LA CORTE DI APPELLO

    Nella  causa  in  grado di appello promossa da A. G. (avv. Morena
Grandi),  contro C.C. (avv. Franco Marchi) con l'intervento del P.G.,
ha pronunziato la seguente ordinanza.
    A.G.  ha  proposto  appello  avverso la sentenza, depositata il 9
marzo  2006,  con  la  quale  il  Tribunale di Bologna, dichiarata la
cessazione degli effetti civili del matrimonio tra lo stesso e C. C.,
affido' il figlio minore alla madre, regolando i rapporti col padre e
pose  a  carico di quest'ultimo un contributo per il mantenimento del
figlio.   Il  tribunale  assegno'  alla  madre  affidataria  la  casa
coniugale.
    L'appellata ha resistito.
    Il pubblico ministero e' intervenuto, concludendo per la conferma
del provvedimento impugnato.
    Questa  Corte,  rilevato  che  il  figlio  della coppia era ormai
tredicenne,  ne  ha  disposto l'audizione (art. 155-sexies cod. civ.;
art. 3  della  Convenzione  europea  sull'esercizio  dei  diritti dei
minori,  adottata  a  Strasburgo  il 25 gennaio 1996 e ratificata con
legge  20 marzo 2003 n. 77; art. 12 della Convenzione di New York del
20  novembre  1989,  ratificata con legge 27 maggio 1991 n. 176; cfr.
sentenza   30   gennaio   2002,  n. 1  della  Corte  costituzionale);
all'odierna  udienza  camerale la causa e' stata quindi trattenuta in
decisione.
    L'appellante   insiste,  in  via  principale,  per  l'affidamento
condiviso   del   minore  e,  deducendo  la  convivenza  more  uxorio
intrapresa  dalla  C.,  chiede la revoca dell'assegnazione della casa
familiare  alla  stessa ai sensi dell'art. 155-quater cod. civ., come
modificato dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54.
    L'appellata  eccepisce trattarsi di norma dettata soltanto per le
procedure  di  separazione e non anche per quelle di cessazione degli
effetti  civili  del  matrimonio;  ma  l'art. 4, comma secondo, della
stessa  legge  8 febbraio 2006, n. 54, stabilisce che le disposizioni
si  applichino  anche  al  caso di scioglimento o di cessazione degli
effetti civili del matrimonio.
    La  norma  in questione e' applicabile anche ai procedimenti che,
come  quello  in  esame,  erano gia' pendenti alla data di entrata in
vigore  della  normativa,  in  forza  dell'art. 4, comma primo, della
stessa legge 8 febbraio 2006, n. 54.
    Sussistono,  in fatto, gli estremi per l'applicazione della norma
invocata.  Nel  corso del giudizio di primo grado, infatti, e' emerso
che  l'appellata  ha  intrapreso  una convivenza, avente carattere di
stabilita'.  Il  compagno  della  stessa,  sentito  come teste, si e'
dichiarato  convivente  di lei ed ha deposto sulle condizioni di vita
del   nucleo,   cosi'   dimostrandosi   pienamente   inserito   nella
organizzazione  familiare.  Si  tratta,  dunque,  di  convivenza more
uxorio.
    L'art. 155-quater  cod.  civ.,  come  modificato  dalla  legge  8
febbraio  2006,  n. 54 prevede la revoca dell'assegnazione in caso di
convivenza  more  uxorio  o  di  nuovo  matrimonio  con  carattere di
automatismo    e,    pertanto,    preclude    qualunque   valutazione
dell'interesse del minore.
    Ma,  in  tal  modo,  la  norma  sembra  porsi  in contrasto con i
principi  costituzionali  in  materia,  in  quanto  prevede la revoca
dell'assegnazione  come  automatica conseguenza della convivenza more
uxorio  o  del  nuovo  matrimonio,  e  non  consente  una valutazione
dell'interesse   del   minore  coinvolto  nella  controversia  tra  i
genitori.
    La   giurisprudenza   costituzionale,  invece,  ha  costantemente
sottolineato  come  la  predisposizione e conservazione dell'ambiente
domestico,  realizzabile  mediante  l'assegnazione  della  casa,  sia
funzionale  allo  sviluppo  armonico  della  personalita'  dei  figli
(sentenze n. 454/1989, n. 166/1998, n. 125/1999, n. 394/2005).
    Ne  consegue  che  la  norma  non  appare  coerente  col  rilievo
sistematico   centrale   che,   nell'ordinamento   dei   rapporti  di
filiazione,  fondato  sull'art. 30 Costituzione, assume l'esigenza di
protezione dell'interesse dei minori.
    Va  pertanto  disposta, previa sospensione del presente giudizio,
la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, unitamente alla
prova   delle   notificazioni   e   delle   comunicazioni  prescritte
dall'art. 23  della  legge  11 marzo 1953 n. 87, ai sensi dell'art. 1
del decreto Presidente della Corte costituzionale del 21 luglio 2004.