ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 52, 53 e 54
del  regolamento  di  procedura  per i giudizi innanzi alla Corte dei
conti,  approvato  con  il  regio  decreto  13 agosto  1933, n. 1038,
promossi  con  ordinanze  del  26 aprile, del 13 e del 19 luglio 2004
dalla  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  Regione
Siciliana,  rispettivamente  iscritte  ai  nn. 753,  754  e  755  del
registro  ordinanze  2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 40, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli atti di costituzione della S.p.a Montepaschi Se.Ri.T.,
nonche'  gli  atti  di  intervento  del  presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21 novembre  2006  il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi  gli  avvocati  Giovanni  Di Salvo e Augusto Ermetes per la
S.p.a. Montepaschi Se.Ri.T e l'avvocato dello Stato Gaetano Zotta per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con tre ordinanze di identico tenore, emesse il 26 aprile,
il  13 luglio  ed  il  19 luglio  2004,  la  Corte dei conti, sezione
giurisdizionale   per   la   Regione   Siciliana,  ha  sollevato,  in
riferimento   agli   articoli 24   e   111,   secondo   comma,  della
Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale  degli
artt. 52,  53 e 54 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi
alla  Corte dei conti, approvato con il regio decreto 13 agosto 1933,
n. 1038,   nella   parte   in   cui,   nel  disciplinare  il  ricorso
dell'esattore per rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili,
non  prevedono  che  l'atto  introduttivo del giudizio sia notificato
all'amministrazione  e  che  a  questa siano comunicati il decreto di
fissazione  d'udienza  e  il  deposito  di  documenti  da  parte  del
ricorrente.
    La  questione e' stata sollevata nel corso di altrettanti giudizi
promossi   dalla   S.p.a.   Montepaschi  Se.Ri.T.,  gia'  commissario
governativo   del  servizio  di  riscossione  tributi  nella  Regione
Siciliana,  aventi ad oggetto l'impugnazione di decreti di rigetto di
ricorsi gerarchici emessi dall'Assessore regionale al bilancio e alle
finanze  in  esito  all'impugnativa  di  provvedimenti  di diniego di
rimborso  o  discarico  della  Direzione regionale dell'Agenzia delle
Entrate,   decreti   motivati   sul   rilievo   della   mancanza   di
documentazione  idonea  a dimostrare l'effettiva inesigibilita' delle
quote  di  imposta  date in carico all'agente della riscossione e non
riscosse.
    Premesso  che  l'atto introduttivo dei giudizi non risulta essere
stato  notificato  ne'  alla  Regione Siciliana ne' all'Agenzia delle
Entrate  (le  quali,  pertanto,  non  si  sono  costituite), e che il
pubblico ministero ha chiesto che venisse disposta l'integrazione del
contraddittorio  nei  confronti  dell'amministrazione finanziaria, il
giudice  rimettente  osserva  che  gli articoli da 52 a 54 del citato
regolamento  non  prevedono  la necessita' della notifica del ricorso
dell'atto   introduttivo   all'ente   impositore,   configurando   il
contraddittorio  esclusivamente  nei confronti del pubblico ministero
contabile.
    Il  giudice  a quo non ignora che la Corte costituzionale gia' in
passato,  con  la sentenza n. 65 del 1992, ha giudicato inammissibile
analoga   questione  di  legittimita'  costituzionale,  sollevata  in
riferimento   all'art. 24  della  Costituzione,  tenuto  conto  della
discrezionalita'   del   legislatore  nello  stabilire  le  norme  di
procedura  da seguire in siffatto giudizio; ritiene, tuttavia, che la
modifica, ad opera della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2,
dell'art. 111  della Costituzione, il quale prevede che ogni processo
si  svolge  nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parita'
(secondo  comma),  abbia  radicalmente  modificato  il  parametro  di
riferimento  costituzionale,  sottraendo  alla  discrezionalita'  del
legislatore  la  scelta  delle  norme  da  seguire  per  la  corretta
instaurazione   del  contenzioso,  con  riferimento  alla  necessaria
effettiva  evocazione  in  giudizio di tutte le parti sostanziali del
rapporto sottoposto all'esame del giudice.
    Ad  avviso  del  rimettente, la pur necessaria partecipazione del
pubblico  ministero,  quale  garante  dell'imparziale  buona gestione
contabile,  non  sembrerebbe  soddisfare  di  per  se'  la  richiesta
condizione  di  parita' processuale e di contraddittorio tra le parti
sostanziali  del  rapporto,  l'una delle quali verrebbe ad essere del
tutto estromessa dalla dialettica processuale, sino al punto che, non
avendo  partecipato  al  giudizio  di  primo  grado, in caso di esito
negativo  del giudizio ad essa sarebbe preclusa anche la possibilita'
di  un  eventuale appello, garantito invece sempre al ricorrente, con
una  sostanziale  ingiustificata  differenziazione di percorribilita'
dei gradi di giudizio tra le parti del rapporto.
    Circa la rilevanza della questione, il giudice a quo ne motiva la
sussistenza,   osservando   che   dall'accoglimento   del  dubbio  di
costituzionalita'  deriverebbe  la  necessita', per il ricorrente, di
procedere  ai  necessari  adempimenti  processuali  per  la  corretta
instaurazione  del  contraddittorio o, in difetto, la declaratoria di
inammissibilita' del ricorso.
    2.  -  In  tutti e tre i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato, il quale ha concluso per l'inammissibilita' o
per la non fondatezza della questione.
    Ad   avviso   dell'Avvocatura,   lo   scrutinio  favorevole  alla
legittimita'  costituzionalita' delle norme denunciate, gia' compiuto
dalla  Corte  con  la  sentenza  n. 65  del  1992,  non  si fonda sul
presupposto   del  mancato  (all'epoca)  rilievo  costituzionale  del
principio del contraddittorio, quanto piuttosto su un'attenta analisi
della  configurazione  dei contesti processuali specifici nell'ambito
della giurisdizione contabile.
    Nei confronti del procuratore regionale - sostiene l'Avvocatura -
i  principi  costituzionali  del rispetto del contraddittorio e delle
condizioni  di  parita'  processuale  sarebbero ampiamente rispettati
dalle    norme    censurate;   laddove   l'eventuale   coinvolgimento
dell'amministrazione  finanziaria interessata nell'ambito dei giudizi
per   rimborso   di  quote  di  imposta  inesigibili  non  passerebbe
attraverso  il  rispetto  dei  parametri  costituzionali  evocati, ma
presupporrebbe  una  diversa  strutturazione  del sistema processuale
esistente,   rimessa   unicamente   alle   scelte  discrezionali  del
legislatore.
    3.  -  In  tutti  e  tre  i  giudizi  si  e' costituita la S.p.a.
Montepaschi  Se.Ri.T.,  parte  ricorrente nei procedimenti dinanzi al
giudice   rimettente,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile o non fondata.
    Ad  avviso  della  parte  privata,  nel  giudizio  contabile  per
denegato  rimborso  o  discarico  di  quote di imposta inesigibili il
principio   del   contraddittorio   e'   rispettato,  svolgendosi  il
procedimento  tra  agente contabile e procuratore presso la Corte dei
conti,  in  condizioni di assoluta parita', e la scelta discrezionale
operata   a   suo   tempo  dal  legislatore  sull'assetto  di  questo
particolare  giudizio  sarebbe  ancor  oggi assolutamente conforme ai
principi  costituzionali  del  rispetto  dei  diritti di difesa e del
giusto processo; mentre una sentenza di illegittimita' costituzionale
riguardante la legittimazione passiva del procuratore in tali giudizi
potrebbe  aprire  la  strada  ad  analoga  sentenza con riguardo alla
legittimazione  attiva  dello  stesso nei giudizi di responsabilita',
come  pure  nei  giudizi  di  conto e nei giudizi per responsabilita'
amministrativa concorrenti con quelli di conto.
    D'altra  parte, aggiunge la stessa parte privata, le ordinanze di
rimessione  non  terrebbero  conto  che il procuratore regionale, nei
giudizi  per  denegato  rimborso  di  quote d'imposta inesigibili, e'
tenuto  a coinvolgere nell'istruttoria l'amministrazione finanziaria,
giacche' l'art. 54, primo comma, del regolamento di procedura prevede
che   il   procuratore  regionale,  prima  di  formulare  le  proprie
conclusioni,  compie  «le  istruttorie  che  ravvisi  necessarie».  E
rientrerebbe  nel  potere-dovere  del  pubblico ministero - attesa la
funzione,  che  gli  e'  devoluta, di tutela degli interessi generali
dell'Erario  -  l'acquisizione  del  fascicolo  amministrativo e, con
esso,  del punto di vista dell'amministrazione finanziaria, la quale,
resa   cosi'   edotta   della   pendenza  del  giudizio,  avrebbe  la
possibilita',  ove  lo ritenga opportuno, di intervenire nel giudizio
promosso dall'esattore.
    4.  - In prossimita' dell'udienza, la parte privata ha depositato
una memoria illustrativa per ribadire le proprie conclusioni.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  questione  di  legittimita' costituzionale - sollevata
dalla  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  Regione
Siciliana,  con  tre  ordinanze  di  identico  tenore, i cui giudizi,
pertanto,   possono  essere  riuniti  per  essere  decisi  con  unica
pronuncia  -  investe  gli  artt. 52,  53  e  54  del  regolamento di
procedura  per  i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con
il   regio  decreto  13 agosto  1933,  n. 1038,  i  quali  recano  la
disciplina  del giudizio, che si svolge dinanzi alla Corte dei conti,
per rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili.
    Il  giudice  rimettente  dubita che l'omessa previsione sia della
notifica  del  ricorso  dell'esattore all'amministrazione finanziaria
interessata,  sia della comunicazione a quest'ultima delle successive
attivita' processuali, violi gli artt. 24 e 111, secondo comma, della
Costituzione,  giacche'  la  pur  necessaria  partecipazione  a  tale
giudizio  del pubblico ministero, quale garante dell'imparziale buona
gestione  contabile,  non  soddisferebbe  la  condizione  di  parita'
processuale  e  di  contraddittorio  tra  le  parti  sostanziali  del
rapporto,  una  delle  quali  rimarrebbe al di fuori della dialettica
processuale.
    2.  -  Le  censurate  norme  del  regolamento  di procedura per i
giudizi  innanzi  alla  Corte dei conti dispongono che il ricorso per
rifiutato  rimborso  di  quote  d'imposta  inesigibili sia depositato
nella  segreteria  della  Corte (art. 52); dettano disposizioni sulla
fissazione   della   relativa   udienza   di   discussione   e  sulla
comunicazione  degli  atti al pubblico ministero (art. 53); prevedono
l'istruttoria e le relative conclusioni da parte del predetto organo,
con  conseguente  deposito  degli  atti  in  segreteria  ed avviso al
ricorrente (art. 54).
    3. - La questione e' fondata.
    3.1.  -  Questa  Corte  ha  gia' scrutinato un'analoga questione,
sollevata    in    riferimento    all'art. 24   della   Costituzione,
dichiarandola  inammissibile  (con  la  sentenza  n. 65  del  1992) e
manifestamente  inammissibile  (con l'ordinanza n. 217 del 1992): pur
precisandosi  che  «non  e' a priori da escludersi che i procedimenti
sulla  materia  contabile  potrebbero  ricevere,  nel loro complesso,
altra pur adeguata regolamentazione», e' stato ritenuto che spetta al
legislatore  «stabilire  [...] nella discrezionalita' delle scelte se
le  configurazioni procedimentali attuali vadano rimosse e sostituite
e con quali conseguenze sull'intero sistema».
    3.2. - Queste conclusioni meritano ora di essere rimeditate.
    Il  giudizio  avverso  il  rifiutato rimborso di quote di imposta
inesigibili  non  e'  limitato  all'esame della mera legittimita' del
provvedimento  impugnato,  il quale, definendo in sede amministrativa
le  posizioni  soggettive  che  vengono poi fatte valere davanti alla
Corte  dei  conti,  costituisce pur sempre presupposto necessario del
giudizio stesso. Esso investe, piuttosto, tutto il rapporto contabile
tra   l'amministrazione   finanziaria   e   l'esattore,  e  con  esso
l'accertamento   della   posta   attiva  reclamata  da  quest'ultimo.
All'esame  della Corte dei conti viene sottoposto, pertanto, non gia'
semplicemente  l'atto finale del procedimento amministrativo, nel suo
aspetto  formale,  perche'  se  ne  pronunci  l'annullamento,  bensi'
l'intero  rapporto  che  ha formato oggetto della vertenza nella fase
amministrativa;  ed  in  caso  di riscontrata illegittimita' di detto
atto,  il  giudice  contabile  accerta  il  diritto alla posta attiva
rivendicata   dall'esattore   nell'ambito   del  rapporto  contabile,
eventualmente    ordinando    all'amministrazione    finanziaria   la
restituzione  della  quota  inesigibile. Inoltre, sebbene il giudizio
nasca  normalmente  su istanza dell'esattore, il suo oggetto non muta
quando  sia  l'ente  impositore ad instaurare il rapporto contenzioso
contro  l'esattore  che  abbia  ottenuto  in  sede  amministrativa un
provvedimento  a  se' favorevole sull'istanza di rimborso delle quote
inesigibili:  anche  in  tal  caso,  infatti,  il giudizio e' volto a
definire   la  contestazione  sorta  su  una  partita  di  conto  tra
l'esattore e l'amministrazione finanziaria.
    Deve  considerarsi  che il giudizio de quo per rifiutato rimborso
di  quote  di imposta inesigibili fuoriesce dallo schema generale dei
giudizi  contabili,  nei  quali il pubblico ministero, intervenendo a
tutela dell'ordinamento e degli interessi generali ed indifferenziati
della  collettivita'  (sentenza  n. 104 del 1989), agisce, per questa
via,  anche  a  tutela  degli  interessi  concreti  e particolari dei
singoli e delle amministrazioni pubbliche.
    Infatti  tale  giudizio  e'  ad  istanza  di  parte e l'azione e'
esercitata  nel  suo  esclusivo  interesse dall'esattore, il quale e'
solo  uno  dei soggetti del rapporto contabile in discussione, mentre
l'amministrazione  finanziaria,  che e' l'altro soggetto del medesimo
rapporto, resta fuori dal processo.
    Questa  diversita'  di  trattamento  delle  parti  del  rapporto,
determinata  dalle  norme  censurate,  contrasta  con  il  diritto di
difesa, con il principio del contraddittorio e con il principio della
parita'  delle  parti,  sanciti  dagli artt. 24 e 111, secondo comma,
Cost. Pertanto, le norme denunciate, nella parte in cui non prevedono
che   il   ricorso   dell'esattore  (parte  istante)  sia  notificato
all'amministrazione (parte resistente) e che anche ad essa siano dati
gli ulteriori avvisi, violano i predetti articoli della Costituzione.