LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di rinvio iscritto al n. 964 del R.G.A. dell'anno 2001, riassunto da: Societa' Avicola S. Chiara, con sede in Sini, rappresentata e difesa dal dott. Sebastiano Deias presso il cui studio in Cagliari, nella via Cocco Ortu n. 75, e' domiciliata elettivamente, nei confronti di Agenzia delle Entrate - Ufficio di Oristano. Motivi in fatto e in diritto Con ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Cagliari, la Societa' semplice Avicola S. Chiara espose di avere inutilmente presentato, con la dichiarazione IVA per l'anno 1988, richiesta di rimborso con procedura accelerata di un credito di imposta di " 20.166.000; ed impugno' il silenzio rifiuto dell'Ufficio finanziario. L'Ufficio contesto' in giudizio il diritto al rimborso non avendo la societa' esercitato l'opzione, prevista dall'art. 34 del d.P.R. n. 633 del 1972, per la rinuncia all'esonero degli adempimenti IVA. La Commissione di primo grado, con decisione 14 marzo 1993, accolse il ricorso della Avicola S. Chiara, rilevando che l'art. 38-bis del suddetto decreto presidenziale n. 633 prevedeva il rimborso accelerato «in ogni caso», e che la necessita' dell'opzione era esclusa dall'art. 6 del d.l. n. 746 del 1983, poiche' il rimborso richiesto si riferiva all'acquisto di beni strumentali. Contro la decisione l'Ufficio finanziario propose ricorso alla Commissione tributaria regionale, che lo accolse con sentenza 10 dicembre 1998 per i motivi dedotti dall'Ufficio IVA, sopra richiamati. Contro tale sentenza ha ricorso per Cassazione la societa' Avicola S. Chiara. La suprema Corte, con sentenza 27 aprile 2001, ha ritenuto fondata la doglianza riguardante «la mancata considerazione della concludente condotta della contribuente». Ha rilevato che l'art. 1, comma l, del d.P.R. n. 442 del 1997, aveva innovato con riguardo all'opzione, prevedendo che essa potesse desumersi da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalita' di tenuta delle scritture contabili; ed ha sottolineato come, successivamente, l'art. 4, comma l, della legge n. 342 del 2000 avesse disposto che il predetto art. 1 doveva ritenersi applicabile anche ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto n. 442 del 1997, sopra citato. La Corte ha quindi accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio, e disponendo che questa Commissione tributaria regionale procedesse ad un nuovo esame di merito, con la precisazione - con riguardo alla previsione di cui all'art. 4, comma l, legge n. 342/2000, la quale preclude il rimborso delle imposte, soprattasse e pene pecuniarie gia' pagate - che tale riesame dovesse essere «comprensivo - ai fini della valutazione di rilevanza - di eventuali profili di legittimita' costituzionale della disposizione, avuto riguardo alla tecnica legislativa impiegata, tipica dei provvedimenti di "condono" di recente censurata dal giudice delle leggi in analoga fattispecie normativa (Corte cost. 416/2000; cfr. pure Cass., ord 381/2000)». La questione di legittimita' costituzionale, cui la Corte di cassazione ha fatto riferimento, appare rilevante nel caso in esame, con riguardo alla modalita' della tenuta delle scritture contabili della societa' Avicola S. Chiara, e posto che alcuni comportamenti posti in essere dalla societa', quali emergono dagli atti, sono suscettibili di essere positivamente valutati come comportamenti concludenti ai fini delle previsioni normative di cui all'art. 1, comma l, del decreto presidenziale n. 442 del 1997 ed all'art. 4, comma 10, della legge n. 342 del 2000. Si tratta di circostanze di fatto che potrebbero comportare il diritto al rimborso richiesto dalla societa' Avicola S. Chiara, ove non sussistesse il divieto di legge. La questione relativa a tale divieto appare, per altro verso, non manifestamente infondata, alla luce dell'orientamento della Corte costituzionale menzionato dalla Corte di cassazione, relativo a una fattispecie legale del tutto analoga. Sara' sufficiente richiamare la massima n. 25712, relativa alla citata sentenza n. 416 del 2000, secondo cui «E' costituzionalmente illegittimo l'art. 7, comma 10, della legge 23 dicembre 1998. n. 448, limitatamente alle parole "e non danno luogo a rimborso". L'esclusione della possibilita' di rimborso prevista dall'art. 7 in argomento - che ha concesso, retroattivamente, la cumulabilita' e reiterabilita' delle agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa rispettivamente previste dall'art. 2, d.l. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito nella legge 5 aprile 1985, n 118, e dall'art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168 - determina una ingiustificata disparita' di trattamento in danno di quei contribuenti che prima dell'instaurazione o nelle more del giudizio tributario diretto ad ottenere il cumulo dei benefici, abbiano provveduto al pagamento dell'imposta calcolata senza tenere conto, ovviamente, della nuova normativa entrata in vigore successivamente ma con effetto retroattivo. Risulta, altresi', violato il principio di ragionevolezza per l'intrinseca contraddittorieta' tra la complessiva finalita' perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata [...]». Nella specie, sembra violare il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione la norma del citato art. 4, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, laddove, irragionevolmente, essa detta: «Non si fa luogo a restituzione di imposte, soprattasse e pene pecuniarie gia' pagate»: anche in questo caso, si pone il problema del rispetto del principio di uguaglianza, in relazione al quale, nel precedente sopra richiamato, il giudice delle leggi ha osservato che «Questi contribuenti vengono [...] sottoposti ad un regime differenziato in ragione di una circostanza (intervenuto pagamento, o meno, della maggiore imposta richiesta dall'ufficio) del tutto neutra (e, di fatto, contingente e casuale) rispetto alla ragione sottesa alla previsione dell'agevolazione fiscale; tanto piu' che il pagamento dell'imposta nelle more del giudizio tributario rappresenta una conseguenza normale dell'imposizione fiscale, in considerazione della progressiva eseguibilita' dell'atto impugnato secondo lo stato in cui versa il giudizio». Ai medesimi principi la Corte si ispira nella sentenza di accoglimento n. 320 del 2005, relativa alla norma di cui all'art. 39 della stessa legge 21 novembre 2000, n. 342. La questione rilevata va, dunque, rimessa alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio tributario in corso. Trattandosi di «Norma interpretativa», secondo la rubrica dell'articolo in esame, e comunque di norma che riguarda la portata applicativa del citato art. 1, comma l, del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, la questione va sollevata in relazione ai suoi rapporti con tale precedente norma.