ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo 407,
comma 3,  del  codice di procedura penale, promosso con ordinanza del
23 dicembre  2004 dal Tribunale di Bologna, sulle istanze proposte da
L.T. ed altro, iscritta al n. 214 del registro ordinanze e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 16, 1ª serie speciale,
dell'anno 2005.
    Visto l'atto di costituzione di L.T;
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'11 ottobre 2006 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale
di  Bologna,  sezione  del  riesame  ex  art. 309 codice di procedura
penale,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art. 24, secondo comma,
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 407,  comma 3,  del  cod.  proc.  pen., codice di procedura
penale, «nella parte in cui non prevede, in caso di ritardo abnorme o
comunque  ingiustificato  nella  iscrizione  della notizia di reato a
cura   del   pubblico   ministero   ex   art. 335  cod.  proc.  pen.,
l'inutilizzabilita'  degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza
del  termine  di  cui  all'art. 405, comma 2, c.p.p., calcolato a far
tempo  dal  momento  in cui la notizia di reato avrebbe dovuto essere
iscritta»;
        che  il  Tribunale rimettente premette, in punto di fatto, di
dover  delibare  le  istanze  di  riesame proposte da alcuni imputati
avverso decreti di sequestro e di convalida di sequestro emessi dalla
locale Procura della Repubblica - nelle date 9, 15 e 16 novembre 2004
-  nell'ambito  di  un  procedimento  penale  che vedeva i ricorrenti
indagati   per  vari  delitti  contro  la  pubblica  amministrazione,
commessi  in  Bologna tra il 2000 ed il 2003: istanze con le quali si
chiedeva  la  declaratoria di nullita' dei decreti impugnati, «ovvero
la  rimessione  degli atti alla Corte costituzionale rilevando la non
manifesta    infondatezza   della   questione   d'incostituzionalita'
dell'art. 407, comma 3, c.p.p.»;
        che,   in   proposito,   il   giudice  a  quo,  ripercorrendo
diffusamente  l'origine e lo sviluppo delle indagini del procedimento
al   suo   esame,  evidenzia,  in  particolare,  come  l'abbrivio  di
quest'ultimo  fosse rappresentato da un esposto del 17 settembre 2001
e  da una denuncia-querela del 23 settembre 2001, in esito ai quali -
avviate  le indagini - veniva effettuata, in data 20 agosto 2002, una
prima  iscrizione  nel  registro  delle  notizie  di  reato  ai sensi
dell'art. 335 cod. proc. pen.;
        che,  successivamente,  era  stata  disposta  una  consulenza
tecnica, il cui oggetto - secondo il giudice a quo - risultava essere
null'altro  che  l'approfondimento  dei  fatti gia' prospettati nella
originaria  denuncia; e il pubblico ministero - dopo tre richieste di
proroga  delle  indagini  preliminari,  tutte  relative alla medesima
ipotesi  delittuosa,  gia'  oggetto  della originaria iscrizione - in
esito  al  deposito della relazione di consulenza, aveva formulato la
definitiva  imputazione  ed  effettuato,  in data 29 ottobre 2004, la
definitiva  iscrizione  nel  registro delle notizie di reato ai sensi
dell'art. 335 cod. proc. pen.;
        che tuttavia, a parere del giudice a quo, i fatti per i quali
si  era  proceduto  a  tale ultima e definitiva iscrizione emergevano
chiaramente  fin  dalla  prima  denuncia  del settembre  del  2001  e
risultavano    gia'    rappresentati    pienamente    -    unitamente
all'identificazione  dei soggetti cui erano ascrivibili - nella prima
informativa  di reato del luglio 2002: circostanza, questa, eccepita,
dinnanzi  ad esso rimettente, dai difensori degli imputati, i quali -
sul  rilievo  che  il  precetto  di immediata iscrizione nel registro
delle notizie di reato in capo al pubblico ministero, pur se violato,
fosse sprovvisto di adeguata sanzione processuale - avevano sollevato
il dubbio di costituzionalita';
        che,  in  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  di tale
questione, il Tribunale rimettente richiama l'orientamento - ritenuto
prevalente  -  della  giurisprudenza  di  legittimita',  secondo  cui
l'omessa  o ritardata annotazione della notitia criminis sul registro
previsto    dall'art. 335    cod.    proc.    pen.    non   determina
l'inutilizzabilita'  degli  atti di indagine compiuti fino al momento
dell'effettiva  iscrizione  nel registro; e secondo cui il termine di
durata  massima  delle  indagini decorre dalla data in cui il nome e'
effettivamente  iscritto  nel  registro delle notizie di reato, e non
dalla  presunta  data  in  cui  il  pubblico ministero avrebbe dovuto
iscriverlo;  su  tali premesse, il giudice a quo ritiene che tanto la
discrezionalita'  dell'organo  dell'accusa  nella  scelta  dei  tempi
dell'iscrizione  della notizia di reato, quanto l'assenza di sanzione
di inutilizzabilita' degli atti precedenti la pur tardiva iscrizione,
si  pongano  in  contrasto  con  i  principi  posti dal secondo comma
dell'art. 24 della Costituzione;
        che invero - evidenzia il rimettente - la circostanza che sia
il pubblico ministero a stabilire i tempi del procedimento e, dunque,
«l'inizio  delle  garanzie  della  difesa», si pone in violazione del
diritto  di  difesa;  mentre  l'inviolabilita'  di  quest'ultimo deve
essere  garantita  fin da quando la notizia di reato, delineatasi con
nettezza,  avrebbe  dovuto essere immediatamente iscritta, unitamente
ai nominativi delle persone cui la stessa risultava attribuibile;
        che  dunque,  secondo  il  rimettente,  «l'omessa indicazione
della  sanzione  di  inutilizzabilita' degli atti d'indagine raccolti
anteriormente  alla  data  di  iscrizione  avvenuta  con  ritardo non
giustificabile»  genera  il contrasto con il principio costituzionale
della   difesa   inviolabile,   posto   che   l'omessa  iscrizione  o
l'ingiustificato  ritardo  di  essa  - conclude il giudice a quo - ha
ricadute  ampiamente  negative  sulla  garanzia di difesa: e cio' sia
sotto  il profilo della «sorpresa» di un'indagine in corso da anni ed
ignota   invece   all'interessato;   sia,  soprattutto,  «impoverendo
indebitamente   gli   strumenti   della   difesa  a  tutto  vantaggio
dell'invasivita', contra legem, dell'accusa»;
        che  nel  presente giudizio si e' costituita la parte privata
L.  T.,  imputato  nel giudizio a quo, concludendo per l'accoglimento
della   questione   e   rilevando   che  il  principio  della  scelta
discrezionale,  in  capo all'organo  requirente,  circa  la  data  di
iscrizione  della  notizia  di  reato,  confligge  «con  fondamentali
principi  di  garanzia  dei  diritti dell'indagato, posti dal secondo
comma dell'art. 24 Cost. in maniera perentoria ed ineludibile».
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Bologna - adito a seguito di
istanza  di riesame avverso provvedimenti di sequestro e di convalida
di sequestro - sottopone allo scrutinio di questa Corte, in relazione
all'art. 24   della   Costituzione,  il  profilo  della  legittimita'
dell'art. 407,  comma 3,  del codice del rito penale, «nella parte in
cui non prevede, in caso di ritardo abnorme o comunque ingiustificato
nella iscrizione della notizia di reato a cura del pubblico ministero
ex  art. 335  cod.  proc.  pen.,  l'inutilizzabilita'  degli  atti di
indagine  compiuti  dopo la scadenza del termine di cui all'art. 405,
comma 2,  c.p.p., calcolato a far tempo dal momento in cui la notizia
di reato avrebbe dovuto essere iscritta»;
        che,  nondimeno,  il Tribunale rimettente omette di precisare
se   ed  in  che  misura  l'eventuale  inutilizzabilita'  degli  atti
dell'indagine  -  compiuti  dopo  la  scadenza dei relativi termini -
influirebbe  sullo  scrutinio  che  il  giudice  a  quo e' chiamato a
compiere  in  relazione  alla  domanda  di riesame proposta avverso i
provvedimenti  di sequestro: omessa precisazione che si risolve in un
evidente difetto di motivazione circa la rilevanza della questione;
        che,  accanto  a  cio',  il  quesito  di costituzionalita' si
sostanzia  nella  richiesta  di  una  declaratoria  di illegittimita'
costituzionale  fondata  su  parametri  del  tutto  aspecifici, quali
quelli  del  «ritardo  abnorme» o dell'«ingiustificato ritardo» nella
iscrizione  della  notizia  nel registro ex art. 335 cod. proc. pen.:
dal  che  consegue l'evidente inammissibilita' del petitum per totale
genericita' dei suoi presupposti;
        che,   sotto   altro   profilo,  il  petitum  conclusivamente
formulato   mira  a  sollecitare  una  pronuncia  additiva  idonea  a
sanzionare  - con l'inutilizzabilita' processuale - gli atti compiuti
dall'organo  di  accusa  oltre  il  termine  effettivo delle indagini
preliminari;  ma  tale  richiesta appare in decisa contraddizione con
l'argomentazione  espressa  nel corpo dell'ordinanza di rimessione in
cui,  invece, oggetto di censura risulta essere «l'omessa indicazione
della  sanzione  di  inutilizzabilita' degli atti d'indagine raccolti
anteriormente  alla  data  di  iscrizione  avvenuta  con  ritardo non
giustificabile»;
        che  le  due  prospettive  - miranti, l'una, ad introdurre la
sanzione  di inutilizzabilita' di atti compiuti oltre la scadenza del
termine massimo di indagine, considerato il momento in cui la notizia
di  reato  avrebbe  dovuto essere effettivamente iscritta; l'altra, a
richiedere  la  medesima  sanzione  processuale per gli atti compiuti
prima  della  formale  iscrizione nel registro ex art. 335 cod. proc.
pen., se quest'ultima e' avvenuta con ritardo «ingiustificabile» - si
palesano,   all'evidenza,   completamente  antitetiche,  si'  da  far
risaltare l'insolubile contraddittorieta' del quesito;
        che  per  i  suesposti  motivi la questione e' manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  della  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.