Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2, secondo e
quinto  comma,  della  legge  29  maggio 1982, n. 297 (Disciplina del
trattamento  di  fine  rapporto  e norme in materia pensionistica), e
dell'art.  1,  commi  1 e 2, del decreto legislativo 27 gennaio 1992,
n. 80 (Attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei
lavoratori  subordinati  in caso di insolvenza del datore di lavoro),
promossa  dalla  Corte  d'appello di Catania, nel procedimento civile
vertente  tra  P.  C. e l'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS),  con  ordinanza  del 16 dicembre 2004, iscritta al n. 257 del
registro  ordinanze  2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 35, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
Visti   l'atto   di  costituzione  dell'I.N.P.S.  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nell'udienza pubblica del 20 novembre 2007 il Giudice relatore
Francesco Amirante;
Uditi  l'avvocato Vincenzo Triolo per l'INPS e l'avvocato dello Stato
Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto  che  la  Corte  di  appello di Catania, sezione lavoro, con
ordinanza del 16 dicembre 2004, pervenuta a questa Corte il 23 giugno
2006,  ha  sollevato,  in  riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
dell'art.  2,  secondo  e  quinto  comma, della legge 29 maggio 1982,
n. 297  (Disciplina  del  trattamento  di  fine  rapporto  e norme in
materia  pensionistica),  e  dell'art.  1,  commi  1 e 2, del decreto
legislativo  27  gennaio  1992,  n. 80  (Attuazione  della  direttiva
80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di
insolvenza   del   datore   di   lavoro),   nella   parte   in   cui,
irragionevolmente,  non  estende  la  tutela  ivi  prevista  anche ai
lavoratori  dipendenti  da  datori  di  lavoro  non  assoggettabili a
procedure  concorsuali  non per mancanza del requisito soggettivo, ma
per  modesta  entita'  del  debito,  i quali abbiano infruttuosamente
esperito l'azione esecutiva individuale;
     che  la  questione  e' sorta nel corso di un giudizio di appello
avverso la sentenza del Tribunale di Catania di rigetto della domanda
proposta da un lavoratore nei confronti dell'Istituto nazionale della
previdenza  sociale  (INPS),  nella  qualita' di gestore del fondo di
garanzia per il trattamento di fine rapporto (t.f.r.) istituito dalla
legge  n. 297  del  1982,  per  il  pagamento  della  somma  di  lire
12.598.410  (oltre agli accessori e alle spese giudiziali), dovutagli
a titolo di t.f.r. dalla Consortile Torino Park s.r.l.;
     che    il    remittente   precisa   come   l'appellante   avesse
originariamente ottenuto, per il credito di cui si tratta, un decreto
ingiuntivo  dal  Pretore di Catania proponendo, dopo che tale decreto
era  divenuto esecutivo, dinanzi al Tribunale competente, istanza per
la  dichiarazione  di  fallimento  della  societa' debitrice, ma tale
istanza era stata respinta per «modesta entita' del debito»;
     che  successivamente  il  lavoratore  aveva intrapreso un'azione
esecutiva  individuale (la quale aveva avuto esito negativo) ed aveva
proposto  istanza  al fondo di garanzia di cui si tratta, ma essa era
stata  respinta,  non  essendovi la dichiarazione di fallimento della
societa';
     che,  quanto  al  merito  della  questione, il giudice a quo, in
primo  luogo,  ricorda  come, per attuare la direttiva 80/987/CEE, lo
Stato  italiano  abbia  prima  emanato  la  legge  n. 297  del 1982 -
istitutiva del fondo di garanzia in argomento - e, successivamente, a
seguito  delle  sentenze  della  Corte  di  giustizia  comunitaria  2
febbraio  1989,  nella  causa  C-22/87,  e Francovich del 19 novembre
1991, la legge delega 29 novembre 1990, n. 428, e il d.lgs. n. 80 del
1992, in base ai quali e' stato riconosciuto ai lavoratori dipendenti
da  datori  di  lavoro non assoggettabili a procedure concorsuali per
carenza del requisito soggettivo il diritto di ottenere, dal medesimo
fondo   di   garanzia,   il  pagamento  dei  crediti  di  lavoro  non
corrisposti, come individuati nell'art. 2 dello stesso decreto;
     che il remittente sottolinea come siano, comunque, rimasti fuori
dalla   tutela  imposta  dalla  menzionata  direttiva  comunitaria  i
dipendenti   dei   datori   di  lavoro  inadempienti  soggettivamente
sottoponibili  alla  procedure concorsuali ma non dichiarati falliti,
pur  in presenza di un debito accertato per il t.f.r., per la modesta
entita' dello stesso;
     che,   in   tal   modo,  la  suddetta  categoria  di  lavoratori
risulterebbe,  del  tutto  irragionevolmente, discriminata rispetto a
quella  dei  dipendenti  dei datori di lavoro non assoggettabili alle
procedure  concorsuali i quali non abbiano corrisposto, in tutto o in
parte, il dovuto trattamento di fine rapporto;
     che, infatti, mentre questi ultimi possono ottenere il pagamento
del   loro   credito  dal  fondo  di  garanzia,  purche',  a  seguito
dell'esperimento della procedura esecutiva individuale, sia risultata
l'insufficienza  totale  o  parziale  delle garanzie patrimoniali del
creditore,  agli  altri  non  e'  estesa  la  stessa tutela, anche se
abbiano inutilmente esperito l'esecuzione forzata;
     che  si  e'  costituito  in  giudizio  l'INPS,  chiedendo che la
questione sia dichiarata irrilevante e, comunque, non fondata;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per l'inammissibilita' o, comunque, l'infondatezza della
questione.
Considerato  che  la  Corte  di  appello  di Catania, sezione lavoro,
sottopone  alla  Corte, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
dell'art.  2,  secondo  e  quinto  comma, della legge 29 maggio 1982,
n. 297  (Disciplina  del  trattamento  di  fine  rapporto  e norme in
materia  pensionistica),  e  dell'art.  1,  commi  1 e 2, del decreto
legislativo  27  gennaio  1992, n. 80 (Attuazione della direttiva CEE
80/97  in  materia  di  tutela  dei lavoratori subordinati in caso di
insolvenza  del  datore di lavoro), nella parte in cui non estende la
tutela  ivi  prevista  anche  ai  lavoratori  dipendenti da datori di
lavoro  non assoggettabili a procedure concorsuali non per carenza di
requisiti soggettivi, ma per modesta entita' del debito;
     che,  secondo  la  Corte  remittente,  e'  irragionevole  che il
complesso  normativo  censurato  stabilisca  la  garanzia  del  fondo
costituito  presso  l'INPS  per  crediti  di  lavoro di dipendenti di
imprese  assoggettabili  -  e  di  fatto  assoggettate  - a procedure
concorsuali  e  per  quelli  di  dipendenti  da  datori di lavoro non
soggetti  a procedure concorsuali per carenza di requisiti soggettivi
e  non anche per i crediti, della stessa natura, di lavoratori il cui
datore  di lavoro non e' assoggettato alle procedure suddette perche'
si  ritengono  dal  giudice  di lieve entita' i crediti contro di lui
fatti valere;
     che la questione e' manifestamente inammissibile;
     che l'ordinanza di rimessione reca la data del 16 dicembre 2004,
antecedente,  quindi,  l'entrata  in vigore del decreto legislativo 9
gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure
concorsuali  a  norma dell'articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio
2005,  n. 80),  modificativa  dell'art.  15  del  r.d. 16 marzo 1942,
n. 267,  secondo  il  quale:  «non  si fa luogo alla dichiarazione di
fallimento  se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti
dagli  atti  della  istruttoria  prefallimentare  e' complessivamente
inferiore a euro venticinquemila»;
     che,  quindi,  nel  caso  in  esame, la ritenuta esiguita' della
situazione  debitoria  dell'impresa, non determinata in misura fissa,
era  soltanto,  secondo un orientamento giurisprudenziale, un sintomo
di inesistenza dello stato d'insolvenza, e non un'autonoma ipotesi di
non dichiarabilita' del fallimento;
     che  la  Corte remittente, tenuto conto della reclamabilita' del
provvedimento   di  rigetto  del  ricorso  per  la  dichiarazione  di
fallimento  e  della  sua  riproponibilita' anche sulla base di nuovi
elementi,  quale  quello,  ricorrente  nel  caso in esame, dell'esito
infruttuoso  di una procedura di esecuzione singolare, avrebbe dovuto
descrivere compiutamente la fattispecie;
     che  l'ordinanza  di  rimessione,  invece,  non  precisa  se  il
provvedimento  di  rigetto  sia  stato  impugnato  oppure  no e se il
lavoratore-creditore abbia riproposto il ricorso per dichiarazione di
fallimento;
     che  tali  omissioni  impediscono  alla  Corte  di  svolgere  il
doveroso  controllo  sulla  congruenza  della motivazione in punto di
rilevanza e di non manifesta infondatezza della questione.