ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di   legittimita'  costituzionale  dell'articolo 14,
comma 1,   lettera i),   della  legge  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano 10 agosto 1995, n. 16 (Riforma dell'ordinamento del personale
della provincia), introdotto dall'articolo 38 della legge provinciale
11 agosto  1998,  n. 9  (Disposizioni  finanziarie in connessione con
l'assestamento  del bilancio di previsione della provincia per l'anno
finanziario  1998  e  per  il  triennio 1998-2000 e norme legislative
collegate),  promosso  con ordinanza del 5 ottobre 2005 dal Tribunale
di  Bolzano  nel  procedimento  civile  vertente tra Acuti Roberto ed
altri e la Provincia autonoma di Bolzano ed altri, iscritta al n. 577
del  registro  ordinanze  2005  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della  Provincia  autonoma di
Bolzano,  delle  Aziende  sanitarie  di  Bolzano,  Brunico,  Merano e
Bressanone e di Tagnin Mario ed altri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  9 gennaio  2007  il  giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  gli  avvocati  Paolo Rosa e Federico Sorrentino per Tagnin
Mario ed altri, Roland Riz e Giuseppe Franco Ferrari per la Provincia
autonoma  di  Bolzano,  Enrico  Bertorelle per l'Azienda Sanitaria di
Bolzano  e  Giampaolo  Parodi  per  le  Aziende sanitarie di Bolzano,
Brunico, Merano e Bressanone.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ordinanza in data 5 ottobre 2005, il Giudice del lavoro
presso  il  Tribunale di Bolzano ha promosso giudizio di legittimita'
costituzionale  in relazione all' art. 14, comma 1, lettera i), della
legge  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano 10 agosto  1995, n. 16
(Riforma  dell'ordinamento del personale della provincia), introdotto
dall'art. 38   della   legge   provinciale   11 agosto   1998,   n. 9
(Disposizioni  finanziarie  in  connessione  con  l'assestamento  del
bilancio  di previsione della provincia per l'anno finanziario 1998 e
per  il  triennio  1998-2000  e  norme  legislative  collegate),  per
contrasto  con  gli  artt. 9,  numero  10), 5 e 4 dello statuto della
Regione  Trentino-Alto  Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante
«Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino Alto Adige»).
    Il   rimettente   premette   che,   con  ricorso  depositato  nel
giugno 2004,   450   dirigenti   sanitari  dipendenti  delle  aziende
sanitarie  di  Bolzano, Bressanone, Brunico, e Merano, hanno chiesto:
a)  l'accertamento  di  una serie di loro diritti relativi al mancato
adeguamento  della  legislazione provinciale alla normativa nazionale
in  tema di modalita' di esercizio della loro professione (diritto di
optare  per l'esercizio della libera professione intra moenia o extra
moenia;  corresponsione  dell'indennita' di esclusivita', a far tempo
dal  1°  gennaio 2000; accertamento del proprio diritto all'esercizio
della  libera  professione  intra moenia nel rispetto della normativa
nazionale  e  disapplicazione  di  parte  dell'art. 52  del Contratto
collettivo  provinciale  di  lavoro);  b)  la  condanna delle aziende
datrici di lavoro, in solido con la Provincia autonoma di Bolzano, al
risarcimento  del danno cagionato dalla preclusione dell'esercizio di
attivita' libero professionale intra moenia dal 1° gennaio 2000.
    Preliminarmente,  il Tribunale, a fronte dell'eccezione sollevata
dai  convenuti,  afferma che «sembra sussistere» l'interesse ad agire
dei ricorrenti, «quanto meno per i trentuno» che hanno depositato, in
corso di causa, dichiarazione di esercizio del diritto di opzione per
il rapporto.
    Nel  merito,  il  rimettente  ricorda  che  l'art. 2-septies  del
decreto-legge   29 marzo   2004,   n. 81   (Interventi   urgenti  per
fronteggiare  situazioni  di  pericolo  per  la  salute pubblica), ha
soppresso  il principio della irreversibilita' del rapporto di lavoro
esclusivo   previsto   per  i  dirigenti  sanitari  dalla  precedente
disciplina, riconoscendo loro la facolta' di optare, con richiesta da
presentare  entro  il  30 novembre  di  ogni anno, per il rapporto di
lavoro   non   esclusivo  con  decorrenza  dal  1° gennaio  dell'anno
successivo.   Nell'ambito   della   Provincia  autonoma  di  Bolzano,
l'applicazione di queste disposizioni di legge sarebbe impedita dalla
norma  impugnata,  secondo  la  quale  «per  il  personale  del ruolo
sanitario   e'   esclusa   ogni   forma  di  esercizio  di  attivita'
libero-professionale  extramuraria». Tale disposizione negherebbe non
solo  il  diritto  di  opzione  per  l'attivita' libero-professionale
extramuraria,  ma  anche,  implicitamente,  il diritto al trattamento
economico   aggiuntivo   per  i  dirigenti  con  rapporto  di  lavoro
esclusivo,  quale  previsto  dal  decreto legislativo 19 giugno 1999,
n. 229   (Norme  per  la  razionalizzazione  del  Servizio  sanitario
nazionale,  a  norma  dell'articolo 1  della  legge 30 novembre 1998,
n. 419),  nonche'  il compenso per la mancata opzione per il rapporto
di lavoro non esclusivo nel regime introdotto dall'art. 2-septies del
decreto-legge n. 81 del 2004.
    Secondo  il  Tribunale,  la  Provincia  di  Bolzano  non  avrebbe
adeguato  la  propria  legislazione  ai  principi ed alle norme poste
dall'art. 13  del  d.lgs.  n. 229  del 1999 e dall'art. 2-septies del
decreto-legge n. 81 del 2004, secondo quanto previsto dall'art. 2 del
decreto  legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per il Trentino Alto Adige concernenti il rapporto
tra  atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali nonche'
la  potesta'  statale di indirizzo e coordinamento), il quale fissa a
tale   fine   il  termine  di  sei  mesi  dalla  pubblicazione  della
legislazione  statale  nella Gazzetta Ufficiale. Conseguentemente, la
legislazione provinciale non adeguata sarebbe «suscettibile di essere
caducata  per  sopravvenuta  illegittimita'  costituzionale  anche  a
seguito  di  incidente di costituzionalita», secondo quanto affermato
da questa Corte nella sentenza n. 63 del 2000.
    Le  sollevate  questioni di legittimita' costituzionale sarebbero
rilevanti   rispetto   alle  domande  di  accertamento  proposte  dai
ricorrenti,  dal  momento  che la disposizione precluderebbe loro sia
l'accertamento   del   diritto   di   optare  per  l'esercizio  della
professione  extramuraria, sia l'accertamento del diritto, per coloro
che   siano  assoggettati  al  rapporto  di  lavoro  esclusivo,  alla
corresponsione,  anche  per  il  passato,  del  trattamento economico
aggiuntivo   previsto  dal  d.lgs.  n. 229  del  1999.  Le  questioni
sarebbero  rilevanti  anche in relazione alle domande di accertamento
del  diritto all'esercizio della libera professione intra moenia e di
accertamento   della   nullita'   delle  disposizioni  del  contratto
collettivo provinciale in contrasto con la disciplina statale.
    Il  Tribunale  ritiene  le questioni non manifestamente infondate
«sotto  il  profilo  della  violazione  dei principi desumibili dalle
norme  fondamentali delle riforme economico-sociali» quali dovrebbero
considerarsi,  ai  sensi  dell'art. 19  del  d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria, a norma
dell'articolo 1  della legge 23 ottobre 1992, n. 421), gli artt. 15 e
seguenti   del   medesimo   decreto.   Le   questioni  sarebbero  non
manifestamente  infondate anche sotto il profilo della violazione dei
principi  stabiliti dalle leggi dello Stato, inerendo la disposizione
in   questione   alla   materia   «igiene  e  sanita',  ivi  compresa
l'assistenza  sanitaria ed ospedaliera» di cui all'art. 9, numero 10,
dello   statuto   speciale  (quest'ultima  competenza  sarebbe  stata
condivisa  anche  da  questa  Corte  nella  sentenza n. 373 del 1995,
nonche' nella sentenza n. 63 del 2000).
    Il  Tribunale,  inoltre, sostiene che, anche dopo l'art. 10 della
legge  cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte
seconda    della    Costituzione),    alla   Provincia   di   Bolzano
continuerebbero  ad  applicarsi  le  norme statutarie, non prevedendo
l'art. 117 Cost. forme di autonomia piu' ampie.
    In conclusione, ad avviso del giudice rimettente, l'art. 14 della
legge  prov.  n. 16  del 1995, escludendo espressamente ogni forma di
attivita'  libero-professionale extramuraria e omettendo di prevedere
il  diritto  all'attribuzione  di  un compenso per l'esclusivita' del
rapporto  di  lavoro  e  di  regolamentare specificamente l'attivita'
libero-professionale nell'ambito di tale rapporto, contrasterebbe con
il  principio  del  diritto  di opzione per il rapporto di lavoro non
esclusivo    stabilito,    in    favore   dei   dirigenti   sanitari,
dall'art. 2-septies   del   decreto-legge  n. 81  del  2004;  con  il
principio  del  diritto  al  trattamento  economico  aggiuntivo per i
dirigenti   sanitari  con  rapporto  di  lavoro  esclusivo  affermato
dall'art. 15-quater  del d.lgs. n. 502 del 1992; con il principio del
diritto  all'indennita'  di esclusivita' ribadito dall'art. 2-septies
del  decreto-legge  n. 81  del 2004; infine, con «i principi relativi
alle  tipologie  dell'attivita'  professionale  e  all'equilibrio tra
quest'ultima      e     l'attivita'     istituzionale»     desumibili
dall'art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992.
    2. - E' intervenuta in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano,
la  quale ha innanzitutto eccepito l'inammissibilita' delle questioni
sollevate  per  l'irrilevanza  delle  medesime  nel  giudizio  a quo,
difettando l'interesse ad agire dei ricorrenti; costoro, infatti, non
avendo  mai  presentato  alcuna  opzione per l'esercizio della libera
professione  extra  moenia,  avrebbero  agito  in  giudizio  solo per
ottenere  il  riconoscimento astratto del diritto di opzione e dunque
la loro azione sarebbe volta solo a contestare, in via principale, la
disposizione legislativa provinciale.
    Anche  la questione concernente il riconoscimento dell'indennita'
sarebbe  inammissibile,  dal  momento  che  la disposizione censurata
sarebbe del tutto estranea al trattamento economico del personale, la
cui   disciplina   sarebbe  rimessa  alla  contrattazione  collettiva
provinciale.   Altrettanto   dovrebbe  ritenersi  poi  per  i  limiti
all'esercizio dell'attivita' professionale intramuraria.
    Quanto al merito, la difesa provinciale osserva che, in base allo
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, la Provincia autonoma di
Bolzano  e'  titolare  di  una  competenza  esclusiva  in  materia di
«ordinamento  degli  uffici  provinciali  e  del  personale  ad  essi
addetto» (art. 8, numero 1), nonche' di una competenza concorrente in
materia  di «igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed
ospedaliera»  (art. 9,  numero  10). L'art. 4, numero 7, del medesimo
statuto   attribuisce   poi   alla  Regione  Trentino-Alto  Adige  la
competenza  esclusiva  in materia di «ordinamento degli enti sanitari
ed ospedalieri».
    In  base  all'art. 2  del  d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di
attuazione  dello  Statuto  per  la  Regione  Trentino-Alto  Adige in
materia  di  igiene  e  di  sanita), novellato dall'art. 2 del d.lgs.
16 marzo   1992,   n. 267,   la  competenza  primaria  della  Regione
Trentino-Alto Adige sarebbe stata suddivisa in sede regionale in modo
che  alla  Regione  spetti la potesta' legislativa di disciplinare il
modello  di organizzazione delle istituzioni ed enti sanitari, mentre
alle   due  Province  autonome  spetti  la  potesta'  legislativa  ed
amministrativa  in  ordine  al  funzionamento  ed alla gestione delle
istituzioni  ed  enti  sanitari,  con  l'unica limitazione secondo la
quale  la  Provincia  deve  garantire  l'erogazione di prestazioni di
assistenza  igienico-sanitaria  ed  ospedaliera  non  inferiori  agli
standards minimi previsti dalle normative nazionale e comunitaria.
    Pertanto,  nella  competenza legislativa della Provincia autonoma
di  Bolzano rientrerebbe tutta la materia relativa al personale degli
enti  sanitari  ed  ospedalieri. A tale riparto di competenze nessuna
modifica   avrebbe   apportato   la   riforma   del  titolo  V  della
Costituzione, non prevedendo essa forme di autonomia piu' ampie.
    Dal  momento  che  sarebbe  certo  che  l'esercizio  della libera
professione  da  parte dei dirigenti sanitari non riguarda la «tutela
della  salute»,  ma  «l'organizzazione  degli  enti  ospedalieri», si
opererebbe  all'interno  delle  «attribuzioni  primarie della Regione
Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano».
    Peraltro,  la difesa provinciale afferma anche che, poiche' l'ASL
costituisce  «ente  strumentale» della Provincia autonoma di Bolzano,
la  disciplina  dell'ordinamento del personale sanitario di tali enti
spetterebbe  in  via  esclusiva  alla  Provincia nell'ambito dei suoi
poteri  in  tema  di  «ordinamento  degli  uffici  provinciali  e del
personale ad essi addetto».
    La  difesa rileva inoltre che il decreto-legge n. 81 del 2004 non
avrebbe  previsto  un obbligo di adeguamento da parte della Regione e
delle  Province autonome, ne' esso potrebbe derivare dal carattere di
norma  fondamentale  delle leggi di grande riforma economico-sociale,
dal momento che l'art. 2-septies non presenterebbe tale natura.
    Anche laddove si volesse qualificare la competenza legislativa in
questione  come  concorrente,  la  difesa  della  Provincia  autonoma
esclude che le disposizioni dall'art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del
1992   possano  qualificarsi  come  principi  fondamentali  idonei  a
vincolare  il  legislatore  provinciale,  trattandosi di disposizioni
autoapplicative e di carattere temporaneo.
    A  seguito della modifiche introdotte dal decreto-legge n. 81 del
2004,  l'art. 15-quater  del d.lgs. n. 502 del 1992 - ad avviso della
Provincia autonoma - porrebbe ancora la regola della esclusivita' del
rapporto, mentre la facolta' di opzione costituirebbe un'eccezione ad
essa.
    Per     quanto    concerne    l'indennita'    di    esclusivita',
l'art. 15-quater   rimetterebbe  alla  contrattazione  collettiva  la
previsione  di  un  «trattamento  economico  aggiuntivo». Nell'ambito
della  contrattazione  della  Provincia autonoma di Bolzano, le parti
avrebbero  concordato  il  trattamento economico aggiuntivo spettante
alla  dirigenza  medica  con  rapporto di lavoro esclusivo, ancorche'
tale trattamento non sia qualificato espressamente come indennita' di
esclusivita';   di  talche',  il  trattamento  economico  complessivo
spettante  ai  dirigenti  medici  operanti nella Provincia di Bolzano
sarebbe  di gran lunga piu' elevato rispetto al trattamento riservato
alla  dirigenza  medica  dalle  altre  Regioni  e  dalla Provincia di
Trento.
    3.  - Sono intervenuti in giudizio alcuni ricorrenti nel giudizio
a  quo,  sia in proprio che in qualita' di membri del direttivo ANAAO
Assomed/Vlk di Bolzano.
    Essi  sostengono,  innanzitutto,  la  rilevanza  delle  questioni
sollevate  dal  rimettente,  dal  momento che le pretese azionate nel
giudizio   a   quo   non   potrebbero  essere  soddisfatte  senza  la
declaratoria di incostituzionalita' della disposizione censurata.
    Nel  merito,  la  difesa  dei  ricorrenti  sostiene  che la norma
censurata  rientrerebbe  nella potesta' legislativa concorrente della
Provincia  in  materia di «funzionamento e gestione delle istituzioni
sanitarie» (art. 9, numero 10, dello statuto), mentre erronea sarebbe
l'equiparazione  tra  personale  degli uffici provinciali e dirigenti
sanitari  sostenuta  dalla Provincia di Bolzano al fine di ricondurre
la  materia  alla potesta' primaria della Provincia stessa ex art. 8,
numero 1, dello statuto, giacche' la posizione dei dirigenti sanitari
troverebbe  una propria autonoma disciplina nella legge prov. 5 marzo
2001,  n. 7  (Riordinamento  del  Servizio Sanitario provinciale). Da
tale   carattere   discenderebbe   l'obbligo,   per   il  legislatore
provinciale, di rispettare i principi fondamentali della legislazione
statale,  ribadito  anche  dall'art. 2  della legge 30 novembre 1998,
n. 419  (Delega  al  Governo  per  la  razionalizzazione del Servizio
sanitario  nazionale.  Modifiche  al  decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502), il quale prevede che «le province autonome di Trento e
Bolzano  adeguino  la propria legislazione, nei limiti dei rispettivi
statuti   e   delle   relative   norme  di  attuazione,  ai  principi
fondamentali dei decreti legislativi attuativi della medesima legge».
    Su tale quadro non avrebbe inciso la legge cost. n. 3 del 2001.
    Dalla  legislazione  statale sarebbero desumibili taluni principi
fondamentali,  fra i quali si collocherebbe il diritto di opzione tra
la  libera  professione  all'interno  o  all'esterno  della struttura
sanitaria.  Tale interpretazione sarebbe confermata dalla riforma del
2004,  che riconoscerebbe la possibilita' di esercitare il diritto di
opzione   almeno   una   volta   l'anno,  eliminando  il  «favor  per
l'esclusivita'    che    connotava    la    previgente   disciplina».
L'art. 2-septies   del   decreto-legge   n. 81   del  2004,  inoltre,
riconoscerebbe alle Regioni la possibilita' di intervenire in materia
di opzione solo per dettarne una disciplina piu' favorevole e non per
escluderne la sussistenza.
    Quanto  al  trattamento  economico, dall'art. 15-quater, comma 4,
del  d.lgs. n. 502 del 1992 si desumerebbe il principio che impone la
corresponsione  di  una  indennita'  di  esclusivita'  per coloro che
optano per il rapporto esclusivo.
    La  legislazione  statale  porrebbe inoltre principi fondamentali
concernenti      la      concreta      disciplina      dell'attivita'
libero-professionale intra moenia.
    Le    disposizioni    statali   richiamate   sarebbero   altresi'
qualificabili  come  norme fondamentali di riforma economico-sociale,
in  quanto  norme  di  riforma  «corrispondenti a scelte di "incisiva
innovativita'"  in un settore (quello sanitario) qualificante la vita
sociale del Paese».
    4.  -  Sono intervenute in giudizio anche le Aziende sanitarie di
Bolzano,  di  Merano,  di  Bressanone  e  di  Brunico, le quali hanno
depositato memorie di contenuto sostanzialmente identico.
    Viene   anzitutto  eccepita  l'inammissibilita'  delle  questioni
prospettate dal Tribunale di Bolzano, in primo luogo in ragione della
loro  irrilevanza  nell'ambito del giudizio a quo, stante l'«evidente
carenza  di  un interesse ad agire concreto ed attuale al momento del
ricorso» in capo ai ricorrenti. Nessuno di essi, infatti, avrebbe mai
presentato  all'Azienda  sanitaria  di  appartenenza  un'opzione  per
l'attivita'  extramuraria,  ne' avrebbe indicato atti concreti da cui
si  possa  ritenere che l'amministrazione abbia contestato il diritto
da  essi vantato. Irrilevanti sarebbero le dichiarazioni di esercizio
del  diritto  di  opzione  depositate  in  corso  di  causa da taluni
ricorrenti,  dovendo  le condizioni dell'azione sussistere al momento
della proposizione dell'azione.
    Ulteriore  ragione  di  inammissibilita'  sarebbe determinata dal
difetto  di  motivazione  dell'ordinanza di rimessione in ordine alla
rilevanza  delle  questioni,  non spiegando il giudice la ragione per
cui  ritiene  che  il vizio del difetto di interesse sia sanato da un
comportamento  successivo  al ricorso. Inoltre, insufficiente sarebbe
in  ogni  caso  la  descrizione della fattispecie concreta, posto che
l'ordinanza  di rimessione considera indistintamente la posizione dei
450  ricorrenti  del  giudizio  a  quo, senza specificare quando essi
siano  stati  assunti  in  servizio,  ne'  se abbiano rivolto istanze
all'amministrazione di appartenenza.
    Le  questioni  sarebbero, ancora, inammissibili per fictio litis,
stante il carattere ipotetico e teorico della domanda di accertamento
proposta.
    Inammissibile  sarebbe  poi,  piu'  specificamente,  la questione
relativa alla mancata previsione dell'indennita' di esclusivita', dal
momento  che la disposizione denunciata non atterrebbe al trattamento
economico della dirigenza sanitaria.
    La questione sarebbe inammissibile sotto il profilo dell'asserito
contrasto  con  i  principi  della  legislazione  statale  in tema di
attivita'  libero  professionale  intramuraria,  dal  momento  che la
relativa  disciplina  e'  contenuta  nel  CCPL  che  non  puo' essere
censurato  avanti  alla  Corte  ed  in quanto non sarebbe indicato il
contenuto precettivo dei principi asseritamente violati.
    Infine,  una  ulteriore causa di inammissibilita' viene ravvisata
nella  omessa  motivazione  sulla rilevanza della suddetta questione,
non  potendosi  ritenere  sufficienti  le  affermazioni  al  riguardo
contenute nell'ordinanza di rimessione.
    Nel merito, tutte le questioni sarebbero infondate.
    Ad  avviso  delle  Aziende  sanitarie,  la materia cui attiene la
disposizione  censurata andrebbe individuata in quella concernente lo
«stato  giuridico  ed economico del personale sanitario» che l'art. 2
del  d.P.R.  n. 474  del  1975 attribuirebbe alla competenza primaria
delle   Province   autonome  prevedendo,  al  comma 3,  che  essa  e'
esercitata  nei  limiti  posti  dallo  statuto. In tal modo, la norma
rinvierebbe  implicitamente  all'art. 8, numero 1, dello statuto, che
attribuisce  alle  Province autonome la potesta' legislativa primaria
in  materia  di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale
ad  essi  addetto»,  «essendo  le Aziende sanitarie "enti strumentali
della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  per il conseguimento di fini
istituzionali"  (art. 5,  comma 1,  legge  provinciale  5 marzo 2001,
n. 7)».
    Sarebbe   pertanto   preclusa   alla   legislazione   statale  la
determinazione  dei  principi fondamentali, ma anche a voler ritenere
che  la  disciplina  in  questione acceda alla competenza concorrente
delle  Province,  la  disciplina  statale evocata non vincolerebbe il
legislatore  provinciale,  non  contenendo  principi fondamentali ne'
norme   fondamentali.   Tale   non   sarebbe  la  previsione  di  cui
all'art. 15-quater   del  d.lgs.  n. 502  del  1992,  trattandosi  di
disposizione  autoapplicativa  o di dettaglio, non idonea, secondo la
giurisprudenza  costituzionale,  a costituire principio fondamentale.
In  ogni caso, se mai un tale principio volesse individuarsi, questo,
prima  delle  modifiche  introdotte dal decreto-legge n. 81 del 2004,
sarebbe   stato   costituito  dalla  esclusivita'  del  rapporto  dei
dirigenti medici.
    Per quanto concerne l'indennita' di esclusivita', l'art. 14 della
legge  prov.  n. 16 del 1995 non contrasterebbe con l'art. 15-quater,
comma 5,  del  d.lgs.  n. 502  del 1992, il quale rinvia ai contratti
collettivi  la  definizione di un «trattamento economico aggiuntivo».
La  disposizione  censurata, infatti, non atterrebbe alla materia del
trattamento  economico  della  dirigenza  sanitaria  ne'  inciderebbe
sull'indennita'  di  esclusivita'.  In  ogni  caso, secondo la difesa
delle  Aziende  sanitarie  intervenute, la contrattazione provinciale
prevederebbe  un  trattamento economico aggiuntivo «piu' che adeguato
sul piano quantitativo».
    Del  pari non assurgerebbero a norme fondamentali le disposizioni
in tema di attivita' libero-professionale intramuraria, la necessaria
previsione   di   tempi   e   spazi  per  l'esercizio  dell'attivita'
libero-professionale   intramuraria   nell'ambito   delle   strutture
sanitarie,   ne'   l'articolazione   dei   tempi  e  delle  modalita'
organizzative.
    5.  - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Provincia autonoma
di  Bolzano  ha  depositato  una  memoria  nella  quale  ribadisce le
eccezioni di inammissibilita' delle questioni sollevate dal Tribunale
di Bolzano, gia' prospettate nel precedente atto di intervento.
    Quanto  al  merito,  oltre  a  ribadire le difese gia' svolte, la
difesa  provinciale  aggiunge  il  richiamo  alla sentenza n. 181 del
2006,  con  la  quale  questa  Corte  ha affermato che la materia cui
ricondurre  il  decreto-legge  n. 81  del  2004  sarebbe quella della
tutela  della  salute.  Tale  pronuncia non riguarderebbe le Province
autonome, dal momento che esse, in base allo statuto ed alle relative
norme  di  attuazione,  avrebbero  competenza  primaria in materia di
«organizzazione degli enti ospedalieri».
    In  ogni  caso,  la Provincia di Bolzano sarebbe dotata, ai sensi
dell'art. 8,  numero  1,  dello  statuto,  di  competenza primaria in
materia  di  «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad
essi  addetto»,  in  forza  della  quale  i  dipendenti  del servizio
sanitario  provinciale  sarebbero  «disciplinati e regolati, ma anche
interamente pagati» dalla Provincia.
    La  difesa  provinciale,  inoltre,  ribadisce che le disposizioni
contenute  nel decreto-legge n. 81 del 2004 non potrebbero costituire
principio   fondamentale  della  legislazione  statale  ovvero  norma
fondamentale  delle  riforme  economico-sociali, dal momento che esse
sarebbero  contenute  in  un  decreto-legge  varato  in un momento di
straordinaria necessita' ed urgenza. Tale carattere, inoltre, sarebbe
stato escluso dalla stessa sentenza n. 181 del 2006, ove questa Corte
avrebbe  affermato  che  il  risultato  delle modifiche apportate dal
citato   decreto  al  d.lgs.  n. 502  del  1992  non  consiste  nella
enunciazione di un «nuovo» principio fondamentale.
    6. - Anche le Aziende sanitarie di Bolzano, Bressanone, Brunico e
Merano hanno depositato una memoria nella quale ribadiscono le difese
gia' svolte nei propri atti di intervento.
    In  punto  di  inammissibilita' delle questioni prospettate, esse
osservano  come  la  presentazione,  nelle  more  del giudizio, delle
dichiarazioni  di  opzione  da  parte  di taluni dei dirigenti medici
ricorrenti,  integrerebbe un comportamento extraprocessuale del tutto
ininfluente ai fini della valutazione della rilevanza della questione
di legittimita' costituzionale.
    La   difesa   delle  ASL  aggiunge,  inoltre,  che  la  questione
prospettata  dal Tribunale rimettente dovrebbe essere circoscritta al
parametro  costituito dal decreto-legge n. 81 del 2004 - «dal momento
che   l'ordinanza  non  solleva  espressamente  alcuna  questione  in
riferimento  all'art. 15-quater,  d.lgs.  n. 502  del  1992 nel testo
introdotto  dal  d.lgs.  n. 229 del 1999»; in ogni caso, la questione
dovrebbe  essere  limitata,  ratione  temporis, al periodo successivo
alla scadenza del semestre entro il quale, ai sensi del d.lgs. n. 266
del   1992,   le   Province   autonome  devono  adeguare  la  propria
legislazione alla nuova normativa statale.
    Quanto   alla   censura   concernente   la   mancata   previsione
dell'indennita'  di  esclusivita',  viene  eccepito,  quale ulteriore
motivo  di  inammissibilita',  l'omissione  del doveroso tentativo di
fornire   della   norma   censurata   un'interpretazione  conforme  a
Costituzione,   tentativo   che   avrebbe   portato   a  ritenere  la
disposizione  non  attinente al trattamento economico e dunque di per
se'  non  ostativa  al  riconoscimento di un'indennita' aggiuntiva in
favore dei sanitari che optino per il rapporto esclusivo.
    In  realta',  ad  avviso  delle  ASL,  la  questione sollevata si
risolverebbe   in   una   «forma   surrettizia   e  inammissibile  di
impugnazione»  avanti alla Corte del contratto collettivo provinciale
di  lavoro,  al quale l'art. 5 della legge provinciale n. 16 del 1995
rimette la disciplina del trattamento economico.
    Nel  merito,  la  difesa  delle  aziende  sanitarie  ribadisce la
manifesta   infondatezza   della  questione  concernente  il  mancato
riconoscimento del diritto di opzione da parte dell'art. 14, comma 1,
lettera i),  della legge provinciale n. 16 del 1995, dal momento che,
almeno   fino   al   decreto-legge   n. 81  del  2004,  il  principio
fondamentale  desumibile  dalla legislazione statale era quello della
esclusivita'  del  rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari, mentre,
successivamente  a  tale periodo, dovrebbe riconoscersi la competenza
del  legislatore  regionale  e  provinciale  a  derogare  alla  nuova
disciplina  statale  di  dettaglio  sulla  facolta'  di opzione, come
riconosciuto anche da questa Corte con la sentenza n. 328 del 2006.
    Manifestamente    infondata   sarebbe   altresi'   la   questione
prospettata  in  relazione  alla  mancata  previsione del trattamento
economico  aggiuntivo,  dal  momento  che l'art. 15-quater del d.lgs.
n. 502  del  1992  che  lo  prevede,  si  rivolgerebbe  non  gia'  al
legislatore  provinciale,  bensi'  alla contrattazione collettiva. In
ogni  caso,  la disposizione provinciale censurata, non disciplinando
l'indennita'   di   esclusivita',   non   contrasterebbe  con  alcuna
previsione  statale. Analoghe considerazioni sono svolte in relazione
all'asserito contrasto della disposizione provinciale censurata con i
principi  relativi  alle  tipologie  di  attivita'  professionale  ed
all'equilibrio tra questa e le attivita' istituzionali.
    7.  -  Nella  memoria  depositata  in prossimita' dell'udienza, i
ricorrenti  nel  giudizio  a  quo  costituitisi nel presente giudizio
replicano  alle  argomentazioni  svolte  dalla Provincia di Bolzano e
dalle ASL intervenute nel giudizio.
    I  ricorrenti osservano innanzitutto come l'eccezione concernente
la  carenza  di  interesse  a  ricorrere  sarebbe  inammissibile  nel
giudizio  di  costituzionalita', essendo sufficiente che il giudice a
quo  motivi  in ordine ad essa. In ogni caso, essa sarebbe infondata,
dal  momento  che dal verbale di mancata conciliazione del giudizio a
quo  risulterebbe  evidente come i dirigenti medici abbiano richiesto
di  essere  autorizzati  ad  esercitare  il  diritto  di opzione allo
svolgimento  di  attivita' libero-professionale intra o extra moenia,
ma   le   amministrazioni  di  appartenenza  abbiano  rifiutato  tale
richiesta sostenendo che essa non fosse consentita dalla legislazione
provinciale.
    Nessuna  contraddizione  vi  sarebbe,  poi,  tra la richiesta del
riconoscimento  del  diritto  di  opzione e quella dell'indennita' di
esclusivita',  dal momento che questa riguarderebbe il periodo in cui
tutti  dirigenti non hanno potuto esercitare l'opzione a far data dal
1° gennaio  2000,  ed inoltre coloro che, in futuro, volessero optare
per il rapporto esclusivo.
    Quanto  all'eccepito  difetto  di  descrizione  della fattispecie
concreta,  le  parti private rilevano che la questione e' prospettata
in  relazione alla nuova disciplina del diritto di opzione introdotta
dall'art. 2-septies  del  decreto-legge  n. 81 del 2004, il quale non
distinguerebbe  il  regime  dei  dirigenti sanitari in relazione alla
data  di assunzione (prima o dopo il 31 dicembre 1998, secondo quanto
previsto  dal  d.lgs.  n. 229  del  1999), ma riconoscerebbe a tutti,
indistintamente, la facolta' di scelta. Pertanto, irrilevante sarebbe
la   specificazione   della   data  di  assunzione  di  ciascuno  dei
ricorrenti.
    Infondato    sarebbe,    altresi',    l'eccepito    difetto    di
pregiudizialita'   della   questione,   dal   momento  che  la  legge
provinciale impedirebbe alle ASL di riconoscere il diritto di opzione
e   non   consentirebbe   -   non  prevedendolo  -  di  corrispondere
l'indennita'  aggiuntiva  per  il rapporto di lavoro esclusivo, cosi'
impedendo l'accoglimento delle domande avanzate nel giudizio a quo.
    Per  quanto  attiene  alla  mancata previsione dell'indennita' di
esclusivita',  la  difesa delle parti private rileva come, benche' la
disposizione  provinciale  nulla  preveda al riguardo, essa sia stata
invocata  dalle  ASL nel giudizio a quo per negarne il riconoscimento
ai  ricorrenti.  Inoltre  osserva  come  sia  la stessa legge statale
(l'art. 15-quater,  commi 4  e  5,  del  d.lgs. n. 502 del 1992, come
sostituiti  dall'art. 2-septies  del  decreto-legge n. 81 del 2004) a
prevedere    espressamente    l'attribuzione    dell'indennita'    in
contestazione,   riservandone   al   contratto   collettivo  solo  la
quantificazione.    D'altra    parte    tale    indennita'    sarebbe
inscindibilmente  connessa  con  l'esclusivita'  del  rapporto che la
norma censurata impone.
    Quanto  poi  alle  eccezioni relative alla censura concernente il
contrasto  con  i  principi  della  legislazione  statale  in tema di
attivita'  libero-professionale intramuraria, i ricorrenti sostengono
che   essa  non  avrebbe  ad  oggetto  la  disciplina  del  contratto
collettivo  provinciale,  bensi'  l'art. 14  della  legge provinciale
n. 16  del  1995, il quale non si preoccuperebbe di porre i dirigenti
sanitari   nella   concreta   possibilita'  di  esercitare  attivita'
libero-professionale    intra    moenia,    come    invece   previsto
dall'art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992.
    In  relazione  al  merito  delle  censure,  si  ribadisce  che le
disposizioni  statali  evocate a parametro interposto costituirebbero
norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali e come tali si
imporrebbero  al  rispetto del legislatore provinciale, a prescindere
dal carattere primario o secondario della sua competenza.
    In  ogni  caso,  la  disciplina  del  diritto di opzione dovrebbe
ricondursi  alla  materia  della  tutela della salute, secondo quanto
affermato  nella  sentenza  n. 181 del 2006 da questa Corte, la quale
avrebbe altresi' riconosciuto che, per effetto della nuova disciplina
statale,  il sistema si fonda sulla reversibilita' della scelta tanto
se  effettuata in favore del rapporto esclusivo, quanto di quello non
esclusivo.    Il    riconoscimento   di   tale   diritto,   contenuto
nell'art. 2-septies  del  decreto-legge n. 81 del 2004, costituirebbe
principio  fondamentale  con  il quale contrasterebbe la disposizione
provinciale censurata.
    Con  riguardo  al  trattamento  economico  dei dirigenti sanitari
della  Provincia  di Bolzano, la difesa delle parti private, in punto
di  fatto,  sostiene che esso, per effetto del mancato riconoscimento
dell'indennita' di esclusivita' e per il divieto dell'esercizio della
professione  extramuraria,  sarebbe  sensibilmente inferiore a quello
dei   colleghi  di  Trento.  Inoltre,  osserva  che  la  disposizione
provinciale  censurata contrasterebbe con la legislazione statale, la
quale   prevede  tale  indennita'  collegandola  all'opzione  per  il
rapporto  esclusivo  sia  al fine di incentivare tale scelta, sia per
compensare  la  rinuncia  all'esercizio  di  attivita'  professionale
esterna.
    Infine,  la mancata previsione, da parte dell'art. 14 della legge
prov. n. 16 del 1995, di tempi e spazi adeguati per l'esercizio della
libera  professione  intramuraria  contrasterebbe  con  il  principio
sancito   dall'art. 15-quinquies   del   d.lgs.  n. 502  del  1992  e
impedirebbe  al giudice a quo di accertare la nullita' delle clausole
del  CCPL  al  quale spetta di disciplinare le modalita' di esercizio
della suddetta attivita'.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  giudice  del  lavoro presso il Tribunale di Bolzano ha
promosso   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  in  relazione
all'art. 14,   comma 1,   lettera i),  della  legge  della  Provincia
autonoma  di  Bolzano 10 agosto 1995, n. 16 (Riforma dell'ordinamento
del  personale  della provincia), introdotto dall'art. 38 della legge
provinciale   11 agosto   1998,  n. 9  (Disposizioni  finanziarie  in
connessione  con  l'assestamento  del  bilancio  di  previsione della
provincia  per  l'anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e
norme  legislative  collegate), per contrasto con gli artt. 9, numero
10),  5  e  4 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R.
31 agosto  1972,  n. 670, recante «Approvazione del testo unico delle
leggi  costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino
Alto Adige»).
    Il  rimettente ritiene che la disposizione censurata, nella parte
in  cui  esplicitamente  esclude per il personale del ruolo sanitario
ogni   forma   di   attivita'  libero-professionale  extramuraria  e,
implicitamente,  nega  il diritto al trattamento economico aggiuntivo
per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo, nonche' omette ogni
regolamentazione  dell'attivita'  libero-professionale nell'ambito di
tale   rapporto,   violerebbe  i  «principi  desumibili  dalle  norme
fondamentali   delle   riforme   economico-sociali»  -  qualificabili
peraltro  anche come principi fondamentali della legislazione statale
nella   materia   «igiene   e   sanita»  attribuita  alla  competenza
concorrente   della   Provincia   autonoma   -   principi  desumibili
specificamente dagli artt. 15 e seguenti del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
    In  particolare,  l'art. 14,  comma 1,  lettera i),  della  legge
provinciale  n. 16  del  1995  contrasterebbe  con  il  principio del
diritto di opzione per il rapporto di lavoro non esclusivo, stabilito
in    favore   dei   dirigenti   sanitari   dall'art. 2-septies   del
decreto-legge  29 marzo  2004,  n. 81,  come  convertito  nella legge
26 maggio  2004,  n. 138; con il principio del diritto al trattamento
economico  aggiuntivo per i dirigenti sanitari con rapporto di lavoro
esclusivo  affermato  dall'art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992,
introdotto   dal   d.lgs.   19  giugno 1999,  n. 229  (Norme  per  la
razionalizzazione   del   Servizio   sanitario   nazionale,  a  norma
dell'articolo 1  della  legge  30 novembre 1998, n. 419). Violerebbe,
inoltre,  il  principio  del  diritto  all'indennita' di esclusivita'
ribadito   dall'art. 2-septies  del  decreto-legge  n. 81  del  2004,
nonche'   «i   principi   relativi   alle   tipologie  dell'attivita'
professionale   e   all'equilibrio  tra  quest'ultima  e  l'attivita'
istituzionale»  desumibili  dall'art. 15-quinquies  del d.lgs. n. 502
del 1992.
    Secondo  il giudice rimettente, la disposizione censurata sarebbe
divenuta costituzionalmente illegittima poiche' la Provincia autonoma
di  Bolzano,  entro  il termine di sei mesi dalla pubblicazione nella
Gazzetta   Ufficiale   di   una   disposizione   legislativa  statale
costituente   limite  dei  poteri  legislativi  regionali  -  termine
prescritto  dall'art. 2  del  d.lgs.  16 marzo 1992, n. 266 (Norme di
attuazione   dello  statuto  speciale  per  il  Trentino  Alto  Adige
concernenti   il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e  leggi
regionali  e  provinciali  nonche' la potesta' statale di indirizzo e
coordinamento)  -  non  avrebbe adeguato la propria legislazione alla
sopravvenuta disciplina legislativa dello Stato.
    Tale  obbligo di adeguamento, secondo il Tribunale di Bolzano, si
sarebbe reso necessario in quanto si opererebbe nella materia «igiene
e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera» di cui
all'art. 9, numero 10, dello statuto speciale, e l'art. 2-septies del
decreto-legge  n. 81  del 2004 esprimerebbe una norma fondamentale di
riforma  economico-sociale o comunque un principio fondamentale nella
suddetta materia.
    2.  -  In  via  preliminare,  vanno  esaminate  le  eccezioni  di
inammissibilita'  sollevate  dalla  Provincia  autonoma  di Bolzano e
dalle  Aziende  sanitarie  di  Bolzano, di Merano, di Bressanone e di
Brunico.
    2.1. - Innanzitutto, viene eccepito il difetto di rilevanza delle
questione,   ovvero,   il  difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza
conseguente alla asserita carenza di interesse al ricorso delle parti
attrici  nell'ambito  del giudizio a quo, il quale sarebbe, pertanto,
radicalmente inammissibile. Tale carenza di interesse deriverebbe dal
fatto  che  nessuno  dei  ricorrenti  nel  giudizio a quo avrebbe mai
formulato  all'ASL  di  appartenenza istanza per lo svolgimento della
libera  professione  extra moenia e pertanto non vi sarebbe mai stato
alcun   provvedimento   negativo   del   diritto  di  cui  si  chiede
l'accertamento in giudizio.
    Connesso   a   tale   profilo,   sarebbe  l'eccepito  difetto  di
incidentalita' della questione sollevata dal rimettente, in quanto la
richiesta di dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 2-septies
del  decreto-legge  n. 81  del  2004 costituirebbe in realta' l'unico
petitum del giudizio pendente avanti al Tribunale.
    Tali  eccezioni  devono  essere  respinte,  anzitutto  perche'  i
plurimi   oggetti   costituenti   il   petitum  nel  giudizio  a  quo
(accertamento    del   diritto   all'opzione   quanto   all'esercizio
dell'attivita' libero professionale extramuraria ovvero intramuraria;
accertamento  del  diritto  alla  corresponsione  dell'indennita'  di
esclusiva  per  il  lasso  di  tempo  successivo  al 1° gennaio 2000;
accertamento   del   diritto   ad   esercitare   l'attivita'   libero
professionale   intramuraria   secondo   la   disciplina   nazionale;
disapplicazione   del   CCPL   dell'8 aprile   2003   che   contempla
l'autorizzazione  del direttore generale dell'ASL per la parte in cui
consente l'attivita' intramuraria in alternativa alle tre ore di plus
orario;  condanna  delle  parti  convenute  al risarcimento del danno
cagionato   dalla  preclusione  dell'esercizio  di  attivita'  libero
professionale intramuraria dal 1° gennaio 2000) non coincidono con la
(e   non   si   esauriscono  nella)  richiesta  di  dichiarazione  di
illegittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma 1,  lettera i),
della  legge  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano n. 16 del 1995,
quanto  meno  sul  versante  dei  diversi  profili economici connessi
all'esclusivita'  del  rapporto  di  lavoro  dei dirigenti sanitari o
inerenti al loro stato giuridico.
    Pertanto,  deve  ritenersi  senz'altro  sussistente  il carattere
«incidentale»  della questione sollevata, dal momento che l'eventuale
pronuncia  di  accoglimento  di questa Corte costituirebbe condizione
necessaria per realizzare la tutela delle situazioni giuridiche fatte
valere  dai ricorrenti nel giudizio a quo in ordine al riconoscimento
del diritto di opzione ed al relativo trattamento economico.
    Inoltre,  quanto  al  profilo  della  rilevanza  della questione,
questa  Corte  ha  in  piu' occasioni affermato che «sia il riscontro
dell'interesse  ad  agire  che la verifica della legittimazione delle
parti sono rimessi alla valutazione del giudice rimettente, attenendo
entrambi  alla  rilevanza  dell'incidente  di costituzionalita' e non
sono  suscettibili  di  riesame  ove  sorretti da una motivazione non
implausibile»  (cosi'  sentenza n. 173 del 1994, analogamente si veda
la  sentenza  n. 62  del  1992).  Nel  caso  in esame il Tribunale di
Bolzano   ha   adeguatamente   motivato   in  ordine  alla  rilevanza
dell'eccezione  d'incostituzionalita' ed ha rigettato le eccezioni di
carenza  di  interesse  sollevate dalle parti convenute - dando anche
atto  che  alcuni ricorrenti avevano presentato l'istanza di opzione,
manifestando cosi', in modo concreto ed attuale, il loro interesse al
soddisfacimento  della  pretesa  fatta  valere  in giudizio - con una
motivazione non implausibile.
    2.2.  -  Anche  l'eccezione  di  inammissibilita' della questione
fondata sulla carente descrizione della fattispecie, sotto il profilo
della  mancata  indicazione  della data di assunzione in servizio dei
numerosi ricorrenti nel giudizio a quo, deve essere rigettata.
    L'indicazione di tale data, infatti, assumeva valore determinante
nella disciplina dettata dall'art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999, che
introdusse  nel  testo  del d.lgs. n. 502 del 1992 gli artt. 15-bis e
seguenti,  in  tema  di  esclusivita'  del  rapporto  di  lavoro  dei
dirigenti   del   ruolo   sanitario.   Tra  questi,  in  particolare,
l'art. 15-quater,  disponeva  che «i dirigenti sanitari, con rapporto
di  lavoro  a  tempo indeterminato o a tempo determinato, con i quali
sia  stato  stipulato  il contratto di lavoro o un nuovo contratto di
lavoro  in  data  successiva al 31 dicembre, nonche' quelli che, alla
data  di  entrata in vigore del presente decreto [...] abbiano optato
per  l'esercizio  dell'attivita'  libero  professionale intramuraria,
sono  assoggettati  al  rapporto  di lavoro esclusivo». Il successivo
comma 2 disponeva che, «salvo quanto previsto al comma 1, i dirigenti
in  servizio  alla  data  del  31 dicembre 1998, che hanno optato per
l'esercizio   dell'attivita'   libero   professionale   extramuraria,
passano, a domanda, al rapporto di lavoro esclusivo».
    Peraltro,  il  giudice  rimettente formula le proprie censure con
specifico  riguardo alla disciplina del diritto di opzione introdotta
dal  decreto-legge n. 81 del 2004, che ha riconosciuto tale diritto a
tutti  i  dirigenti sanitari e non piu' limitatamente (come era nella
disciplina  di  cui al d.lgs. n. 229 del 1999) ai soli medici assunti
prima del 31 dicembre 1998.
    Conseguentemente,  l'indicazione  della  data  di  assunzione dei
ricorrenti  nel  giudizio  a  quo  appare  irrilevante  ai fini delle
questioni prospettate.
    2.3.  - Le difese della Provincia autonoma di Bolzano e delle ASL
intervenute in giudizio hanno eccepito anche l'inammissibilita' degli
specifici  profili  di  censura prospettati dal giudice rimettente in
relazione  sia  alla  asserita  implicita  «negazione»  - che sarebbe
contenuta  nella  disposizione legislativa sottoposta al sindacato di
questa  Corte - del diritto al trattamento economico aggiuntivo per i
dirigenti  con  rapporto  di  lavoro  esclusivo,  sia  alla  asserita
illegittima  «omissione»  -  nella  medesima  disposizione  - di ogni
regolamentazione     dell'attivita'    libero-professionale    svolta
nell'ambito   di  tale  rapporto.  Per  questi  profili,  secondo  il
rimettente,     l'illegittimita'     costituzionale     discenderebbe
dall'asserito   mancato   recepimento  da  parte  della  legislazione
provinciale  delle disposizioni di cui all'art. 15-quater, comma 5, e
all'art. 15-quinquies,  comma 3,  del  d.lgs.  n. 502 del 1992, quale
modificato   dal  d.lgs.  n. 229  del  1999,  aventi  ad  oggetto  il
trattamento economico aggiuntivo e i principi relativi alle tipologie
dell'attivita'  professionale  dei dirigenti sanitari con rapporto di
lavoro   esclusivo,   nonche'   all'equilibrio   tra  quest'ultima  e
l'attivita' istituzionale, principi desumibili dall'art. 15-quinquies
del d.lgs. 502 del 1992.
    Tali questioni sono inammissibili.
    In   effetti  lo  stesso  giudice  rimettente  riconosce  che  la
disposizione  censurata  non  nega  espressamente quanto disposto nel
d.lgs.   n. 229   del  1999,  ma  sostiene  che  questa  disposizione
negherebbe   «implicitamente,  omettendone  ogni  regolamentazione  o
accenno»,   lo  speciale  diritto  al  trattamento  economico  per  i
dirigenti  sanitari  con  rapporto di lavoro esclusivo e l'equilibrio
fra le tipologie delle loro attivita' professionali che sono previsti
dalla  legislazione  statale.  Peraltro,  non  solo  l'oggetto  della
disposizione   legislativa  provinciale  oggetto  di  censura  appare
testualmente    limitato    alla   sola   prescrizione   obbligatoria
dell'esclusivita'  del  rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari, ma
la  disciplina  degli  specifici oggetti di cui si lamenta la mancata
garanzia  e'  affidata  dallo stesso legislatore statale (quanto meno
prevalentemente)  alla  contrattazione  collettiva. Cio' avrebbe reso
necessario, quantomeno, che il Tribunale rimettente si facesse carico
-   come   questa   Corte   ha  piu'  volte  sottolineato  nella  sua
giurisprudenza   -   della   praticabilita'  di  una  interpretazione
costituzionalmente   orientata   del   quadro   normativo   preso  in
considerazione, in particolare dando adeguato conto nell'ordinanza di
rimessione  di  aver  operato,  con  esito  negativo, il tentativo di
interpretazione conforme a Costituzione della disposizione censurata.
    3.  -  Il  tema  del  giudizio  su cui questa Corte e' chiamata a
pronunciarsi risulta pertanto limitato alla questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 1, lettera i), della legge della
Provincia  autonoma  di  Bolzano  n. 16  del  1995  (quale introdotto
dall'art. 38  della  legge  provinciale  11 agosto 1998, n. 9), nella
parte  in  cui,  escludendo esplicitamente per il personale del ruolo
sanitario  ogni forma di attivita' libero-professionale extramuraria,
si  porrebbe in contrasto con il principio del diritto di opzione per
il  rapporto  di  lavoro non esclusivo, stabilito dall'art. 2-septies
del  decreto-legge  29 marzo 2004, n. 81, come convertito nella legge
26 maggio 2004, n. 138, in favore dei dirigenti sanitari.
    Tale   questione,  occorre  chiarire,  e'  motivata  dal  giudice
rimettente   sull'asserito  mancato  adeguamento  della  legislazione
provinciale  -  entro  il  termine massimo di sei mesi prescritto dal
primo  comma  dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 - ai «principi e
norme  costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto
speciale  e  recati da atto legislativo dello Stato», quali sarebbero
espressi  dal citato art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004,
che  ha  sostituito  il comma 4 dell'art. 15-quater del d.lgs. n. 502
del   1992,  il  quale  ha  riconosciuto  ai  dirigenti  sanitari  la
possibilita' di optare per il rapporto di lavoro non esclusivo.
    Al tempo stesso non vi e' dubbio, sulla base della giurisprudenza
di  questa  Corte  (si  vedano le sentenze n. 63 del 2000, n. 147 del
1999   e  n. 80  del  1996),  che  la  eventuale  incostituzionalita'
sopravvenuta  possa  essere sollevata in via incidentale, malgrado la
mancata  impugnativa  da  parte del Governo dopo il passaggio dei sei
mesi   dalla  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  delle  norme
legislative  statali,  secondo quanto previsto dall'art. 2 del d.lgs.
n. 266 del 1992.
    4.  -  Per  affrontare  il  merito della questione, e' necessario
anzitutto individuare l'ambito materiale entro il quale si colloca la
disposizione censurata.
    La  recente sentenza di questa Corte n. 181 del 2006, relativa ad
una  questione  di  costituzionalita' insorta in riferimento al nuovo
Titolo  V  della  Costituzione  fra  Regioni ad autonomia ordinaria e
Stato,  ha  preso  in esame proprio l'istituto della esclusivita' del
rapporto    di    lavoro    del    dirigente    sanitario    previsto
dall'art. 2-septies  del decreto-legge n. 81 del 2004, giungendo alla
conclusione  che  tale  disciplina  si  colloca  nella  materia della
«tutela della salute», di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.
    La  Corte,  infatti,  pur riconoscendo che questo istituto incide
contestualmente  su una pluralita' di materie (e segnatamente, tra le
altre,  su  quella  della  organizzazione  di enti non «statali e non
nazionali»), e' giunta a questa conclusione utilizzando il criterio -
cui ha piu' volte fatto ricorso in riferimento ad altre ipotesi nelle
quali  si era ravvisata una «concorrenza di competenze» - che tende a
valorizzare  «l'appartenenza  del  nucleo  essenziale di un complesso
normativo  ad  una  materia  piuttosto  che ad altre»: deve, infatti,
ritenersi  che l'ambito materiale prevalente sia quello della «tutela
della salute», dal momento che «rileva in tale prospettiva la stretta
inerenza che tutte le norme de quibus presentano con l'organizzazione
del  servizio sanitario regionale e, in definitiva, con le condizioni
per  la  fruizione  delle prestazioni rese all'utenza, essendo queste
ultime condizionate, sotto molteplici aspetti, dalla capacita', dalla
professionalita'  e  dall'impegno  di  tutti  i  sanitari  addetti ai
servizi,  e  segnatamente  di  coloro  che  rivestono  una  posizione
apicale».
    D'altra  parte,  anche  prima  della  modificazione dell'art. 117
Cost.  ad  opera  della legge cost. n. 3 del 2001, questa Corte aveva
ricondotto  «la  disciplina dell'attivita' libero-professionale cosi'
detta  intramuraria»  alla  disciplina  dello  «stato  giuridico  dei
dirigenti   sanitari   del   servizio  sanitario  nazionale»  e  alla
«disciplina della organizzazione delle strutture sanitarie pubbliche»
(sentenza n. 63 del 2000).
    5.  -  Le medesime considerazioni, ove rapportate alle materie di
competenza   della  Regione  Trentino-Alto  Adige  e  delle  Province
autonome  di  Trento e di Bolzano, quali previste dallo statuto della
Regione   di  cui  al  d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670,  portano  ad
individuare   nella   materia   «igiene   e   sanita',  ivi  compresa
l'assistenza sanitaria ed ospedaliera», di cui all'art. 9, numero 10,
dello  statuto  regionale,  l'ambito  della disciplina concernente il
regime  del  rapporto  di  lavoro  dei dirigenti sanitari escludendo,
invece,  la  materia, di competenza della Regione, «ordinamento degli
enti  sanitari  ed  ospedalieri»  di cui all'art. 4, n. 7. Cio' tanto
piu'  dopo  che  l'art. 2  del  d.lgs.  28 marzo  1975, n. 474, quale
modificato  dal  d.lgs.  16 marzo  1992,  n. 267 (Norme di attuazione
dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene
e  sanita), ha specificato la competenza provinciale come relativa al
funzionamento  ed alla gestione «delle istituzioni ed enti sanitari»,
nonche'  allo  «stato  giuridico ed economico del personale addetto»,
mentre  quella  regionale  e' specificata come potere di disciplinare
soltanto  «il  modello  di  organizzazione  delle istituzioni ed enti
sanitari».
    Non  puo',  invece,  essere  accolta  la prospettazione formulata
dalle  difese  della Provincia autonoma e delle ASL, secondo la quale
proprio  l'art. 2  del  d.lgs.  n. 474  del  1975,  non  solo avrebbe
integrato  la  competenza  legislativa delle due Province autonome in
materia  sanitaria, ma avrebbe inteso «assimilare, quanto alla natura
primaria  della  potesta'  legislativa, le competenze provinciali ivi
contemplate  alla  competenza  della  Regione  Trentino-Alto  Adige»,
intendendosi  con  cio' sostenere che le Province sarebbero titolari,
sulla  base  di  questa  disposizione  di attuazione, di una potesta'
legislativa  di tipo esclusivo e non gia' concorrente, analogamente a
quanto previsto dall'art. 4, numero 7 dello statuto per la Regione in
tema  di  «ordinamento  degli  enti  sanitari ed ospedalieri». Questa
pretesa   innovativa  configurazione  dei  poteri  legislativi  della
Provincia  potrebbe  spiegare il motivo dell'affermazione (di per se'
meramente  assertiva),  secondo  la  quale  sarebbe  «certo»  che  le
modalita'   di   esercizio   della  professione  sanitaria  attengono
all'«organizzazione  degli enti ospedalieri» e non alla «tutela della
salute»,  volendosi  con cio' far intendere che in questo particolare
settore  la  Provincia  utilizza  appunto una potesta' legislativa di
tipo esclusivo.
    Tale  argomentazione  urta  anzitutto con la lettera dello stesso
art. 2  del  d.lgs. n. 474 del 1975, nel quale si parla espressamente
di  esercizio  nei  «limiti  previsti dallo statuto» delle competenze
provinciali  in  tema di «stato giuridico ed economico del personale»
(mentre  evidentemente  ben altre espressioni avrebbero dovuto essere
utilizzate  ove  si  fosse  inteso  affermare  quanto sostenuto dalle
difese).  Ma  poi,  soprattutto,  nessuna  norma  di  attuazione, pur
notoriamente  dotata  di  un potere interpretativo ed integrativo del
dettato  statutario  (si  vedano, fra le altre, le sentenze di questa
Corte  n. 51  del  2006, n. 249 del 2005 e n. 341 del 2001), potrebbe
trasformare  una  competenza di tipo concorrente in una competenza di
tipo esclusivo, cosi' violando lo statuto regionale.
    Inoltre, la perentoria affermazione della difesa della Provincia,
secondo  la  quale  «una  potesta'  legislativa  provinciale  di tipo
concorrente,  o  secondario,  in tema di stato giuridico ed economico
del  personale  sanitario  della  Provincia  di  Bolzano  non  appare
configurabile», avrebbe quanto meno dovuto farsi carico del fatto che
questa   Corte   ha  piu'  volte  espressamente  qualificato  l'unica
competenza  legislativa  della Provincia in materia sanitaria (quella
appunto  di  cui all'art. 9, numero 10, dello Statuto regionale) come
una  competenza di tipo concorrente (cfr. sentenze n. 134 e n. 59 del
2006, n. 182 del 1997 e n. 373 del 1995).
    Del  pari  priva  di  fondamento e' l'altra argomentazione (oltre
tutto  contraddittoria  rispetto  quella  appena  ricordata) espressa
dalle  difese  della  Provincia  e  delle  ASL,  secondo  la quale il
personale  sanitario  in  parola  rientrerebbe  in realta' nella piu'
generale  categoria  del  personale  dei  cosiddetti enti strumentali
della  Provincia, di modo che la sua disciplina sarebbe riconducibile
alla   materia   di  competenza  esclusiva  provinciale  in  tema  di
«ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad esso addetto
«  (art. 8,  numero  1,  dello statuto speciale). Una tesi del genere
urta,  infatti,  in  modo  del tutto evidente, con le caratteristiche
fondamentali   delle  articolazioni  locali  del  Servizio  sanitario
nazionale  quale  disciplinata dalla legislazione nazionale e che per
questa  parte  vincola  espressamente  le  stesse  Regioni  a statuto
speciale  e le Province autonome (si veda l'art. 19 del d.lgs. n. 502
del 1992 anche dopo la sentenza di questa Corte n. 354 del 1994) .
    Inoltre,  una tesi del genere entrerebbe perfino in contrasto con
l'esplicita  previsione  del  citato art. 2 del d.lgs. 28 marzo 1975,
n. 474,  la  quale si rivelerebbe del tutto inutile ove la competenza
in tema di stato giuridico ed economico del personale sanitario fosse
davvero  riconducibile a quella in tema di ordinamento dei dipendenti
provinciali.
    6.  -  La accertata riconducibilita' della disciplina legislativa
oggetto  di  censura  sia  all'ambito  materiale  della «tutela della
salute»  di  cui  all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  che  a quello
dell'«igiene  e  sanita',  ivi  compresa  l'assistenza  sanitaria  ed
ospedaliera»  di cui allo statuto speciale di autonomia della Regione
Trentino-Alto  Adige  (e non anche alla competenza regionale primaria
in  tema  di «ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri»), ambiti
nei  quali l'ente di autonomia e' parimenti legittimato ad esercitare
la potesta' legislativa di tipo concorrente nel rispetto dei principi
fondamentali  della  legislazione  statale,  rende  privo di concreto
rilievo   che  questa  Corte  si  soffermi  sulla  correttezza  della
ricostruzione  interpretativa operata dal giudice rimettente, secondo
il  quale,  nel  caso  di  specie,  dovrebbe ritenersi applicabile il
parametro  statutario  in  luogo  dell'art. 117 Cost., in quanto tale
ultima  disposizione non prevederebbe «forme di autonomia piu' ampie»
come  richiesto  dall'art. 10  della  legge  cost.  n. 3 del 2001. Il
giudice  a  quo,  infatti,  prospetta  correttamente una questione di
asserita  violazione  dei  limiti  imposti  alla potesta' legislativa
concorrente della Provincia autonoma, individuando con puntualita' le
disposizioni  legislative  statali  dalle  quali  si  ricaverebbero i
principi  fondamentali  che  fungerebbero da parametro interposto. In
questi    termini,    la   questione   puo'   essere   decisa   anche
indipendentemente  da  un  giudizio  definitivo  circa  la maggiore o
minore   estensione   della   «tutela  della  salute»  rispetto  alle
corrispondenti competenze statutarie in materia sanitaria.
    7.  -  Per  comprendere  la natura delle disposizioni legislative
statali  relative  allo  stato  giuridico  ed economico dei dirigenti
sanitari  che  si  assumono  come  vincolanti  rispetto alla potesta'
legislativa  concorrente  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano, e'
necessario  ripercorrere,  seppur  rapidamente,  le fasi piu' recenti
dell'evoluzione legislativa in tema di sistema sanitario pubblico.
    Fino  all'inizio  degli anni '90 esisteva una precisa distinzione
in  due  tipi  del  rapporto  di servizio dei medici («tempo pieno» e
«tempo  definito»), sulla base di diversita' di impegni, modalita' ed
orario  di  lavoro,  nonche'  in  relazione alla peculiare disciplina
delle attivita' libero-professionali.
    In  questo  quadro normativo ha innovato l'art. 4, comma 7, della
legge  30 dicembre  1991,  n. 412 (Disposizioni in materia di finanza
pubblica), sancendo «con rigore il principio di unicita' del rapporto
di  lavoro  con  il  Servizio  sanitario nazionale, avendolo ritenuto
particolarmente    valido   al   fine   di   soddisfare   l'esigenza,
costituzionalmente  protetta,  di  restituire  massima  efficienza ed
operativita'  alla  rete  sanitaria pubblica» (come si e' espressa la
sentenza  n. 457  del  1993).  Con  questa  disciplina il legislatore
vietava  ai medici a «tempo definito» prestazioni di lavoro in regime
convenzionale  o  presso  strutture  convenzionate,  ma  in  compenso
liberalizzava  del tutto l'esercizio dell'attivita' professionale sia
extra  che  intramuraria  e incentivava «la scelta per il rapporto di
lavoro  dipendente,  assicurando  in tal caso, a semplice domanda, il
passaggio   dal   «tempo   definito»   al  «tempo  pieno»,  anche  in
soprannumero»  (ancora  sentenza  n. 457  del  1993), con conseguente
incremento di retribuzione.
    La  logica della aziendalizzazione del Servizio sanitario e della
«privatizzazione»  del  rapporto  di lavoro del personale dipendente,
insita  nella  legge  di  delega  23 ottobre  1992, n. 421 (Delega al
Governo  per  la razionalizzazione e la revisione delle discipline in
materia  di  sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza
territoriale),  trova  riscontro  nei  successivi decreti legislativi
n. 502  del 1992 (come modificato dal d.lgs. n. 517 del 1993) e n. 29
del  1993,  i  quali  fissavano  il principio dell'unicita' del ruolo
dirigenziale del personale sanitario.
    In  questo  nuovo  assetto  del  Servizio sanitario nazionale, il
legislatore,  da un lato, ha adottato misure per estendere il divieto
di  svolgere  attivita'  extramuraria anche riguardo ad istituzioni e
strutture  private  delle quali l'unita' sanitaria locale si avvaleva
per  prestazioni  specialistiche,  di  diagnostica  strumentale  e di
laboratorio  ed  ospedaliere (art. 8, commi 5 e 9, del d.lgs. 502 del
1992).   Dall'altro   lato,   ha   adottato  misure  per  incentivare
l'attivita'  professionale  intramuraria,  che  la  Corte  aveva gia'
considerato elemento qualificante della riforma sanitaria, in quanto,
tra  l'altro,  permette  che «le aziende ospedaliere, dotate di piena
autonomia  finanziaria,  possano  effettivamente beneficiare di nuove
entrate» (sentenza n. 355 del 1993).
    I  successivi  interventi  legislativi  risultano  caratterizzati
dalla volonta' di incentivare la scelta per l'attivita' intramuraria,
pur  senza alterare il modello complessivo della dirigenza sanitaria.
In   particolare,  la  legge  23 dicembre  1996,  n. 662  (Misure  di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica), all'art. 1, commi 5-17,
ribadisce  la  distinzione tra libera professione interna ed esterna,
ripristina    l'opzione   per   l'esercizio   dell'attivita'   libero
professionale  intramuraria  che  diviene  incompatibile  con  quella
esterna, fissa un termine triennale di operativita' della opzione per
l'attivita'  extramuraria e dispone una riduzione dell'indennita' per
i  medici  a  «tempo  pieno»  che  svolgono  attivita'  professionale
extramuraria  (su  quest'ultima previsione e' intervenuta la sentenza
n. 330 del 1999 di questa Corte).
    E' soprattutto con il d.lgs. n. 229 del 1999, modificativo di una
serie  di  norme del d.lgs. n. 502 del 1992, che si e' consolidato un
quadro  normativo  specifico  per il rapporto di lavoro dei dirigenti
sanitari (cfr. sentenza n. 336 del 2001).
    In  particolare,  l'art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999 introduce,
nel  testo  del  d.lgs. n. 502 del 1992, gli artt. 15-bis e seguenti.
Tra  questi,  particolare rilievo assume l'art. 15-quater, in tema di
esclusivita'   del   rapporto  di  lavoro  dei  dirigenti  del  ruolo
sanitario.
    Il  comma 4  del  succitato  articolo  dispone  che «il dirigente
sanitario  con  rapporto  di  lavoro  esclusivo  non puo' chiedere il
passaggio al rapporto di lavoro non esclusivo».
    Lo stesso decreto del 1999 definisce, poi, le caratteristiche del
rapporto  esclusivo:  esso  «comporta  la totale disponibilita' nello
svolgimento  delle  funzioni  dirigenziali  attribuite  dall'azienda,
nell'ambito    della   posizione   ricoperta   e   della   competenza
professionale  posseduta  e  della  disciplina  di  appartenenza, con
impegno  orario  contrattualmente  definito»  (art. 15-quinquies  del
d.lgs.  n. 502  del  1992). Esso, inoltre, rinvia alla contrattazione
collettiva  nazionale  la  definizione  dell'equilibrio fra attivita'
istituzionale   e   attivita'   libero-professionale   intra   moenia
individuando i principi cui deve attenersi.
    Nel  quadro  di  questa  riforma, la scelta dell'esclusivita' era
corredata   dalla   previsione   di   alcune   misure,  economiche  e
strutturali,   di   vantaggio   rispetto  alla  diversa  opzione:  la
previsione  di  una  gratifica  economica,  la cui quantificazione e'
rimessa  alla  contrattazione collettiva; la possibilita' di svolgere
la  libera  professione  intramuraria; la qualificazione del rapporto
esclusivo  come presupposto per l'accesso alla direzione di strutture
sanitarie.
    Come  ha  osservato  questa  Corte  (sentenza n. 63 del 2000), le
norme  recate  dall'art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999, attraverso la
sostituzione  dell'art. 15 e l'inserimento degli articoli da 15-bis a
15-undecies  nel  d.lgs. 502 del 1992, «realizzano una nuova organica
disciplina  dell'intera  materia».  Nella  stessa pronuncia, la Corte
sottolinea  come «la stessa summa divisio fra regime dei sanitari che
svolgono  attivita'  c.d.  extramuraria  e  regime  dei  sanitari che
svolgono  attivita'  intramuraria  e' superata dalla disciplina della
«esclusivita'   del  rapporto  di  lavoro  dei  dirigenti  del  ruolo
sanitario»,  contenuta nel nuovo art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del
1992.  In  base  ad  essa, tutti i dirigenti sanitari con i quali sia
stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro
successivamente  al 31 dicembre 1998, nonche' i dirigenti titolari di
contratti   precedenti,   che   avessero   optato   per   l'attivita'
intramuraria  in  base  alle  precedenti  norme,  sono  assoggettati,
irreversibilmente,  al rapporto di lavoro esclusivo, il cui regime e'
definito  dal  nuovo  art. 15-quinquies, e nel cui ambito e' previsto
fra     l'altro     il    diritto    all'esercizio    di    attivita'
libero-professionale     in     forme     e     tipologie    definite
(art. 15-quinquies,    comma 2);    allo    stesso   regime   vengono
assoggettati, ancora una volta irreversibilmente, gli altri dirigenti
in  servizio  alla  data  accennata,  gia'  optanti  per  l'attivita'
extramuraria,   che   chiedano  di  passare  al  rapporto  di  lavoro
esclusivo;  mentre  il diverso regime del rapporto non esclusivo, con
possibilita'  di  attivita'  libero-professionale  al  di fuori delle
tipologie  previste,  ma  anche  senza  i  diritti  e  i vantaggi del
rapporto  esclusivo,  rimane,  ad esaurimento, per i soli sanitari in
servizio   che   avessero   optato   in  precedenza  per  l'attivita'
extramuraria  e  non chiedano il passaggio al rapporto esclusivo». In
definitiva, la «sopravvenuta disciplina legislativa [...] ha altresi'
soppresso,    per    il    futuro,    la   «opzione   tra   attivita'
libero-professionale intramuraria ed extramuraria»».
    Una  significativa inversione di tendenza si verifica con il d.l.
n. 81  del  2004,  dal  momento che, in sede di conversione in legge,
viene    inserito   l'art. 2-septies,   che   modifica   il   comma 4
dell'art. 15-quater  del d.lgs. n. 502 del 1992, prevedendo per tutti
i dirigenti sanitari pubblici, «la possibilita' di scegliere entro il
30 novembre  di  ogni  anno  se  optare  per  il  rapporto  di lavoro
esclusivo   o  meno  con  il  Servizio  sanitario,  con  effetto  dal
1° gennaio  dell'anno  successivo».  Tale facolta' di scelta e' stata
accordata  «sia agli assunti dopo il 31 dicembre 1998» (vale a dire a
coloro  che  risultavano  assoggettati  ratione temporis al principio
dell'esclusivita',  e  cio' per il solo fatto che la costituzione del
loro  rapporto  di  lavoro  fosse avvenuta a seguito dell'innovazione
introdotta  dal  d.lgs.  n. 229 del 1999), «sia a coloro che, gia' in
servizio   al  31 dicembre  1998,  avevano  a  suo  tempo  effettuato
l'opzione   per   il   rapporto  di  lavoro  esclusivo»  (secondo  le
prescrizioni del comma 3 del medesimo art. 15-quater).
    Come  corollario di quanto cosi' disposto, il legislatore statale
ha  stabilito  che  nel  caso in cui la scelta dei dirigenti sanitari
cada  sul  regime della non esclusivita', essa tuttavia «non preclude
la direzione di strutture semplici e complesse».
    L'art. 2-septies   del   decreto-legge  n. 81  del  2004  dispone
altresi'  che «coloro che mantengono l'esclusivita' del rapporto, non
perdono  i  benefici  economici  di  cui  al  comma 5, trattandosi di
indennita'  di  esclusivita' e non di indennita' di irreversibilita».
In  sostanza  la  disposizione tiene ferma l'indennita' gia' prevista
dall'art. 15-quater per coloro che optino per il rapporto esclusivo e
la  estende  a  quanti  mantengono  tale  scelta  anche  per gli anni
successivi.
    8.  - Non poche delle innovazioni succedutesi in questa specifica
legislazione   statale   sono   state   accompagnate   da   una  loro
autoqualificazione  come  norme o principi vincolanti per i vari tipi
di  Regioni,  pur  con  l'attribuzione  di alcune specifiche funzioni
legislative  alle  Regioni  nella  loro  ulteriore  articolazione: in
particolare,   appaiono   rilevanti   per  il  presente  giudizio  le
disposizioni  contenute  nell'art. 19  del d.lgs. n. 502 del 1992, da
considerare  riferibili anche alle innovazioni successive, introdotte
(per  quanto  rileva  nel  presente  giudizio)  con  la tecnica della
novellazione    dall'art. 13   del   d.lgs.   n. 229   del   1999   e
dall'art. 2-septies   del   decreto-legge   n. 81   del  2004,  quale
modificato dalla legge di conversione n. 125 del 2004.
    Pur  nella consapevolezza che di per se' la autoqualificazione di
alcune  disposizioni  che  sia  contenuta in una legge non ha rilievo
decisivo  ma che essa deve essere confermata da un esame dei concreti
contenuti  normativi  (fra  le  molte,  con  riferimento  alle  norme
fondamentali  di  riforma  economico-sociale,  si  vedano le sentenze
n. 170  del  2001,  n. 355 e n. 482 del 1995, n. 464 del 1994, n. 349
del  1991),  deve  notarsi  che,  nel caso di specie, riferito ad una
materia  legislativa  di  tipo  concorrente della Provincia autonoma,
rileva  quanto  contenuto nei commi 1 e 2-bis dell'art. 19 del d.lgs.
n. 502  del 1992, in base ai quali l'intera disciplina relativa della
dirigenza medica costituirebbe principio fondamentale della materia.
    Se  si sposta l'attenzione alla valutazione sul piano sostanziale
della  natura  di  principio  o meno delle disposizioni relative alla
disciplina delle caratteristiche del lavoro dei dirigenti sanitari ed
in    particolare    del    loro   rapporto   di   esclusivita'   con
l'amministrazione  sanitaria  da  cui dipendono, non puo' negarsi che
queste   disposizioni   (pur   nel   tempo  varie  volte  mutate  dal
legislatore:  la  fondamentalita'  dei principi peraltro deriva dalla
volonta' in tal senso del legislatore e non dalla eventuale mutazione
nel  tempo  della  volonta' dei diversi legislatori) rappresentano un
elemento fra i piu' caratterizzanti nella disciplina del rapporto fra
personale  sanitario  ed utenti del servizio sanitario, nonche' della
stessa  organizzazione sanitaria. D'altra parte questa Corte ha avuto
gia'   occasione   di   affermare   che   le  innovazioni  introdotte
dall'art. 13  del  d.lgs.  n. 229  del  1999  «realizzano  una  nuova
organica  disciplina dell'intera materia» (sentenza n. 63 del 2000) e
che le ulteriori modificazioni introdotte dal decreto-legge n. 81 del
2004,  quale  convertito  dalla  legge n. 138 del 2004, costituiscono
rinnovato  esercizio del potere legislativo statale di determinazione
dei principi fondamentali della materia (sentenza n. 181 del 2006).
    Quindi,  attualmente,  «il  sistema  complessivo  si fonda, da un
lato,  sulla  reversibilita'  della  scelta  in  favore  del rapporto
esclusivo  (opzione  che,  comunque  necessaria  per  il conferimento
dell'incarico,  e'  destinata  ad  esplicare  efficacia per almeno un
anno,  sempre  che  le  regioni  non  si avvalgano della facolta' «di
stabilire  una  cadenza  temporale piu' breve»), nonche', dall'altro,
sulla  previsione  che  il  passaggio  al rapporto non esclusivo «non
preclude   la   direzione   di   strutture   semplici  o  complesse»,
consentendo,   cosi',  il  mantenimento  dell'incarico  dirigenziale.
Infine,  il sistema si caratterizza anche per il fatto che neppure la
decisione  in  favore  della  «non  esclusivita»  presenta  carattere
irreversibile,    essendo    il   rapporto   esclusivo   pur   sempre
ripristinabile  a  domanda  dell'interessato, secondo le modalita' di
cui  al  comma 2  del  predetto  art. 15-quater» (si veda, ancora, la
sentenza n. 181 del 2006).
    La  facolta'  di  scelta tra i due regimi di lavoro dei dirigenti
sanitari  (esclusivo  e non esclusivo) appare, dunque, espressione di
un   principio   fondamentale,  volto  a  garantire  una  tendenziale
uniformita'  tra  le diverse legislazioni ed i sistemi sanitari delle
Regioni   e   delle   Province  autonome  in  ordine  ad  un  profilo
qualificante del rapporto tra sanita' ed utenti.
    9.  - Dal momento che la formulazione della norma censurata («per
il  personale  del ruolo sanitario e' esclusa ogni forma di esercizio
di  attivita' libero-professionale extramuraria») non consente alcuna
possibilita'  di  adeguamento  in  via  interpretativa  al  principio
fondamentale  espresso  dal  nuovo  comma 4  dell'art. 15-quater  del
d.lgs. n. 502 del 1992, quale sostituito ad opera dell'art. 2-septies
del  decreto-legge  n. 81  del  2004, convertito con modificazioni in
legge  n. 138  del 2004, la Provincia autonoma di Bolzano non avrebbe
potuto   mantenere   in   vigore   una  norma  incompatibile  con  il
sopravvenuto  riconoscimento,  da  parte del legislatore statale, del
diritto di opzione in favore di tutti i dirigenti sanitari.
    La  questione  e', in conclusione, fondata e deve pertanto essere
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 1,
lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 16 del
1995  nella  parte  in  cui,  escludendo  per i dirigenti sanitari il
suddetto  diritto  di  opzione, si pone in contrasto con il principio
fondamentale  di  cui all' art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del
2004.