  specie,  l'I.N.P.S.,  che non e' certamente un semplice
«operatore  economico  al  pari  di  altri»  come  l'ha  definito  il
procuratore  dell'opponente  nel  proprio ricorso, ma e' comunque una
parte processuale come lo e' un qualsiasi cittadino) il quale dispone
gia'  di un titolo esecutivo, formato al di fuori di qualsiasi vaglio
giurisdizionale,  di cui il giudice puo' sospendere l'esecuzione solo
per  «gravi motivi» (cfr. art. 24 d.lgs. 46/1999) e che e' di per se'
idoneo   a   permettere  l'integrale  soddisfacimento  della  pretesa
creditoria  anche  prima  che ne sia stata dichiarata con sentenza la
fondatezza.
    Questo  giudicante  non ignora le precedenti pronunzie con cui la
Corte  costituzionale  ha dichiarato legittime le norme relative alla
riscossione   coattiva   mediante  ruoli  evidenziando  il  carattere
primario  dell'attivita' di recupero dei crediti dello Stato (e degli
enti  pubblici  in  generale)  attraverso  un  sistema  celere  ed al
contempo incisivo, diretto a salvaguardare e tutelare i crediti delle
pubbliche   amministrazioni;  si  chiede,  tuttavia,  se  un  modello
processuale come quello delineato dall'art. 24 del d.lgs. 46/1999 sia
compatibile  con  i  principi  del  giusto  processo  introdotti  dal
novellato  art. 111  Cost.,  attesa  la  significativa  posizione  di
squilibrio da cui le parti fanno valere le rispettive pretese.
    E',  inoltre,  ben presente allo scrivente l'esistenza nel nostro
ordinamento di altre ipotesi in cui un titolo esecutivo viene formato
prima  dell'eventuale  processo  e  al  fuori  di qualsiasi controllo
giurisdizionale, come avviene, ad esempio, nel caso della cambiale.
    In  tali  ipotesi,  tuttavia,  alla  base  del  titolo  esecutivo
stragiudiziale  vi e' un accordo tra creditore e debitore, mentre nel
caso  della  riscossione  mediante ruoli dei crediti previdenziali la
formazione  del  titolo  avviene  in  forza  di  un  atto di imperio,
unilaterale,  di un soggetto che nell'ambito del processo e' parte al
pari di qualsiasi cittadino.
    Va  altresi'  sottolineata  la differenza esistente tra l'attuale
procedimento  di  riscossione  dei  crediti  previdenziali  e  quello
risultante  dalla  normativa  precedentemente vigente, e segnatamente
dagli  artt. 444, 633 e segg., 642 c.p.c., nonche' dall'art. 1, comma
13, legge n. 11/1986.
    Infatti,  anche  se  l'istituto  di  previdenza  poteva  ottenere
l'emanazione  di un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo ex
artt. 642  c.p.c.  e  1,  comma  13,  legge  31  gennaio 1986, n. 11.
comunque  la  sua  pretesa  creditoria  non  era  sottratta al vaglio
preventivo da parte del giudice, sia pure nei limiti della cognizione
sommaria  propria del procedimento monitorio, con conseguente aumento
delle garanzie del cittadino contribuente.
    Pertanto,  prima  della riforma attuata dall'Esecutivo sulla base
della  delega  conferitagli con la legge n. 337/1998, vi era comuncue
l'emanazione  di un provvedimento del giudice, emesso inaudita altera
parte,   ma  in  relazione  al  quale  poteva  essere  instaurato  un
contraddittoro differito.
    Nel  sistema attualmente vigente, cosi' come delineato dal d.lgs.
46/1999   (nonche'   dai  decreti  legislativi  37/1999,  112/1999  e
326/1999, parimenti emanati in attuazione della delega di cui sopra),
l'Istituto   previdenziale   dispone   immediatamente  di  un  titolo
esecutivo  che  si  forma  completamente  al  di  fuori  di qualsiasi
intervento  del  giudice,  mentre  e'  onere  del  cittadino proporre
ricorso giurisdizionale avverso tale titolo, nel ristretto termine di
40  giorni  (previsto,  secondo  l'orientamento prevalente, a pena di
decadenza),  sulla  base delle sole, sintetiche indicazioni contenute
nella cartella di pagamento, senza potersi giovare, per contestare la
pretesa  creditoria  dell'Istituto,  della  documentazione depositata
unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo (come invece poteva fare
prima  della  riforma),  e rischiando, per l'incompietezza dei dati a
sua  disposizione,  di incorrere nelle rigide preclusioni e decadenze
previste  dagli artt. 442 e segg. c.p.c., che richiamano la normativa
dettata per le controversie individuali di lavoro.
    Vi  e',  pertanto,  il  fondato dubbio che il modello processuale
previsto  dall'art. 24, d.lgs. 46/1999 non assicuri la parita' tra le
parti,  quanto  meno  nella  fase  iniziale  del giudizio, e che tale
squilibrio  iniziale  possa  ripercuotersi  significativamente  anche
sull'andamento  complessivo  del  processo, condizionandone l'esito a
tutto vantaggio dell'Istituto previdenziale.
    Si  osserva altresi' che la questione di cui sopra ha un'indubbia
rilevanza nel processo de quo, atteso che l'eventuale declaratoria di
illegittimita'  costituzionale  del  citato art. 24 determinerebbe la
caducazione  del  titolo  attraverso  cui  l'I.N.P.S.  ha azionato la
propria pretesa.
    Infatti,   venendo  meno  la  norma  attributiva  del  potere  di
procedere   alla   riscossione  coattiva  dei  crediti  previdenziali
mediante iscrizione a ruolo, la cartella esattoriale emessa proprio a
seguito  di  tale  iscrizione e oggetto dell'opposizione proposta non
potrebbe conservare alcuna validita' ed efficacia.
    Per  tutte le suesposte considerazioni, questo giudice ritiene di
dover  sospendere  il presente processo, ai sensi dell'art. 23, legge
n. 87/1953,  e  di dover rimettere gli atti alla Corte Costituzionale
perche'  valuti  la  questione  sollevata  con la presente ordinanza,
avente   ad   oggetto   la  possibile  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 24  D.lgs.  26 febbraio  1999,  n. 46,  per  contrasto  con
l'art. 111,  secondo  comma,  Cost., cosi' come novellato dalla legge
costituzionale  23  novembre  1999,  n. 2, ritenendosi tale questione
rilevante nel giudizio de quo e non manifestamente infondata.