ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma 1,
e  17, comma 3, della legge 18 ottobre 2001, n. 383 (Primi interventi
per  il  rilancio  dell'economia),  promosso con ordinanza depositata
l'11 dicembre  2003  dalla  Commissione  tributaria  regionale  della
Puglia,  sezione  staccata di Lecce, nel giudizio tributario vertente
tra  l'Agenzia  delle  entrate - Ufficio di Lecce 1, Alberto Greco ed
altri,  iscritta  al  n. 609 del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 27, 1ª serie speciale,
dell'anno 2004.
    Visti  l'atto di costituzione di Alberto Greco, nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13 dicembre  2005  il giudice
relatore Franco Gallo;
    Udito  l'avvocato  dello  Stato Chiarina Aiello per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che,  nel  corso di quattro giudizi di appello riuniti,
aventi  ad  oggetto  altrettante  sentenze  di  primo  grado emesse a
seguito  dell'impugnazione  proposta  dagli  eredi  di Marcello Greco
avverso   due  avvisi  di  liquidazione  dell'imposta  relativa  alla
successione  di  quest'ultimo,  la  Commissione  tributaria regionale
della  Puglia,  sezione  staccata  di  Lecce,  con  ordinanza  datata
16 settembre  2003  e  depositata l'11 dicembre dello stesso anno, ha
sollevato  -  in  riferimento  al principio di «legittimo affidamento
nella  certezza  e sicurezza giuridica del diritto» ed agli artt. 3 e
53  della  Costituzione  -  questione  di legittimita' costituzionale
degli  artt. 13, comma 1, e 17, comma 3, della legge 18 ottobre 2001,
n. 383 (Primi interventi per il rilancio dell'economia);
        che   la  Commissione  tributaria  regionale  preliminarmente
rileva  che alla fattispecie sottoposta al suo esame, relativa ad una
successione  aperta  nel  1989,  e'  applicabile  ratione temporis la
normativa  sulle imposte di successione di cui al decreto legislativo
31 ottobre   1990,   n. 346   (Approvazione  del  testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  l'imposta  sulle successioni e donazioni),
vigente  anteriormente  alla  legge  n. 383  del 2001, perche' questa
legge  -  in  forza del combinato disposto degli artt. 13, comma 1, e
17,  comma 1  - ha previsto la soppressione di detto tributo soltanto
per le successioni aperte a decorrere dal 25 ottobre 2001;
        che  il  giudice  rimettente,  sulla  base  di tale premessa,
denuncia  l'illegittimita' costituzionale delle indicate disposizioni
della  legge  n. 383  del 2001, in quanto queste - nello stabilire la
soppressione  dell'imposta  sulle  successioni  e  donazioni (comma 1
dell'art. 13)  e  nel delegare al Governo l'adozione, entro un anno e
previo  parere  delle  competenti  Commissioni parlamentari, di uno o
piu' decreti legislativi, aventi il fine di coordinare le altre norme
fiscali   con   la   nuova  disciplina  del  tributo  e  di  abrogare
espressamente  tutte  le disposizioni di legge incompatibili (comma 1
dell'art. 17)  -  non  prevedono, «nella regolamentazione transitoria
della  stessa  legge  in  rapporto  a  quelle previgenti sulla stessa
materia   [...],   l'espressa  abrogazione,  da  parte  dello  stesso
legislatore  o  del  Governo  delegato  all'emanazione  di uno o piu'
decreti  legislativi,  delle  disposizioni  vigenti  e  contenute nel
d.lgs.  n. 346  del 31 ottobre 1990 e succ. mod. (legge n. 342/2000),
ove   siano   incompatibili   con   quelle   contenute   nella  legge
n. 383/2001», con effetto sulle situazioni ancora pendenti;
        che  per  il  giudice  a quo, in particolare, le disposizioni
censurate,   in   quanto   non  stabiliscono  la  suddetta  «espressa
abrogazione»     retroattiva     delle     previgenti    disposizioni
«incompatibili», in materia di imposta sulle successioni e donazioni,
violerebbero:   a)  il  principio  di  «legittimo  affidamento  nella
certezza  e sicurezza giuridica del diritto», perche' provocherebbero
«notevoli  incertezze  e perplessita', a livello ermeneutico», «anche
per  la  mancata  emanazione  [...]  da parte del Governo dei decreti
legislativi» previsti dal comma 3 dell'art. 17 della legge n. 383 del
2001;  b)  l'art. 3  della  Costituzione,  sia  perche' si porrebbero
irragionevolmente  in  contrasto  con  l'intendimento  espresso dallo
stesso   legislatore,   nel   citato   comma 3,  di  predisporre  una
«regolamentazione   transitoria   con   eliminazione   di   tutte  le
disposizioni  incompatibili  con  la  nuova  normativa»,  sia perche'
introdurrebbero  una ingiustificata disparita' di trattamento fiscale
tra  le  successioni  per  causa  di  morte  aperte  anteriormente al
25 ottobre  2001 (soggette ad imposta) e quelle aperte a decorrere da
tale data (non soggette ad imposta); c) l'art. 53 della Costituzione,
perche',  in  riferimento  alla  riscossione  di  un'imposta «ad oggi
abrogata espressamente dalla legge n. 383/2001», legittimerebbero una
pretesa    fiscale    da    «considerarsi   carente   del   requisito
dell'attualita', collegato alla capacita' contributiva»;
        che  secondo  la Commissione rimettente, infine, la rilevanza
della  questione  e'  in re ipsa, trattandosi di fattispecie regolata
dalla  normativa  in  materia  di imposta sulle successioni anteriore
all'entrata in vigore della legge n. 383 del 2001;
        che   nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  si  e'
costituito  il  contribuente  Alberto  Greco,  uno degli eredi del de
cuius   illustrando   ulteriormente  le  argomentazioni  addotte  dal
rimettente  e  concludendo  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della norma denunciata;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo   una   pronuncia   di  manifesta  inammissibilita'  o,  in
subordine, di manifesta infondatezza della questione;
        che,  in  relazione alla eccepita inammissibilita', la difesa
erariale   sottolinea   che   la  pronuncia  additiva  richiesta  dal
rimettente    non    costituisce    una    conseguenza    necessitata
dell'applicazione   dei   principi   costituzionali,  essendo  invece
prospettabile  una  pluralita'  di  soluzioni,  la  cui  scelta resta
riservata alla discrezionalita' del legislatore;
        che,  sempre  in  punto di inammissibilita', la stessa difesa
erariale  rileva  che  il  giudice  a quo non precisa se l'intervento
additivo  dovrebbe  inserirsi  nel  testo  della  legge o dei decreti
delegati  previsti  dal  denunciato  comma 3 dell'art. 17 della legge
n. 383  del  2001  (per  i  quali  e'  ormai  decorso  il termine per
l'esercizio della delega);
        che,  in  relazione  alla  dedotta infondatezza, l'Avvocatura
generale  dello  Stato  osserva,  in primo luogo, che, in ragione del
decorso  del  tempo,  non sussiste alcuna irragionevole disparita' di
trattamento  fiscale  tra  successioni  ereditarie  aperte  in  tempi
diversi;  in secondo luogo, che sarebbe, semmai, l'accoglimento della
prospettata  censura  a  comportare  una  irragionevole disparita' di
trattamento  fiscale, considerato che, relativamente alle successioni
aperte   anteriormente   al   25 ottobre  2001,  sarebbero  sottratte
all'imposta di successione soltanto quelle per le quali, alla data di
soppressione  dell'imposta, la relativa pendenza tributaria non fosse
stata  ancora  definita; in terzo luogo, che le valutazioni poste dal
legislatore  del 2001 a fondamento della soppressione dell'imposta di
successione  hanno  natura  politica e non riguardano la legittimita'
costituzionale  della  previgente  normativa  (questione, questa, non
sollevata dal rimettente); in quarto luogo, che il denunciato comma 3
dell'art. 17   della  legge  n. 383  del  2001  non  manifesta  alcun
intendimento   del   legislatore   di  abrogare  retroattivamente  la
previgente  imposta  sulle  successioni e donazioni; in quinto luogo,
che  la capacita' contributiva va considerata, nell'imposta in esame,
al  momento  dell'apertura  della  successione  e  non  al successivo
momento  della  riscossione  del tributo; in sesto luogo, infine, che
non  sussiste  la  lamentata violazione dei principi di affidamento e
certezza  del  diritto, perche' non e' ipotizzabile alcun affidamento
del  cittadino  nell'estensione retroattiva di un trattamento fiscale
piu' favorevole (cioe', nella specie, negli effetti retroattivi della
soppressione di un tributo).
    Considerato che la Commissione tributaria regionale della Puglia,
sezione  staccata  di Lecce, dubita della legittimita' costituzionale
degli  artt. 13, comma 1, e 17, comma 3, della legge 18 ottobre 2001,
n. 383  (Primi interventi per il rilancio dell'economia), nella parte
in cui non prevedono - per le situazioni ancora pendenti - l'espressa
abrogazione,  «da  parte  dello  stesso  legislatore  o  del  Governo
delegato  all'emanazione  di  uno  o piu' decreti legislativi», delle
disposizioni  in  materia  di  imposta  sulle successioni e donazioni
contenute   nel   decreto   legislativo   31 ottobre   1990,   n. 346
(Approvazione   del   testo   unico  delle  disposizioni  concernenti
l'imposta  sulle successioni e donazioni) e successive modificazioni,
ove siano «incompatibili» con quelle contenute nella legge n. 383 del
2001, che ha soppresso tale tributo;
        che,   secondo   il   giudice   rimettente,  le  disposizioni
censurate,   in   quanto   non  stabiliscono  la  suddetta  «espressa
abrogazione»     retroattiva     delle     previgenti    disposizioni
«incompatibili»  in materia di imposte sulle successioni e donazioni,
violerebbero:   a)  il  principio  di  «legittimo  affidamento  nella
certezza  e sicurezza giuridica del diritto», perche' provocherebbero
«notevoli  incertezze  e perplessita', a livello ermeneutico», «anche
per  la  mancata  emanazione  [...]  da parte del Governo dei decreti
legislativi»  previsti  dal  citato  comma 3 dell'art. 17 della legge
n. 383 del 2001; b) l'art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo
del   principio   di   ragionevolezza,   perche'   si  porrebbero  in
contraddizione   con   l'intendimento   dello  stesso  legislatore  -
desumibile  dal citato comma 3 - di predisporre una «regolamentazione
transitoria  con  eliminazione di tutte le disposizioni incompatibili
con  la  nuova  normativa»;  sia  sotto  il  profilo del principio di
uguaglianza, perche' introdurrebbero una ingiustificata disparita' di
trattamento  fiscale  tra  le  successioni  per causa di morte aperte
anteriormente  al  25 ottobre  2001  (soggette  ad  imposta) e quelle
aperte  a  decorrere  da  tale  data  (non  soggette  ad imposta); c)
l'art. 53   della   Costituzione,   perche',   in   riferimento  alle
successioni   aperte   prima  del  25 ottobre  2001,  comporterebbero
l'applicazione di un'imposta che il legislatore ha ritenuto opportuno
sopprimere  e  per  la  quale,  pertanto,  non  sussisterebbe piu' il
requisito di una attuale capacita' contributiva;
        che  la  questione  sollevata e' manifestamente inammissibile
per diversi e concorrenti profili;
        che,  sotto  un  primo profilo, la questione e' inammissibile
perche'  il  giudice  a  quo, nel richiedere alla Corte una pronuncia
additiva  ad  effetti  abrogativi e retroattivi, prospetta un petitum
generico,  avendo omesso di precisare quali siano le norme previgenti
che  dovrebbero essere «espressamente» e retroattivamente abrogate in
ragione  della  loro  incompatibilita' con quelle vigenti («ove siano
incompatibili», come testualmente si esprime detto giudice);
        che  tale  individuazione,  da  parte  del  rimettente, delle
disposizioni «incompatibili» da abrogare appare tanto piu' necessaria
in   quanto   non  sembra  poter  sussistere,  nella  specie,  alcuna
incompatibilita'  tra  norme  che  hanno  efficacia temporale diversa
(cioe'   quelle  anteriori  e  quelle  successive  alla  soppressione
dell'imposta);
        che,  sotto un secondo profilo, la questione e' inammissibile
perche'   la  Commissione  tributaria  regionale  esige,  altrettanto
genericamente,   che  l'invocata  abrogazione  retroattiva  di  norme
previgenti  sia  inserita  in  una  «regolamentazione transitoria» e,
quindi,  che operi tramite la sostituzione delle norme previgenti con
altre di imprecisato contenuto;
        che,  sotto  un  terzo profilo, la questione e' inammissibile
perche'  il  rimettente lascia irrisolta l'alternativa, da lui stesso
posta,  se  l'indicata  abrogazione retroattiva debba essere prevista
direttamente  dalla  legge n. 383 del 2001 oppure se debba costituire
un  mero  criterio  direttivo  da  attuarsi  ad opera del legislatore
delegato  («abrogazione,  da  parte  dello  stesso  legislatore o del
Governo  delegato  all'emanazione di uno o piu' decreti legislativi»,
come si legge nell'ordinanza di rimessione);
        che, inoltre, il giudice a quo non fornisce, per l'ipotesi di
abrogazione  delegata  al Governo, alcuna motivazione sulla rilevanza
della  sollevata  questione nei giudizi riuniti a quibus, trattandosi
di  disposizione  abrogativa  futura  ed eventuale, da emanarsi - tra
l'altro  -  in forza di una delega concessa al Governo per un termine
ormai da tempo scaduto (un anno a decorrere dal 25 ottobre 2001);
        che  la  questione e', infine, inammissibile anche perche' il
petitum del rimettente comporta una pluralita' di soluzioni in ordine
al  possibile  contenuto  della richiesta pronuncia additiva, nessuna
delle  quali  appare  costituzionalmente vincolata e la cui scelta e'
pertanto  rimessa  alla  discrezionalita'  del  legislatore  (v.,  in
generale,  ex  plurimis,  sentenza n. 291 del 2001; ordinanze n. 399,
n. 273  e  n. 260  del  2005),  soprattutto  ove si consideri che, in
materia   di   successione   di   leggi,   il  legislatore  ha  ampia
discrezionalita'  di modulare nel tempo la disciplina introdotta (v.,
ex  multis,  sentenza  n. 308 del 2002 ed ordinanza n. 108 del 2002),
con  l'unico limite della ragionevolezza (nella specie non superato),
e che non e' consentito, nel controllo di costituzionalita', valutare
il merito delle scelte discrezionali del legislatore.