IL TRIBUNALE Il giudice, in ordine alla questione di costituzionalita' dell'art. 39 del d.lgs. n. 231/2001 per desunta violazione degli artt. 3, 24, 76 e 111 della Costituzione proposta dalla difesa circa la ritualita' del contradditorio instaurato nei confronti della Induplast S.r.l., citata a giudizio in persona del legale rappresentante in carica gia' all'epoca dei fatti oggetto di imputazione, osserva: la societa' Induplast s.r.l. e' stata tratta a giudizio nel presente processo con decreto del g.u.p. in sede del 5 ottobre 2005 in persona del legale rappresentante Costanzo Vincenzo, quest'ultimo, a sua volta, tratto a giudizio personalmente come imputato dei medesimi reati. Tale situazione trova disciplina nel recente d.lgs. n. 231/2001 emanato in tema di responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni in attuazione della legge delega 29 settembre 2009 n. 300; in particolare, infatti, gia' l'art. 11 della legge delega aveva indicato come principio da attuare l'effettiva ed adeguata tutela da assicurare alla persona giuridica nell'ambito del procedimento a suo carico che, di regola, ha ad oggetto contestualmente sia l'illecito amministrativo della persona giuridica che la penale responsabilita' da cui detto illecito dipende, e cio' in ossequio ai principi costituzionali fissati dagli artt. 24 e 111 della Costituzione. L'art. 11 richiamato, infatti, indicava la necessita' di assicurare «l'effettiva partecipazione e difesa degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale», lasciando al legislatore delegato il compito di fissare le modalita' di detta tutela. La materia e' stata disciplinata dagli artt. 39-42 del d.lgs. n. 231/2001; in particolare l'art. 39, comma 1, norma che qui interessa richiamare, afferma che «l'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo». Scelta prioritaria fatta dal legislatore e' stata, dunque, quella di affidare ogni determinazione in ordine alla difesa dell'ente a colui che ricopre la carica di rappresentante legale dello stesso, ritenendo quest'ultimo, tenuto conto della posizione nevralgica occupata all'interno della persona giuridica, soggetto idoneo in quanto a conoscenza della relativa organizzazione, presupposto necessario ed indefettibile al fine di predisporre una efficace difesa dinanzi all'autorita' giudiziaria competente. Tale regola nella richiamata disciplina normativa trova deroga soltanto nel caso in cui vi sia una situazione di conflitto di interessi tra la persona giuridica e il rappresentante legale, presupposto questo che gia' la norma richiamata individua tipicamente nell'essere, a sua volta, il rappresentante legale imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo dell'ente. Detto conflitto di interessi, concretizzazione legale del modello disciplinato in generale dall'art. 2391 cod. civ. in materia di rapporti tra amministratore e societa' (norma richiamata, per le societa' a responsabilita' limitata, a sua volta dall'art. 2487, comma 2 cod. civ.), trova giustificazione gia' nel disposto degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 231 laddove la persona giuridica e' posta nelle condizioni di fornire la «prova liberatoria» della propria responsabilita' potendo dimostrare in concreto che il fatto reato da cui dipende la propria responsabilita' amministrativa sia attribuibile esclusivamente al proprio rappresentante legale che abbia agito per esclusivo interesse proprio o altrui ovvero abbia agito eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione o di gestione adottati proprio al fine di prevenire i reati commessi. E' evidente, infatti, che in tal caso la scelta difensiva dell'ente si pone in posizione di conflitto con quella del rappresentante, conflitto che non puo' ritenersi risolto affidando la difesa tecnica dell'ente ad un diverso difensore, eventualmente designato dal giudice d'ufficio ai sensi dell'art. 40 del d.lgs. n. 231/2001, scelta questa che, ispirandosi alla disciplina di cui al comma 1 dell'art. l06 c.p.p., conferma che a monte sussiste incompatibilita' tra le diverse posizioni. Il dettato normativo nulla dice in ordine al momento in cui tale situazione di conflitto assume rilevanza processuale divenendo necessario attribuire ad un soggetto diverso dal rappresentante legale della societa' la rappresentanza in giudizio dell'ente ne' in ordine alle modalita' attraverso cui rimuovere il relativo conflitto; sotto quest'ultimo profilo la stessa relazione cha accompagna la norma afferma che in tal caso «l'ente che voglia partecipare ugualmente al procedimento dovra' nominare un rappresentante per il processo» al quale potra' essere conferita una procura speciale secondo la disciplina dettata in materia dal codice civile. In proposito detto momento deve logicamente fissarsi in quello nel quale detta situazione di incompatibilita' assume rilevanza e, quindi, allorche' per la prima volta si instaura un reale contraddittorio processuale con l'ente, come emerge dall'art. 43, comma 2 dello stesso d.lgs. n. 231/2001 che fa salve, comunque, le notificazioni (e' da ritenere, logicamente, la prima) eseguite mediante consegna al legale rappresentante, anche se imputato; successivamente, infatti, nel momento in cui l'ente e' chiamato a fare scelte difensive ipoteticamente in conflitto con il proprio legale rappresentante, esso deve riferire la propria difesa ad un diverso soggetto, che diviene centro di imputazione autonomo delle situazioni giuridiche che scaturiscono per l'ente dalla partecipazione al medesimo processo (ovvero ad un diverso processo, comunque rientrante nella disciplina dell'art. 38 del d.lgs. n. 231 del 2001, in materia di riunione e separazione dei procedimenti). Questo momento deve essere individuato almeno nella fase dell'udienza preliminare dove si discute del rinvio a giudizio, potendo gia' in quella sede il procedimento essere definito con i riti speciali previsti dalla sezione VI della legge o, spesso, ancora prima in quella delle indagini preliminari tenuto conto che e' proprio nella fase investigativa che l'ente e' chiamato, di norma, a fare le proprie scelte in ordine alle strategie difensive da fare allorche' vengano compiuti atti istruttori che possono assumere valenza probatoria nell'ulteriore corso del processo, eventualmente nello stesso giudizio ovvero in caso di definizione del processo con riti alternativi. Se tutto cio' non avviene e la rappresentanza dell'ente rimane affidata al rappresentante legale in conflitto di interessi, ritiene il giudice che, tenuto conto della posizione processuale dell'ente strutturata dal legislatore sulla falsariga di quella dell'imputato (si pensi alla disciplina dettata in materia di contumacia e di difesa tecnica dell'ente, affidata ad un difensore che nel processo lo rappresenta, art. 39, ultimo comma, d.lgs. n. 231/2001, in linea con il disposto dell'art. 420-quinquies c.p.p., a sua volta richiamato, per il dibattimento, dall'art. 48, comma 2-bis c.p.p.), si verserebbe in un caso di inosservanza delle norme dettate in materia di intervento dell'imputato (rectius, della persona giuridica della cui responsabilita' amministrativa si tratta nel processo penale) disciplinata dal combinato disposto degli artt. 178, lett. c) e 180 c.p.p. come ipotesi di nullita' di ordine generale. Tale conclusione, che comporterebbe l'estensione analogica delle norme teste' richiamate alla persona giuridica chiamata in giudizio in violazione della normativa che disciplina la materia, e' impedita dal principio di tassativita' delle ipotesi di nullita' previsto dall'art. 177 c.p.p. a tenore del quale «l'inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento e' causa di nullita' soltanto nei casi previsti dalla legge». Premesso quanto sin qui detto la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39, d.lgs. n. 231/2001, oltre che rilevante ai fini della decisione del presente processo, appare anche non manifestamente infondata al cospetto degli artt. 24 e 111 della Costituzione. Sotto il primo profilo appare palese come il vuoto normativo conseguente al fatto che il legislatore del d.lgs. n. 23l/2001 non abbia dettato una compiuta disciplina volta a garantire alla persona giuridica tratta a giudizio in conflitto di interessi con il proprio legale rappresentante una adeguata difesa nel processo con il superamento di detta situazione di conflitto (eventualmente, ad esempio, seguendo lo schema indicato dall'art. 71 c.p.p. in materia di sospensione del procedimento per incapacita' dell'imputato), oltre che la mancata previsione di un regime processuale sanzionatorio che regoli la materia nel caso in cui, comunque, l'ente venga tratto a giudizio in persona del legale rappresentante in conflitto di interessi, possa configurare violazione del diritto di difesa della persona giuridica, generalmente assicurato dal citato art. 24 della Costituzione a tenore del quale «la difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del processo». Allo stesso modo la mancata disciplina dettata in materia costituisce, a parere del giudice, violazione del principio fissato dall'art. 111 della Costituzione a tenore del quale «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge», tenuto conto che il vuoto normativo in materia, eludendo di fatto la possibilita' per l'ente di partecipare efficacemente al giudizio predisponendo le proprie difese anche nei confronti ed eventualmente contro il proprio legale rappresentante allorche' si verifichino le condizioni previste dalla seconda parte del comma 1 dell'art. 39 citato, viola il generale principio del «giusto» processo fissato dalla norma costituzionale che si assume violata. Per le ragioni indicate la questione di costituzionalita', rilevante e non manifestamente infondata per le ragioni sinteticamente qui indicate, va rimessa alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del processo nei confronti della Induplast S.r.l. e prosecuzione dello stesso nei confronti degli altri imputati, necessaria oltre che opportuna tenuto conto dell'epoca di commissione dei reati contestati.