LA COMMISSIONE TRIBUTARIA

    ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 5133/05 depositato
il  10 marzo 2005, avverso Cartella di pagamento n. 03220025 72 tasse
auto  1998  contro Agenzia entrate ufficio Civitavecchia proposto dal
ricorrente:  Salvi  Piero, piazza della Repubblica, 5, S. Severa no -
00059  Tolfa (RM), difeso da st. avv. Nicoletta Lalli, via Germanico,
96  - 00192 Roma; terzi chiamati in causa: Conc. Roma Banca Monte dei
Paschi di Siena S.p.A., via dei Normanni, 5 - 00184 Roma.
    Visto  il ricorso proposto da Piero Salvi, rappresentato e djfeso
dall'avv.   Nicoletta  Lalli  presso  il  cui  studio  in  Roma,  via
Germanico, 96, elegge domicilio giusta delega a margine del ricorso;
    Contro l'Agenzia delle Entrate di Civitavecchia.
    Viste  le  eccezioni  proposte  dal  ricorrente  che  eccepiva in
particolare la tardivita' della richiesta impositiva e, in subordine,
l'eccessivo valore.
    Vista  la  costituzione in giudizio dell'Ufficio che eccepiva che
il termine di prescrizione era quello decennale.
    La  costituzione  in  giudizio del Concessionario che eccepiva la
sua mancanza di potere di procedere al discarico del ruolo.
    Esaminati gli atti, ritenuto pregiudiziale sollevare questione di
legittimita' costituzionale per i motivi appresso indicati.
    Ha emesso la seguente ordinanza.
    E'   necessario,   prima  di  entrare  nel  merito  della  causa,
premettere  un  breve escursus delle normative che hanno regolato nel
tempo e regolano tutt'ora il pagamento dell'imposta sugli autoveicoli
e   motoveicoli   e   i   motivi   che  hanno  giustificato  la  loro
trasformazione nel tempo.
    Fino  all'entrata  in  vigore  del  d.l.  30 dicembre 1982 n. 953
convertito  il  legge  n. 53  del  28  febbraio  1983 l'imposta sugli
autoveicoli era una tassa di circolazione.
    Il suo pagamento, infatti, aveva uno scopo ben preciso: quello di
contribuire  alle  spese di mantenimento delle opere pubbliche viarie
in ragione della grandezza e, di conseguenza, del maggior consumo che
i  veicoli  piu'  grandi  e  piu'  potenti causavano alla rete viaria
pubblica.  Quindi  tale  imposta  aveva,  secondo  il legislatore, un
preciso  scopo  risarcitorio.  Tale inquadramento giuridico portava a
due  conseguenze  importanti  necessarie  a  giustificare  la  natura
dell'imposta di circolazione.
    La   prima  conseguenza  era  che  l'ammontare  dell'imposta  era
calcolata   in   base   ai  cavalli  fiscali  che  non  corrispondono
tecnicamente  in  modo  assoluto  agli  attuali KW e, tantomeno, agli
allora  gia'  esistenti  cavalli  vapore (o agli attuali KW parimenti
esprimenti   ambedue  la  potenza  del  motore)  ma  dall'insieme  di
parametri  determinati dalla potenza del motore, dalla sua cilindrata
e  della  grandezza  fisica  del  veicolo (vedi tabella allegata alla
legge  463/55,  necessari  a  determinare  la capacita' di maggiore o
minore usurabilita' delle vie pubbliche e, di conseguenza, calibrarne
l'ammontare.
    La  seconda conseguenza era costituita dalla circostanza che tale
imposta  doveva  essere pagata solo in caso di utilizzo effettivo del
mezzo.  Infatti, se per motivi vari il proprietario non utilizzava il
mezzo  per  un periodo di tempo era esentato dal pagare 1'imposta per
tale periodo.
    Infine  non  e'  da trascurare anche il fatto che la ricevuta del
pagamento  doveva  essere  affissa  sul parabrezza dell'auto e cio' a
riprova che esso costituiva un elemento indispensabile, al pari della
carta  di  circolazione  o  di proprieta', che doveva accompagnare il
veicolo affinche' esso fosse autorizzato a marciare.
    Quindi  nella  vigenza  della normativa precedente all'entrata in
vigore  della  legge  n. 53/1983,  non  vi  e' ombra di dubbio che la
natura  dell'imposta  era quella di un imposta risarcitoria con tutte
le  conseguenze  collegate  a  tale  sua  natura  e che si sono sopra
riportate.
    Successivamente, con l'entrata in vigore della legge n. 53 del 28
febbraio 1983 la natura della stessa imposta cambia radicalmente.
    Probabilmente  tale modifica e' stata causata da motivi di natura
economico-  finanziaria  del  Paese  e diretta ad ottenere un'entrata
fissa e non eventuale.
    Ma, per il caso in esame, non e' necessario indagare i motivi che
hanno  spinto  il  legislatore a modificare la natura giuridica della
tassa   attualmente   vigente  ma  e'  necessario  ed  indispensabile
individuare la sua intrinseca natura.
    L'art. 5,  comma 28 della legge citata recita «a decorrere dal 1°
gennaio  1983  i  veicoli  e  gli  autoscafi sono soggette alle tasse
stabilite  dalle  tariffe  annesse alla legge n. 463/1955 per effetto
della  loro  iscrizione  nei  rispettivi registri pubblici». Il comma
successivo   recita  «al  pagamento  delle  tasse  di  cui  al  comma
precedente  sono tenuti coloro che, alla scadenza del ... omissis ...
risultano  essere  proprietari dal pubblico registro automobilistico,
per  i  veicoli  in esso iscritti, e dai registri di immatricolazione
per i rimanenti veicoli ed autoscafi. L'obbligo di corresponsione del
tributo  cessa con la cancellazione dei veicoli e degli autoscafi dai
predetti  registri...  omissis  ... per i veicoli, gli autiscafi ed i
motori  fuoribordo l'obbligo di pagamento sussiste solo per i periodi
di imposta nei quali vengono utilizzati».
    Dal  contesto  di  tale  norma  appare del tutto evidente e senza
ombra  di  dubbio  alcuno  che  con  la  legge  n. 53/1983  la natura
dell'imposta  muta  e  si trasforma in tassa sulla proprieta'. Ovvero
significa  che  tale  tassa  trae  la  sua  obbligatorieta'  non piu'
dall'uso  che  l'utente fa del veicolo, sia esso proprietario o meno,
ma  per  il  solo ed esclusivo fatto di esserne il proprietario. Cio'
collega il pagamento di essa alla capacita', del bene autoveicolo, di
creare  un  incremento  economico  nel patrimonio del soggetto che lo
possiede. Non puo' sussistere alcun dubbio su tale interpretazione in
quanto la stessa legge pretende che la tassa e' dovuta da chi risulta
esserne  il  proprietario dai Pubblici registri indipendentemente dal
soggetto  utilizzatore  e  dal  fatto  che  la  relativa ricevuta non
costituisce  piu'  un  elemento indispensabile accessorio all'uso del
mezzo,  e che la riscossione coattiva da parte dello Stato e' rivolta
al proprietario e non piu' all'utilizzatore.
    Che  essa, pertanto, sia da considerare come prelievo coattivo al
pari delle altre imposte non vi e' parimenti dubbio.
    Infatti   la  tassa  sui  veicoli  ha  tutte  le  caratteristiche
dell'imposta e cioe': il suo prelievo coattivo e il fatto che entra a
far  parte del patrimonio. Sulla prima caratteristica nulla quaestio,
sulla seconda nemmeno ove il concetto di patrimonio, ai fini fiscali,
si intenda ricchezza a disposizione di un soggetto in un dato momento
e,  cioe',  il complesso di beni a disposizione di un soggetto capace
di  produrre un beneficio economico. Non vi puo' essere dubbio alcuno
che un veicolo, per la sua natura, costituisca, per la sua intrinseca
possiede  la  capacita' di essere economicamente valutato, rientrando
cosi'  di  diritto  fra  la  categoria  di  beni  facenti  parte  del
patrimonio.
    Sul  punto  basta  soffermarsi  alla possibilita' di destinare un
autoveicolo  al  servizio  di noleggio da cui il proprietario trae un
vantaggio  economico  diverso  e maggiore del suo valore intrinseco o
del valore di esso sul mercato.
    Pertanto anche sulla natura di tassa sulla proprieta' non possono
esservi dubbi.
    Il  25  novembre 2000 veniva pubblicata la legge 21 novembre 2000
n. 342  che  all'art. 63 comma 1, recita «Sono esentati dal pagamento
delle  tasse  automobilistiche  i  veicoli  ed i motoveicoli, esclusi
quelli  ad  uso professionale, a decorrere dall'anno in cui si compie
il  trentesimo  anno  dalla loro costruzione. Salvo prova contraria i
veicoli di cui al primo periodo si considerano costruiti nell'anno di
prima immatricolazione.. .omissis.».
    Il  comma  2 recita «l'esenzione di cui al comma 1 e' estesa agli
autoveicoli  di  particolare interesse storico per i quali il termine
e' ridotto a 20 anni».
    Per   completezza  del  quadro  giuridico  si  riporta  anche  il
contenuto  dell'art. 2  comma  1  n. 15)  della  legge 9 ottobre 1971
n. 825:  «determinazione  dei  redditi... di fabbricati sulla base di
tariffe  d'estimo  disciplinate  in  maniera  da  essere  aderenti ai
redditi  effettivi...»  e  l'art. 34,  comma 1 del d.P.R. 22 dicembre
1986  n. 917  che  recita  «il  reddito  medio  ordinario,  sul quale
calcolare  la  tassa  sul  reddito  (n.d.r.), e' determinato mediante
l'`applicazione  delle  categorie  d'estimo...» «... la modificazione
delle categorie ha valore dall'anno successivo...».
    A  cio'  giova  anche  riportare  il  dettato  dell'art. 53 della
Costituzione  che  prevede  «che  tutti sono tenuti a concorrere alle
spese in ragione della loro capacita' contributiva ».
    Dalla  lettura  dell'impianto  normativo  appena  esposto  appare
evidente  che l'attuale tassa sugli autoveicoli, come gia' ampiamente
dimostrato  piu'  sopra,  ha  natura  di tassa sulla proprieta' e, di
conseguenza,  andando ad incidere sull'effettivo valore del bene che,
nel  complesso di tutti gli altri beni a disposizione di un soggetto,
contribuisce con essi a determinare la capacita' contributiva di tale
soggetto.
    Questa  tassa  sulla proprieta' viene pagata sul solo presupposto
del possesso del veicolo.
    Essa,  ai  soli  fini del suo ammontare, non viene piu' calcolata
rapportandola  fittiziamente ai vecchi cavalli fiscali che, come gia'
accennato erano il risultato della convergenza della grandezza fisica
del  veicolo  e  della  sua  potenza,  ma viene calcolata rapportando
l'ammontare  di  circa  2.5  Euro  a  KW  e, cioe', in base alla sola
potenza del propulsore che rappresenta un mero ed obiettivo parametro
di calcolo non essendovene altri a disposizione.
    Appare necessario a tal punto per dare un senso all'art. 63 della
legge  n. 342/2000 al fine di fornire la necessaria ed indispensabile
corretta  interpretazione  logica  dei  motivi  che  hanno indotto il
Legislatore  a ritenere che dopo il 30° anno di vita di un veicolo, o
dopo il 20° se risulta di particolare interesse storico, che esso non
e'  piu'  soggetto al pagamento della tassa. Infatti e' previsto solo
il  versamento  di  Euro  25  in  caso  d'uso  dello  stesso a titolo
simbolico.
    Pertanto,  dopo  il 30° anno di vita del veicolo questa tassa, la
cui  obbligotarieta'  e'  legata  al  solo fatto storico di far parte
della  sfera di proprieta' di un soggetto, perde la qualificazione di
tassa,  indipendentemente  dal risultare ancora iscritto nei Pubblici
registri ed esonera dall'obbligo del suo versamento il proprietario.
    Questa  analisi  non puo' che portare ad una sola interpretazione
logico-giuridica   e  cioe'  che  il  Legislatore  ha  ritenuto  che,
trattandosi  di  un  bene  il  cui  valore, come quello immobiliare o
altro,  nel  tempo  viene scemando da quando e' massimo fino a quando
esso  diventa  nullo,  ai  fini  della tassa, esso diventa senza piu'
interesse   anche  per  il  fisco  perche'  ritenuto,  evidentemente,
inidoneo a creare ulteriore ricchezza.
    Orbene  se  tale deve essere 1'interpretazione logica e giuridica
del  motivo  che  ha  indotto il Legislatore ad apportare la modifica
legislativa  di  cui  alla  legge n. 342/2000 ne discende il seguente
obbligato diretto corollario.
    Il  Legislatore  ritenendo  che,  il  valore  di un bene, come un
veicolo,  la  cui  natura  di mezzo meccanico soggetto ad un naturale
deterioramento, dopo un certo lasso di tempo, si riduce ad un livello
al  disotto  del  quale non risulta essere di alcun interesse neanche
per  il  fisco,  riconosce  anche  che,  in tale lasso di tempo, tale
valore scema gradualmente.
    Non osta a tale interpretazione la circostanza che la tassa venga
calcolata  indiferentemente  sul numero di KW in quanto non solo tale
parametro  e'  del  tutto  indicativo  e,  cioe',  ritenuto  il  piu'
oggettivo  cui fare riferimento ma soprattutto perche' non risulta, a
contrario, una sua rivisitazione nel tempo.
    Tanto  premesso  appare evidente che esiste un vuoto normativo di
collegamento  fra le norme citate. In particolare fra quanto disposto
dagli  artt. 2-3-5 del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, dalla Tariffa A
allegata  al  d.P.R.,  e dall'art. 1 del D.I. 27 dicembre 1997 che ha
modflcato  il calcolo della tassa previsto dal citato d.P.R. Pertanto
le  citate  norme appaiono viziate di incostituzionalita' nella parte
in  cui non prevedono un meccanismo necessario ed indispensabile atto
a determinare la progressivita' in diminuzione dell'imposta affinche'
quest'ultima  possa  rispondere  ai  principi sanciti dal Legislatore
nella legge 21 novembre 2000, n. 342, art. 63, comma 1.
    La  mancata  previsione  di  un  tale meccanismo appare essere in
contrasto con gli artt. 53, 42 e 3 della Costituzione.
    Premesso   che   la   capacita'   contributiva   prevista   dalla
Costituzione  all'art. 53  deve essere riferita al sistema tributario
nel  suo  complesso  e  non  al  singolo tributo dal momento che tale
principio,   inteso   come   crescita   dell'aliquota  correlata  con
1'ammontare  del  reddito,  non  puo'  che  aver riguardo al rapporto
diretto   fra   imposizione   e  reddito  personale  complessivo  del
contribuente   (Corte  costituzionale  sentenza  n. 263/1994)  appare
evidente  che 1'imposta in discussione, in mancanza della graduazione
piu'  sopra  indicata,  va  ad incidere negativamente proprio su tale
rapporto. Infatti provato come piu' sopra che un veicolo fa parte del
patrimonio  di un soggetto e che tale patrimonio e' il fondamento per
il  prelievo  fiscale coattivo, e' agevole trarre la conclusione che,
ogni modifica, in aumento o in diminuzione del valore di ogni singolo
bene  facente  parte  di  tale  patrimonio, andando ad incidere sulla
capacita'  contributiva  complessiva  del  soggetto,  ove  non  fosse
prevista  la  necessaria correzione del relativo tributo, andrebbe ad
incidere    negativamente   ed   illegittimamente   sulla   capacita'
contributiva del soggetto.
    Con  la  medesima  sentenza  la  Corte costituzionale sancisce un
altro  principio  che e' quello della connessione fra il valore di un
bene  e la sua idoneita' ad avere una capacita' a produrre ricchezza,
pur  nel  rispetto  del principio della progressivita' delle imposte.
Tale  princpio  appare violato nel caso in esame in quanto e' proprio
tale connessione fra il valore del bene e la sua idoneita' a produrre
ricchezza  che viene meno ove non si prevedesse una dovuta correzione
dell'imposta.
    A  cio' contrasta l'attuale impianto normativo che, al contrario,
lascia  immutata  l'imposta  sul  bene  nonostante la sua idoneita' a
produrre ricchezza vada nel tempo diminuendo.
    In  altra  giurisprudenza del Giudice delle leggi e' affermato un
ulteriore  principio secondo il quale e' legittima la combinazione di
piu'  criteri  al  fine di identificare un'imposta purche' almeno uno
sia  agganciato  al  valore  venale  di esso e che, pertanto, risulti
compatibile  con  la garanzia dell'art. 42 comma 3 della Costituzione
(sentenze n. 216/1990 e n. 1165/1988).
    Orbene nel caso in esame appare evidente che anche tale principio
risulterebbe  violato dal Legislatore ove non si proceda a modificare
l'attuale  sistema  di  prelievo  della  tassa  automobilistica senza
prevederne la sua graduazione nel tempo.
    Tale  principio  e'  stato  sancito  con maggiore rilevanza nella
sentenza  n. 5/1980  nella  quale  si enuncia il principio in base al
quale  fra  i  criteri  mediati,  per  il  calcolo  di un'imposta, e'
indefettibile  la presenza di quello che faccia riferimento al valore
del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali.
    Ritenuta,   pertanto,   ravvisarsi   1'incostituzionalita'  delle
normative  citate in relazione agli artt. 53 e 42 della Costituzione,
le  stesse  motivazioni conducono a ritenere tale incostituzionalita'
anche  in  relazione  all'art. 3  della Costituzione nei limiti della
disparita' di trattamento, a parita' di condizioni, in cui verrebbero
a  trovarsi  quei  soggetti  che  posseggono nel loro patrimonio beni
diversi dagli autoveicoli (immobili, cespiti ecc..) a cui e' data, in
certi   casi,   la   possibilita'   di  pagare  le  relative  imposte
proporzionali  alla  consistenza  economica  di  essi,  essendo  tale
proporzionalita'    prevista   dal   Legislatore   (ad   esempio   la
revisionabilita'  delle  renditi  catastali),  mentre  i soggetti che
posseggono  un  bene,  quale  i  veicoli,  che  parimenti  agli altri
contribuiscono  a  costituire  il  patrimonio,  bene  soggetto ad una
diminuzione economica riverberatesi sul patrimonio nel suo complesso,
sono obbligati a versare un'imposta costante.
    In  considerazione  che  tale completamento normativo puo' essere
demandato solo al giudice delle leggi non rientrando nelle competenze
del giudice dei Tributi sostituirsi al Legislatore per individuare la
formula  piu'  idonea alla graduazione dell'imposta e ritenuta la non
manifesta  infondatezza  del  rilievo  costituzionale  si  solleva la
questione  della illegittimita' costituzionale del combinato disposto
dagli  disposto  dagli artt. 2-3-5 del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39,
dalla  Tariffa  A  allegata  al  d.P.R.,  e  dall'art. 1  del D.I. 27
dicembre  1997  che ha modificato il calcolo della tassa previsto dal
citato  d.P.R.  in  relazione  agli  artt. 3 e 53, in particolare con
riferimento al secondo comma di quest'ultimo, 42 comma 3, nella parte
in  cui e' prevista la gradualita', in diminuzione, della tassa sugli
autoveicoli nell'arco dei trenta anni.