ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 148, comma 16,
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  nel  testo  risultante  all'esito  della modifica apportata
dall'art. 3,   comma 4,  del  decreto-legge  27  giugno 2003,  n. 151
(Modifiche  ed  integrazioni al codice della strada), convertito, con
modificazioni,  nella  legge  1° agosto  2003,  n. 214,  promosso con
ordinanza  del  12 novembre  2004  dal Giudice di pace di Chieti, nel
procedimento  civile  vertente tra D'Agostino Carmine e la Prefettura
di Chieti, iscritta al n. 38 del registro ordinanze 2005 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica italiana n. 7, 1ª serie
speciale, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 28 settembre 2005 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che il Giudice di pace di Chieti ha sollevato questione
di  legittimita' costituzionale - per contrasto con gli artt. 1, 3, 4
e  35  della  Costituzione  -  dell'art. 148,  comma 16,  del decreto
legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come
modificato  dall'art. 3,  comma 4,  del decreto-legge 27 giugno 2003,
n. 151   (Modifiche   ed   integrazioni   al  codice  della  strada),
convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;
        che  il  giudice a quo - nel premettere di essere stato adito
(senza  nulla  peraltro  precisare sulla natura del giudizio pendente
innanzi  ad  esso)  da  un  ricorrente,  il  quale  «svolge attivita'
lavorativa  di  autotrasportatore»  -  assume  che il comma impugnato
«appare   viziato   da  illegittimita'  costituzionale»,  atteso  che
«dispone  la  sanzione  accessoria  della  sospensione della patente»
(nell'ipotesi  di  inosservanza  del divieto di sorpasso) senza pero'
prevedere  «limitazioni,  riduzioni della sanzione, o altre cautele»,
qualora  il  trasgressore  svolga  «attivita'  lavorativa consistente
nella guida di autoveicolo»;
        che  in  tal  modo la disposizione censurata, oltre a violare
gli artt. 1, 3 e 4 della Costituzione (a norma dei quali non soltanto
«la  Repubblica  e'  fondata sul lavoro», ma la medesima «promuove le
condizioni che lo rendono effettivo», nonche' «lo tutela, attribuendo
al  lavoro  rango  primario  rispetto ad altri valori od interessi»),
contrasterebbe  anche  con  l'art. 35  della Carta fondamentale, «che
dispone l'eguaglianza tra i cittadini»;
        che  difatti,  secondo  il  rimettente,  sarebbe  evidente la
disparita'  di  trattamento  cui  darebbe  vita  la  norma impugnata,
«paragonando  il  caso  del  normale  utente della strada rispetto al
quale  la sospensione della patente costituisce soltanto un disagio»,
a  quello  «dell'autista  professionista»,  per  il quale, invece, la
sanzione  de  qua  «costituisce preclusione dell'attivita' lavorativa
con conseguenti effetti sconvolgenti l'economia propria e familiare»;
        che  su  tali  basi  -  e non senza osservare che il giudizio
devoluto  al  suo  esame  «non puo' essere definito indipendentemente
dalla  soluzione  di  tale  questione»  - il rimettente ha chiesto la
declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma suddetta;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  eccependo  preliminarmente l'inammissibilita' della questione
«perche' l'ordinanza omette completamente di illustrare i fatti della
vicenda  processuale  e  non  consente di operare nessuna valutazione
sulla rilevanza del prospettato incidente di costituzionalita»;
        che,  nel  merito,  la  difesa  erariale  comunque esclude la
fondatezza  delle  censure  sollevate  dal rimettente, «atteso che la
norma  prevede  un  identico  trattamento sanzionatorio per identiche
trasgressioni  e  in  presenza di eguali situazioni di recidiva», non
sussistendo,  d'altra  parte, la necessita' di una differenziazione -
in virtu' di «esigenze di tutela del lavoro» - «a favore dei soggetti
che conducono automezzi nell'esercizio della propria attivita»;
        che,  difatti,  la  disposizione  impugnata «e' finalizzata a
salvaguardare  i  beni della vita, della sicurezza e dell'incolumita'
pubblica,  e tende quindi a tutelare diritti e valori che per la loro
assolutezza  non  possono  essere  sacrificati in nome di concorrenti
esigenze personali del trasgressore».
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di  Chieti  ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  -  per contrasto con gli
artt. 1,  3, 4 e 35 della Costituzione - dell'art. 148, comma 16, del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada),  come  modificato dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge 27
giugno 2003,  n. 151  (Modifiche  ed  integrazioni  al  codice  della
strada),  convertito,  con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003,
n. 214;
        che l'insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del
giudizio a quo comporta la manifesta inammissibilita' della questione
sollevata dal rimettente;
        che,   secondo   costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,
allorche'  sia  «carente la descrizione della fattispecie oggetto dei
giudizi a quibus», e dunque quando «dalle ordinanze di rimessione non
si  comprende con chiarezza quale sia l'oggetto di tali giudizi e, in
particolare,  in  cosa  si  identifichi  la  pretesa  sostanziale dei
ricorrenti»  (evenienze che sussistono, entrambe, nel caso in esame),
da    cio'   deriva   «l'impossibilita'   di   vagliare   l'effettiva
applicabilita'  della norma censurata ai casi dedotti», e con essa la
manifesta  inammissibilita'  delle relative questioni di legittimita'
costituzionale  (cosi',  tra  le piu' recenti, l'ordinanza n. 297 del
2005);
        che  alla  stregua  di tali rilievi va, dunque, dichiarata la
manifesta  inammissibilita'  della questione sollevata dal Giudice di
pace di Chieti.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.