IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 17 gennaio 2007, emette la seguente ordinanza nel giudizio proposto ai sensi dell'art. 22 della legge n. 689 del 1981, iscritto al n. 446/2006 R.G. e vertente tra: Maria Eleuteri, Elvira Geronzi, Domenico Eleuteri, Maremma s.a.s. di Geronzi Elvira, in persona del legale rappresentante pro tempore, opponenti e Agenzia delle dogane, opposta. Con ricorso in riassunzione proposto innanzi al Tribunale di Civitavecchia, Maria Eleuteri, Elvira Geronzi, in qualita' di socia accomandataria de La Maremma s.a.s., Domenico Eleuteri, pure in qualita' di socio accomandatario de La Maremma s.a.s., e la Maremma s.a.s. di Geronzi Elvira hanno proposto opposizione all'ordinanza ingiunzione n. 73424 del 12 ottobre 2005 dell'Agenzia delle dogane, loro notificata in data 7 novembre 2005, con la quale il direttore della Circoscrizione doganale di Roma I aveva ingiunto loro il pagamento della somma di Euro 1.583,98 oltre spese di notifica, per aver realizzato un chiosco bar e un manufatto in lamiera ondulata adibito alla custodia degli ombrelloni da noleggio, su terreno di proprieta' di Maria Geronzi, senza la prescritta autorizzazione doganale, e cio' in violazione dell'art. 19 del decreto legislativo n. 374 del 1990. Si e' ritualmente costituita l'Agenzia delle dogane - Direzione della Circoscrizione doganale di Roma I, eccependo l'incompetenza per materia e valore del giudice adito e contestando nel merito la fondatezza dell'opposizione. All'udienza del 1° dicembre 2006, fissata per la discussione del ricorso, il giudice designato ha sollecitato il contraddittorio delle parti in ordine alla non manifesta infondatezza della questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 19, commi primo e secondo del decreto legislativo n. 374 del 1990, nella parte in cui sanziona la violazione del divieto di eseguire costruzioni e altre opere in prossimita' della linea doganale, senza fornire alcun elemento atto a determinare il concetto di «prossimita» e senza dettare criteri per la determinazione del contenuto precettivo da parte della pubblica amministrazione, rinviando ad altra udienza ed assegnando alle parti termine per note sul punto. Alla successiva udienza del 17 gennaio 2007 le parti si sono riportate ai rispettivi scritti; il giudice si e' riservato. A scioglimento della riserva cosi' assunta, il tribunale ritiene di dover dubitare della legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 19, primo e secondo comma, del decreto legislativo n. 374 del 1990, nella parte in cui prevede l'irrogazione di una sanzione amministrativa, da parte del direttore della Circoscrizione doganale, in caso di violazione del divieto di eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, sia provvisorie sia permanenti, in prossimita' della linea doganale, nonche' spostare o modificare le opere esistenti, senza l'autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale, per le ragioni di seguito esposte. Sotto il profilo della rilevanza si ritiene di sottolineare: 1) il presente giudizio ha ad oggetto un'opposizione a sanzione amministrativa proposta da Maria Eleuteri (proprietaria dei manufatti), Elvira Geronzi, in qualita' di socia accomandataria de La Maremma s.a.s., Domenico Eleuteri, pure in qualita' di socio accomandatario de La Maremma s.a.s., e la Maremma s.a.s. di Geronzi Elvira (asseritamente responsabili della costruzione dei manufatti) avverso l'ordinanza ingiunzione n. 73424 del 12 ottobre 2005 dell'Agenzia delle dogane, loro notificata in data 7 novembre 2005, con la quale il direttore della Circoscrizione doganale di Roma I aveva ingiunto loro il pagamento della somma di Euro 1.583,98 oltre spese di notifica, per aver realizzato un chiosco bar e un manufatto in lamiera ondulata adibito alla custodia degli ombrelloni da noleggio, su terreno di proprieta' di Maria Eleuteri; 2) non puo' dubitarsi della sussistenza dell'elemento oggettivo dell'illecito, essendo incontestata la realizzazione degli immobili su terreno apparentemente «prossimo» alla linea doganale (costituita, nella specie, dal lido del mare; art. 1, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, n. 43 del 23 gennaio 1973); 3) neppure puo' dubitarsi della responsabilita' quantomeno di Eleuteri Maria in ordine alla sanzione comminata, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 689 del 1991, essendo incontestato che la stessa sia proprietaria dei manufatti la cui realizzazione senza la prescritta autorizzazione ha determinato l'irrogazione della sanzione medesima; 4) non appare raggiunta la prova - il cui onere grava sugli opponenti - in ordine all'assenza dell'elemento soggettivo, atteso che dagli atti depositati dall'opposta Agenzia delle dogane risulta che, nel corso della riunione tecnica svoltasi il 21 luglio 2003 nell'ambito della conferenza di servizi istruttoria ai sensi dell'art. 87 del regolamento regionale n. 1 del 6 settembre 2002, fu prospettata dal rappresentante della Circoscrizione doganale di Roma I la necessita' di «presentare istanza presso la Dogana», in relazione ad un progetto edificatorio di ampliamento dell'attivita' ricettiva nell'ambito della quale sono stati successivamente realizzati i manufatti sanzionati con l'ordinanza in questa sede opposta; 5) il motivo di opposizione rubricato «violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 18 della legge 24 novembre 1981 n. 689, nonche' violazione dell'art. 2 legge 7 agosto 1990 n. 241 cosi' come modificato dalla legge 11 febbraio 2005 n. 5» appare infondato; 6) invero, quanto alla dedotta violazione dell'art. 14 della legge 24 novembre 1981 n. 689, occorre rilevare che in tema di illeciti amministrativi, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell'infrazione, il «dies a quo» per il computo del termine di novanta giorni previsto dall'art. 14 della legge n. 689 del 1981 entro il quale puo' utilmente avvenire la contestazione mediante notifica, va inteso come comprensivo anche del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti ed afferenti gli elementi dell'infrazione (cfr., da ultimo, Cass. sez. 2, sentenza n. 8456 dell'11 aprile 2006), valutazione che, nel caso in esame, si e' conclusa in data 4 gennaio 2005, allorche' l'ufficio tecnico di finanza, con nota prot. 381 (in atti) ha determinato in Euro 7.919,88 il valore delle opere realizzate, e cio' ai fini della quantificazione dell'entita' della sanzione, parametrata, ai sensi dell'art. 19, comma 2, del decreto legislativo n. 374 del 1990, al valore del manufatto; successivamente come ammesso dagli stessi ricorrenti, la contestazione della violazione e' stata loro notificata in data 15 marzo 2005, pertanto nel rispetto del termine di novanta giorni previsto dall'art. 14 della legge n. 689 del 1981; 7) quanto, invece, alla dedotta violazione dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, appare al tribunale condivisibile l'orientamento della suprema Corte secondo il quale, in tema di sanzioni amministrative, la notifica dell'ordinanza ingiunzione, che, a norma dell'art. 18, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, deve essere eseguita nelle forme previste dall'art. 14 della stessa legge, puo' essere fatta entro il termine di cinque anni dal giorno della commessa violazione, stabilito dall'art. 28 della legge citata per la prescrizione del credito. Non si applica infatti ad essa il termine, previsto dal citato art. 14 per la notifica degli estremi della violazione, di novanta giorni dall'accertamento, termine che decorre dal momento in cui si e' compiuta (o si sarebbe dovuta compiere, in relazione alla complessita' della fattispecie) l'attivita' amministrativa necessaria a verificare l'esistenza dell'infrazione, dato che l'accertamento presuppone il completamento, da parte dell'autorita' amministrativa competente, delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi dell'infrazione medesima (Cass., sez. L, n. 7710 del 2004); 8) da ultimo, ed in riferimento alla dedotta violazione del termine previsto dall'art. 2 della legge n. 241 del 1990, deve anche su questa questione essere condivisa la giurisprudenza della suprema Corte (anche recente; cfr. sentenza della sez. 1, n. 21797 dell'11 ottobre 2006), che ha ritenuto che la disposizione di cui all'art. 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 941, tanto nella sua originaria formulazione, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dall'art. 36-bis del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui detto termine e' di novanta giorni, nonostante la generalita' del testo legislativo in cui e' inserita, e' incompatibile con i procedimenti regolati dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi, i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell'interesse dell'incolpato, il rispetto di un termine cosi' breve; 9) gli ulteriori motivi di opposizione, fatti valere dagli opponenti «violazione e falsa interpretazione dell'art. 19 decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374; sussistenza di errore di fatto non determinato da colpa, segnatamente sotto il profilo della mancata richiesta, da parte dello Sportello Unico per l'Edilizia, dell'autorizzazione prevista dal medesimo art. 19), presuppongono l'applicazione al caso in esame dell'art. 19, commi primo e secondo, del decreto legislativo n. 374 del 1990, della cui legittimita' costituzionale in questa sede si dubita; 10) appare altresi' infondata l'eccezione di incompetenza del tribunale adito, sollevata dall'opposta Agenzia delle dogane, dovendosi ritenere, conformemente a quanto gia' indicato nel provvedimento del giudice di pace, che l'ordinanza ingiunzione per cui e' causa abbia sanzionato un comportamento edificatorio che incide comunque sull'assetto e la sistemazione del territorio, come del resto reso palese dal tenore dell'art. 19, comma 1, del decreto legislativo n. 374 del 1990, che prevede che l'autorizzazione ivi prevista condizioni il rilascio di ogni eventuale altra autorizzazione, nella quale della stessa deve essere fatta comunque espressa menzione, inserendosi pertanto in un procedimento destinato a sfociare nel rilascio del permesso di costruire; la competenza del tribunale e' pertanto sussistente in virtu' del disposto dell'art. 2-bis, comma 2, lettera c) della legge n. 689 del 1981; 11) ne' puo' ritenersi, come dedotto dall'opposta Agenzia delle dogane, che nel caso in esame l'art. 19 del decreto legislativo n. 374 del 1990 dovrebbe comunque trovare applicazione, essendo la distanza dei manufatti dalla linea doganale (nella specie, il lido del mare) da ritenersi comunque «prossima» (nell'ordine di qualche decina di metri); l'attivita' di sussunzione di una situazione di fatto nell'ambito della astratta previsione normativa, invero, presuppone necessariamente l'avvenuto superamento, in chiave positiva, della valutazione relativa al rispetto della Costituzione da parte della norma nella sua astratta formulazione. Per quanto innanzi esposto, si ritiene che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla questione di legittimita' costituzionale in questa sede sollevata. La questione che si intende sottoporre al vaglio della Corte costituzionale appare a questo giudice non manifestamente infondata in riferimento all'art. 23 della Costituzione, sulla scorta dei principi enucleati dalla stessa giurisprudenza della Corte, che ha ritenuto che affinche' sia soddisfatto il principio della riserva di legge relativa di cui all'art. 23 della Costituzione - applicabile anche alle sanzioni amministrative - e' sufficiente (ma necessario) che la prestazione abbia «base» in una legge che stabilisca criteri idonei a regolare eventuali margini di discrezionalita' lasciati alla pubblica amministrazione nella determinazione in concreto della prestazione (nonche' che la legge stessa determini direttamente l'oggetto della prestazione ed i criteri per quantificarla). In base alla giurisprudenza costituzionale relativa all'art. 23 della Costituzione (C. cost. sent. n. 290 del 1987; C. cost. ordinanza n. 250 del 1992), invero, la garanzia della riserva di legge, prescritta per la imposizione delle anzidette prestazioni, e' correlata alla esigenza della tutela della sfera della liberta' del soggetto gravato; il divieto di limitazione o di invasione di tale sfera da parte di pubblici poteri puo' essere rimosso, dunque, soltanto dalla legge (cfr. altresi' Corte cost. 14 dicembre 1979, n. 148; 23 giugno 1965, n. 64). Alla legge e' demandato altresi' il compito di fissare, con adeguata determinatezza, il contenuto della prestazione nonche' i criteri idonei a regolare qualche eventuale margine di discrezionalita' che fosse consentito dalla legge stessa alla p.a. (cfr. altresi' Corte cost. 24 maggio 1979, n. 27; 30 gennaio 1962, n. 2; nonche' n. 48 del 1961 e n. 4 del 1957). Nel caso in esame, l'art. 19, comma 2, del decreto legislativo n. 374 sanziona la violazione del divieto previsto al comma 1 della medesima norma, che a sua volta - per quanto in questa sede di interesse - pone il divieto di eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, nonche' di spostare o modificare le opere esistenti, in prossimita' della linea doganale, senza l'autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale. Orbene, ritiene il tribunale che la formulazione della norma, che identifica il comportamento sanzionato nella edificazione (ovvero nella modificazione o variazione di edifici gia' esistenti), senza la prescritta autorizzazione, «in prossimita» della linea doganale, violi il principio di riserva di legge relativa previsto dall'art. 23 della Costituzione, atteso che l'indeterminatezza del concetto di «prossimita» non consente al privato di' verificare a priori il contenuto del comportamento sanzionato, lasciando al contrario alla pubblica amministrazione assoluta discrezionalita' nella determinazione, in concreto, del comportamento edificatorio da assoggettare a sanzione in relazione alla distanza dalla linea doganale della costruzione edificata (o modificata) in assenza di autorizzazione; cio' anche in quanto non appaiono in alcun modo stabiliti i criteri ai quali la stessa pubblica amministrazione dovrebbe attenersi nella determinazione della «prossimita» alla suddetta linea doganale. Secondo l'Agenzia delle dogane, peraltro, la interpretazione, rispetto al caso concreto, del concetto di «prossimita' alla linea doganale» sarebbe rimessa alla valutazione caso per caso della medesima Agenzia, in funzione dei superiori fini pubblici di difesa dai traffici illeciti, alla cui tutela appare tesa la normativa stabilita dal decreto legislativo n. 374 del 1990. Tale prospettazione, a parere del giudicante, fa maggiormente dubitare della conformita' della norma all'art. 23 della Costituzione, posto che laddove la tutela dei fini pubblici - pur di fondamentale importanza - perseguita dall'Agenzia delle dogane, si risolva nell'attivita' sanzionatoria di comportamenti del privato, appare comunque necessario - in virtu' del principio di riserva di legge relativa stabilito dall'art. 23 della Costituzione, per come delineato dalla citata giurisprudenza della Corte - che tale attivita' sia posta in essere in applicazione di una legge rispettosa dei dettami costituzionali, con particolare riferimento alla determinazione dei criteri cui l'amministrazione dovrebbe attenersi nell'individuazione del comportamento posto in essere in violazione del divieto, e pertanto da assoggettare a sanzione. La gia' rilevata indeterminatezza del precetto e la connessa apparentemente assoluta discrezionalita' della pubblica amministrazione nella individuazione dei comportamenti edificatori in «prossimita» della linea doganale, attuati senza l'autorizzazione di cui all'art. 19, comma 1 del decreto legislativo n. 374 del 1990, da assoggettare a sanzione, fa altresi' dubitare della violazione dell'art. 3 della Costituzione, sussistendo la possibilita' che comportamenti edificatori posti in essere ad analoghe distanze dalla linea doganale vengano o meno sottoposti alla sanzione amministrativa in base a non prevedibili (e non necessariamente identiche) valutazioni della stessa pubblica amministrazione; nonche' della violazione dell'art. 97 della Costituzione, sotto il profilo del principio del buon andamento e dell'imparzialita' della pubblica amministrazione, in virtu' del possibile trattamento diversificato di situazioni edificatorie realizzate ad identica distanza dalla linea doganale. Cio' anche attesa la molteplicita', sul territorio, delle Circoscrizioni doganali (ai cui direttori e' dall'art. 19, comma 2, del decreto legislativo n. 374 del 1990, riservata l'applicazione della sanzione), che rende ancora piu' probabile l'astratta possibilita' di determinazioni diverse con riferimento a casi analoghi.